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Autore: Hi Ban    03/04/2012    2 recensioni
In un moto di ira, mentre evitava di far cadere l’ultimo pezzo della santa ciambella con tanto di glassa al cioccolato, sbatté una mano contro la porta, imprecando anche a nome del proprio ragazzo.
Che poi la colpa era proprio sua, se fosse rimasto a casa non ci sarebbero stati tutti quei problemi e...
Ma inutile concentrarsi su possibili accuse, quando c’era un problema ancora ben più grande di cui occuparsi: la porta si aprì.
Hidan ebbe modo di fare due veloci considerazioni.
O in casa c’erano i ladri o forse lui doveva farsi qualche altra oretta di sonno.
No, in verità furono tre, ma la terza appunto la pensò proprio mentre imprecò ad alta voce.
«Merda» disse, ‘questo ha messo la testa nel water’ pensò.
Shisui Uchiha si trovava sulla soglia della porta dell’appartamento, i capelli sparati in testa e con più farina addosso di quella che si poteva trovare in un sacco da cinque chili.
«Oh, finalmente sei arrivato e tu che diavolo ci fai qui?»
Genere: Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hidan, Shisui Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
- Questa storia fa parte della serie 'Piove anche sotto l'ombrello se Shisui non lo apre'
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God must hate me




Quel giorno Hidan era certo che ci fosse qualcosa che non andava. Sostanzialmente, erano quattro le anomalie e potevano essere brevemente riassunte.
Principalmente, appena si era alzato non aveva sentito il sadico bisogno di trascinare via con sé tutte le coperte, scoprendo Shisui, per il solo gusto di infastidirlo. Non che se ne accorgesse più di tanto, eh. Mugugnava qualcosa, l’Uchiha, si riprendeva le coperte e si girava dall’altro lato.
Non gli dava mai nessuna soddisfazione. Hidan, comunque, quel mattino lo aveva lasciato in pace e si era andato a fare la doccia. Il bagnoschiuma, fortunatamente, c’era.
Un altro dettaglio indice che sicuramente non era un giorno normale era stata la scelta di andare a lezione. Il fatto che non ci fosse l’obbligo di frequenza in praticamente i tre quarti delle sue lezioni universitarie era la cosa che più aveva convinto Hidan a non mollare tutto in quattro e quattr’otto e farsi mantenere a spese altrui, scialacquando in maniera indecente i soldi dei contribuenti.
Non che il corso che aveva scelto di frequentare lo appassionasse poi molto, ma un altro paio d’anni e avrebbe terminato anche quell’inferno in cui si era cacciato completamente da solo.
Ci era andato davvero, alla fine. Aveva seguito tutta la barbosa spiegazione riguardante la metapsicologia e altre amenità, facendo anche il grandissimo sforzo di prendere appunti.
No, era chiaro che qualcosa non andava proprio.
Forse, però, la cosa che più lo aveva lasciato perplesso – benché non lo avrebbe ammesso mai – era la mancanza di vibrazioni del suo cellulare. Shisui si svegliava sempre piuttosto tardi, era vero, ma quando lo faceva era solito bombardarlo di messaggi, perlopiù insensati e stupidi, ma almeno lo faceva partecipe della sua presenza da qualche parte. Che fosse in bagno a lavarsi o al takeaway dietro l’angolo a comprare il pranzo, Hidan lo sapeva. Se ne lamentava parecchio, ma alla fine era divenuta un’abitudine. Nell’arco della mattinata, tuttavia, dal suddetto Uchiha aveva ricevuto due scarsi messaggi e il secondo in particolare – il primo gli faceva presente che lavarsi lo aveva annoiato considerevolmente – lo aveva lasciato stizzito. Gli diceva che non sarebbe stato presente a pranzo perché andava a trovare quella piaga del cugino.
La cosa non lo aveva lasciato particolarmente felice, visto che gli sarebbe toccato cucinarsi qualcosa da solo, e per ripicca verso quella testa di rapa, mentre se ne tornava a casa con lo sguardo di chi aveva appena pestato una cacca particolarmente grossa, si era mangiato tutte le ciambelle che aveva comprato.
Quell’ingrato delle palle.
La lezione era già finita tardi di per sé, ma visto che i loro soliti orari di pranzo erano parecchio dissimili da quelli convenzionali si era detto che minuto più, minuto meno non avrebbe fatto differenza. Beh, Shisui non c’era nemmeno, si era preso il disturbo per niente.
Ecco, se con il conto delle anomalie si era giunti a tre, era giusto che spuntasse fuori anche la quarta. Hidan si trovava precisamente davanti alla porta dell’appartamento, la tracolla l’aveva abbandonata malamente a terra una decina di minuti prima sotto lo sguardo di una spaventata vecchietta che si era data alla fuga giù dalle scale per quanto glielo consentisse l’età avanzata. In effetti l’Hie in quel momento era un tantino inquietante; in una mano reggeva metà ciambella, la cui parte gemella si trovava più o meno nella sua bocca, senza contare le varie briciole che occupavano i tre quarti del pavimento, mentre rovistava con tanto di imprecazioni nelle tasche.
