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Autore: Meggie    03/04/2012    5 recensioni
Sono passati ormai quattro anni dalla fine di Glee e certe cose sono necessariamente cambiate. Molte altre, però, sembrano non cambiare mai. Quando Darren rivede Chris, sembra solo un incontro tra amici come tanti altri. Non sanno, invece, che è il momento di tirare fuori sette anni di cose non dette.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chris Colfer, Darren Criss
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: (abbiamo trovato l’amore) Ed è un posto senza speranza
Fandom: Glee RPF
Pairing/Personaggi: Chris Colfer/Darren Criss
Rating: R/NC17
Genere: Angst, introspettivo, romantico
Warning: Slash
Beta: [info]lisachanoando
Disclaimer: No, chiaramente Glee non è mio e non ci guadagno nulla (purtroppo).
Riassunto: Sono passati ormai quattro anni dalla fine di Glee e certe cose sono necessariamente cambiate. Molte altre, però, sembrano non cambiare mai. Quando Darren rivede Chris, sembra solo un incontro tra amici come tanti altri. Non sanno, invece, che è il momento di tirare fuori sette anni di cose non dette.



CAPITOLO 1

Chris ha ventisette anni e cinque mesi quando incontra Jonah. E si ricorda tutto di quel momento, con una precisione che un po’ lo spaventa. Perché non dovrebbe, si dice, non dovrebbe ricordarsi della luce nei suoi occhi o della stretta della sua mano o del suo sorriso, eppure se chiude gli occhi, Chris riesce a rivedere tutto perfettamente.
Jonah ha ventitré anni e nove mesi quando incontra Chris Colfer.
Quando se lo ritrova davanti, Jonah sa perfettamente chi è Chris. Non ha mai pensato, però, che Chris sapesse chi fosse lui.
Invece Chris lo sa e l’ha visto e dopo averlo guardato esibirsi sul palco della nuova edizione di RENT a Broadway, dopo averlo visto cantare One Song Glory con una rabbia che nessun Roger ha mai mostrato così in bella vista - sempre troppo occupato a reprimerla, a nascondere tutto - l’ha incontrato.
A Chris un tempo sarebbe piaciuto poter dire di averlo cercato nel backstage, ma la realtà è che è lì per Johanne, per la Johanne di Naya, e quindi per forza si è ritrovato nel backstage. E per forza ha incontrato Jonah.
Jonah che è il più giovane della compagnia, una nuova piccola stella di Broadway, alla sua prima esperienza sul palcoscenico più importante del mondo. Jonah che ha stretto la mano a Chris e gli ha sorriso prima di passarsi la mano tra i capelli biondi, così tipici per il ruolo di Roger.
Chris si ricorda di come ne sia rimasto intrigato. Di come, stretto a Naya – favolosa favolosa favolosa nel ruolo di Johanne. Sfacciata e sensuale e molto meno aspra di quanto il pubblico era abituato, forse, ma perfetta e sua, di Naya, proprio per quel motivo. Una Johanne che faceva a gara con Maureen, avevano scritto, e quanto era vero -, abbia continuato a lanciargli occhiate. E Dio, anche alla sua età è comunque pessimo nel gioco della seduzione e non è felice che glielo ricordino.
Ancora adesso, a ventotto anni e quattro mesi, Chris si rende conto di non saperlo fare. Di essere troppo strano, troppo in imbarazzo per poter essere veramente sfrontato in ciò che desidera.
(I mesi passati con Jonah, poi, non hanno di certo aiutato.)
Per questo Chris non si è mai stupito del fatto che sia stato Jonah ad iniziare il tutto. Vedendo poi com’è andata, Chris sarebbe anche uno stupido a pensare che sarebbe potuta andare in modo diverso.
È stato Jonah, con il suo sorriso e i suoi occhi chiari e i capelli scompigliati, a chiedergli il numero di telefono, in un modo tanto sfrontato che Chris si è sempre un po’ vergognato nel sapere che è lui il più grande dei due. Che avrebbe dovuto essere lui quello più sicuro di sé.
E invece si è ritrovato con il telefono dell’altro tra le mani poco prima di uscire a cenare con Naya e un paio di suoi amici, in onore dei vecchi tempi.
Ha digitato velocemente quel pugno di cifre, prima di sorridere e lasciare Jonah dietro di sé.
Chris ha ventisette anni e cinque mesi quando incontra Jonah. E ha ventotto anni e quattro mesi quando lo tradisce.
Più o meno.

