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Autore: Aphasia_    04/04/2012    0 recensioni
: Sadie ha sedici anni ed molto diverse dalle ragazze della sua età. Sembra proprio vivere in un suo universo parallelo.. Il giorno del suo sedicesimo compleanno succedono tre cose ben precise che segnano il suo destino e che sembrano le siano state tramandate geneticamente. La prima è l'incontro con un misterioso ragazzo, Cedric, che si rivelerà legato al suo futuro; la seconda è il regalo di compleanno che riceve da sua nonna: un misterioso medaglione con una scritta in spagnolo; la terza, e forse la più importante e cruciale è la rivelazione che la nonna fa a Sadie, qualcosa che la ragazza possiede ma che non ha mai saputo di avere. Così Sadie, nel giro di un mese dovrà affrontare il suo destino, che ruota intorno a queste tre cose, in una avventura che la porterà sino in Spagna, sulle tracce dei suoi antenati..
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il liquido scorreva sulla mia guancia, caldo, reale. Sangue? No. Puzzava, puzzava troppo. Strano a dirsi, ma se lo fosse davvero stato mi sarei sentita decisamente meglio, ma in quel posto, in quel piccolo inferno che purtroppo esisteva e stava accadendo, sottosopra e dolorante avevo percepito cosa realmente fosse quel liquido, e nel saperlo questo si mescolò alle mie lacrime. Era benzina. Avevo lottato con tutta me stessa per rimanere coscente, ma qualunque sforzo facessi, qualunque tentativo di liberare adrenalina e salvarmi, qualunque gesto da eroina sarebbe stato inutile. Ero morta ormai. Loro NO-avevo pensato- loro possono ancora salvarsi, sono troppo piccole, loro posso vivere, DEVONO vivere.E se avessi dovuto fare l'eroina per la prima e ultima volta nella mia vita avrei scelto senz'altro quell'attimo, prima di morire tra la lacrime, benzina, e il fuoco che divampava. Non volevo articoli sul giornale, non volevo lacrime, solo un bel posto fresco sotto il cigliegio, il mio albero preferito. Magari loro avrebbero pianto, ma questo mi avrebbe dato fastidio, perchè mi avrebbe ricordato il mio ultimo gesto prima di morire, quando insieme al mio pianto si erano mosse le braccia e il busto che, chissà come, erano riusciti a liberarle. Il resto è solo vuoto, l'unica cosa davvero presente erano le mie lacrime e quella puzza costante che insieme al fuoco mi avevano fatto capire amaramente che non c'era nessun paradiso. E' assurdo che sia passato solo un mese. Assurdo. In un mese, il peggiore della mia vita, è successo di tutto, veramente di tutto. Era il mese del mio compleanno e in genere una ragazza che si avvia ai suoi sedici anni dovrebbe come minimo saltare di gioia, perchè per una ragazza ogni anno che si aggiunge significa una strada che si accorcia verso la libertà. E libertà, almeno nel mio caso, voleva dire guidare una cabrio rossa sullo magnifico sfondo della costa azzurra, correre scalza per le foreste della Germania, annusare gli odori di antichità nei castelli in Francia. Questa era libertà, questa..era vita. Ma nel mio caso compiere sedici anni voleva dire accorciare una strada piuttosto lunga per due semplici motivi: Il primo era che vivo in un paesino davvero davvero piccolo, dove questi sogni sono solo cartoline patinate; il secondo, beh...il secondo era che semplicemente..erano solo sogni. Sogni da ragazzina, assurdi sogni da ragazzina, come dicevano i miei genitori. Per loro avrei dovuto studiare sodo se volevo entrare all'università, ma anche in quei difficili meandri della crescita e del futuro c'erano problemi: non avevo idea su cosa scegliere. E' sempre così che succede, quando hai dei sogni hai certezze, quando hai imposizioni sei la persona più confusa del pianeta. Le altre ragazze non ci pensano nemmeno a queste cose, la loro maggiore preoccupazione è di godersi la vita a modo loro, tra feste, discoteche e scorrerie. Ma a me non interessava, e tutt'ora non mi interessa. Io mi godo la vita a modo mio, io aprezzo le cose che contano davvero, e se proprio mi devo permettere qualche sfizio, mi farei la spesa in libreria. Eppure c'era qualcosa che mi accomunava alle altre ragazze nel mio compleanno: A quell'età, o in qualunque altra età stabilità dai genitori, si viene a sapere qualcosa di importante, qualcosa da adulti. Ora come ora se dovessi tornare indietro di un mese non avrei mai e poi mai voluto saperlo, ma ormai