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Autore: flautista_pearl    07/04/2012    2 recensioni
22 giugno 2017 è una data che difficilmente una ragazza di Due Foglie si scorderà. Questa ragazza infatti sarà protagonista di una guerra che era già stata programmata dal fato. Lei riuscirà con le sue energie e con il sostegno dei suoi più cari amici a vincere? Ma prima di tutto, si dovrà recare nella prestigiosa Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts dove imparerà a difendersi e dove scoprirà i misteri più profondi di se stessa e dei mondi.
All was well. O quasi?
Dal capitolo 2:
Lei sfoderò la bacchetta. Pensai subito che da un momento all’altro sarebbe comparso un Mangiamorte, di conseguenza mi aggrappai forte al suo braccio sinistro – stavo quasi per soffocare Piplup tra le braccia – ma invece mia madre fece una cosa alquanto insolita: picchiettò tre volte la punta della bacchetta sul muro di mattoncini davanti a noi. Dopo qualche secondo i mattoncini si mossero formando un arco e permettendo la vista straordinaria di una grande via gremita di gente, di maghi.
«Ecco, Lucinda. Questa è Diagon Alley».
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lucinda, Un po' tutti
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
Capitoli:
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Diagon Alley [parte 1]

 

Cara signorina Lucinda Winslow,
lei è stata ammessa alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts
 
Ancora non potevo crederci! La lettera. La mia lettera da Hogwarts. Così non passerò il resto dell’anno in uno squallido collegio ma in una prestigiosa scuola per maghi e streghe. Perché io sono una strega!
 
Mi svegliai, mi ero addormentata con la lettera d’ammissione tra le dita. Dovevo essere stanca, 22 giugno 2017 è stata una giornata emozionante, piena di… di magia. Sì, magia è la parola giusta.
Cominciai a saltare sul letto, nonostante mi fossi appena alzata, gridando per la felicità: «Sono una strega! Sono una strega! Sono una strega! Andrò a Hogwarts!».
«Lucinda, sei sveglia?».
La voce di mia madre mi fece tornare con i piedi sul letto.
«Sì, mamma», risposi fermandomi.
«Preparati. Andiamo dal professor Rowan».
Rimasi un attimo attonita da ciò che appena recepii. Dal professor Rowan? Che cosa dovrei fare dal professor Rowan? Secondo me, saranno le loro solite discussioni e mamma non vuole che resti da sola in casa, dei Mangiamorte potrebbero assalirmi. L’ho sempre detto: queste mamme moderne sono più protettive.
Detti una occhiata fugace alla lettera e la poggiai sul comodino. Scesi in cucina a fare colazione: latte, cornetto, biscotti e fette biscottate con Nutella, la mia Nutella. Ma quanto amo i Babbani e i loro prodotti? Nutella, cioccolato… Per non parlare delle loro invenzioni: televisione, computer, cellulare. Come fa una ragazza a vivere senza cellulare? Fortunatamente io ce l’ho, ho convito mia madre l’anno scorso ha comprarmelo per il compleanno, era indispensabile per me. Come facevo a stare in contatto con i miei amici quando io stavo rinchiusa in casa e loro che stavano in vacanza lontani chilometri da me? E poi, con il cellulare potevo rimanere in contatto con lei. Per esempio, quando aveva da fare delle commissioni e si recava al Ministero della Magia – di conseguenza lanciava tremilioni d’incantesimi protettivi alla casa – mi chiamava ogni cinque minuti. Non conosco una persona più angosciata di lei.
Appena finii la mia gustosa colazione – e per questo dovrei ringraziare gli adorati Babbani – mi feci una bella doccia fresca, mi vestii ed uscimmo.
Salimmo in auto e ci dirigemmo verso Sabbiafine. Entrammo nel  laboratorio del professor Rowan. È sempre rimasto uguale: un posto luminoso con ampie finestre, diavolerie elettroniche alle pareti, un enorme schermo, che avrebbe voluto incantare rendendo le immagini veramente in tre D senza aver bisogno di occhialetti speciali, e una scrivania al centro. E proprio dietro quella scrivania vi è seduto il professor Rowan intento ad esaminare tre Pokèball.
