Ok... Ritardo, scusate, ecc... La solita solfa. Ormai inizio sempre così! -.-"
Questo
ed il prossimo capitolo sono concentrati su Alessandra, inoltre mostrano un po'
la vita dei Distruttori. Ho paura che possano apparire noiosi, ma spero
comunque di sbagliarmi. Il figaccione che comparirà nel prossimo capitolo
dovrebbe aiutare a calamitare nuovamente l'attenzione, almeno credo... :P
L'altro capitolo è già pronto quindi dovrei pubblicarlo a breve, ma non faccio
promesse. Adesso sono in vacanza, ma tra la preparazione della tesina e lo
studio... Sto andando seriamente in crisi! Sappiate che, nel caso gli aggiornamenti si facessero troppo radi,
sarà a causa della scuola e rimedierò finita la maturità, ok?
Devo ammettere che rileggendo la storia dall'inizio mi sono venuti in mente
alcuni aggiustamenti e cambiamenti, ma per ora mi concentro a finirla, poi
vedrò di sistemarla un po' meglio! ;)
Baci
Cap. 20
Sono a Torino,
all’accademia per i Distruttori.
Qui vengono addestrati i
bambini della nostra “specie” alla lotta contro i demoni, ma soprattutto qui sono
raccolti i libri sulle entità demoniache, il sapere sui demoni, la loro storia
e la nostra. Se si vuole raccogliere informazioni non c’è posto migliore al livello nazionale!
Torino…Uno dei vertici del
triangolo della magia nera, come San Francisco e Londra, ma, allo stesso tempo,
anche vertice del triangolo della magia bianca con Praga e Lione. Questo doppio legame, con
la magia nera e con quella bianca, la rende una città unica e magica.
Inoltre a Torino, in
Piazza Solferino, troviamo una statua che rappresenta un bellissimo angelo, un
corpo scolpito ed un viso perfetto, Lucifero. Le leggende narrano che ai suoi piedi si trovi la porta degli inferi.
Noi naturalmente abbiamo verificato la leggenda in passato, ma le uniche cose che
abbiamo scovato sotto quella piazza sono una colonia di ratti e l'odorino poco piacevole delle fogne.
Mi
guardo intorno. Se non
sapessi di trovarmi nel punto giusto penserei di essere finita in un
collegio, ci sono gli stessi corridoi e le stesse aule che si possono
trovare in molte
scuole degli esseri umani.
I bambini che vengono qui
vi sostano solitamente per quattro anni, fino al nono compleanno, e possono
tornare a casa solo nei fine settimana poiché non ci sono altre vacanze.
La lettura e la scrittura
devono già essere insegnate loro dai genitori o da maestri privati prima
dell’inizio della scuola. Qui si apprende la cultura
generale sul nostro mondo, nonché la disciplina e una base di combattimento.
I corridoi alti e larghi
sono vuoti a parte una scrivania per ogni piano con la sua bidella tipicamente
vestita con un camicione grigio. Le poche classi dentro cui è permesso
sbirciare grazie alla porta aperta, sono stanzoni enormi con pochi bambini
seduti ai banchi, in rigoroso silenzio. La voce degli insegnanti rimbomba tra
le quattro mura delle aule.
Salgo una delle rampe di
scale interne, non un filo di polvere sul poggiamano o sui vari gradini, tutto
risplende del grigio colore del marmo.
Indossa il grembiule nero
obbligatorio, che le arriva fin al ginocchio e tiene i capelli rigidamente
fissati sulla nuca, come le maestre insegnano a fare fin dal primo giorno di
scuola. Sempre che non ti obblighino a tagliarli cortissimi.
A seconda di quale
insegnante capiti c’è anche la possibilità di essere rasati come forma di
castigo.
Istintivamente mi tocco i
lunghi boccoli castani e li stringo con forza tra le dita.
Per una bambina vivace e
fantasiosa come me è stata veramente dura e, per quel pigrone di Giacomo,
ancora di più. Essendo un asino nello studio, nonché troppo ribelle di
carattere, il piccolo di casa era stato anche bocciato un anno. Non voleva
studiare e combinava guai.
Il primo anno ho potuto
aiutarlo io, poi però ho finito il mio percorso qui e sono stata mandata dal
mio insegnante personale, mentre Giacomo è rimasto in questa prigione ancora a
lungo.