Non trovava la chiave.
«Ma che cazzo…» borbottò per la decima volta; intanto dalle tasche tirava fuori di tutto – anche il biglietto di una rappresentazione teatrale comica a cui lo aveva trascinato l’Uchiha un mese prima – ma non quelle dannate chiavi.
In un moto di ira, mentre evitava di far cadere l’ultimo pezzo della santa ciambella con tanto di glassa al cioccolato, sbatté una mano contro la porta, imprecando anche a nome del proprio ragazzo.
Che poi la colpa era proprio sua, se fosse rimasto a casa non ci sarebbero stati tutti quei problemi e… Ma inutile concentrarsi su possibili accuse, quando c’era un problema ancora ben più grande di cui occuparsi: la porta si aprì.
Hidan ebbe modo di fare due veloci considerazioni.
O in casa c’erano i ladri o forse lui doveva farsi qualche altra oretta di sonno.
No, in verità furono tre, ma la terza appunto la pensò proprio mentre imprecò ad alta voce.
«Cazzo» disse, ‘questo ha messo la testa nel water’ pensò.
Shisui Uchiha si trovava sulla soglia della porta dell’appartamento, i capelli sparati in testa e con più farina addosso di quella che si poteva trovate in un sacco da cinque chili.
«Oh, finalmente sei arrivato e tu che diavolo ci fai qui?»
Shisui ci mise giusto un attimo a rendersi conto della faccenda: era proprio Hidan quello che aveva davanti e quest’ultimo stava proprio pensando che sì, quello era disgraziatamente Shisui.
Forse c’era qualcosa che non andava, ma tutta la mattinata aveva qualcosa che non andava. Erano le due e trenta del pomeriggio, aveva fame e non si era ancora lasciato andare alla sequela di insulti che avrebbe normalmente rivolto al compare se solo il giorno prima gli fosse successa una cosa del genere. «Io ci abito, qui» gli fece presente con un mezzo ghigno, mentre vedeva l’Uchiha prendere atto della cosa e metabolizzarla. Chiaramente qualcosa era andato storto.
«E cosa ci fai qui adesso?» ribatté con un sorriso a trentadue denti, cercando di chiudere alla bene e meglio la porta dietro di sé.
Si ritrovò anche lui fuori dalla porta e proprio in quel momento la vecchietta di prima risalì le scale, forse speranzosa del fatto che non ci fosse più quel bruto individuo di Hidan che l’aveva sconvolta prima. Quando vide le condizioni di Shisui fece dietrofront, lasciando basito il ragazzo.
Fece spallucce e attese una risposta.
«Sono venuto per mangiare, idiota, per cos’altro?»
Come faceva a vivere davvero con un essere così idiota? Quella, in verità, non poteva essere contata come anomalia del giorno perché erano mesi che dividevano quell’appartamento minuscolo che puzzava di tè al ginseng, ma era meglio collocarla nelle domande esistenziali.
«Ah, e non potevi farlo più tardi? O fuori? O non farlo proprio, magari? Ho notato che hai messo su un po’ di chiletti, avrai i rotolini di ciccia ora!» Shisui fece per alzargli un lembo della maglia, ma l’Hie si scansò prontamente.
«Smettila di dire stronzate e non toccarmi con quelle mani. Cos’hai fatto, sei andato a spalare merda?» chiese lanciando uno sguardo disgustato allo stato delle mani del ragazzo. Quest’ultimo fece lo stesso, strofinandole poi una contro l’altra e facendo cadere a terra quello che sembrava impasto.
«Farina e uova, si ci fanno gli impasti» ribatté senza dilungarsi troppo.
La cosa insospettì Hidan, che inarcò un sopracciglio.
«Un impasto» ripeté, distendendo le labbra in un ghigno ironico.
L’Uchiha alzò gli occhi al cielo, per poi sfoderare anche lui uno dei suoi sorrisi malandrini.
«Sì, un impasto. Ora che lo sai puoi anche andare!» e con un gesto della mano lo invitò a fare marcia indietro.
«Si può sapere che cazzo stai dicendo? L’appartamento è mio, deficiente, se mai sei tu che te ne puoi andare!» commentò un tantino alterato. «Si può sapere cosa stai nascondendo? Fammi entrare o sfondo la porta con la tua testa» aggiunse con l’aria di chi era pronto davvero a sfondare la porta. O forse solo a spaccare una testa, ma dettagli.
«Non c’è bisogno di sfondarla, è già aperta!» ribatté, dimostrando che effettivamente era solo socchiusa.
«Posso sfondarci il muro con la tua testa» gli fece presente.
«Allora? Vuoi levarti dalle palle e farmi entrare?» chiese ancora una volta, mostrandosi davvero più magnanimo del solito. In genere, a quel punto della misteriosa faccenda, avrebbe già preso Shisui di peso facendolo spostare, entrando nell’appartamento, per poi scaraventarlo di sotto.
Della serie, chi entra dalla porta, esce dalla finestra.
