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Autore: Marti88    04/04/2012    1 recensioni
I battiti cardiaci che raddoppiano quando un walker è nelle vicinanze.
I battiti cardiaci che triplicano quando un walker ti insegue.
I battiti cardiaci che quadruplicano quando un walker ti ha raggiunto.
I battiti cardiaci che cessano quando anche tu, sei un walker.
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Billy stava di guardia sopra al tetto della roulotte, tre delle ragazze stavano piegando dei panni e altre due spostavano delle bacinelle, i tre bambini giocavano con delle bambole improvvisate ed io, come un’idiota, me ne stava immobile al centro dello spiazzo, come una statua al centro della piazza. Mi dondolai sui piedi. C’era odore di carne, di quale tipo non avrei potuto dirlo, ma ero certa che era sicuramente carne. Il mio stomaco era come una voragine, faceva versi strani e sembrava gridasse: “Manda giù qualcosa! Qui c’è bisogno di cibo!”. Poggiai la mano sulla pancia. «Hai fame piccola?», disse la donna che avrebbe dovuto chiamarsi Selly. Esitai, ma poi feci un piccolo cenno col capo, annuendo. Lei si avvicinò con un piatto tutto scheggiato. «Ecco tieni: selvaggina», mi porse il cibo. Volevo chiederle che tipo di carne era, ma ero troppo affamata, così divorai tutto in meno di un minuto. «Quanti anni hai?», chiese. «Venti», risposi. Immaginai che lei avesse sui trent’anni. «Capisco... se hai ancora fame, qua è avanzato del cervo», continuò Selly. Scossi il capo, non volevo diventare un peso. Guardai Adam, stava pulendo delle m9, p99, mp7. Mi avvicinai a lui, «Ti serve una mano?», chiesi. Ridacchiò, «sai pulire una di queste?», domandò divertito, quasi per deridermi. «Se non l’avessi saputo fare, non te l’avrei chiesto. Ti pare?», tentai di sembrare sicura di me. Sorrise, «Se insisti, tieni», mi porse la p99. Iniziai a smontarla, fingendo di essere sola. Non so perché, ma la sua presenza m’innervosiva. Notai che ogni tanto lanciava sguardi alla pistola e a me. «Dove hai imparato?», chiese. «Mio padre, spesso andavamo al poligono e a caccia», sorrisi. Lui fece uguale poi alzò lo sguardo. Io seguii il suo e notai due macchine avvicinarsi. «Sono tornati!», disse una ragazzina correndo verso le auto parcheggiate. Era quella chiamata Jenn. Quattro uomini uscirono dall’auto, con uno sguardo perso e distrutto. Adam lo notò e si avvicinò. Jenn era rimasta immobile. Si sentiva la tensione che dal terreno veniva fuori a smorzare l’animo a tutti. «Dov’è?», chiese la ragazzina. «DOV’È?», gridò. Adam si passò una mano tra i capelli e tirò un pugno al cofano dell’auto, ammaccandola, dopo di che se ne andò. I quattro uomini si scambiavano sguardi, poi, uno di loro, si avvicinò a Jenn. Vidi che, in silenzio, le diceva qualcosa, tenendole la piccola mano. Poco dopo scoppiò in lacrime e corse via. Io osservavo piuttosto perplessa. Il ragazzo che stava parlando con la ragazzina mi osservò. Dopo di che si avvicinò. «E tu?», chiese. «e io?», feci il verso. Lo sguardo triste se ne andò e lasciò spazio ad un sorriso. «Sono Malcolm, piacere», disse. «Io Kat», dissi, prima dell’ennesima battutina misera, aggiunsi: «e, no, non come gatto, è solo l’abbreviazione di Kathrin» Lui sorrise e se ne andò. Gli altri ragazzi non mi degnarono di uno sguardo e se ne andarono dentro le tende. Essendo rimasta sola, continuai il mio lavoro con la p99. Quando ebbi finito, passai all’altra pistola e infine alla mitraglietta. Era diventata sera nel frattempo. Il cielo era color arancione. Misi le armi nella sacca lì vicino e andai vicino al fuoco che avevano acceso. Lì c’era Abbie con Tom e Kate, Selly e due dei ragazzi di cui non sapevo il nome. «Ehi gatto! Vieni a sederti con noi!», disse uno di quei ragazzi. Probabilmente o Selly o Abbie aveva spiegato chi fossi. «Preferisco Kat», dissi sedendomi sul tronco che faceva da panchina. «D’accordo. Io sono Gabe e lui è Sergey. Viene dalla Russia», si vantò dell’amico. Gli sorrisi e iniziai a fissare il fuoco, che danzava leggero sui legni che scricchiolavano. Sullo sfondo, notai Jenn, uscire dalla sua tenda ed entrò nel bosco. Mi alzai di scatto. «Che hai?», chiese Gabe. Scossi la testa e mi allontanai. Quando non mi osservavano più, seguii Jenn, che avevo tenuto d’occhio. Per un po’ non mi avvicinai troppo, stava gironzolando per il bosco. Il cielo si scuriva, dovevo farla tornare indietro. «Jenn», la chiamai, tentando di avere una voce più dolce possibile. Lei si voltò di scatto, con una pistola in mano. «Ehi, ehi! Calma!», le dissi alzando le mani, in segno di resa. Lei abbassò l’arma. «Non volevo spaventarti», mi avvicinai a lei e le presi la pistola, «mi dici che succede?», chiesi mentre mettevo la sicura all’arma. Lei rimase