«Buongiorno professore!», salutò mia madre.
«Oh, buongiorno Olga, buongiorno Lucinda! Prego sedetevi!», ci invitò.
Ci sedemmo davanti a lui. Strano pensavo che mamma e il professore dovessero fare una di quelle conversazioni in cui centravo io, invece sembrava di no.
«Allora Lucinda, ti staresti chiedendo perché sei qui oggi. Giusto?».
«In effetti», risposi, cosa voleva da me il professore, quando già sa che io sono una strega? Non gli servono di certo altre prove, visto che mi ha già visto fluttuare a mezz’aria. Quindi non vedo proprio cosa voglia da me.
«Il 1° settembre andrai ad Hogwarts».
Annuii, a cosa voleva arrivare? So perfettamente che il primo inizia la scuola.
«E come ogni ragazzo puoi portare un animale». Animale?! Dove ho già sentito questa parola? Giusto, perché non ci ho pensato! C’è scritto nella lettera! Se non ricordo male c’è scritto che posso portare un animale, ma sinceramente non ho la più pallida idea di cos’è.
«Un animale? Cos’è un animale?», chiesi. Sarà un aggeggio Babbano? Una nuova specie di Pokémon? Una prelibatezza che hanno inventato i Babbani come la Nutella?
«Sapevo che me lo avresti chiesto. Lucinda, conosci la nostra storia?».
Sì, che la so. Mamma mi fece una testa grande quanto un grattacielo con la storia del Mondo Intero: nella seconda metà del 1600, prima che venne emanata dalla Confederazione Internazionale dei Maghi lo Statuto Internazionale di Segretezza Magica nel 1689, i maghi e le streghe inglesi perseguitate dai Babbani scoprirono una dimensione parallela – che chiamarono Mondo Interno – dove rifugiarsi e quando la caccia finì, maghi e streghe si vendicarono rinchiudendo i cacciatori Babbani nel nuovo mondo che avevano conosciuto. Questo mondo è il mio. Ma la mia casata, quella dei Winslow, non ha mai rinchiuso nessun Babbano nel Mondo Interno, anzi al contrario, i miei avi difendevano i Babbani dagli altri maghi: ritenevano che la vendetta non portasse a niente.
Feci cenno di sì col capo al professore.
«Devi sapere Lucinda che il Mondo Esterno è molto diverso dal nostro mondo».
Un mondo diverso dal nostro?
«In  che senso diverso?», domandai curiosa.
«Nel senso che nel Mondo Esterno non ci sono Pokémon».
«Non ci sono Pokémon?», ripetei.
Annuì. «Non ci sono Pokémon ma ci sono gli animali, che sono molto simili ai Pokémon ma in un certo senso anche diversi».
«Oh», mi stupii. «Ma in che senso diversi?».
«Oh Lucinda, lo scoprirai molto presto», rispose il professore con un tono allegro. «Ma non sono qui per parlare solo di questo, volevo darti una cosa che un anno fa non ti è stata data».
La mia mente cominciò a lavorare, un anno fa… qualcosa che non mi è stata data… Okay, non lo so.
«Voglio darti una di queste», ed indicò le tre Pokéball poggiate sulla scrivania. «Sai bene che un normale Babbano viene da me quando compie dieci anni e mi chiede di dargli un Pokémon per cominciare il suo viaggio. Ecco, io voglio darne uno anche a te visto che a coloro che vengono dal Mondo Interno hanno il permesso di portare Pokémon a Hogwarts. E adesso Lucinda scegli».
Tre Pokéball sono davanti hai miei occhi, quale scelgo? Quella di destra, di sinistra o quella al centro? Merlino! Sentivo lo sguardo di mia madre su di me! Non pensavo che scegliere una Pokéball fosse così difficile! Adesso so come si sente un ragazzino! Okay, Lucinda prendi un bel respiro.
«Scelgo la Pokéball di destra», dichiarai ad alta voce.
«Prendila», mi suggerì mamma. Circe! Avevo la mano tremante! La presi. Non seppi nemmeno io perché dissi quella di destra, forse è il mio istinto da strega che mi guida.