Shisui alzò gli occhi al cielo sbuffando: «E se ti stessi tradendo?» chiese ammiccante.
Ed effettivamente poteva anche essere una cosa plausibile; l’Uchiha era un bel ragazzo, inutile negarlo, ma Hidan sapeva che era una palla anche quella.
«Non ci crederei nemmeno se mi piazzassi sotto al naso l’idiota che ti vorrebbe» gli fece presente, prendendo la tracolla con uno slancio, già pronto ad entrare.
«Sai che ti sei dato del deficiente da solo, vero?» chiese ancora Shisui, questa volta chiaramente intenzionato a prendere tempo.
Hidan lo ignorò e fece per superarlo, poggiando una mano sulla porta alle sue spalle: «Non farmi ripetere, cazzo di Uchiha, levati dai piedi!»
Shisui rise, trovandosi ad un solo palmo dal naso dalla faccia di Hidan.
«Non vuoi andare a mangiare da qualche altra parte? Da Kakuzu magari, lui sicuramente sarà felice di–»
La frase fu bruscamente interrotta da Hidan che lo spinse direttamente insieme alla porta, facendo entrare entrambi in maniera piuttosto singolare.
Giunto all’interno la prima cosa che Hidan vide non fu il poster dei Simple Plan che Shisui aveva attaccato con il senso dell’arredamento di un armadillo poco vedente, ma la faccia di Sasuke Uchiha. «E tu che cazzo ci fai qui?» sbottò con una finezza da far crepare i vetri come il peggior acuto mai sentito.
Shisui intanto pontificava senza essere particolarmente ascoltato.
«Ma sei un coglione! Potevi essere un po’ più gentile, che cacchio! E–» si accorse poi anche lui della presenza dell’altro Uchiha, che stanziava ancora davanti a loro immobile e con un aria parecchio scocciata «E tu che diavolo ci fai qui?»
Sicuramente la frase tipo di quella giornata.
L’Uchiha preso in causa alzò elegantemente un sopracciglio, la fronte perennemente aggrottata e più o meno la stessa aura assassina che vantava Hidan fino a cinque minuti prima.
Fece passare lo sguardo da Hidan a Shisui e viceversa per un paio di volte, poi infine decise che l’appartamento e i suoi inquilini erano abbastanza degni di sentire la sua voce e una qualche sentenza da lui emessa.
«Mi hai chiamato tu, idiota» a Shisui e «Buon compleanno, fanatico» a Hidan.
Dopodiché si eclissò in cucina, sotto lo sguardo scioccato del cugino e quello particolarmente confuso di Hidan. Se Shisui fosse stato in sé avrebbe fatto presente al compagno che quell’espressione un po’ rincoglionita gli donava parecchio, ma era chiaro che per l’Uchiha quella non era giornata.
«Tu! Razza di cugino senza cervello! Ti avevo detto di tenere quel cesso chiuso, dovevi stare zitto!» sbraitò allora all’indirizzo di Sasuke, che si trovava nell’altra stanza.
Quando ebbe finito di imprecare molto scurrilmente verso il piccolo cugino, che al momento, secondo il suo modesto parere meritava di essere pestato a sangue, si voltò verso Hidan. Quest’ultimo rese palesi i dubbi al coinquilino in maniera decisamente poco fine.
«Che vuol dire buon compleanno? E che cazzo ci fa qui quel tappo?»
Tappo era un nomignolo che per osmosi, così diceva l’Uchiha, era entrato nei modi di dire dell’Hie. Ecco, forse la cosa peggiore di Shisui era che ti si attaccava addosso senza nemmeno darti il tempo di rendertene conto e una volta raggiunta la consapevolezza ormai era troppo tardi. Una forma evoluta di alieno androide?
Nah, forse era solo idiota.
Sulla porta, poi, ad un tratto comparve Itachi Uchiha, recante in mano una busta colma di roba non meglio identificata.
«Ohayou» disse semplicemente, attirando l’attenzione come una calamita. Entrambi si voltarono, squadrandolo da capo a piedi. Hidan schioccò la lingua infastidito ed era già pronto a partire con una delle sue filippiche di lamentele che consistevano in periodi articolati su mezza congiunzione, un quarto di verbo e tutti gli insulti esistenti e quelli non ancora conosciuti ai più.
«E tu perché diavolo ci hai messo così tanto ad arrivare? Ti ho chiamato tre ore fa! Eri tu a dover essere davanti alla porta dieci minuti fa, non questo… questo… lui!» Shisui era palesemente ancora scosso dall’atto ignobile fatto dal più piccolo Uchiha in quella casa.
«Io ho lezione, Shisui» gli fece presente Itachi, come fosse una cosa ovvia. Beh, in effetti lo era, anche se forse per l’Uchiha no, visto che saltava i corsi a piè pari e dava solo gli esami.
«Ah, sì, certo, come no! Va’ da quel marmocchio di tuo fratello e annegalo nel lavandino.»
Itachi si diresse compostamente verso la cucina e Shisui fu così premuroso da ricordargli di occultare il cadavere dopo quell’assassinio molto casereccio.