so tutto e il passato è una terra inacessibile. Come già detto era passato solo un mese, un mese dal mio sedicesimo compleanno, e un mese da quella notizia che non avrei mai voluto sapere. Io odio le feste, quelle di compleanno poi dovrebbero avere un limite di età, è assurdo che a sedici anni ci sia una torta e una tanti auguri a te, perchè una ragazza vuole solo sognare e estraniarsi da tutto, non vuole una canzoncina tutta sua dove sta al centro dell'attenzione. Sogna cose che non può avere e questo le piace, perchè vedersi in quell'illusione, bellissima e con tutto ciò che desidera, è decisamente meglio di una realtà in cui è discretamente carina e in cui deve preoccuparsi di soffiare le candeline e sorridere falsamente. Per mia fortuna era riuscita a sabotare qualunque idea di festa nelle menti dei miei genitori, che erano rimasti delusi. Un altro punto: delusione da parte dei genitori. Ma cosa si aspettavano? E' questo che i figli fanno, e lo fanno troppo spesso. Certo, ci sono anche i momenti di fierezza, ma le delusioni devono esserci sempre, fa parte dell'equilibrio della famiglia. L'unica a cui non era passato nemmeno per la testa di farmi feste era stata mia nonna, che a una settimana dal mio compleanno mi guardava sempre più pensierosa, quasi triste. Ora capisco il perchè. Era il primo di agosto, e c'era caldissimo, il caldo più caldo degli ultimi 20 anni come dicevano in giro, e avevano ragione. Il sole brucia, e a me da fastidio. Preferisco il freddo, il freddo ti riempie tutta quanta, ti congela fino ai nervi.. e se è troppo arriva a bruciarti, anche se non lo credi possibile. Il pomeriggio prima della mia ufficiale nascita ero andata a trovare le mie amiche, miracolosamente daccordo con me riguardo ai festeggiamenti. Era un rito, e ovviamente nessun pretesto di sparlare in piena estate e isolate da tutto e da tutti. Ma eravamo noi e nessun altro. "Voglio un gelato. Adesso. Protrei uccidere per un gelato..parlo come una donna incinta.." aveva detto Greta. Lei era quella golosa, suscettibile, era una specie strana di ragazza..e la adoravo. "Beh..forse lo sei! Magari il padre è proprio il gelataio!" aveva ridacchiato Helena . Se c'era bisogno di dire qualcosa di inopportuno era lei che dovevi cercare, e 10 volte su 10 rimanevi soddisfatta. "Bleah! Io quello non lo voglio in giro per casa....Ha il cervello pieno di gel, come nei capelli.." aveva commentato Nina, la sorella di Greta. Eravamo ottime amiche, e su di lei si poteva contare perchè eravamo davvero simili e con la sua esperienza (era più grande di due anni) potevamo avere anche protezione. "Allora..piccola Sadie, cosa vorresti per i tuoi sedici anni?" mi aveva chiesto Greta, ingnorando i commenti sul gelataio. Già, cosa volevo? Se avessi potuto fare una viaggio nel tempo per tornare in quell'istante avrei detto "Non un segreto" . Ma invece risposi: "Voglio qualcosa di semplice, qualcosa che guarderò sempre pensando a questo giorno.." avevo rispoto sovrapensiero. Non sapevo esattamente cosa fosse, ma nella mia mente era qualcosa di definito anche se non completamente nitido. Era felicità, un piccolo nucleo di felicità racchiuso in una forma serpentata, era un oggetto lungo, una catena, che terminava in un forma ovale. Una collana? non ne avevo idea, ma nei miei pensieri c'era sempre, un assillante pensiero di perfezione, che purtroppo..non potevo avere. "Ah..ho capito: un calendario! potevi dirlo prima però!" aveva gridato Helena e tutte aveva riso, me compresa. Magari lo fosse stato, magari fosse stato davvero un oggetto così semplice. Se avessi avuto quello avrei scritto "Compleanno di Sadie" sul primo agosto per tenere il ricordo e tutto sarebbe finito li, ma il ricordo di quel pensiero perfetto, forse un ciondolo, forse un cordoncino, mi stava assillando, come se fosse un piccolo allarme nel mio cervello che automaticamente e quotidianamente mi avvertiva che io dovevo avere quell'oggetto, e che quello era un pensiero impostato per avvertirmi e che se era così appannato era perchè..forse l'avrei ricevuto. La sera era ormai calata ed era tempo di andare a casa, sollevata, perchè non avrei trovato sgradite sorprese. Avevo salutato le ragazze ed ero tornata a casa a piedi, nel sentiero che collegava tutte noi. La strada buia mi piaceva un sacco, solitaria, muta, se non per il rumore dei grilli nelle tipiche sere d'estate. Il vento