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Autore: elaia86    03/11/2006    3 recensioni
Questa fan fiction è Cotton Candy, anche se cercherò assolutamente di rispettare i veri caratteri dei personaggi per renderla il più verosimile possibile. Aria di tempesta tra House e Cameron..ma quando si deciderà il cinico medico?
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allison Cameron, Greg House, James Wilson, Lisa Cuddy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo III

Capitolo III

House entrò nella sala riunioni: “Oh oh! I tre dottorini lavorano per risolvere…uhm…questo complicatissimo caso di…forza ditemelo voi”e li guardò con aria di sfida agitando tra le mani la cartella del paziente che aveva appena sfogliato. “Oh oh! Il geniale dottor House finalmente viene ad illuminarci…” – rispose subito sarcastico Chase – “Non ci dire che la malattia del sonno finalmente ti ha abbandonato…” continuò Foreman. “Avanti, poche battute, voglio fatti! A che diagnosi siete arrivati?” – “Beh, se proprio ti interessa, a noi sembra una semplice degenerazione di diabete, con effetti su muscoli e ossa, l’anamnesi familiare sembrerebbe confermarlo…” – “Bene, è con queste diagnosi che siete riusciti a non ammazzare venti pazienti? Mi sembra strano, visto che io qui vedo una poli-arterite nodosa! Su, scansafatiche andate a verificare voi stessi, rifate tutte le analisi e poi portatemi i risultati…che confermeranno la mia diagnosi. – “Ahi, ahi, House è tornato! E’ finita la pacchia Jimmy…”Chase diede una pacca al nuovo medico, il quale inaspettatamente prese coraggio e intervenne “Per me non è poli-arterite!”, House lo fissò “Scusi ci conosciamo?Ah già sei il sostituto di quell’altra…come si chiamava? Chase tu te la ricordi meglio di tutti immagino…Andate a rifare le analisi e non fate storie, ci vediamo qui tra un’ora”.

I tre medici si alzarono e uscirono di corsa dalla sala riunioni. House riguardò la cartella: ora che ci pensava un valore non quadrava con la sua diagnosi.

Prese il pennarello e cominciò a scrivere sulla sua lavagnetta, battendosi ogni tanto la mano sulla fronte per lo stupido errore che aveva commesso.

“Dottor House, ci scusi…”, una voce poco familiare lo richiamò, ma lui non si girò nemmeno “Sto lavorando, chiedete ai miei assistenti…” – “House…”, un’altra voce, ben più nota lo fece girare di scatto. Cameron e Kyle lo stavano fissando, entrambi un po’ intimiditi. Non era quella la scena che aveva immaginato per rivedere lei. Lei. House si sentì girare la testa, come quella volta, ma fece finta di nulla. Rimase in silenzio qualche minuto abbassando lo sguardo pensieroso, e poi si rigirò verso la lavagnetta. “House, ho bisogno che tu…” – “Shhh! Sto lavorando!”, la interruppe bruscamente lui: si sentiva molto arrabbiato; era forse venuta per chiedergli di fare il testimone di nozze?! Lei e quel Kyle. Cosa volevano ora da lui? Preferiva non farli parlare. “Caveron, o come ti chiami tu, se hai bisogno di qualcosa è meglio che ti rivolgi ai tuoi ex amichetti, io ho da fare e non voglio essere disturbato, come vedi sto lavorando su un caso…”, detto questo scrisse sotto ai sintomi del paziente ‘Poli-arterite nodosa’e lo sottolineò due volte. “Non posso crederci…poli-arterite nodosa con quei sintomi?! Sei impazzito?! Dammi la cartella!” Cameron cercò di strappargli la cartella dalle mani, ma questo lo fece arrabbiare ancora di più, al punto da fargli urlare: “Cosa sei venuta a fare!!! Sto lavorando, non lo vedi? Non puoi vedere la cartella, non sei più il suo medico!”. Cameron rimase completamente pietrificata da questa sua uscita. Biascicò appena a Kyle di lasciarli soli, e poi cominciò a fissarlo: non poteva essere così arrabbiato… “House, scusami, sono venuta solo perché il dottor Marlon mi ha chiesto una relazione firmata da te sul mio lavoro qui…” disse in fretta prima che lui avesse il tempo di interromperla, “Non sarei venuta, però mi ci vorrà un po’ per prepararla e ho bisogno delle cartelle dei pazienti che abbiamo curato…insieme…”. House la guardò. Si era calmato, certo l’aveva spaventata un bel po’: non riuscì a trattenere un sorrisetto nel vederla così. Cameron si illuminò, forse era possibile dialogare. “Ti ho spaventata eh? Dovevi vederti…” – “E’ così che accogli i tuoi ex assistenti?” – “No – House era tornato serio – solo quando si presentano in compagnia dei loro futuri mariti…”e si rigirò verso la lavagnetta.