«Perché cazzo ‘sto appartamento è pieno di Uchiha oggi? E che vuol dire buon compleanno?»
«Vuol dire buon compleanno, cosa vuoi che voglia dire? Se solo quello stupido marmocchio fosse stato zitto, che cacchio!» probabilmente per le prossime sei ore non avrebbe smesso di parlottare contro il cuginetto, almeno che non avesse avuto modo di avere la sua gloriosa rivincita.
Hidan alzò gli occhi al cielo: «Il compleanno di cosa?»
Shisui lo osservò con sguardo sofferente per un attimo, per poi schiaffarsi letteralmente una mano in faccia. Anche l’Hie ebbe modo di rendersi conto che quel gesto sapeva molto di ‘ma perché sono circondato da gente deficiente?’.
Sorvolò solo perché l’Uchiha riprese repentinamente a parlare.
«Di cosa cosa? Della scarpiera? Tuo, idiota!» borbottò esasperato.
«Ah» si limitò a ribattere Hidan, visto e considerato che la cosa non lo interessava particolarmente. In effetti non ci aveva mai fatto caso al giorno del suo compleanno, era solo una data e come gli faceva spesso notare Shisui lui aveva proprio una memoria farlocca e a breve termine.
«Come ‘ah’? Non ti ho detto che la vecchietta del piano di sopra è volata giù per quattro piani rompendosi solo il tredicesimo osso del braccio! È il due aprile! Sorridi!»
Hidan si limitò ad un grugnito poco espressivo, segno che davvero la cosa non poteva essergli più indifferente.
«Oh, sei una tale noia!» si lamentò Shisui allora, troppo preso dal fatto che il ragazzo non mostrava nemmeno un grammo di entusiasmo contro ogni sua aspettativa per sentire le voci concitate dei due fratelli nella stanza a fianco.
«Come possono non piacerti i compleanni? Sono divertenti!»
«Un film splatter è divertente e direi che posso vedermelo anche se non è il mio compleanno» lo smontò in un attimo.
Ignorando i gusti personali dell’albino riguardo cosa lui ritenesse divertente, non desisté: «C’è la torta!»
«La pasticceria dietro l’angolo c’è ogni fottuto mattino, non appare solo il due aprile» borbottò con fare scocciato.
Perché doveva insistere tanto, dannazione a lui!
«Ci sono i regali, che cacchio! Quelli anche ti fanno schifo?» disse con un sorriso l’Uchiha, sicuro che non avrebbe potuto ribattere ad una cosa del genere. «Se qualcuno non festeggiasse il tuo compleanno non riceveresti regali!»
«Me li faccio da solo i regali. Mi sono comprato le ciambelle» ribatté allora, passandosi una mano tra i capelli chiari.
«Ah sì? E dove sono?» chiese di rimando, interessato a scoprire l’ubicazione di tale dolce per prendersi quella che era chiaramente la sua parte.
«Nel mio stomaco si suppone, se vuoi puoi aspettare che escano dall’uscita secondaria» disse con un ghigno divertito.
Shisui si ritirò indietro con un espressione vagamente disgustata, ma era già pronto a ritornare sul tema ‘compleanno’.
Hidan decise che cambiare argomento si sarebbe rivelata una scelta ben più proficua che continuare a parlare di quello, visto e considerato che lui non aveva mai neanche avuto in mente l’idea di festeggiarlo in qualche astrusa maniera.
Semplicemente non gli interessava, c’era forse qualcosa di male? Per Shisui chiaramente sì, ma quando mai l’Hie aveva ascoltato una singola parola di quel che diceva l’Uchiha?
«Ma dai, è–»
«Come credevi di farmi stare fuori dai piedi per l’intero pomeriggio?» chiese Hidan, interrompendo bruscamente quella che si sarebbe rivelata l’ennesima rottura di scatole.
Shisui inarcò un sopracciglio, quasi la domanda lo prendesse in contropiede. Anzi, sembrava quasi non aver capito cosa il coinquilino gli avesse chiesto, infatti assunse un’espressione particolarmente poco sveglia. Poggiò una mano sul fianco, ma la ritirò di scatto, anche se la macchia di farina e residui di uova mal amalgamate si era ormai creata.
Poi realizzò, evidentemente, perché la scocciatura che lo aveva caratterizzato fino a pochi minuti prima tornò più che palesemente.
«Giusto! Ancora non abbiamo chiarito perché tu ti trovi qui!»
Era davvero indignato come sembrava?
Hidan convenne mentalmente che era semplicemente scemo come appariva, tutto lì.
«Io ci abito qui, stronzo.»
«Oh, beh, sì, grazie, ma ti ho scritto che non ci sarei stato per pranzo, no?» si informò come se la cosa dovesse concernere qualche risvolto ovvio o comunque piuttosto intuibile con un po’ di ragionamento.
«E allora? Io non mangio solo quando ci sei anche tu, cazzo di egocentrico delle palle!» sbottò con una certa rabbia.