«Bene», disse il professore. «Adesso lanciala e scopri che Pokémon hai preso».
Feci come mi disse: la lanciai e dalla Ball uscì un piccolo Pokémon azzurro, con due occhi dolcissimi. Oh, ma che carino!
«Oh! Hai scelto un Piplup. Interessante!», commentò il professore. «Adesso è tuo!».
«Grazie!», dissi abbracciandolo.
 
Erano passati un paio di giorni da quando ricevetti Piplup ed abbiamo fatto subito amicizia. Abbiamo visitato i luoghi più vicini a Due Foglie: solo il Lago Verità e Sabbiafine, perché mamma non vuole che mi allontani troppo da casa e mi ha perfino affibbiato una baby-sitter che mi accompagnasse, rigorosamente strega, anziana, zitella e mezza cieca. Per le mutande di Merlino! Tutte a me devono capitare?!
Fortunatamente costrinsi mia madre ad accompagnarmi a Diagon Alley dicendole che dovevo passare un po’ di tempo nell’altro mondo così da conoscere il Mondo Esterno e da non risultare una stupida che non sa cos’è un gufo – credo si dica così. Perfetto! Tra un paio di mesi andrò ad Hogwarts e non so neanche cos’è un gufo! Mi prenderanno subito in giro a scuola. Perciò Diagon Alley aspetta, sto arrivando! Devo sapere cos’è un gufo e tutti gli altri animali e soprattutto devo incontrarli!
«Lucinda sei pronta?», urlò mia madre dal piano di sotto.
«Sì, mamma», risposi urlando. «Piplup, hai per caso visto la mia cintura?», chiesi al Pokémon accanto a me. Lui osservò attentamente la camera e fece cenno di no. «Fa niente, Piplup».
«Lucinda non scordarti la lettera, mi raccomando!», gridò ancora.
E chi se la scorda? Non potrei mai scordarla! Dopo tutto quello che ho passato! Sta nella borsetta… Dov’è la borsetta?! Merlino!
Lucinda è la prima volta che vai nel Mondo Esterno e ti scordi la cosa più importante! Mantieni la calma! Respira profondamente e vedrai che la trovi. Dov’è?!
«Allora Lucinda, hai finito?», sbottò mamma.
«Ehm… sì. Ma non trovo la borsetta».
«L’ho vista sul divano». Merlino esisti! Feci tornare Piplup nella Pokéball, scesi, presi la borsetta e raggiunsi mamma all’ingresso.
«Per andare nel Mondo Esterno bisogna prendere la ferrovia che collega i due mondi e questa ferrovia…».
«Sta nella stazione di Sciroccopoli a Unima», completai io. «Sì, lo so mamma».
Odio quando mi tratta come una bambina di quattro anni. Per l’amor del cielo! Ne ho undici! UNDICI!
«Allora saprai anche che dall’altra parte c’è la stazione di King’s Cross di Londra. E Londra è una delle metropoli più importanti del Mondo Esterno dove è facile perdersi», affermò lanciandomi uno dei suoi sguardi. Mi spiazzò.
«Okay, questo non lo sapevo», ammisi. «Ma come facciamo ad andare a Unima? È distante chilometri».
«Per questo non dovresti preoccuparti: ci Smaterializziamo», disse tranquilla mia madre.
Ci Smaterializziamo! E che sarà mai?! Morgana! Ho appena undici anni e pretendete che mi Smaterializzi? E se mi spacco? Non ci voglio neanche pensare.
«Ma sei sicura? Non è c’è il rischio che mi spacchi?», domandai.
«Nessun rischio», mi assicurò. «Tienimi il braccio forte. E non lasciarlo, mi raccomando. Fidati».
Feci come mi disse, le afferrai l’avambraccio.
«Lucinda, pronta? Uno, due e tre…».
Sentii il braccio di mia madre scappare, di conseguenza saldai la presa. Mi sentii schiacciare da tutte le parti, non riuscivo a respirare, avevo i polmoni compressi come se fossi stata travolta da un camion pesante cinquecento chili, forse anche di più. Non mi sentii più le gambe e mi aggrappai stretta a quella che doveva essere il braccio di mia madre, respirai a fatica enormi quantità d’aria e aprii gli occhi lentamente, scoprendo che non eravamo più nell’ingresso di casa mia ma in un buio stanzino, a parte la luce che emanava la bacchetta di mia madre.