Il mio fratello gemello
Marco invece non ha mai avuto nessun problema per quanto riguarda i voti
scolastici o la disciplina, ma spesso i miei genitori dovevano venirlo a prendere
qui all’istituto, per vari problemi di salute.
Il corridoio dove cammino
ora è vuoto ed i miei passi sono gli unici rumori udibili. Sono appena entrata
e già non vedo l’ora di uscire da questo posto… Mi ricordo benissimo il giorno
in cui finii il mio periodo di studi qui all’istituto, fu come
tornare a respirare all’aperto dopo anni di prigionia.
Terminato il mio percorso
di studi qui, sono stata assegnata ad un amico di famiglia, un precettore molto
bravo, che dopo di me si è occupato anche di Giacomo. Con lui mi dimostrai fin
da subito un’allieva brillante e straordinariamente portata per le arti del
combattimento. Sono bastate un po’ di fiducia e la concessione di maggiori
libertà da parte sua ed ero riuscita a maturare e a migliorare.
Adesso sono nuovamente qui
all’accademia, ma questa volta non in veste di allieva, ma di Distruttrice. Il
mio scopo è quello di raccogliere informazioni sui demoni superiori e sui loro
possibili obbiettivi. Penso che sia molto strano che due demoni superiori
compaiano nella stessa zona nel giro di così poco tempo. Inoltre mi preoccupa
l’abilità dell’umana, che veda i demoni è accettabile, ma che impugni senza
problemi le nostre armi è un altro paio di maniche.
Ho paura che ci sia qualcosa
di malvagio sotto e non sono sicura di voler scoprire di cosa si tratta…
Soprappensiero spalanco
uno degli enormi portoni che danno sulla stanza principale dell’edificio ed entro
nella più grande biblioteca d’Italia appartenente ai Distruttori; si tratta di una stanza
enorme, che sembra una specie di nucleo intorno al quale si sviluppano gli
altri strati dell’accademia. Le pareti sono completamente ricoperte da enormi
scaffali stracolmi di libri, davanti a me i corridoi sembrano infiniti,
inoltre, se non ricordo male, ci sono almeno tre piani occupati per la
biblioteca.
L’ambiente che mi circonda
è calmo e silenzioso, nessun rumore riesce ad attraversare le pareti
insonorizzate e nessuno dei Distruttori oserebbe creare scompiglio all’interno
di questa sala.
Mi sento su di giri. Io ho
sempre amato leggere, i libri mi hanno sempre affascinato, soprattutto se
narrano avventure, combattimenti o guerre.
Intorno a me ci sono
migliaia di libri posti sugli scaffali, il rumore delle pagine sfogliate è
l’unico suono udibile, mentre l’aria è impregnata dell’odore di carta stampata.
Respiro la nostra storia, il passato segreto dell’umanità.
Dopo un intero pomeriggio
tra vecchi libri polverosi mi ritrovo invischiata in guerre, scontri, intrighi
di potere e altre migliaia dei tristi eventi che compongono la nostra storia.
Inutile, noi distruttori siamo portati allo scontro, la guerra è il nostro
mestiere, nulla ci potrà mai redimere. Nessun popolo umano è mai stato tanto
sanguinoso quanto la mia specie.
Gli scontri giornalieri
riguardavano i demoni, ma c’erano state vere e proprie guerre tra Distruttori
di varie nazioni, oppure battaglie intestine all’interno dello stesso circolo.
Gli intrighi per eliminare le famiglie potenti nell’antichità erano all’ordine
del giorno.
Eppure, nonostante le mie
vaste conoscenze in campo storico e nonostante le mie estenuanti ricerche, mai,
nella storia di noi Distruttori, degli esseri umani erano stati catalogati come
combattenti. Nessun accenno ad umani con la particolare capacità di impugnare
le nostre armi, nessun riferimento ad eventuali loro interferenze nella nostra
storia. Non venivano nominati spesso, ma quando ciò accadeva, gli umani erano
vittime, venivano sacrificati in favore della riuscita di qualche complotto, o
magari qualcuno di essi veniva sfruttato per raggiungere un certo obbiettivo.
Quasi tutti gli umani che si erano immischiati nelle vicende che coinvolgevano
i demoni o i Distruttori avevano fatto una brutta fine.
Certo,
qualche essere
umano particolarmente sensibile al sovrannaturale c’è
stato e c’è ancora oggi.