Possibile che i ragionamenti di quel ragazzo fossero seriamente così idioti? Forse la parte peggiore era che ci credeva davvero, in quel che diceva, e in quel caso anche per Hidan risultava piuttosto difficile smontare le sue teorie, visto che pure insultandolo rimaneva fermamente convinto di quel che diceva.
«Beh, visto che non c’ero era ovvio che dovessi restare fuori a mangiare, no? Che ci venivi a fare qui da solo altrimenti?» l’Uchiha sembrava seriamente dubbioso nel pronunciare quelle parole.
Intanto dalla cucina provenivano rumori molesti, ma nessuno dei due sembrava sentire nulla.
«Qui fa dei rumori strani…»
«Lascia, otouto, se la sbrigherà lui.»
«Se salta tutto in aria non ho voglia di morire per colpa di quell’idiota di Shisui.»
«Usciamo dalla finestra prima che esploda.»

Intanto: «Sei nel pieno delle tue facoltà mentali mentre spari tutte ‘ste stronzate?»
«Ma tu non dovresti essere qui!» ribatté offeso, al che Hidan sì sentì davvero in dovere di chiedere: «Seriamente credevi che non sarei venuto a casa se mi avessi detto che tu non c’eri?»
Shisui non rispose.
Hidan gli lanciò l’occhiataccia peggiore che riuscì a trovare, roba che nemmeno Kakuzu era riuscito a fargli tirare fuori.
Shisui sostenne il suo sguardo.
Hidan poggiò la tracolla a terra.
Shisui si arrese: «Sì! Ehi, comunque sei tu dalla parte del torto, non saresti dovuto tornare!»
Il ragazzo aveva problemi. Seri. Serissimi.
Intanto l’impasto sulle mani dell’Uchiha – e, ad onor del vero, ne aveva anche un pezzo su un sopracciglio – si stava solidificando e senza neanche rendersene conto il ragazzo se ne stava liberando, sporcando il pavimento in maniera indecente.
Colpa delle piastrelle troppo scure, si sarebbe giustificato più tardi dopo i lamenti di Hidan: se il pavimento fosse stato più chiaro o bianco non si sarebbe visto nulla e sarebbero vissuti tutti felici e contenti.
Probabilmente lui era quasi certo che le formiche non sarebbero giunte al terzo piano in cui si trovavano, per infestare l’appartamento: erano pigre anche loro, non si sarebbero mai fatte le scale, no.
«E tu saresti dovuto nascere meno deficiente, chi è nel torto?»
«Tutti e due» la voce di Itachi giunse dalla soglia della cucina e interruppe il significativo dibattito tra i due ragazzi, che si voltarono scocciati. Chi si credeva di essere per interrompere quel discorso pieno di mostruosa intelligenza?
«Itachi-chan, sono discorsi da grandi, non ti mettere in mezzo! Su, da bravo, torna a cambiare il pannolino al marmocchio!» e così dicendo gli fece cenno con la mano di andarsene. Itachi inarcò un sopracciglio e decise che per amor di pace non avrebbe fatto commenti sulla stupidità del cugino.
A quel punto, comunque, intervenne Hidan a far sapere il suo parere: «Ohe, Uchiha!»
«Quale?» chiese a bassa voce Shisui, ma non venne minimamente preso in considerazione.
«Vedi di non immerdare casa mia, non toccare le pareti e nemmeno il pavimento se puoi! E spero tu ti sia disinfettato prima di entrare, puzzi sempre di merda–» la sua brillante arringa venne interrotta.
«Ehi! Porta rispetto per Grande Cugino, è un Uchiha lui!»
Mentre i due riprendevano a battibeccare come immaturi studentelli del liceo, Itachi vide nella stupidità che caratterizzava i due il motivo per cui stessero così bene insieme.
«Rispetto, nh? Non dire stronzate, è un Uchiha idiota come te! Ha proposto lui di dire che non c’eri così io qui non ci sarei venuto?» chiese con sarcasmo, mentre Shisui assumeva un’espressione a dir poco scandalizzata.
«Cacchio c’entra? Poi era un’idea geniale, se tu non l’hai capita è perché sei scemo!»
«Cos’è, io avrei dovuto intuire che era un modo stupido per tenermi lontano da qui, quel messaggio deficiente?»
La questione, tirando le somme, era riassumibile così: Hidan era scarsamente portato a dar ragione a qualcuno e, in quel caso, semplicemente ad assecondarlo per amor di pace e Shisui tendeva a divenire particolarmente incapace di rendersi conto quando qualcuna delle sue teorie era un tantino poco plausibile.
Visto il teatrino che stavano tirando su, in quella stanza capirci qualcosa stava diventando vagamente difficile.
Ad un Pierre Bouvier che indicava minaccioso chiunque gli stesse davanti e la sua combriccola ai lati, un Itachi sulla soglia poco interessato e due coinquilini poco pacifici comunque si ci stava aggiungendo anche uno strano odore.
«Shisui» Itachi disse il nome del cugino, tentando di avvertirlo di qualcosa, ma quest’ultimo era troppo preso da questioni di vitale importanza.