«Anch’io la prima volta che mi sono Smaterializzata mi sono sentita così», commentò mia madre sorreggendomi, «È normale, di solito si vomita».
Di solito si vomita! O cielo!
«Ma non potevamo usare la Metropolvere?», domandai.
«Secondo te, come fa ad esserci un camino in una stazione metropolitana e per giunta a Sciroccopoli?».
«Giusto», odio quando mamma ha ragione.
Uscimmo da quel tetro ripostiglio che ben presto scoprii essere il ripostiglio delle scope, infatti, prima di aprire quella maledetta porta difettosa, inciampai in una di queste ultime la quale non era illuminata dalla fioca luce della bacchetta di mamma. Ci trovammo poi in un lungo corridoio illuminato che finì in una grande sala d’attesa. Non ero mai stata in una stazione ferroviaria, se hai come madre Olga Winslow è praticamente impossibile uscire di casa, solamente nel caso in cui tu abbia una baby-sitter, allora sì. Ma sinceramente se la baby-sitter in questione è una zitella, vecchia e mezza rimbambita – a parer mio ma credo che non sia l’unica – allora preferisco stare a casa. Rimasi imbambolata per un attimo ammirando la sala d’attesa che non avrebbe niente di speciale per qualunque persona, solo file di sedie schierate come soldatini, ma per me era diverso: assaporavo il dolce gusto dello stare lontana da casa. Quella visione di “libertà” sfumò nell’attimo in cui mamma mi prese per mano e mi trascinò, come se fossi una bambina, verso i binari dei treni – credo che qualcuno non abbia ancora capito che io ho undici anni!
Tutti i Babbani ci fissarono, lavoratori e studenti. Sono sicura al cento per cento che i pendolari ci abbiano scambiate per un duo comico.
«Mamma hai attirato l’attenzione di tutta la stazione», le ricordai.
«Fra qualche secondo non più», mi rispose.
Come fra qualche secondo non più?
«Chiudi gli occhi», mi disse ed io feci quanto mi è appena stato detto.
Infatti dopo due secondi aprii gli occhi e mi trovai davanti una banchina gremita di gente, ma non come quella di prima le cui persone erano lavoratori e studenti, ma una folla di maghi, si capiva dagli abiti, mantelli neri svolazzanti e bombette spiccavano qua e là in mezzo alla folla, e da una scintillante locomotiva a vapore nera la quale era pronta a partire, che non centrava affatto con i treni super velocissimi dei Babbani. Rimasi incantata da ciò che avevo davanti, non avevo mai visto una locomotiva fumante, beh in televisione sì, ovviamente, ma mai dal vivo. Giusto in qualche film ma mai davanti ai miei occhi color zaffiri.
«Come…?», domandai a mia madre.
«Magia», ovvio, «Siamo passate attraverso il muro situato tra i binari quattro e cinque. Perciò eccoci qua nel binario 4 ½  che ci porterà in un’ora nell’altro mondo», mi rispose.
Compresi quanto appena mi disse. Non avrei mai immaginato a quanto la magia potesse arrivare. Collegare la stazione di Sciroccopoli con la stazione di King’s Cross a Londra. Un’impresa quasi impossibile ma non per i maghi ingegneri dell’epoca.
«Dai, vai sul treno, io vado a comprare i biglietti», mi disse, «Intanto cercati uno scompartimento».
Annuii e vidi la figura di mia madre confondersi tra la folla. Balzai a bordo e chiusi lo sportello dietro di me. Mi misi subito alla ricerca di uno scompartimento vuoto quando, dopo un paio di minuti di ricerca, mi scontrai contro un uomo basso e corpulento, con un paio di baffi grigi il quale indossava una giacca di velluto marroncino con lustri bottoni dorati che sembravano partire dal farsetto da un momento all’altro.
«Oh!», fece il mago.
«Mi scusi, signore», dissi.
