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Autore: vampiredrug    04/04/2012    3 recensioni
Questa storia vorrebbe essere la riscrittura di una piccola parte del 4° libro della Harris (la parte che tutte noi abbiamo consumato a furia di leggere e rileggere), una mia visione personale, insomma. Anche se la pubblico solo ora, è stata scritta prima che la quarta stagione di True Blood andasse in onda, per cui il mio smemo-Eric si discosta abbastanza da quello della serie, è più allegro e ha conservato un barlume di dignità, pur esternando abbondantemente i suoi sentimenti per Sookie.
Scusate il primo capitolo assai palloso (- e gli altri no? – direte giustamente voi), ma un minimo di riassunto e introduzione a tutta la situazione mi sembrava d’obbligo, anche per chi magari non conosce bene la saga. Perdonatemi! :)
Genere: Erotico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Eric Northman, Sookie Stackhouse
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo la serie di eventi susseguitisi a ritmo vertiginoso nelle ultime 24 ore, mi trovavo al lavoro in cucina in uno stato di apparente quiete, tentando di mettere assieme qualcosa per la cena e approfittando di quel piccolo lasso di tempo per riflettere sulla mia ingarbugliatissima situazione.
 
La mia pausa di riflessione durò però ben poco, dal momento che dopo pochi istanti Eric si materializzò silenziosamente al mio fianco, spaventandomi a morte. Accidenti, e dire che dovrei essere abituata, ormai, a questo modo di fare dei vampiri!
 
- Posso fare qualcosa per aiutarti? - mi chiese Eric con fare insolitamente gentile.
- No, grazie, me la cavo da sola… e poi non vorrai mica dirmi che sai cucinare! Voglio dire, tu non mangi da più di mille anni… cioè, niente di solido… o cotto…
- Tesoro, ti stupirà, ma sono un cuoco niente male. Cercando di apprendere il più possibile sugli umani per integrarmi al meglio e stare “al passo coi tempi” ho guardato decenni di tv e… be’, ho scoperto di divertirmi molto a guardare i programmi di cucina - disse con un tono tra l’orgoglioso e l'imbarazzato che non riuscii a interpretare appieno.
 
Lo sguardo scettico che gli rifilai fu più eloquente di mille parole. E perché continuava a chiamarmi tesoro?
 
- Che c’è? Non mi credi? Un uomo dovrà pur avere un hobby, no? E non potendo giocare a golf o fare surf, sai…
 
Sinceramente avevo i miei dubbi, ma gli permisi comunque di darmi una mano, primo perché ero troppo stanca per mettermi a fare storie, in secondo luogo perché non ero certo un asso in cucina (forse la permanenza nei pressi della griglia bisunta del Merlotte’s giocava a sfavore della mia propensione all’arte gastronomica).
Se lui era in grado di produrre qualcosa di più complesso di una frittata, era il benvenuto.
Eric prese posto accanto a me di fronte al piano di lavoro e iniziò a tagliare delle verdure con gesti precisi e misurati degni d’uno chef, tanto da togliermi ogni dubbio sulla loro origine (quella non era una delle tante abilità da vampiro, era vera passione!).
Mi stava venendo voglia di iscriverlo a Hell’s Chitchen, lui e Gordon, o come cavolo si chiamava lo chef sadico che conduceva il programma, sarebbero andati d’amore e d’accordo!
 
Sentendomi assolutamente inutile (e vagamente stranita) preferii allontanarmi con la scusa di cercare degli ingredienti in dispensa.
 
La situazione andava facendosi sempre più surreale… oh, via, andiamo! Un enorme vampiro, crudele e millenario, noto più per i suoi loschi traffici che per la sua incredibile bellezza, sapeva fare il polpettone?
Ero per caso finita su Candid Dracula?
Queste… cose stavano diventando una inquietante routine, ormai, nella mia vita prima così monotona e banale. Non sapevo se dispiacermene o meno.
 
D’un tratto mi accorsi che non potevo restare tutta la sera in dispensa persa nelle mie elucubrazioni, per cui afferrai un barattolo a caso (olive. Chissà se sarebbero andate bene? D’altro canto, non avevo nemmeno capito cosa stesse cucinando Eric…) e tornai in cucina.
 
Entrando e osservandolo da una certa distanza, mi resi conto che Eric letteralmente torreggiava nella mia minuscola cucina… quindi non era soltanto incredibilmente fuori contesto, ma anche fuori scala!
Questo pensiero mi strappò una risatina, ed Eric si voltò nella mia direzione, brandendo un cucchiaio di legno a mezza’aria e con – stentavo a crederlo – il mio grembiulino addosso!
- Stai ridendo di me?
- Un pochino – ammisi.
Senza nemmeno fingere di mostrarsi offeso, mi scoccò un sorriso da 10 megatoni, di quelli per cui servirebbe il porto d’armi, per poi rigirarsi a completare la sua opera.
 