«Tu non dovevi venire qui!»
«Stronzate. Quale sarebbe il motivo poi?»
«E perché dovrei dirtelo adesso? Non mi hai lasciato nemmeno una ciambella, tu!»
«Era il mio regalo di compleanno» Hidan lo stava palesemente prendendo in giro e Shisui non sembrava apprezzare granché.
«Itachi» lo chiamò Sasuke ad un tratto, con un’espressione parecchio scocciata in viso: «Salta per aria» gli fece presente, come se la cosa non lo preoccupasse poi più di tanto, ma lo infastidisse oltremodo.
Gli sarebbe toccato fare la doccia per togliersi quell’orrenda puzza di bruciato di dosso.
Itachi sospirò con stanchezza, visto e considerato che i due non sembravano intenzionati a smettere di fare i bambini.
Sasuke borbottò qualcosa; suo fratello sapeva essere la persona più autoritaria del mondo, spaventosa spesso, ma con i marmocchi non era proprio bravo, perciò decise di intervenire lui.
«Ehi, fanatico. I tuoi biscotti stanno morendo nel forno, valli a sacrificare al tuo Dio» gli disse, attirando la sua attenzione.
Lo sguardo scocciato e interrogativo che gli rivolse lo portò ad alzare gli occhi al cielo indispettito. Quanta gente idiota era costretta a sorbirsi in un solo giorno? Questo tenendo conto del fatto che Naruto e Suigetsu valevano trentasei persone idiote a testa come minimo.
Troppe.
«Eh?»
Shisui prese consapevolezza della situazione in un attimo: «Oh merda!» esclamò, ma senza muoversi di lì.
«Che biscotti?» si azzardò a chiedere Hidan.
La cosa lo insospettiva parecchio, per non dire che gli puzzava di sospetto. E puzzava anche la stanza, ora che ci faceva caso.
Bruciato, forse?
«Sas’ke-chan! Impara a tenere la bocca chiusa qualche volta!» si lamentò invece Shisui, che si riferiva al fatto che il cugino aveva rivelato parte dei suoi diabolici piani.
«Che biscotti?» chiese ancora Hidan, ma era destinato a non essere ascoltato.
«Merda, che puzza che c’è qui! Le mie povere creazioni d’arte!» si lamentò, come se si fosse reso conto solo in quel momento di quella che era la situazione.
Itachi e Sasuke si tirarono prontamente di lato quando Shisui si fiondò letteralmente in cucina, seguito a ruota da un Hidan irritato, mentre domandava invano: «Che cazzo di biscotti?! Di cosa stai parlando?»
Lo scenario che si propose dinnanzi agli occhi di Hidan in cucina fu davvero pessimo.
Terribile.
Farinoso.
Un disastro in poche parole, tanto che Hidan suppose soltanto che sotto tutto quel lerciume ci fosse qualcosa di simile alla cucina in cui solo quel mattino si era preparato una tazza di caffelatte. L’unica cosa che era sicuro di riconoscere era la carta blu degli M&M’s che Shisui mangiava anche quando era in bagno a espellere quelli che aveva mangiato il mattino stesso.
C’era una gran puzza di bruciato e vide solo di sfuggita Itachi aprire una finestra. Forse volevano davvero, lui e Sasuke, buttarsi di sotto: la porta era demodé.
Dal forno proveniva un poco rassicurante fumo scuro che stava, a poco a poco, invadendo completamente la stanza già piccola di suo.
Il teatrino che mise in piedi da solo l’Uchiha fu seriamente qualcosa di ridicolo, divertente e umiliante – per Shisui s’intende.
Quest’ultimo corse verso il forno, tossendo e borbottando contemporaneamente qualcosa. Sventolò più volte la mano, per poi aprire lo sportello, da cui uscì una quantità ancora maggiore di fumo.
A Hidan ad un certo punto riuscì piuttosto difficile capire che cosa stesse facendo l’idiota, ma di certo lo vide tentare di tirare fuori qualcosa dal forno, piantare un urlo agonizzante, ritirarsi indietro e tornare a prendere uno strofinaccio con cui ripetere l’operazione.
Quel che tirò fuori dal forno risultò essere un ammasso nero fumante, puzzolente e dal dubbio aspetto. Hidan dedusse che quella schifezza dovesse essere il motivo per cui non doveva trovarsi lì e forse, in definitiva, sarebbe anche stato meglio così.
Shisui osservava con sguardo critico la sua stessa creazione dopo averla poggiata sul tavolo della cucina, tra un sacco di farina da cinque chili, una ventina di recipienti nemmeno utilizzati, mestoli ed altri utensili.
I due coinquilini presero ad osservare la cosa sul tavolo, mentre i due Uchiha parlottavano sulla porta. «Cos’è ‘sta schifezza?» si decise infine a chiedere Hidan, con un’espressione particolarmente disgustata. «Biscotti» commentò afono Shisui, osservando come in stato catatonico quelli che no, non assomigliavano nemmeno un po’ a dei biscotti.
