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Autore: needthatonething    05/04/2012    1 recensioni
Quattro ragazze, Ale, Ary, Emma, Mary; di quelle semplici e alla mano che non se la tirano e non si creano problemi. Non si conoscevano l'un l'altra e non avrebbero mai pensato che prima o poi si sarebbero incontrate, dando vita a una forte amicizia che va oltre a un semplice 'ti voglio bene'.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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I giorni passavano, e lo stupore di quanto fosse bello quel momento della mia vita, scompariva nell'ordinario delle piccole cose. Ormai sapevo che niente sarebbe più cambiato. Non avrei sbagliato di nuovo. Non me lo sarei mai permessa.

Decisi, invece, di cominciare a conoscere anche le altre ragazze con cui condividevo la stessa passione e lo stesso sogno. Emma e Mary. Cominciai quindi con qualche commento e qualche "mi piace" su facebook. Nonostante tutto ero sempre la solita timidona.

-

Era un pomeriggio abbastanza ventoso, ma non troppo freddo, di febbraio. Il mese di carnevale mi ricordava dei brutti momenti e mi riportava a guardare certe foto, costantemente. Presi il solito album di foto che ero solita sfogliare. I lembi delle pagine erano consumati da quanto avevo visto e rivisto quei momenti fissati su pezzi di carta. La copertina aveva un tema a ghirighori e fiori in stile ottocentesco sulle tonalità del blu. Dentro? I più bei ricordi di me e mio fratello. Cominciai a riguardare quelle foto. I ricordi tornavano a galla e la spaccatura che si era richiusa nel mio cuore, si riaprì ampliandone la profondità. Ancora una volta.

Pensai a quanti errori le persone siano capaci di commettere. Tuttavia non scaricai colpe su quelle persone che decisero di separarmi da quella che era la persona più importante della mia vita, perchè capivo cosa vuol dire commettere degli errori. Prima o poi tutti si sarebbero pentiti delle decisioni prese.

Un sorriso, forse circondato da troppe lacrime, era l'unica cosa che riuscivo a vedere con la coda dell'occhio, nell'enorme specchio che si trovava alla mia destra. Odiavo quello specchio. Continuava a mostrare tutti i miei difetti. Non volevo averne. Era una delle tante foto con mio fratello Mattia, ma forse era quella più buffa e divertente, l'unica che sapesse mettermi allegria. Ero vestita da mucca lilla e lui da cowboy. Eravamo circondati da centinaia di persone, eppure i nostri sorrisi ammagliavano tutto quanto, focalizzando l'attenzione su di noi. Due piccoli cuccioli, io tre anni, lui sette appena compiuti. Abbracciati. Legati l'uno all'altra. Non mi strinsi mai così tanto a una persona come quella volta. Nessuno dei due avrebbe voluto abbandonare l'altro. Forse troppo ingenui e ignari di ciò che riservava il futuro. Non c'importava di cosa sarebbe successo, troppo piccoli per poter immaginare a un'aula di un tribunale che ci avrebbe divisi per sempre. Tornai al ricordo di quel giorno di festa. Non ricordo bene se fosse il secondo o il terzo corso di carnevale a Viareggio. Ciò che ricordavo bene erano le corse insieme, la fuga da un suo tentativo di riempirmi di corriandoli e stelle filanti, ma anche gli abbracci e la cadute in terra perchè correvamo mano nella mano e se uno inciampava bè, lascio pensare cosa sarebbe successo. Due piccoli cretini che nonostante fossero caduti in terra continuavano a ridere e a farsi il solletico.

Era tutto troppo perfetto e troppo felice.

Chiusi quel maledetto album. Pensai che per ora avevo pianto anche troppo. Spinta da quella vena di malinconia eccessiva, decisi di tirarmi su di morale inviando un messaggio a Arianna. Sentivo bisogno di stare con qualcuno che mi capisse, che mi consolasse, che mi facesse ridere.

Ero consapevole che il giorno seguente sarei stata da sola in casa, e un po' di compagnia non mi avrebbe guastato il pomeriggio. Chiesi a Arianna se avesse avuto voglia di passare da me per trascorrere un pomeriggio spensierato insieme come la settimana precedente. Le chiesi anche se avrebbe potuto chiamare Emma e Mary per venire anche loro da me. Volevo conoscerle meglio. Volevo passare una specie di Directioner Day con loro. Sapevo che mi sarei divertita e avevo un disperato bisogno di svagarmi da tutto. Conclusi con un semplice "ti voglio bene".

Semplice ma sincero.

Mi rispose dopo poco dicendomi che era perfetto e che andava bene anche alle altre. Sarebbe passata per le quattro e tre quarti. Ancora una volta, non vedevo l'ora. Ero curiosa di conoscerle di più, di scoprire come fossero fatte dentro. Ognuna di loro era speciale e io ancora non lo sapevo, me lo immaginavo, ma non avevo la più pallida idea di come fossero i loro caratteri. L'ansia mi struggeva da dentro. E se non li fossi piaciuta? Sapevo di essere piena di difetti e la paura di fare una cattiva impressione era la mia principale preoccupazione durante quelle ore che mi separavano dal loro incontro.

Ripresi a sfogliare quell'album di foto per concludere in bellezza la mia giornata deprimente. La chiamo con ironia "deprimente" perchè se ripenso anche ora, intanto che sto scrivendo queste parole, a quei momenti, bè magari una lacrima comincia a scendere. Quindi tante volte preferisco anzi "buttare sul ridere" alcune cose, che, se affrontate seriamente, non farebbero altro che farmi soffrire.

Mi soffermai sull'ultima foto che avevamo fatto prima della sua partenza per Bergamo. Era la mia preferita e nonostante fossero passati più di dieci anni riconoscevo ancora cosa c'era dietro a quel suo sorriso timido e riservato. Dietro quei colori, quei vestiti, quei sorrisi da fotografia di una famiglia felice c'erano stati anni di incomprensioni, di litigi, di urli. La tristezza era troppa per continuare a ricordare di quando mi risvegliai chiamando il suo nome ma nessuno rispose. L'unica cosa che furono capaci di dirmi fu un semplice: "Piccolina non piangere, Mattia è andato in vacanza, torna presto". Non capii mai quel concetto di "presto" che usano i grandi. Non vidi il suo sorriso per mesi e mesi. Non aveva più senso giocare e andare al parco quando parte della mia vita non c'era più. Col passare degli anni me ne feci una ragione. Avevo sei anni, ma dentro ne dimostravo di più. Avevo capito tutto. Forse anche grazie ad alcune carte che trovai nel cassetto del mobile nell'uffucio di mio papà. Dicevano tante brutte cose. Parole che mi rimasero impresse finchè non ci feci l'abitudine. Finchè non mi abituai al fatto di dover scendere da quel letto a castello e non trovarlo lì con me.

Ancora oggi guardo quella foto, incorniciata attentamente e lucidata ogni giorno. Mi mancano quei momenti e mi mancano da diversi anni. Alcune volte non mi ricordo neanche più di come sia fatto mio fratello, di come sia quel suo viso di cui non ero mai stanca.

Non troverò mai più una persona così simile a me. Capace di capirmi, sempre. Bo. Forse non esiste nemmeno un essere così perfetto.

Era tardi. Chiusi l'album. Non andai a sciacquarmi il viso. Volevo che quelle lacrime stessero lì con me, volevo continuare a vivere quel momento, per tutta la notte.

 
  
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