«Per la barba di Merlino! Lucinda Winslow!», dichiarò con voce solenne che per poco quasi non gridava. Rimasi un attimo sorpresa. Sono così famosa che mi conosce persino uno sconosciuto? Solo il piccolo paesino di Due Foglie mi conosce ed io conosco il paesino. E quest’uomo davanti a me non sembra proprio uno di Due Foglie.
«Hai gli stessi occhi di tua madre», affermò infine il signore.
Ho gli occhi di mia madre, che c’è di strano?
E in quel momento mi sentii piccola piccola, con lo sguardo pesante del signore su di me, ma precisamente sui miei occhi blu.
«Oh! Che sbadato! Ancora non mi sono presentato. Sono Lumacorno, Horace Lumacorno», disse porgendomi la mano destra. Gliela strinsi, «Molto piacere, signore. E come lei sa io sono Lucinda, Lucinda Winslow».
«Molto piacere. È un onore per me conoscerla», e sorrise.
«Horace stiamo aspettando te», fece una voce proveniente da uno scompartimento non troppo lontano da noi.
«Sì, arrivo», rispose il signor Lumacorno al ragazzo dello scompartimento poi si rivolse a me, «Allora arrivederci signorina. Salutami tua madre. Ci vediamo a scuola», e si dileguò.
Ci vediamo a scuola? Forse è un insegnante. Però un tipo molto buffo. Chissà che materia insegna a Hogwarts, forse Divinazione, sì, è molto probabile.
Ci misi poco a trovare uno scompartimento vuoto e mi ci infilai subito. E subito ci si infilò anche mia madre sedendosi davanti a me.
Restammo qualche minuto in silenzio, nel quale il treno cominciò a fischiare e a muoversi, finché decisi di romperlo.
«Mamma ti saluta un certo… Luma… Lumacorno, Horace Lumacorno».
«Oh! Il professore! Da quanto tempo! È sul treno? Vorrei salutarlo», mi domandò.
«Sì. Ma mi chiedevo che materia insegnasse il professor Lumacorno, Divinazione? Sa è un po’ bizzarro», domandai invece io.
«Il professor Lumacorno? Certo che no!», e rise. Cosa c’è da ridere?
«Il professore non insegna affatto Divinazione, ma pozioni».
«Pozioni?!», ripetei. E chi l’avrebbe detto che quella persona conosciuta qualche minuto fa fosse in realtà un professore di pozioni? Nessuno l’avrebbe affermato. «Comunque il professor Lumacorno sta nello scompartimento a destra in fondo», le dissi e lei si alzò.
Cominciai ad annoiarmi presto, anche per il fatto che il bellissimo parco con tutti i Pokémon selvatici, i quali non riconobbi, che si poteva ammirare dal finestrino, svanì e lasciò posto a un “paesaggio”, se così si potrebbe definire, bianco, totalmente bianco. Senza parco e senza Pokémon, come se mi avessero attaccato al vetro del finestrino un foglio di carta.
Credo fortemente che sia il limbo tra i due mondi.
Non c’è ombra di dubbio che sia il limbo. Beh, ma dopo il limbo ci sarà la stazione di King’s Cross e poi Diagon Alley!
Cominciai ad esaminare lo scompartimento, non c’ero mai stata prima d’ora in un treno. Le pareti sono di un legno pregiato che osservandone le venature ed il colore probabilmente direi che sono di mogano, i sedili sono rivestiti di velluto color bordeaux e sopra il sedile in cui prima era seduta mia madre vi è posato un giornale.
L’avrà scordato.
Lo raccolsi e lessi grande a caratteri cubitali nella prima pagina Gazzetta del Profeta. Pensai subito che non avrei dovuto prenderlo. Mamma mi aveva sempre proibito di leggere i giornali, non so per quale ragione. Ma che c’è di male a leggere un quotidiano?