Ma lo erano, eh! Il colore scuro e l’odore di bruciato che emanavano potevano dare un’impressione sbagliata, ma erano biscotti. Commestibili come un calzino, quello sì, ma agli albori dell’impresa di Shisui erano dolci.
«Biscotti?» ripeté l’Hie, rigirando nemmeno troppo involontariamente il coltello nella piaga.
«Mh» lentamente Shisui si voltò verso Hidan. Senza preavviso prese a blaterare: «E tu tornatene di là! Non dovresti vedere i biscotti!»
«Biscotti?» commentò Sasuke in sottofondo, il sarcasmo era palese.
«Otouto» lo ammonì Itachi, che provava pena per il cugino. La sua scemenza non lo avrebbe portato lontano, no.
«Vattene di là, posso ancora aggiustarli! To’, se li copro di cioccolato non fanno poi così ribrezzo…» borbottò, come se stesse convincendo anche se stesso di quella possibilità.
«Su, vai! Chiedi a Kakuzu se vuole giocare al gioco del silenzio con te, vediamo chi vince! Ciao!» e gli diede uno spintone con l’intento di farlo uscire dalla cucina.
Tuttavia, l’attenzione di Hidan fu attirata da qualcos’altro, tanto che andarsene proprio in quel momento non era nei suoi particolari intenti.
«Ma che cazz–» iniziò solo, spostando letteralmente Shisui di lato, per poi portarsi dritto davanti alla teglia dei biscotti.
Erano davanti a lui, li vedeva chiari e precisi, quei cosi che l’Uchiha tentava di spacciare per biscotti.
Illuso.
«Cosa sarebbero?» chiese scettico, mentre Shisui prendeva semplicemente atto della situazione e abbandonava i suoi vani tentativi di tenere l’Hie all’oscuro del suo non riuscito progetto.
«Biscotti» disse semplicemente, mettendo le mani dietro la testa.
Si sarebbe fatto una doccia con il bagnoschiuma di Hidan dopo, era inutile tentare di non sporcarsi, visto che in quella stanza si navigava tranquillamente in farina e altri ingredienti non meglio identificati.
«Erano al cioccolato?»
«No, frollini normali» disse lapidario.
«Fanno schifo» commentò con la finezza che lo contraddistingueva sempre e comunque.
«Tzè. Saresti stato capace di fare meglio, forse?»
«Ovvio, io– che cazzo di forma hanno ‘sti cosi?» sbottò tutto d’un fiato l’albino, mentre afferrava quel piccolo particolare che gli era davanti agli occhi da venti minuti ma che ancora non era riuscito ad afferrare.
Nah, probabilmente si stava sbagliando.
C’era qualcosa di… sbagliato, in quella forma, perciò non poteva essere quella a cui stava pensando lui.
Era semplicemente…
«Sono per il tuo compleanno! Li ho fatti a forma del simbolo di quel ciarlatano, lì, quel Jashin!»
… impossibile che Shisui facesse qualcosa di giusto, dritto e normale, così, tanto per fare qualcosa di diverso.
«Shisui…»
«Eh?» chiese distrattamente, mentre cercava un M&M’s sperduto nel sacchetto vuoto sul tavolo.
«E TU PER IL MIO COMPLEANNO AVRESTI IL CORAGGIO DI REGALARMI BISCOTTI CON UNA FORMA DEL GENERE?» urlò letteralmente, gli occhi spalancati e una faccia da pazzo, a dir poco.
Itachi e Sasuke convennero che lasciarli alle loro liti coniugali da soli fosse la miglior cosa, infatti si defilarono. Dalla porta, ovviamente.
Shisui rimase impassibile, come se la cosa non lo toccasse minimamente. O piuttosto come se lui il problema non lo vedesse proprio.
Si sporse verso Hidan e afferrò uno dei biscotti bruciacchiati. Lo osservò con sguardo critico e poi chiese: «E dove sarebbe il problema?»
Nemmeno Hidan seppe cosa lo trattenne dall’afferrare la testa del ragazzo e infilarla nel forno, per poi chiudere lo sportello ritmicamente più e più volte. Forse fu la nuova maturità che gli conferivano i ventidue anni appena compiuti.
«Il problema, stupido Uchiha, è che stai insultando il Sommo–»
«Chi, Sarutobi?» chiese ingenuamente, tirando in ballo il rettore dell’università, che palesemente non c’entrava nulla.
Hidan lo ignorò e continuò: «Questo non è il simbolo di Jashin! Sei diventato cieco da un giorno all’altro? Quello sulla mattonella del cesso ti sembra così?» e sventolò davanti alla faccia dell’Uchiha anche lui un biscotto annerito e dall’aria non particolarmente consistente.
«Massì, più o meno…»
Hidan gli infilò direttamente il biscotto in bocca, costringendolo a mangiare quell’eresia che aveva creato.
Per inciso, il fantomatico biscotto – così come quelli dell’intera teglia – aveva una forma particolarmente ovale ed allungata. Il triangolo al centro aveva una forma poco triangolare, per così dire, e perfino l’ovale, che sarebbe dovuto essere un cerchio, non poteva vantare le caratteristiche di un ovale vero.