*

Essere a New York è sempre come tornare a casa. Il che è strano, perché Darren non ha mai pensato di averne una sola, di casa. È un po’ San Francisco. Un po’ Los Angeles. Un po’ Chicago. Un po’ New York. Un po’ in giro nel resto del mondo, ma mai solo una. È un po’ ovunque e gli è sempre andato bene così.
Dopo l’anno appena trascorso, però, ha capito che ci sono alcuni luoghi che sono come dei punti fermi. New York è uno di quelli.
È come tornare a casa, ma è anche come non essersene mai andato. E un po’ è così, perché i suoi amici sono lì e suo fratello è lì e parte del suo lavoro è lì. Ma quando viaggi viaggi viaggi per così tanto tempo, tornare in un posto che conosci come le tue tasche, un posto in cui puoi andare in giro a piedi senza perderti, è rassicurante.
Gli è mancata New York. E non importa se può rimanere lì solo per qualche giorno, prima di andare a Los Angeles per iniziare a girare con Michael Cera – e non vede l’ora. Gli è mancato recitare, gli è mancato da morire.
Ma non può lamentarsi e non vuole farlo. Non l’ha fatto in passato, anni prima, quando le cose stavano andando tutte storte e la frustrazione lo mangiava vivo nei giorni migliori e in quelli peggiori… quelli peggiori tende a non ricordarli. Preferisce così.
Quindi si gode quel pugno di giorni a New York e cerca di assorbirne tutte le energie, come sempre.
E non gli dispiace essere lì, infilato in un abito di Armani e pronto a stringere mani e a rilasciare interviste e, in generale ad incontrare persone. Gli è mancato quel mondo, il mondo del teatro, così come gli sono mancate un sacco di altre cose nell’ultimo anno, ed è felice di tornare a farne parte, anche solo per una serata. È felice di rivedere amici e di godersi Broadway e una festa in uno dei migliori ristoranti. Gli ricorda il suo, di debutto, ed è sempre qualcosa che gli fa accelerare il battito cardiaco dall’emozione.
Dopo anni, ancora non si è del tutto abituato. Ed è felice che sia così.
Vedere Aladdin portato in scena è qualcosa che lo entusiasma. Gli fa ricordare di quand’era bambino. Gli fa ricordare del se stesso affascinato dal Genio. Gli fa ricordare del perché è se stesso. Ritorna bambino e si diverte a sussurrare sottovoce le parole delle canzoni, rapito come sempre dalla musica di Alan Menken.
Darren sa che c’è anche Chris. L’ha visto e salutato prima, da lontano, ma riesce a parlare con lui solo alla festa che segue l’anteprima, dopo essersi districato dalla morsa di giornalisti e fotografi.
È strano, rivederlo. E allo stesso tempo non lo è per niente. Sono mesi che non si vedono, ma da quando tutto è finito, da quando si sono lasciati Glee alle spalle, difficilmente riescono a frequentarsi. Ma va bene così. Ogni volta che si rincontrano, almeno, hanno qualcosa di cui parlare.
Ogni volta, è un po’ come non essersi mai separati. È una bella sensazione dopotutto.
(A volte fa anche paura.)
“Mr. Emmy,” lo saluta Darren, avvicinandosi a lui sorridendo, e Chris scuote la testa, allargando leggermente le braccia per stringerlo velocemente a sé.
“Non chiamarmi così!” sbuffa in una mezza risata, “che poi la gente mi ritiene altezzoso.”
Darren ride, guardandosi intorno. “Allora?”
Chris alza un sopracciglio, continuando a sorridere. “Allora?” gli fa eco.
Darren scuote la testa e come ogni volta che lo incontra, gli tornano in mente i mesi – gli anni – passati a lavorare accanto a Chris. Si chiede come sarebbe lavorarci adesso.
(E vorrebbe saperlo. Vorrebbe sapere se in quel periodo è cambiato qualcosa. Se è diventato ancora più bravo – e sa già la risposta.)
Gli manca, e non è neppure una sorpresa. Gli mancano un sacco di cose che ha avuto nel passato. Ma visto cosa sta avendo nel presente, non può lamentarsi. Non ne ha diritto.
“A che punto sei con la conquista del mondo?” dice alla fine, facendo ridere Chris. Ed è bello sapere che certe cose non sono cambiate, che riesce ancora a farlo ridere in quel modo, quel modo che gli fa formare le fossette ai lati della bocca e inclinare la testa all’indietro.
“A buon punto, sai?” ridacchia Chris, guardandolo di traverso, “Ma ho ancora alcuni dettagli da sistemare. Devo ancora decidere chi eliminare per sempre dal mio regno, e chi potrà restare. È un’ardua scelta.”
“Spero di essere tra i fortunati eletti, allora.”
Chris lo guarda e sta per rispondergli, quando una donna si avvicina a loro. Darren non sa chi sia, ma Chris evidentemente sì. Le lancia un’occhiata, prima di sorridere a Darren per scusarsi e lui lo lascia andare, conscio di non poter trattenerlo troppo a sé.
È una cosa che non ha mai potuto fare. Non ne aveva il potere un tempo e non ne ha il potere adesso.
Certe cose non sono cambiate.