“Tu dici che non è poli-arterite? Sai, è un po’ di tempo che il mio intuito non viene esercitato, ho bisogno di una mente lucida e…conosci Chase e Foreman, di loro non mi fido…” – “Ma di me si, vero?” Cameron sorrise e gli si mise a fianco per verificare i sintomi; gli prese il pennarello e cominciò a segnare tutti i valori delle analisi. Si sentiva così bene accanto a lui, quel lavoro le sembrava molto più appagante di quello che svolgeva a New York: lì non avevano un team diagnostico, e nemmeno un dottor House che la incantasse. Rimasero a discutere per un bel po’, finchè Cameron non rivelò “Kyle non è il mio fidanzato…E’ solo un caro amico”; House fece finta di niente e il discorso si interruppe lì. “Quando abbiamo finito qui…mi dai una mano per la relazione?” – “Non basta una semplice firma, piccola rompiscatole? E poi che vuole sapere quell’incapace di Marlon?” – “Beh, sai, mi ha assunta senza garanzie, e vuole sapere che ruolo avevo nel tuo team…”. House fece un cenno di assenso e sospirò, si sentiva stranamente tranquillo. Lei era tornata, era questo quello che contava. Anche se per poco, avrebbe sentito la sua presenza vicino. Eh già, quella crocerossina gli era proprio mancata, era troppo affezionato a lei…affezionato’?! si chiese dopo aver prescritto la cura giusta ai suoi tre medici.

 

“Il primo passo è ammetterlo, caro House: sei innamorato di lei! – Wilson lo prendeva in giro trionfante – Lo vedi che te ne sei accorto anche tu? Ti era mancata da impazzire” House continuava a scuotere la testa, quasi incredulo: “Non ho mai provato quella sensazione di pace accanto a lei. Mi è sembrato che i giorni scorsi stessi camminando tra le fiamme dell’inferno, e ora…Come se avessi preso 20 pastiglie di Vicodin tutte in una volta” – “Hai visto testone, hai visto!” Wilson era contentissimo per l’amico, ma non capiva che i guai erano appena cominciati “Forse non hai capito, Wilson. Il fatto che io forse sia innamorato di lei non fa che complicare le cose. Wilson ammutolì, ma del resto conosceva bene il suo amico, era sempre la stessa storia, con Stacy, con Cameron…House si sentiva sbagliato, condannato al fallimento. “Non voglio che Cameron si ritrovi ancora a dover soffrire a causa mia…proprio ora che probabilmente mi ha dimenticato…no, meglio lasciare le cose come stanno, e poi resta il fatto che lei è partita senza dirmi una parola, e ripartirà dopodomani con quel Kyle…” – “Non ti aveva detto che Kyle era solo un caro amico?” – “Tutti mentono, Wilson. Tutti mentono…anche seCameron non mente mai…” – “Allora lo vedi che non tutti mentono: Cameron no, quindi quel Kyle è solo un amico” – “Beh, fa lo stesso. La situazione è troppo complicata”.

Cameron non mente mai, Cameron non mente mai…’queste parole balenavano nella mente di House in continuazione.

 

Cameron era contenta: pranzava come ai vecchi tempi con Chase e Foreman e c’erano anche Jimmy Hicks e Kyle. Le stavano raccontando dei casi che avevano risolto, delle nuove cure che avevano sperimentato, e soprattutto…del nervosismo di House. “Ti assicuro che noi non l’abbiamo visto per giorni, Cameron! Solo una volta si è presentato perché cercava il suo i-pod, ma poi il silenzio più totale…pensa che la Cuddy ha minacciato di licenziarlo proprio ieri!” raccontava Chase “E lo avrebbe licenziato se tu non lo avessi aiutato a risolvere il caso…” – continuò Foreman.