Era uno scempio da capo a piedi, per metterla in termini molto semplificati.
Shisui masticò il biscotti, per poi sputarlo letteralmente.
«Buono, mh? È la vendetta del Sommo, questa! Avrai un’intossicazione per aver mangiato ‘sti così!»
Shisui sputacchiò ancora qualche pezzetto, non osando commentare l’amarezza di quell’affare che lui aveva preparato.
Si auto convinse che forse se non si fossero bruciati sarebbero stati buoni, ma ci riuscì a stento.
«Ehi, io almeno ho provato a fare qualcosa di originale, non ti ho mandato soldi come tua madre, tuo padre e via dicendo!» ribatté, mentre Hidan con poca discrezione spezzava in metà i biscotti, borbottando qualcosa come «non devono nemmeno poter essere paragonati, al simbolo del Sommo!»
Poi l’Hie si voltò a guardarlo. Si guardarono per un po’, i due, finché Shisui non commentò: «Beh? Non è forse il pensiero che conta?»
«Far saltare la cucina e fare l’eretico che cazzo di pensiero sarebbe?»
«Quanto sei rompipalle, Hie!»
Quest’ultimo sbuffò. «Mpf, grazie idiota» e con quella che voleva, in teoria, essere una carezza gentile, gli schiaffò la mano in faccia, togliendogli anche l’impasto dai sopracciglio.
«Quanto romanticismo, eh! Un abbraccio, un bacio, una sberla… siamo sempre lì!» e si mise a ridere da solo, conscio che era il massimo che si sarebbe potuto aspettare da uno come Hidan.
Come regalo per il suo compleanno non sarebbe stato strano trovarsi impacchettata una bambola voodoo.
Hidan, comunque, anche se non lo avrebbe mai ammesso, riteneva l’idea carina, sì. E molto da Shisui, ecco. Comunque, l’importante era che tutto fosse terminato, dubitava di poter sopportare altre sciagure, specialmente quel giorno…
«Ah, comunque avevo già sfornato due teglie… qualcuno dovrà pur mangiarseli no? Pensavo che qualcuno potremmo rifilarlo alla vecchietta di sopra, tanto è mezza andata. Qualcuno dallo a Kakuzu! E poi potremmo fare come i boyscout che portano il cioccolato! Solo che noi smerciamo biscotti bruciati e non commestibili, ma l’importante è che ce li togliamo dai piedi noi…»
Hidan non lo stava davvero più ascoltando.
Quel ragazzo era seriamente un idiota, non c’era niente da fare, così era e così sarebbe rimasto. Quella era una certezza. L’altra era che Dio l’odiava. Lo odiava di certo.
Non era possibile che tra tutte le persone che poteva conoscere gli fosse toccata proprio Shisui Uchiha.


Sìsì, avete capito bene, ho scritto una storia per il compleanno di quel amore di personaggio che è Hidan! Se lo merita, suvvia, ancora sotterrato sotto merda, radici e terra… Anche in ritardo, a quanto mi fa notare la santissima wikipedia!.___. Prendetevela con Hobbes, Lock, Mendel, i suoi cazzo di piselli e goniometria, io non c’entro mica niente!
Eh, sì, è anche una Hidan/Shisui, ma che ci posso fare io se li adoro insieme? Ok che manco si sono mai visti per sbaglio, ma la mia mente fa collegamenti fuori dal comune!XD L’universo in cui è ambientata è lo stesso della prima che ho scritto, l’appartamento puzza sempre do ginseng e le ciambelle sono il pane quotidiano di ‘sti due fessacchiotti!*O*
… mi sto divertendo da sola, non so quanto sia una cosa normale.
Comunque, Hie è il cognome solito che do a Hidan da tempi immemori, mentre Pierre Bouvier, il caro Pierre che io stimo dal profondo più profondo del mio cuore è il cantante dei Simple Plan. Non chiedetemi perché Shisui sia fissato con i Simple Plan perché non lo so nemmeno io, semplicemente in un’au me lo immagino mooooolto bene come dipendente da M&M’s e adoratore indefesso del tal gruppo… fisse mie!XD
Il titolo, tra l’altro, è una canzone loro, tanto per rimanere in tema.
‘sta storia dei biscotti è facile da spiegare: quando ho scritto la storia ero nel mio periodo ‘biscottoso’ ed era doveroso metterli da qualche parte! Per inciso, i miei sono venuti bene, non come le cacchette informi di Shisui-chan…
Hidan studia anche! Forse dovrei mettere OOC solo per questo!XD
Poteva poi mancare Sasuke con la sua allegria smodata? Beh, effettivamente potevamo farne a meno, ma con Shisui ci metto anche cugino uno e cugino due…
Mettere shonen ai tra gli avvertimenti è abbastanza scemo, visto che i due qui oltre ad insultarsi non fanno una santa cippa, ma tant'è! Il rating giallo, invece, è proprio per il linguaggio 'alla Hidan'.
Ok, fine delle note deliranti!.____.

  
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