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Autore: Aphasia_    03/04/2012    0 recensioni
Adelaide Cox prende una decisione drastica: Raccontare in diretta televisiva la sua terribile esperienza. Ma è l'unico modo per archiviarla, dimenticarla. Il contatto con un essere non vivo non è sempre qualcosa di facile da raccontare..
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole era troppo forte per essere aprile, ma mi piaceva. Stare sdraiata al sole era l'unica che cosa che mi faceva sentire lontanamente libera, tranquilla, l'unica cosa che sembrava davvero calmarmi, inibire i miei sensi, cancellare le mie preoccupazione, arrostirmi la pelle fino ad indolenzirmi, sedarmi. Ma quella mattina non era lo stesso, le preoccupazioni non andavano più via, le immagini nelle mia testa erano un susseguirsi frenetico di diapositive, colori e suoni vividi, come se ci fossero degli attori proprio davanti a me. Avevo gli occhi chiusi, sembravo quasi in pace, così rilassata, ma nessuno poteva davvero capire, perchè per capirmi sarebbe dovuto entrarmi dentro, e dentro di me..urlavo.
Non c'era dolore in quell'urlo, nessun dolore fisico, era un dolore molto più profondo, il dolore provocato dalla paura. Credevo ancora che fosse paura? Shok? Si, lo credevo. E' normale reagire così, mi dicevo, come potrei diversamente? Una persona normale reagirebbe esattamente così, o peggio, diventerebbe pazzo, irrecuperabilmente folle. Ero totalmente sconvolta, ma perchè non ero pazza? Perchè riuscivo ancora a formulare pensieri logici nonostante...? Nonostante cosa? Nonostante ciò che avevo visto. Erano mesi ormai che aspettavo di impazzire, di sentire quella piccola scintilla di follia esplodere dentro di me, ma non successe niente. E il motivo poteva essere il fatto che da quel giorno non avevo più parlato. Con nessuno. Solo con me stessa, nella mia testa. Era stato forse questo a salvarmi dalla pazzia? Eppure non rientrava nella normalità il mio silenzio, per me, che avevo sempre parlato con tutti, anche troppo. Forse per gli altri era quella la pazzia, perdere la voce. Ma io avevo una voce, lo sentivo, la sentivo dentro di me, forte e chiara, normale, solo...troppo fragile.
Forse ero veramente diventata pazza, e non me ne ero resa conto. Forse la mia voce era l'unica forma di stabilità interna rimasta, mentre all'esterno mi ritrovavo a combattere contro i mulini, senza accorgermene nemmeno, come Don Chiscotte.
Ma chi lo può stabilire cosa sia sano o cosa sia insano? Solo noi possiamo, per quanto strano possa sembrare.
Perciò perchè non provare? pensavo. Perchè non provare a parlare? Ero terrirozzata all'idea, ma se proprio dovevo, lo avrei fatto solo per me, per scoprire cosa c'era dopo, cosa si sarebbe scatenato in me dopo. Era un pò come lanciare una moneta, in bilico tra normalità e pazzia. Ma c'era solo una modo per stabilire da quale parte sarebbe caduta: Avrei raccontato la mia storia.

Hai una storia da raccontare? Vuoi confidarti con noi? Chiamaci!