Alcuni di loro riescono a vedere i demoni e collaborano con noi
Distruttori per nascondere i fatti agli occhi del resto della loro
specie laddove è
necessario, ma sono abbastanza rari e di solito si fanno gli affari
loro non
interferendo in alcun modo con la nostra lotta. Inoltre nessuno di loro
è mai
riuscito a prendere in mano una delle nostre spade.
La ricerca sulle capacità
di Aurora si è rivelata inutile.
Sospiro frustrata e guardo
l’ora. Le sei e mezza.
Ottimo, non ne posso più, mi sta scoppiando il cervello e ho bisogno di una pausa.
Mi alzo e sistemo i libri
utilizzati negli scaffali.
Tra poco dovrebbe uscire dall’università Elisa…
Tiro fuori il cellulare e
digito velocemente un messaggio.
Elisa è l'unica umana che conosce il mio segreto, la mia migliore amica.
Mi dirigo verso il solito
punto dell’appuntamento.
Al mio ingresso tutti i
presenti si voltano a guardarmi. Una donna di mezza età che si occupa della
cassa mi riconosce e mi sorride, mentre un cameriere, probabilmente assunto
abbastanza recentemente, mi guarda con la bocca spalancata e gli occhioni a
cuoricino.
Non sono neanche riuscita ad arrivare al bancone che il ragazzo mi vola
incontro per chiedermi l’ordinazione.
« Signorina,
desidera? » Mi guarda con aria sognante e gli occhi scuri fissi su di
me.
« Si, vorrei un
tavolo per due. » Cerco di non ridere della sua espressione ferita,
sembra che io gli abbia appena annunciato la morte di un suo parente.
« Per due? »
Il ragazzo ripete le mie parole con un tono deluso.
Sorrido, divertita mio
malgrado.
« Sto aspettando un
amica… »
Il giovane raddrizza la
schiena e sembra ritornare al pieno del suo splendore, sorride con aria
accattivante e mi guarda con un’espressione sicura di sé. Non è brutto, ma al
momento proprio non mi interessa flirtare. Sta per parlare, ma io lo anticipo.
« Sto cercando il
tuo capo, il signor…. »
Allungo lo sguardo oltre
la sua figura, in cerca di qualcun altro. Scorgo un ometto basso ma di grossa
stazza entrare a passo di marcia e fermarsi a parlare con un cliente.
« PINO! »
Il vecchio dall’aria
burbera che cercavo, intercetta il mio sguardo e si affretta a raggiungermi.
Il ragazzo sbianca e,
vedendo il suo datore di lavoro dirigersi verso di loro, inizia a saltellare da
un piede all’altro nervosamente.
« Fabrizio! Vattene
a sbavare da qualche altra parte! Anzi no, vedi di iniziare a lavorare,
altrimenti ti licenzio! »
Il ragazzo, che avrà due o
tre anni in meno di me, arrossisce velocemente e inizia a balbettare frasi
sconnesse in cui riesco a capire solo un “non è vero” ed un “mi spiace”.
Quando il ragazzino si è
allontanato, Pino scoppia a ridere ed io lo guardo truce, ma allo stesso tempo
divertita.
« Hai visto com’era
in imbarazzo?! Te lo dico io, quello è proprio un incapace con le donne! Sembra
tanto un rubacuori sbruffoncello, invece… » Il vecchio sfotte
allegramente il suo dipendente cercando il mio appoggio, ma non lo trova.
« Non dovresti
prenderli in giro così! » Lo riprendo infatti, ma quello scaccia ogni
fastidio con un gesto della mano e ridacchia nel vedere il ragazzo in
difficoltà con le ordinazioni ad un tavolo.
« Dimmi se non è
scemo! » Borbotta per poi gridare verso di lui: « FABRI!
SPICCIATI E NON FARE SEMPRE LA FIGURA DELL’IMPEDITO! » Poi si rivolge
alla donna dietro al bancone. « TU, VEDI DI DARTI UNA MOSSA, MI DEVO
ASSENTARE UN ATTIMO, MA AL MIO RITORNO VOGLIO TROVARE TUTTO PERFETTO. »
Il suo grido mi trapana le orecchie.
Mi ritrovo come sempre a
pensare che Pino sia l’uomo più stressante che io abbia mai conosciuto quando
si tratta del lavoro. E pensare che io ho a che fare con stilisti eccentrici e
modelle isteriche! Paragonate a lui non sono nulla…
« Sei da sola? » ritornando a parlare con me il tono di Pino ritorna normale.
