Non è da molto che andato via, eppure a noi tutti appare un'eternità. Sai,
ho pensato fosse il caso di dare a mio figlio il tuo stesso nome,
somiglia molto più a te che a me; lo so, è assurdo, noi
due eravamo gemelli miseriaccia! Ma io non parlo di certo dei nostri
tratti somatici, di grazia. Mi riferisco a ben altro, alla tua voglia
di vivere rimasta immutata e che, ahimè, in me ha smesso di
splendere con il passare degli anni, non so bene se la tua assenza
abbia influito in ciò. Più
lo sguardo più mi sembra di vedere te, il mio fratellino, che
corre ancora nella casa in cui siamo cresciuti e che ne combina, se
è possibile, persino più di quante ne combinavamo noi due
assieme. Una vera peste. Immagino
ti starai chiedendo il perché io abbia finalmente deciso di
scriverti questa lettera, dopo tutto questo tempo, e cosa mi abbia dato
il coraggio di farlo; ebbene, oggi nostra madre, per la prima volta
dopo anni, si è di nuovo confusa e mi ha chiamato Fred. Non era
mai più successo da quando te ne sei andato, e sebbene
inizialmente mi abbia lasciato un po' stranito, dopo la confusione
iniziale ho potuto assaporare il retrogusto della rassegnazione,
mischiato ad un pizzico di gioia nel vedere che tu sei ancora qui con
noi. Quindi ho
sorriso alla mamma e, in un tributo silenzioso, le ho detto sicuro che
potesse capirmi: «Davvero, donna?! E tu dici di essere nostra
madre!». Ha canticchiato allegra per tutto il pomeriggio. Non
fingo che la tua assenza non sia stata una tortura, e non ti nego che
delle volte ho avuto seriamente paura di non farcela, cosciente che
senza di te nulla sarebbe più stato lo stesso. Una parte di me
è volata via con te, Fred, ma così come un pezzo di me
t'apparterà sempre, anche un pezzo di te non andrà mai
via.