Annunci di questo tipo non mi avrebbero mai attirato prima d'ora, ma era l'occasione giusta per parlare, anche se ad un pubblico più vasto. Questa non era l'unica cosa nuova che avevo provato, c'era molto di più, e la prima di tutte è la principale fonte del mio shok, il motivo che mi porta a parlare in pubblico, a fare questo esperimento.
Ho sempre creduto ai fantasmi, esseri incorporei, trasparenti, maledetti, tristemente condannati ad un eternità intrappolata nei luoghi più terribili. Non ho mai saputo la ragione che mi aveva portato a crederci. Forse la forte speranza di avere una sorta di seconda possibilità, dopo la morte, di poter in qualche modo ricominciare, per riparare agli errori commessi, per guadagnare il tempo imprudentemente perso, sotto altre forme, corpi, vite. O forse era solo la curiosità verso qualcosa di diverso dall'umano, un pò come gli alieni, qualcosa di scioccante, innaturale, che mi avrebbe potuto sconvolgere i sensi. Stupidamente ne avevo sempre voluto vedere uno, ma senza la maturità scientifica o l'esigenza di un atea scettica, semplicemente con l'ingenua curiosità di una ragazzina in cerca di emozioni forti, in cerca di una storiella da raccontare agli amici per spaventarli e sentirsi onnipotente e coraggiosa.
Tornando indietro non avrei mai voluto avere certi desideri, perchè non erano sani, erano...incomprensibili.
Solo ora, cercando il numero di quell'annuncio mi rendo veramente conto di quanto certi pensieri, certe decisioni debbano essere prese con serietà, per quanto stupidi siano. Sta attento a ciò che desideri...Perchè potrebbe avverarsi. E' questa la lezione che in qualche modo, anzi, nel modo peggiore, ho imparato: vivendola.

"Vorrei raccontare la mia storia...di che si tratta?....Mi creda, non vorrebbe saperlo...non avrei voluto nemmeno io".

Ed eccomi qui, davanti a quell'uomo senza parole, con la mia domanda che ancora aleggia nell'aria e la appesantisce, rubando i fiati di milioni di spettatori. E' la stessa domanda che chiunque si sarebbe, in certe situazioni, per scherzo, o seriamente. E' la domanda che chiunque si fa anche solo ascoltando una storia simile, o interiormente.
"Beh, è una domanda interessante, Adelaide. Ma non credo che al pubblico interessi cosa.." si giustificò il presentatore, come avevo previsto. Il pubblico aveva ancora il fiato corto, ma io non mi arresi.
"E' molto importante. O la mia storia non può iniziare.. Lei crede nei fantasmi?" chiesi ancora io. Era essenziale che una risposta ci fosse, affermativa o negativa che fosse, perchè avrei capito come raccontare la mia storia, visto che ancora non ne avevo la minima idea.
"Mi dispiace Adelaide, io..no" rispose l'uomo sinceramente dispiaciuto. Perchè si dispiaceva? Era forse compassione per una giovane pazza?
"Allora lasci che cominci la mia storia..e alla fine, le farò la stessa identica domanda" dissi io, e ora mi sentivo davvero pronta a raccontare. Lo scetticiscmo mi avrebbe accompagnato, in quelle ore, e avrebbe reso tutto più difficile, ma la verità si sarebbe compresa, perchè avevo qualcosa che gli altri ciarlatani non avevano: le prove.
Avevo la fotografia.


"Ho sempre odiato le cene di famiglia. Chi non le odia? QUando si è costretti a riunirsi solo per le grandi occasioni, come compleanni e anniversari, e non per il sincero affetto che in genere dovrebbe unire la famiglia. Anche quella sera ero stata costretta ad andarci, ma stavolta non ero riuscita a trovare una scusa abbastanza convincente. Le portate andavano e venivano in un flusso che mi sembrava infinito. Ma cosa si dice sono rimasta incastrata, e dovevo sopportare fino alla fine della cena. Quella sera però, era strano, ma man mano che la serata andava avanti mi sentivo alleggerita dal peso di quella costrizione, per il cibo, o forse per la stanchezza, e quando alla fine della serata le chiacchere digestive avevano preso il sopravvento, si iniziò a scherzare, e dallo scherzo si passò alle cose serie, e dalle cose serie, alle cose terrificanti. Non ricorso come fossimo arrivati a parlare di fantasmi, ma fu proprio in quell'ambito che mi ero sentita più a mio agio. Non dovrebbe essere così, così insano che una ragazza si senta più a suo agio quando si parla di queste cose, ma per quel mio stupido desiderio ricorrente era del tutto normale, anzi, eccitante. Non vedevo l'ora di sentire la storia di fantasmi del giorno, succulenta e intrigante. Non avrei mai voluto sentirla, o non sarei qui. E qui pensereste...quanto terrificante poteva mai essere? Ed è qui che vi sbagliate...perchè non era solo terrificante..era reale....."
  
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