Oh, mio Dio, no.
No.
No.
Ma cos’era questo senso di familiarità, anzi di quotidianità?
 
Ebbi un istantaneo flash di noi due in quelle scenette da film, dove lui rientra a casa la sera, poggia la ventiquattrore e mi saluta con il più classico dei – Ciao tesoro! Sono a casa, chi c’è per cena?-
 
No, no, no! Ma cosa mi passava per la testa? Dovevo smetterla immediatamente! Sentivo già il rossore tingermi il viso a velocità supersonica, senza poter fare nulla per impedirlo.
 
Cercando di ricompormi e sembrare calma e serena mi avvicinai e finsi di interessarmi alla cena per cercare di spostare l’attenzione di entrambi dall’ondata di imbarazzo che mi aveva travolta.
 
- Hem, quindi cosa sarebbe questa… cosa? – domandai, osservando un’informe poltiglia dal colore poco invitante disposta dentro un’alta pirofila.
- Questa “cosa”, come la chiami tu, si trasformerà in un favoloso soufflè, se avrai la grazia di aspettare una mezz’ora – disse Eric e, nell’illuminarmi sull’oscura arte della cucina francese, infornò con destrezza l’ammasso verdognolo.
 
- Visto, donna di poca fede? In pratica sono come una casalinga degli anni ’50! – disse con l’entusiasmo di un bambino, gli occhi che luccicavano di soddisfazione.

Non saprei dire se mi fece più ridere il fatto che quelle parole provenissero da una specie di armadio alto due metri con addosso un grembiulino a fiori, oppure per l’immagine mentale che seguì la sua affermazione.
Voglio dire, se proprio dovevo pensare a Eric come a un personaggio di Happy Days me lo immaginavo più come Fonzie, non certo come Marion Cunnigham!
E poi da dove diavolo saltava fuori quel senso dell’umorismo?
Non avrebbe dovuto dimenticarsi anche come si fa a scherzare?

Fatto sta che la mia preoccupazione per la sua incolumità andava lentamente scemando, un po’ per il ritrovato buonumore e un po’ per l’assoluto senso di incredulità che mi stava pervadendo. Quello non era Eric, non certo l’Eric che conoscevo!
Certo, aveva perso la memoria, ma da dove era emerso quel carattere solare (se mi passate la parola)?
Lo splendido uomo che al momento stazionava nella mia cucina era dolce, gentile, ironico (ok, l’ironia era una caratteristica anche dell’”altro” Eric, ma era di un genere del tutto diverso)… forse lui era stato così, prima di essere trasformato da Godric, e ora questi aspetti del suo vecchio carattere riemergevano… anche se dubitavo che un vichingo avesse avuto una propensione naturale per la nouvelle cuisine.
 
Quindi?
La mia curiosità era ormai partita in quarta e mille quesiti mi si affastellavano nella mente.
Cos’avrei potuto fare?
Sommergerlo di domande di cui non ricordava la risposta? Tentare di rievocargli dei ricordi, rischiando di procurargli un doloroso shock?
Forse avrei fatto meglio a lasciar perdere tutti i dubbi e a concentrarmi sulla mia missione: in fondo Eric mi era stato affidato da Pam e io ero fermamente intenzionata a guadagnare ogni dollaro dell’enorme cifra che mi era stata accordata.
Perciò mi riscossi dai miei pensieri e cominciai ad apparecchiare la tavola in sala da pranzo, poco lontano dal camino acceso, completando il tutto con qualche candela (la nonna sarebbe stata fiera di me, pensai con nostalgia).
 
- Non è il caso di darti tanto disturbo, in fondo io non ceno nemmeno… – disse Eric.
- Assolutamente nessun disturbo, sei un ospite e mi fa piacere farlo. Poi stare vicino al camino è rilassante…
Lì effettivamente l’atmosfera era decisamente molto tranquilla e la luce del fuoco faceva apparire la vecchia stanza particolare e suggestiva, non semplicemente consunta dal tempo; ero decisa ad offrire a Eric un trattamento extralusso, per quello che era in mio potere fare: si sarebbe sentito al sicuro e a suo agio, dopo il disorientamento di cui era stato vittima.
E se questo significava servirgli il Tru:Blood nei calici di cristallo di mia nonna, per me andava bene.
Così, mentre lui era intento a sfornare la sua opera d’arte, io intiepidivo una bottiglia di sangue nel microonde e la travasavo in una delicata flute.
 
In effetti, servito in un bicchiere simile, il sangue aveva un aspetto molto meno disgustoso, avrei dovuto farmi un appunto per Sam.
 