« No, sto
aspettando un’amica. Elisa. » rispondo semplicemente. Sa di chi si
tratta, è una sua cliente.
« Certo, certo…
Dimmi un po’, i tuoi? Tutto bene? Oggi non li ho ancora visti… » Mi
chiede.
Quest’uomo, pur essendo
l’esatto opposto dei miei genitori sia fisicamente che caratterialmente, è un
vecchio amico di famiglia. Non conosce il nostro segreto, ma lui e la sua
convivente frequentano i miei genitori da moltissimo tempo. Fin da quando ero
piccola veniva a mangiare a casa nostra e noi passavamo dal suo bar quasi tutti
i giorni.
Fiorio. Si tratta di uno
dei bar più rinomati di Torino. Il mio preferito.
Prima ancora che passasse
in gestione a Pino, i miei genitori venivano qui da giovani, per i loro primi
appuntamenti.
Attendiamo insieme Elisa
chiacchierando fino a quando la mia amica entra e Pino ci porta al piano di sopra, per poi farci accomodare al
tavolo migliore della sala.
Elisa è la mia migliore
amica, l’unica umana a sapere che sono una Distruttrice. Ci siamo conosciute
qualche anno fa, durante una “caccia”.
Avevo terminato da poco
l’addestramento e stavo inseguendo un demone per spedirlo all’altro mondo,
quando mi sono imbattuta in lei. Nonostante sia una semplice umana, possiede
degli occhi capaci di percepire il sovrannaturale e proprio grazie a questi
suoi poteri ci siamo scoperte. Infatti è stata lei ad farmi vedere il
nascondiglio dalla mia preda e grazie a questa preziosa indicazione sono
riuscita a portare a termine la missione a velocità lampo.
Elisa è una ragazza della
mia età, non molto alta, paffutella, ma con un viso molto dolce ricoperto di
lentiggini. Lunghi capelli castani le ricadono sulle spalle in dolci onde,
mentre i suoi occhi sono di un colore ambrato semplicemente stupendo. Credo sia
una delle poche Milanesi che si è trasferita a Torino per studiare. Non conosco
le università umane, ma credo che stia studiando per lavorare nel campo delle
risorse di energia rinnovabili.
Parliamo un po’ di Milano
e nel frattempo arrivano le nostre ordinazioni, due cioccolate calde fumanti.
Questa non è la solita Ciobar, si tratta della vera cioccolata calda!
Prendo una cucchiaiata di
quella densa squisitezza leggermente amara e la gusto di cuore. Il cioccolato
giunge alle papille gustative, chiudo gli occhi in estasi mistica e sento il
canto degli angioletti nelle orecchie tanto è vicino il paradiso.
Altro che Bernini con la
sua Estasi di Santa Teresa!
Io
ed Elisa rimaniamo a chiacchierare a lungo, dopotutto conosciamo il
proprietario e so per certo che non ci butterebbe mai fuori. Ad un certo punto
la mia amica si allontana per andare al bagno e io rimango ad aspettarla seduta
al tavolo.
Mi
guardo intorno. La sala è molto ampia ed è decorata con gusto. Le tovaglie
rosse si abbinano al cuscinetto delle sedie, su alcuni tavoli ci sono dei
piccoli vasi con una rosa rossa dentro, su altri ci sono delle candele sottili
e profumate.
Vagando con lo
sguardo incrocio gli occhi di un bimbo seduto ad un tavolo poco distante dal
mio. Il piccolo ha intercettato la mia perlustrazione dell’ambiente e mi
sorride sempre senza distogliere lo sguardo.
Mi sciolgo
completamente. Ha due grandi occhi castani molto dolci e dei capelli biondicci
leggermente ricci. Sul suo viso sembra dipinta un’espressione birichina ed
intorno alla bocca si notano delle chiazze di cioccolato. Tra le mani tiene una
tazza di quell’elisir di lunga vita che ho bevuto anche io poco prima.
All’improvviso alza
una manina e mi saluta.
Sono sicura di non
conoscerlo, ma non importa, perché, spinta da un istinto impossibile da
estinguere, ho già alzato la mano e accenno anche io un saluto.
Sento la donna
seduta accanto al bambino domandargli chi saluta e dopo un secondo si volta
incuriosita a guardarmi. Probabilmente è la madre. Non vorrei che mi prendesse
per una molestatrice di bambini, ma non faccio in tempo a fare nulla e lei mi
becca con la mano alzata a ricambiare il saluto ed un sorriso ebete stampato in
faccia.