“Si vede che la Cuddy le ha fatto davvero paura. Cameron cercava di svalutarsi “Si vede che Cameron lo ha fatto proprio rinsavire…”disse maliziosamente il medico di colore. Cameron sorrise, ma fu evidente che gli occhi sfavillanti di pochi istanti dopo erano rivolti tutti al suo ex capo che si era affacciato in mensa per cercarla. “Ehi, Cameron, cosa dici vogliamo sbrigarci a scrivere questa relazione? Ho poco tempo e poi non ho voglia di vederti girare qui ancora fino a domani, possiamo finire entro oggi.”. La dottoressina guardò sconsolata Foreman con uno sguardo che diceva ‘Hai visto? Altro che rinsavimento!’, ma il medico fece spallucce ‘Chi lo capisce?’.

“Su Cameron, andiamo nel mio ufficio, e voi…tornate a fare gli scansafatiche nella sala riunioni…”, Cameron quindi avvisò il suo accompagnatore “Kyle, grazie per il passaggio, ci vediamo presto a casa, ok?” – “Certo Cameron, ci vediamo lì” – “Ehi biondino, ti avviso che faremo molto molto tardi, non è vero porcellina mia?”House fece l’occhiolino facendo scoppiare a ridere tutti. ‘C’è poco da ridere’ pensò Cameron, preoccupata al pensiero di fare tardi con quell’uomo imprevedibile, mentre un brivido le torturò per un attimo la schiena.

 

“Lisa, scusami ho bisogno di parlarti.” – “Entra Wilson, siediti. Cosa è successo, ancora problemi con House?”. Quante volte negli ultimi giorni Wilson le aveva parlato di House, dei suoi atteggiamenti più scostanti del solito, oppure di Cameron e del tentativo che lui stava facendo per farla ritornare almeno un giorno.

Cameron è tornata” – “Ah, benissimo! Sua madre sta bene?” – “Purtroppo no, è tornata solo perché Marlon gli ha chiesto una relazione firmata da House. – “E House come ha reagito? Se è come penso, Cameron adesso sarà già a New York…” – “No, anzi! Dopo un attimo di rabbia House si è calmato e hanno persino risolto un caso insieme…e non solo…” La Cuddy lo pregò di continuare, era troppo curiosa: “Non mi dire che…” – “Non ancora, però ha ammesso che forse è innamorato di lei”. La Cuddy spalancò gli occhi; incredibile, non era da House fare di queste ammissioni. “Si, ma non pensare che così sia tutto risolto. – Wilson interruppe l’entusiasmo della collega – House ha intenzione di lasciare le cose come stanno. Come al solito ha troppa paura…”. Sospirarono contemporaneamente: per quell’uomo non c’era nulla da fare. Non riusciva ad accettare l’idea di essere innamorato di Cameron e non riusciva ad accettare la sofferenza che si portava da tanti anni in quella gamba malata.

Cuddy e Wilson non potevano farci nulla: spingerlo in una storia contro il suo volere era da stupidi. Anche se erano molto preoccupati per il loro amico, loro due non erano i suoi angeli custodi. Se la sarebbe dovuta cavare da solo, sperando per il meglio.

 

Cameron entrò per prima nello studio di House. Quanto tempo era passato? Pochissimo, pensandoci: solo un mese, dal loro ultimo scontro. Quel pomeriggio aveva pianto tantissimo sopra al tetto dell’ospedale. Aveva mandato via Kyle, il quale, preoccupato, si era tenuto nei paraggi; aveva maledetto House per quello che le stava facendo, aveva maledetto se stessa perché non era capace di sfuggirgli. Non appena si era calmata, con una limetta d’acciaio aveva inciso delle parole su un mattone lasciato lì dai costruttori; l’avrebbe buttato, ma non ne aveva avuto il coraggio. Si era accovacciata lì vicino ed aveva ricominciato a piangere silenziosamente, sentendosi desolata come non mai. Aveva passato il limite di sopportazione con House, dopo quasi quattro anni passati a lavorare fianco a fianco con lui, passati desiderare che un giorno lui si sarebbe voltato verso di lei guardandola come solo lei riusciva a guardarlo. Si sentiva incredibilmente stupida a soffrire così per lui, in fondo non era più un adolescente, poteva accettare di non piacergli. Ma le lacrime non accennavano a fermarsi. Poi quella telefonata da New York…