era caldo e poco piacevole, afoso, ma io resistevo tranquillamente pensando al bicchiere di the freddo che mi avrebbe preparato nonna. Lei era proprio come me, stesso carattere, stessi pensier e anche l'aspetto era quello, nonostante il tempo l'avesse ben camuffato. Eppure l'aria dei suoi occhi mi ricordava proprio me: quella discreta bellezza di una ragazza normale, nessun segno particolare. Ero così infatti (e lo sono ancora..), capelli castani lunghi sino alla schiena, nè ricci o lisci (senza categoria), occhi castano scuro completamente muti, inespressivi, forse perchè non mi ero mai esposta in fatto di sentimentalismi. Nonna da giovane era più bella, e per questo la invidiavo.. Era esattamente come me, se non per alcuni particolari, come le labbra carnose e il neo sensuale sotto esse, ma erano altri tempi e quelli erano gli standard di bellezza che purtroppo oggi non esistono più. Mamma mi aveva detto che nonna a sedici anni era la più giovane farmacista del paese, perchè sin da piccola conosceva a memoria tutte le erbe e le loro proprietà, che aveva imparato una sera quando era stata messa in castigo e aveva trovato un vecchio libro di erboristeria nella libreria. Sarei diventata anche io come lei? Lo avrei voluto davvero, per completare quella bellissima somiglianza che avevamo, e ci avevo provato ma inutilmente..quei nomi proprio non mi intravano in testa. Mamma mi aveva detto anche un'altra cosa su nonna sedicienne, ma a un certo punto aveva bruscamente cambiato argomento, come se si fosse morsa la lingua per aver detto qualcosa che non doveva dire, ma io avevo capito benissimo e lei non lo sapeva: Mi aveva detto che nonna aveva conosciuto un ragazzo a sedici anni e che il giorno dopo le avevano rivelato un segreto che le aveva cambiato la vita. Non ci avevo creduto..ma il mio sedicesimo compleanno non era ancora finito.. La strada era umidiccia per la pioggia estiva del giorno prima, ma questo non mi infastidiva perchè quell'odore non faceva altro che accentuare quello di casa, mi ricordava che al mondo ci sarebbe sempre stato un posto tutto mio, con quell'odore unico al mondo. Camminavo sul ciglio del sentiero lentamente, pregustandomi quell'odore e quel momento, e non credevo che qualcosa potesse andarmi storto, non lì, non a rovinare tutto. E invece era successo. ERa successo tutto in meno di 10 secondi, giuro avrei decisamente potuto cronometrarli.. E in quei 10 secondi, nei quali non avevo fatto in tempo nemmeno ad analizzare i dati che il mio cervello mi stava dando, mi gridava-Corri!, buttati di lato!"-, che io avevo eseguito subito trasportata dal velocissimo segnale di adrenalina del mio corpo, senza nemmeno saperne il motivo. Piena di erba bagnata che sporcava la mia felpa mi ero girata per vedere il motivo di quell'improvviso scatto: era stata un auto, un pick up grigio unpò sporco, correva a tutta velocità. Che razza di idiota! Avevo pensato subito, pensando che fosse un pirata della strada, ma invece quell'auto si era fermata a pochi metri da me frenando di colpo. Non mi sarei mai e poi mai fatta toccare da un pirata della strada e per giunta il giorno del mio compleanno! Così, presa dalla paura, avevo corso tantissimo per il sentiero superando l'auto ferma, dall quale stava già uscendo il mio presunto agressore, immergendo le scarpe nella sabbia bagnaticcia che mi rallentava, ma io correvo lo stesso, chissà come..sentivo il male dietro di me, uscire direttamente da quella portiera. Si dice "brutta sensazione".. ma la mia posso assicurarlo, era stata terribile, come se avessi visto un fantasma di un antenato nel boschetto, uno di quelli terribili vestiti di bianco e con abiti d'epoca che ti osserva tristemente, esattamente quella sensazione, quella in cui senti solo il terrore montare e l'impulso di scappare. Magari non era neppure un pirata e io correndo stavo facendo la figura della stupida, ma le gambe non si fermavano, quella macchina non mi piaceva, correndo a quella velocità, poi il mio salto..il senso del pericolo. Qualcosa aveva fermato la mia corsa, e l'avevo identificata solo un nanosecondo dopo: era qualcosa di tremendamente caldo e comodo, due braccia..mi avevano preso per le spalle circondandomi. Ero immobile e le mie gambe avevano finalmente smesso di correre, come se in quel contatto ci fosse uno strano stimolo che avesse cessato l'aflusso di terrore e adrenalina. Non