silenziosa, con gli occhi lucidi. «Perché oggi piangevi dopo aver parlato con Malcolm?», domandai. Tentavo di sfilargli le parole di bocca. Ma quella piccoletta era decisamente una testa dura! Continuava a fissare il vuoto. «Io sono Kat», le dissi per cambiare discorso e provare a farmela amica. «Io Jenn», un po’ per volta: era riuscita almeno a dire il suo nome! «Che bel nome... e... da dove vieni?», continuai a fare l’amica. «Non ti interessa», rimasi un po’ perplessa. Probabilmente avevo uno sguardo da ebete, ma dopo una risposta del genere è una cosa normale! Io annuii, «d’accordo, torniamo all’accampamento», conclusi. Lei puntò i piedi a terra e non si mosse. «La metti così eh?», risi. Mi piegai e la presi sulle spalle. Lei cominciò a darmi dei pugni e a gridare. Così persino in città gli zombie ci avrebbero sentito. Le tappai la bocca, ma lei iniziò a mordermi. Sopportai fino a che non arrivammo nello spiazzo. Erano tutti attorno al fuoco, intenti a scherzare. Quando ci videro, sguardi sconvolti e confusi si posarono su di noi. «Abbiamo una fuggiasca», dissi avvicinandomi a loro. Selly venne a prendere Jenn e, con difficoltà, la portò nella tenda. Tutti mi fissavano e mi sentii leggermente in imbarazzo. Jenn cominciò a strillare, così, per togliermi da quell’imbarazzante situazione, entrai nella tenda per parlarle. Mi guardò e per un po’ si azzittì, dopo di che cominciò a gridare contro di me. Io per farla stare zitta, mi sedei vicino a lei, sul sacco a pelo. «Scusami...», dissi. Lei rimase in silenzio, ignorandomi. «Volevo solo proteggerti. Tu non sai quante cose brutte ci sono là fuori! Soprattutto la notte» lei continuò a stare zitta. Entrò anche Adam nella tenda, con uno sguardo un po’ preoccupato. «Ragazzi ci penso io», disse Selly. «Vai pure fuori, è una questione tra noi due», dissi sorridendo. Selly uscì, ma Adam non fece altrettanto e occupò il posto della donna, seduto dall’altro lato del sacco a pelo, sempre vicino a Jenn. «Ehi bambolina, mi dici che è successo? Dove accidenti stavi andando?», disse Adam riferendosi alla ragazzina. Da come le parlava, intuii che erano molto amici. «Via», disse. «E perché?», domandò Adam mettendole un braccio intorno alle spalle. «Perché ora non c’è papà e non ha senso rimanere», le parole che uscivano dalla bocca di Jenn erano tremendamente tristi e con un tono freddo, senza emozioni. Capii che le lacrime versate oggi, erano probabilmente per il padre. Morto? Mi chiesi. «E a me non ci pensi?», domandò dolcemente Adam. «Tu non centri», disse Jenn, «il papà era mio, non tuo», continuò. Adam storse il naso. «Non è vero! Per me John era come un padre, questo lo sai. Sai anche che tu sei la mia piccolina e non puoi lasciarmi così», disse, con una lacrima che gli rigava il viso ma continuando a sorridere. «E tu sei il mio fidanzato», disse lei ridendo. Mi lasciai scappare un sorriso. Era bello vedere una scena del genere. «Sì che lo sono!», la prese in braccio e finse un balletto. Mi sentii in mezzo. Non centravo niente con loro, mi ero solo illusa di poter risolvere la situazione. Oltre che il terzo incomodo mi sentii anche decisamente stupida. Io ero l’ultima arrivata, non avevo voce in capitolo, soprattutto con quella ragazzina. Che credevo di fare? Arrivare lì dal nulla e tentare di diventare l’eroina di turno? Stupida, Kat! Anche se, dopotutto, avevo salvato Jenn da morte certa. Se non l’avessi vista andare via, sarebbe morta. Ma questo, chiunque l’avrebbe fatto. Però, io, al contrario di “chiunque”, ho provato ad esserle amica e a fare “la grande”. I due continuavano a fare il loro balletto ridendo. Io mi alzai e me ne andai. Non aveva senso continuare a stare lì. «Tutto bene?», chiese Selly. «Sì, non ti preoccupare. Senti, sono molto stanca, non dormo da quasi due giorni... dov’è che potrei stare per questa notte?», domandai un po’ imbarazzata. «Puoi stare nella tenda dei bambini... se per te non è un problema. Le altre sono completamente piene», mi disse. «Certo che per me va bene», risposi. Lei mi fece strada e aprì uno dei sacchi a pelo che tenevano dentro il bagagliaio dell’auto. «Ecco fatto piccola», mi disse accarezzandomi i capelli. Ringraziai. C’era una torcia che faceva da lampada e la tenda era verde, con le cuciture nere. C’erano tre sacchi a pelo, più il mio. Mi sfilai gli scarponi e feci un cuscino con degli stracci lì vicino. Chiusi gli occhi e il sonno arrivò in un baleno. Arrivò, ma non si potrebbe definire una delle mie nottate migliori. Mi svegliavo spesso, spaventata dall’idea di potermi trovare ancora in mezzo ai morti viventi, in pericolo e, ogni volta che richiudevo gli occhi, sognavo di essere inseguita dall’ennesimo stomachevole non-morto. 
  
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