*

È Chris ad andare da lui, dopo un po’. Darren sta parlando con suo fratello, dopo aver appena lasciato andare Alan Menken in persona – ed ogni volta che quell’uomo si complimenta con lui, Darren non può fare a meno di avere un nodo in gola dall’emozione. Si sente sempre un bambino e uno stupido davanti a lui. Si sente sempre desideroso di stringergli la mano con la volontà di non lasciarlo andare, perché, Dio, come fa ad esistere qualcuno del genere?
“Ti ho visto sai, che cercavi di scappare con Menken sottobraccio,” ridacchia Chris, facendolo sorridere, prima di abbracciare Chuck per salutarlo.
Darren alza le mani, scuotendo la testa, “Beccato”. Osserva come sia ancora tutto facile, tra di loro. Come sia facile per Chris avvicinarsi e abbracciare suo fratello come se non fossero passati anni, probabilmente, che non si vedevano. Come sia facile ridere.
Darren si ricorda del periodo passato sul set, ovviamente. Si ricorda dei momenti trascorsi a parlare con Chris. Si ricorda un sacco di cose di quel periodo.
Si ricorda di certe discussioni. Se ne ricorda una, in particolare, come se fosse ieri.
Ma non è stata ieri e sì, certe cose non sono cambiate, ma il resto forse sì, forse nulla è veramente come prima, forse le cose hanno solo la stessa apparenza, ma in realtà…
Darren osserva Chris parlare con Chuck, il profilo che è sempre lo stesso, nonostante gli anni, i capelli perfettamente scompigliati, il completo scuro che come sempre lo fa sembrare ancora più alto. È il Chris di sempre, con qualche anno in più.
Poi, però, pensa che allora la regola dovrebbe applicarsi anche a lui. Anche lui dovrebbe essere lo stesso, solo un po’ più grande, di sicuro non più maturo, ma con decisamente più soldi in banca e, in generale, con parecchie soddisfazioni raccolte lungo il cammino.
Darren, però, non si sente affatto come allora.
E non sa se sia un bene o un male.