girarti, non girarti! pensavo, quasi come se fossi a letto e sentendo un rumore strano rimanessi immobile cercando di stare calma, ma come potevo in quel momento, con quelle braccia calde che mi scaldavano e allo stesso tempo mi preoccupavano? Perchè dovevo morire a sedici anni? Nonna non si sarebbe mai ripresa, e io non avrei mai saputo il motivo della sua tristezza, non avrei mai saputo..cosa voleva dirmi, perchè era chiaro che voleva dirmi qualcosa. Avevo preso tutto il coraggio che avevo in corpo (non molto), e mi ero girata molto lentamente, e la mia visuale lenta, proprio come la visuale di un panorama che si vuola gustare, gli elementi di un viso si facevano strada nei miei ricordi, mentre si imprimevano uno ad uno: labbra sottili, un viso sconosciuto, occhi come il ghiaccio, capelli neri, neri come il carbone vivo, uno sguardo preoccupato, nessun respiro.. Quella persona non respirava. Era senza fiato, e incredibilmente, e questo non era per la corsa, lo ero anche io. Non stavo respirando e non sapevo il perchè, sapevo solo e con esattezza che il mio respiro si era fermato nel momento preciso in cui avevo iniziato la mia lenta visuale verso lo sconosciuto. Come era possibile? Ho sempre pensato che fossero i suoi occhi, cubetti di ghiaccio freddi e incredibilmente belli. Io adoravo il ghiaccio, adoro il freddo, forse era per quello che mi avevano colpito. "Ehi! Ma sei pazza! perchè ti sei messa a correre?" mi aveva detto lo sconosciuto col fiatone mente scioglieva lentamente l'abbraccio. La voce mi ricordava tanto quella dei principi nei film in bianco e nero, o forse quella di Romeo nel film di Zeffirelli. Una voce del passato. "Sc-cusa.." avevo mormorato io ugualmente senza fiato, misto alla corsa e alla vista di quegli occhi che cercavo con tutta me stessa di non osservare. Lui se ne accorse e li chiuse sorridendo, provocandomi un colorito tendente al viola. Stupida! Stupida! Mai osservare, lo diceva sempre anche nonna, sebbene fosse la prima a osservare le persone. Le scrutava, come diceva sempre lei per giustificarsi. "Che c'è? Cos'hanno i miei occhi?" aveva chiesto improvvisamente riaprendoli ma mantenendo il sorriso. "N-niente.. sono.. Ehi, TU! Tu piuttosto..perchè cavolo stavi correndo così?" avevo risposto io ricordandomi che in effetti dovevo odiarlo per avermi fatto spaventare a morte. "E' una strada deserta..chi vuoi che ci fosse? traffico newyorkese?" aveva risposto lui sarcastico. "C'ero IO! volevi uccidermi?" avevo sbraitato e non potevo ignorare quel pensiero: me morta..a soli sedici anni e senza sapere cosa nascondeva mia nonna. "No..e..questo io ha un nome? o vuoi che ti chiami tu anche davanti al giudice se mai volesse denunciarmi?" aveva risposto lui serio, nonostante volesse essere chiaramente sarcastico. "Sadie..e tu chi saresti? Mister-ammazza-giovani-fanciulle?" avevo risposto io sul filo del suo sarcasmo. "No Sadie, ma grazie. Non è male come nome. Mi chiamo Cedric..e..Scusami, davvero" aveva risposto lui, cioè..Cedric. Non era un nome comune dalle mie parti, da qualunque parte in effetti. Da dove diamine sbucava? "Si. Cerca di non uccidere nessun altro. Addio." avevo risposto acida, e forse, avevo esagerato, forse l'avevo offeso, perchè stava già tornando al suo pick up. Però non era del tutto offeso, perchè prima di tornare all'auto aveva sorriso ironico alle mie spalle e aveva mormorato qualcosa tipo "Addio giovane fanciulla". Nonostante mi stesse per uccidere, e nonostante avesse gli occhi più belli che avessi mai visto, non credo che l'avrei mai dimenticato, e non solo per quel quasi incidente ma soprattutto perchè quella stessa sera, a poche ore dal nostro incontro, mia nonna mi diede il suo regalo, e si sa che due ricordi vividi non spariscono, perchè l'uno vivrà sempre per ricordare l'altro, perciò non potrò mai dimenticare Cedric.. per via di quel ciondolo che nonna mi aveva regalato poche ore dopo, un oggetto che avrei associato sempre al nostro incontro. Era d'oro massiccio, un pò antico ma non per questo non degno di ammirazione. Era composto da una catena lunga che finiva con una forma ovale. Lo avevo aperto, per la curiosità e quelle parole, che in quel momento non capivo, più avanti avrebbero significato la mia stessa esistenza, la mia ragione di essere...la mia vocazione: Vivir para Custodiar
  
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