Dalla prima pagina mi saltò agli occhi la foto di un uomo incatenato che reggeva un cartello con scritto §h56. Lessi il primo articolo in prima pagina:

Il Mangiamorte Avery fa un’altra vittima

Ieri, verso le otto di sera il pericolosissimo Mangiamorte Avery ha fatto un’altra vittima. Si tratta di una vecchia Babbana alla periferia di Londra. È stata ritrovata in casa dal nipote che avvertì all’istante la polizia babbana, l’autopsia babbana afferma che la vecchia è morta per una fuga di gas. Noi sappiamo che è stato Avery: c’era un testimone al momento dell’omicidio. Il magonò Andrea Feed vide il Mangiamorte entrare nella casa e puntare la bacchetta contro la vecchia. Il primo Ministro della Magia Kingley Shacklebolt chiede di stare attenti di questi tempi. Dopo l’evasione da Azkaban questa è la sua seconda vittima dopo la terribile morte di Richard Bones in cui prese la sua bacchetta. Olga Winslow si metterà al più presto alla ricerca dello spietato Mangiamorte dopo che sua figlia avrà cominciato il suo primo anno scolastico a Hogwarts. Suo padre era stato una vittima di Avery, la sua ultima vittima prima di essere rinchiuso ad Azkaban dalla stessa Olga Winslow.

Rimasi allibita da ciò che appena lessi. Ecco perché mamma non vuole che io legga i giornali. Lo ripiegai e lo rimisi sul sedile. È la notizia più brutta che lessi in vita mia, invece quella più bella è stata la lettera d’ammissione a Hogwarts. Oddio! La lettera! Ah, già! Nella borsa… Piplup!
Frugai nella borsetta per qualche secondo e ne trassi una Pokéball, quella di Piplup. Lo feci uscire. Ho sempre pensato che le Pokéball fossero scomode. Per le mutande di Merlino! Stare in una ball grande quanto un pugno mi dà una sensazione strana, mi sentirei compressa se fossi un Pokémon. Ed il povero Piplup c’è stato per circa un’ora.
«Oddio Piplup, ti senti bene?», gli domandai preoccupata.
«Piplup!», fece lui agitando il capo affermando.
«O che bello! Un Piplup!», fece una voce femminile dal corridoio. Fissai il volto della ragazza schiacciato sul finestrino che dà sul corridoio. Aveva gli occhi di un bellissimo verde e teneva legati i capelli rossi in un codino.
«Ciao!», dissi alla ragazza aprendogli la porta scorrevole e facendola entrare.
«Ciao! Piacere, mi chiamo Misty Williams!», mi porse la mano e io gliela strinsi. «Posso accarezzare il tuo Piplup?», mi chiese.
«Oh, beh. Sì, certo», le risposi.
Stavo per darle Piplup, quando ad un tratto, un ragazzo dai capelli corvini e dagli occhi marroni, un po’ più alto di qualche centimetro di me e di Misty, afferrò quest’ultima per il braccio e la trascinò via dal mio scompartimento borbottando: «Misty sei sempre la solita!».
Questo sarebbe dovuto essere il mio primo viaggio in treno. Ma più che un treno questo mi sembra sempre di più un circo, tutte persone un po’ strampalate. Prima il professor Lumacorno che invece di insegnare Divinazione insegna Pozioni, dopo quella ragazza rossa e quel ragazzo, infine:
«Ti chiedo di perdonare mio figlio», disse una donna abbastanza giovane con un bel sorriso sulle labbra.
«Oh, non si preoccupi signora», le risposi gentilmente.
«Sai qualche volta Ash è un po’ scontroso», aggiunse poi la signora, «Scusami devo andare. Ash dove stai andando?».
Il mio primo viaggio in treno, o per meglio dire in circo, risultò poi alla fine un po’ noioso, abbastanza noioso. Il viaggio durò un’ora che per me sembrava un’eternità. Mamma, quando tornò, si accorse che avevo letto il giornale, dato che la posizione in cui poggiai il quotidiano non era la stessa di quando andò da Lumacorno, e di conseguenza mi fece una delle sue lavate di capo. Rimasi la mezz’ora che mi separava dal Mondo Esterno giocando con Piplup, rileggendo la lettera d’ammissione a Hogwarts e guardando fuori dal finestrino nonostante fosse bianco come un foglio di carta. Ma poi il bianco del finestrino si trasformò in qualcosa di magnifico: una campagna verde si estendeva fino l’orizzonte e piccoli animali che brucavano assomiglianti a piccoli Mareep.