*

È solo al terzo tentativo che riescono finalmente a parlare.
A Darren è mancato anche quello.
(Soprattutto quello. A volte ci ha pensato, a volte si è ritrovato a voler comporre un numero di telefono solo per parlargli, e si è sempre fermato all’ultimo perché… perché le cose sono cambiate, nel tempo, e lui e Chris non sono più così legati e…)
Si dispiace ogni giorno di non aver mai il coraggio di chiamarlo più spesso, di chiamarlo semplicemente perché ne ha voglia.
“Allora, come stai?”
Chris si stringe nelle spalle e sorride. “Bene? Insomma, non posso lamentarmi, no? Quindi… sì, bene.”
Darren distoglie lo sguardo. Osserva tutte quelle persone attorno, che parlano e si stanno divertendo, persone che in parte conosce, e pensa che comunque è felice di essere lì proprio con Chris.
“Puoi comunque lamentarti. Anche con un Emmy sul comodino di casa.”
Chris lo guarda storto, prima di scuotere la testa. “Dici che non preclude la possibilità?”
“Penso che si possano vincere tutti i premi del mondo e avere comunque una vita di merda.”
Chris solleva un sopracciglio e Darren si rende conto di ciò che ha appena detto e… cazzo. “Cioè, non parlavo di te. Ti credo se dici che va tutto bene, non… Voglio dire, ovvio. Certo che va tutto bene, scusami, non so-“
“Darren, è ok. Non ho una vita di merda, tranquillizzati. Solo che non ho neppure una vita perfetta. Ma non credo che qualcuno ce l’abbia, quindi…”
Darren annuisce e abbassa lo sguardo sul suo bicchiere.
Puoi vincere tutti i premi del mondo e comunque possono non significare un cazzo. Però ti tolgono comunque il diritto di lamentarti.
Puoi anche non averli, i premi. Puoi avere dell’altro, però, dell’altro abbastanza grande che dovrebbe bastarti e invece non è così. Ma saresti solo uno stronzo ad aprire la bocca per chiedere di più, chiedere dell’altro, chiedere qualcosa che neppure sai definire.
Darren capisce perfettamente Chris.
Lo capisce fin troppo.
“Beh,” riprende Chris, e Darren non sa per quanto tempo è rimasto in silenzio, “credo che abbandonerò questa festa…”
Non sa che ore siano, ma Darren è comunque sorpreso, perché…
Scuote la testa. Non è importante.
(Stavano parlando. Era bello. Perché se ne vuole andare? Darren non vuole chiederselo. Così non ci pensa. Non è importante.)
“Oh, ok,” e forse il tono deluso traspare dalla sua voce perché Chris sembra titubante. Un tempo, Darren l’avrebbe afferrato per il polso, avrebbe probabilmente flirtato un po’ con lui, e l’avrebbe convinto a restare. Un tempo avrebbe giocato sporco, navigando su quella linea sottile che nessuno si era mai preoccupato di oltrepassare.
(Tranne quella volta.)
Ma non è più quel tempo e certe cose sono effettivamente cambiate, quindi no, Darren non lo fermerà in questo modo.
È Chris, però, a ripensarci, almeno in parte. “È che non sono un tipo da feste. Ed è piuttosto tardi, quindi… vorrei solo andare a casa”
“Certo,” annuisce Darren, perché non c’è nulla di male nella richiesta di Chris ed è comprensibile e va bene, solo che…
… che a volte è ancora un po’ bambino e si vuole solo aggrappare alle persone e pregarle di rimanere con lui. L’ha fatto di continuo, l’ha fatto per scherzare, l’ha fatto per divertirsi. L’ha fatto perché ci credeva.
Chris si guarda intorno, come per controllare che nessuno li stia ascoltando e Darren avrebbe voglia di scuotere la testa e chiedergli di che cosa si sta preoccupando perché non c’è nulla che-
“Vuoi venire da me? Cioè, so che sei qui con tuo fratello, ma…”
Oh.
A questo punto è Darren a far passare velocemente le persone attorno, per sapere se qualcuno ha sentito. Ed è una cosa stupida, ma sa come funziona in quel mondo, sa che basta mezzo microfono, mezza fotocamera, per creare un casino e non ha voglia di avere quel tipo di notizia in giro.
Ed è una frase così equivocabile, una frase che può significare un mucchio di cose. Darren sa, però, che non significa nulla, che non è ciò a cui sta pensando Chris, perché certe cose non sono cambiate, nonostante tutto.
(Certe cose non sono cambiate. Ma Darren preferisci ricordarsi solo di una parte del passato.)
“Uh… non eri stanco?” chiede alla fine, sorridendo.
Chris si stringe nelle spalle, “è da tanto che non ci vediamo, possiamo continuare a parlare lì.”
“Ok,” annuisce, “d’accordo. Andiamo. Chuck deve tornare da Shannon, tanto e… Forza, vediamo la casa di Mr. Emmy.”
Chris ride, e Darren si trova a sorridere di rimando, perché non è mai riuscito a trattenersi di fronte a lui, di fronte alla sua risata e al modo in cui arriccia il naso e stringe gli occhi. Ancora adesso Darren pensa che sia adorabile.
“Mi spiace deluderti, ma l’Emmy è a Los Angeles.”
Darren rotea gli occhi, sbuffando. “Allora dovrai trovare un altro motivo per trattenermi, Colfer, te lo dico.”
Quando Chris scoppia di nuovo a ridere, Darren non può fare a meno di sentirsi soddisfatto.