Cameron! Cameron!”, la voce burbera di House la fece ritornare al presente. House si lasciò cadere sulla sua sedia: “…allora, hai raccolto tutte le cartelle necessarie?” – anche Cameron si accomodò su una sedia, di fronte a lui – “Si, cominciamo prima con la parte generale: allora, che ruolo ho avuto nel tuo team? Beh, immunologa, e se ci scrivessimo ‘principale diagnosta del team oltre ad House’?”Cameron rise, ma House le rispose ironico “Perché allora non scrivere ‘principale elemento di arredamento nello studio del dottor House’? Sarebbe carino, ti licenzierebbe subito, oppure tenterebbe di portarti a letto, sai come sono questi primari eh…”. Cameron non la prese bene: “Ah già, del resto me l’hai sempre detto che mi hai assunta perché ero carina…” – “Ehi, bambina, non scaldarti tanto. Non ho detto che eri carina, ho detto che sei carina, e molto anche…”. Cameron arrossì violentemente. Ecco, ora si sentiva proprio una quindicenne. Doveva smetterla di lasciarsi dominare così tanto dalle sue emozioni. Alzò gli occhi: lui la stava fissando.

“Che cosa c’è House?” – “Mi chiedevo perché tu fossi così ingenua…” – “Come ingenua?!” – “Beh, tu crederesti a tutto quello che ti dico. A volte mi sembri anche un po’ stupida…come ho fatto ad assumerti?!” – “Ohh, d’accordo, hai ragione tu. Ora continuiamo a lavorare”, Cameron voleva tollerarlo, e poi, diamine, se non stava scherzando ora…

 

‘Docile la dottoressina’ pensava House, che in quella giornata tirò fuori il suo repertorio migliore di battutine, senza che mai Cameron si arrabbiasse troppo. Non era da lei non reagire, sembrava addirittura cambiata. Più la osservava, più le notava negli occhi un velo di tristezza. Ogni ora lei aveva da fare una telefonata urgente, e per quanto House si sforzasse di origliare riusciva a capire ben poco delle conversazioni. Forse si trattava di Kyle: probabilmente quel buono a nulla voleva essere rassicurato sul comportamento irreprensibile della ragazza..

Ormai si erano fatte le 21 e Cameron chiese se non era il caso di chiudere per il momento lì il lavoro e continuarlo l’indomani: “Nemmeno per sogno, continueremo fino a quando non avremo finito, piccola rompiscatole!” – stavolta Cameron tentò di ribellarsi – “Ma sei impazzito?! Si faranno le quattro del mattino con tutte le cartelle che dobbiamo ancora esaminare!” – “Se dici ancora una parola io andrò a casa e tu resterai qui a fare il tuo lavoro…”. Cameron si alzò di scatto: “Non puoi impormelo, non sono più una tua dipendente”.

Anche House si alzò in piedi: cavolo, come era alto, molto più alto di lei. Cameron si sentì tremare le gambe: era innamorata di lui, ancora. Quasi senza rendersene conto lei gli prese un braccio, mentre House la fissava diritto negli occhi.

“Non sono più il tuo capo, hai ragione. Fai come preferisci, vuoi tornare a casa?”, disse lui con un filo di voce. “Si…” fu la risposta altrettanto bisbigliata di Cameron.

“Allora andiamo, dottoressa Cameron. Ti offro un passaggio?” – “No, grazie. Ho chiesto a…” – “…Kyle immagino, ti viene a prendere lui?” – “Si, sarà qui a minuti”. House sembrava aver esaurito tutto il suo sarcasmo. Cameron stava per uscire dall’ufficio, quando House la chiamò: “Cameron…”, la dottoressa voltandosi si sentì battere il cuore a mille: “Dimmi…” – “Ti volevo chiedere…tu non menti mai?”. Cameron sorrise tristemente: “Lo sai bene, House. Tutti mentono…vorrei solo averlo fatto un po’ più con te”. ‘E io avrei tanto voluto farlo un po’ meno con te, Cameron’ fu il pensiero di House, altre furono le parole: “Perché? A me non hai mai mentito?” – “Ho detto solo che avrei dovuto mentirti un po’ più spesso, non che non ti ho mai mentito…” si girò verso la porta ma continuò a parlare: “L’importante è non mentire a se stessi, e io questo non l’ho mai fatto. Ciao” – “Ciao”. House la lasciò andare pensieroso. Come al solito Cameron aveva colto nel segno. Poco dopo si affacciò alla finestra, giusto in tempo per vederla salire sulla macchina del tipo. Cercò di catturare un bacio, un gesto che gli confermasse che lei mentiva. Nulla.

Chissà se Cameron avrebbe capito che il problema ora per lui non era la menzogna, ma accettare la verità su se stesso. Accettarsi.

House prese il suo Vicodin, la gamba gli faceva male. 

 

  
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