La cena fu ancora più surreale di quanto mi aspettassi: mentre assaggiavo guardinga il soufflé (che si rivelò in effetti favoloso), Eric mi fissava rilassato e meditabondo sorseggiando dal suo calice con calma olimpica.
Quel silenzio (interrotto solo dal ticchettio della vecchia pendola) mi imbarazzava oltre misura tanto da impedirmi quasi di mangiare.
Anche se tenevo gli occhi sul piatto, sapevo perfettamente che lui mi stava trapassando con lo sguardo e in questo caso non potergli leggere nella mente mi irritava da morire.
 
Certo lui non era il “vecchio” Eric che, quando mi fissava, lo faceva con l’unico scopo di incantarmi e cercare di infilarsi nelle mie mutandine, ma anche non sapere cosa questo Eric volesse da me mentre mi scrutava in quel modo non era piacevole.
 
Prima che il mio disagio sfociasse in una reazione scortese o peggio, decisi di affrontare il nocciolo della questione, chissà mai che non ne uscisse qualcosa di interessante.
 
- Perché mi fissi? – chiesi col più assoluto candore, sperando di spiazzarlo almeno un po’.
- Perché ti trovo molto bella – rispose senza batter ciglio.
 
Oh. Ecco.
Ma non avevo appena pensato che il nuovo Eric fosse diverso? Però l’intonazione, in effetti, non era affatto… viscida. Sembrava più una constatazione che un complimento interessato…
 
- Hem, grazie, ma…
- E anche perché è strano.
- Cosa, sarebbe strano? – chiesi.
- Che tu non abbia un uomo accanto.
 
Bene. Grazie mille. Fantastico. Adesso dovevo anche giustificare la mia zitellaggine a un vampiro con l’amnesia. - Solo a me accadono queste cose – pensai con un sospiro.
 
Ma Eric continuò imperterrito con la sua filippica e io ormai ero rassegnata a sentire qualsiasi cosa, tranne le poche parole che disse lui.
 
- Voglio dire che per come la vedo io è irreale che tu non abbia la fila alla porta. O sei di gusti davvero difficili oppure gli umani sono ancora più stupidi di quanto ritenessi. E poi… volevo sapere se io… - si interruppe, abbassando finalmente lo sguardo.
 
- Tu... cosa? – dissi io. Oh, non dargli corda Sookie, ma sei masochista?
- Io non sono mai stato niente per te?
- In che senso? Sei stato una specie, una strana specie in effetti, di amico… e un datore di lavoro.
- Tutto qui?
- Senti, Eric, dove vuoi andare a parare?
 
Rialzò la testa e riprese a guardarmi, stavolta però con un velo di tristezza nello sguardo (Gesù, ci mancavano solo gli occhi da cucciolo! La serata si prospettava eterna…).
 
- Io… ero innamorato di te? – chiese con fare esitante.
 
Scoppiai a ridere, ma la risata mi morì subito in gola nel vedere la sua espressione ferita.
 
- Hem, no Eric, non sei mai stato innamorato di me. Ci avrai provato almeno 40 volte ma ti garantisco che quello non era amore.
 
- Quindi noi non abbiamo mai…
 
- No! – scossi energicamente la testa, arrossendo furiosamente - Decisamente, non abbiamo mai!
 
- Perché parlarne ti imbarazza tanto? In fondo siamo entrambi adulti e comunque dici che tra noi non è successo niente…
 
- Bè, se mi conoscessi almeno un po’, o almeno ti ricordassi di conoscermi, sapresti che non è mia abitudine parlare con nonchalance di certi argomenti!
 
- Oh, mi dispiace, non volevo metterti a disagio. E’ solo che da quando mi hai raccolto per strada… è strano, non so come spiegarlo ma sento che tu sei l’unica persona di cui possa fidarmi. So per certo che farai di tutto per proteggermi, non so perché… e poi… non faccio altro che pensare a come sarebbe fare l’amore con te. Ci sarà pure un motivo, no? – domandò con assoluto e disarmante candore.
 
Le mie guance, se possibile, avvamparono ancor di più.
E adesso?
Come avrei fatto a tirarmi fuori da questa situazione, che definire incresciosa era semplicemente ridicolo?
Non solo lui mi sembrava completamente sincero, ma aveva un’aria così indifesa che avrebbe sciolto un iceberg.
 
E io avevo decisamentemeno resistenza di un iceberg.
 
Accidenti, Bill mi aveva lasciata, tradita, e io ero sola con uno degli uomini più belli che avessi mai visto e che diceva, più o meno, di volermi.
Il problema era che fino all’altro ieri avevo considerato quello stesso uomo come uno dei più abili manipolatori che fossero mai esistiti… e se fosse stato l’ennesimo raggiro?
D’altra parte, che avevo da perdere, a parte una bella fetta di rispetto per me stessa?
   
 
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