*

Da Sardi’s non ci mettono molto ad arrivare all’appartamento di Chris, poco distante da Central Park.
“Sai che anch’io abito in questa zona? Beh, non esattamente in questa zona, è dall’altra parte del parco, verso Broadway, è abbastanza comodo perché-“
“Lo so,” lo interrompe Chris con un sorriso, facendogli cenno di sedersi sul divano, “ci sono stato.”
Oh. Già. Vero.
Darren si guarda attorno, cercando di cogliere più dettagli possibili. È un bell’appartamento, più grande di quello che ha lui a New York, con pochi mobili, ma eleganti ed essenziali, esattamente come Chris. E in qualche angolo, o appese alle pareti, sono le foto che catturano il suo sguardo. Foto di Chris con persone che Darren non conosce. Foto di Chris con persone che Darren conosce. Foto di Chris con lui. Beh, con anche lui, almeno, ma la cosa lo fa comunque sorridere.
(E non è nostalgia, quella che sente.)
Darren si chiede se in quell’appartamento così grande Chris ci viva da solo. O se è stato attraversato da qualche ragazzo. Adesso o in passato.
Sa della storia con Sebastian – sì, Sebastian. Quando l’aveva saputo non aveva potuto non ridere in faccia a Chris, perché, insomma, dovevano ammetterlo, era stata una coincidenza piuttosto divertente all’epoca, qualcosa per cui riderci sopra -. Tutti sanno della storia di Chris con Sebastian. Tutti sanno anche della sua fine, per il malcontento di Chris.
Darren sa anche di Jonah. Chris gliene ha parlato poco tempo dopo che hanno iniziato ad uscire insieme, ma Darren non ha idea di come si siano evolute le cose tra di loro e…
Potrebbe chiederglielo. Solo che non sa che dire.
“Vuoi qualcosa da bere?” chiede Chris, dirigendosi in cucina mentre tenta di allentarsi la cravatta.
“No, sono a posto, grazie.”
Darren sospira, e si rilassa contro lo schienale del divano. Torna a guardare quelle foto. Torna a guardarsi mentre sorride alla fotocamera, circondato da Lea e Dianna e Chris e Cory e…
Non è che le cose fossero migliori, all’epoca. È sempre stato un gran casino, allora come adesso.
(Forse allora più di adesso.)
(Forse è quello il problema.)
(Forse il problema è che non c’è più un problema. E quando non c’è un problema, come si fa a risolverlo?)
Chris torna da lui con in mano una Diet Coke – certe cose non cambiano – e senza la giacca, probabilmente abbandonata in cucina.
“Stai ancora insieme a Jonah?”
Alla fine glielo chiede. E vede Chris alzare un sopracciglio e rimanere in silenzio per un istante, come se stesse pensando ad una risposta e a cosa dovrebbe mai pensare? O ci stai o non ci stai insieme ad una persona, no?
No?
“Più o meno,” risponde alla fine. Piano, poco più di un sussurro, ma non sposta lo sguardo dai suoi occhi e Darren non riesce ad abbassare il proprio.
(Quando non c’è un problema, cosa puoi risolvere?)
Darren vorrebbe che le cose fossero come un tempo. Il punto è che non lo sono affatto.
(Ma alcune sì.)

NOTE:
Ed ecco il primo effettivo capitolo :) E il secondo, come previsto, arriverà tra una settimana, martedì prossimo!
Dato che questa storia è composta da un mondo enorme e da tantissimi dettagli, se ci fosse qualcosa di poco chiaro, basta chiedere. Se posso rispondere (se, cioè, non viene spiegato più avanti), sarò felice di rispondere :)

E alcune note tecniche:
Alan Menken è un compositore statunitense vincitore di otto premi Oscar per le sue colonne sonore Disney. È anche l’idolo (uno dei tanti) di Darren e per adesso si sono incontrati due volte. Comunque, è anche l’autore della colonna sonora di Aladdin, ecco perché è nominato qui. (No, a Broadway non c’è il musical di Aladdin. Non so neppure se ci sia. Ma esiste quello de La Bella e La Bestia, le cui musiche sono appunto quelle di Alan Menken. Essendo il tutto ambientato in là negli anni, ho pensato che poteva essere plausibile un musical anche su Aladdin).
Michael Cera è un attore – ed esiste, ovvio. Tra le altre cose, ha recitato in Juno.
Chuck è chiaramente il fratello di Darren. Shannon, invece, è un nome inventato.
Sardi’s è un ristorante molto famoso di New York. È dove Darren ha celebrato l’apertura a Broadway di How To Succeed, ed è anche dove Rachel e Finn vanno a mangiare nell’episodio di New York.
   
 
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