Il primo paesaggio che vedo del Mondo Esterno.
«Preparati a scendere», la voce di mamma mi distrasse dal magnifico paesaggio.
Infatti dopo un paio di minuti il treno rallentò fino a fermarsi completamente, mi alzai con Piplup tra le braccia ed uscii dallo scompartimento. Appena scesi dal treno venni assalita da una folla di fotografi e giornalisti che cominciarono a bombardare di domande me e mia madre.
«Vieni», sentii la voce di mamma e la sua mano afferrare la mio braccio e poi la stessa sensazione di compressione che provai non più di un’ora e mezza fa. Merlino! Un’altra volta!
«Tutto bene?», mi domandò mamma.
«Sì… bene», non proprio, «Potevi almeno avvertirmi che ci saremmo Smaterializzate».
E Olga Winslow mi lanciò uno dei suoi sguardi assassini che parve dire siamo scampate per un pelo e ti lamenti?
«Comunque dove siamo?», chiesi guardandomi attorno. La strada non era proprio deserta ma non era certo affollata, qualche autobus passava, carico di turisti immagino, e di rado passavano macchine. I negozi di musica, librerie e le boutique non erano molto visitati.
Beh, come smentirli con questo caldo bestiale?
«Siamo a Charing Cross Road, una nota via di Londra», mi rispose.
Charing Cross Road...
Per essere una nota via di Londra non era di certo molto frequentata, giusto qualche turista che passeggiava con una bottiglietta di acqua in mano ed un ventaglio. Cosa strana non entravano nel locale con l’insegna di legno con su scritto Il Paiolo Magico. Stretto tra una grande libreria e un negozio di dischi, i Babbani non vi facevano caso.
«Ti sei incantata un’altra volta?», mi domandò.
«Arrivo». Entrammo nel locale che ben presto si rivelò un pub non molto luminoso, con una grande sala da pranzo ed un bar. Dietro al bancone una donna sui trent’anni stava asciugando dei bicchieri con un panno ma smise subito quando alzò lo sguardo e fissò me e mia madre. Ci raggiunse sorridendo e domandò a mia madre abbracciandola: «Olga da quanto tempo? Come stai?».
«Bene Hannah, grazie. Tu?».
«Bene anch’io. E tu dovresti essere la piccola Lucinda?», domandò spostando lo sguardo da mamma a me. Annuii solamente.
«Hai gli occhi di tua madre lo sai?».
Perché oggi ce l’hanno tutti con i miei occhi?
«Beh, scommetto che siete qui per Diagon Alley, non è così?», mi fece l’occhiolino, « Vi accompagno nel retrobottega».
La seguimmo nel retrobottega e ci lasciò in quella piccola stanza.
«E adesso?», domandai a mia madre.
Lei sfoderò la bacchetta. Pensai subito che da un  momento all’altro sarebbe comparso un Mangiamorte, di conseguenza mi aggrappai forte al suo braccio sinistro – stavo quasi per soffocare Piplup tra le braccia – ma invece mia madre fece una cosa alquanto insolita: picchiettò tre volte la punta della bacchetta sul muro di mattoncini davanti a noi. Dopo qualche secondo i mattoncini si mossero formando un arco e permettendo la vista straordinaria di una grande via gremita di gente, di maghi.
«Ecco, Lucinda. Questa è Diagon Alley».
 
 
 
 
Angolo autrice:
Perdonatemi! Il precedente capitolo l’ho scritto in tre giorni e invece questo in due mesi D:
Ho avuto moltissimi impegni poi metteteci in mezzo la scuola…
Perché 4 e ½? Perché nel film le scene alla stazione non vennero fatte tra i binari 9 e 10 ma 4 e 5. Quindi ho scelto questi numeri per il binario.
Inizialmente il capitolo doveva essere unico ma era impossibile, perciò l’ho sdoppiato.
Ringrazio tutti coloro che mi seguono e soprattutto quelli che recensiscono!
Grazie per la vostra pazienza! Speriamo che io non ci metta tanto per il prossimo capitolo!
Alla prossima! La vostra flautista_pearl! <3
   
 
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