Per un attimo temo
che si alzi e mi urli contro, ma quella mi sorride solamente in modo dolce.
Credo abbia capito
che ho solo ricambiato il saluto del piccolo, almeno spero.
Sorrido alla madre,
cerco di ringraziarla con gli occhi e poi torno a lanciare un ultimo sguardo al
figlio.
Il bambino, mentre
mi salutava, si è accorto che ha il dorso della mano sinistra macchiato di
cioccolato e ora si sta pulendo poco delicatamente sulla maglietta chiara che
indossa.
Mi scappa un sorriso
vedendo lo sguardo contrito del piccolo mentre subisce la sgridata della madre.
Probabilmente quel
bambino ha circa sette o otto anni, tra noi Distruttori sarebbe già dovuto essere
rinchiuso all’accademia.
Fosse mio figlio,
sarei stata costretta a mandarlo all’istituto ed a lasciarlo lì per tantissimo
tempo. Mi si spezza il cuore al solo pensiero.
Invidio gli umani.
Sono deboli ed indifesi contro i demoni al livello fisico, ma al livello
mentale possono resistere facendo leva sui loro sentimenti, l’amore che li lega
ai genitori, ai parenti e agli amici, mentre la nostra unica protezione mentale
contro l’attacco di una creatura infernale è la disciplina.
È vero, gli umani non avvertono
il sovrannaturale e possono essere soggetti agli attacchi dei demoni, ma anche
le creature demoniache superiori sono impotenti contro una mente piena d’amore,
perché non trovano la disperazione che cercano per nutrirsi.
Distogliendo lo sguardo da
quella scena mi ritrovo a fissare la mia immagine riflessa in uno degli specchi
della sala.
I boccoli castani mi
ricadono sulle spalle morbidi e profumati, come appena lavati, mentre gli occhi
chiari sono leggermente arrossati, unico segno della notte insonne. Ho coperto
le occhiaie con il correttore ed il fondotinta. Ho aggiunto anche un filino di
mascara ed una passata veloce di matita, tanto per non sembrare una morta di
sonno. Solitamente quando devo andare a caccia dormo di giorno, così la mia
pelle non risente molto della mancanza di ore di sonno, ma questa volta è stata
una situazione alquanto anomala.
Lo sguardo che mi ricambia
lo specchio sembra sereno, l’espressione del mio viso è la stessa di miliardi
di altre ragazze.
Potrei essere una normalissima
umana. Nessuno guardandomi riuscirebbe a scoprire il mio segreto, ma io lo so.
Io in quel viso vi
riconosco i tratti di una guerriera, nessuna dolcezza in quei lineamenti
aristocratici e decisi. In quello sguardo leggo una grande sete di sangue demoniaco.
Non sono fatta per essere una comune umana, per quanto ciò sia il mio desiderio
più grande.
Se anche gli altri
scorgono nel mio riflesso una ragazza bella e spensierata, io vedo solo
l’immagine di un’assassina. Sono un’assassina, appartengo ad una società di
assassini ed i miei figli, se mai avrò un tale dono, saranno degli assassini.
Mentre sono ancora
immersa in quei cupi pensieri, il mio cellulare squilla. Lo cerco nella borsa,
ma come sempre è disperso. Smette di strillare e capisco che ho ricevuto un
messaggio. Quando finalmente lo trovo Elisa ritorna al tavolo.
Mentre si siede apro
il messaggio e do un’occhiata veloce.
« Come mai
quel muso lungo? Cattive notizie? » Mi chiede Elisa con la sua solita
aria pacata e dolce.
Le mie labbra si
piegano autonomamente in una smorfia. Senza staccare gli occhi dal cellulare le
riassumo il contenuto del messaggio.
« Messaggio
dai pezzi grossi. I Regnanti al completo mi invitano ad una loro riunione. Si
tratta di argomenti politici, nulla di cui io mi debba occupare. Non capisco
perché mi vogliano coinvolgere, ma se dovessi fare qualche ipotesi…»
Elisa termina la frase per
me. « Ludovico. »
Sospiro.
« Già. »
« Cosa farai? Ci
andrai? »
Il suo tono apprensivo mi
innervosisce. Sento le viscere strette in una morsa ed il respiro inizia a
farsi difficoltoso.
Non lo so, dannazione! Cosa dovrei fare?
Ho un po’ di paura, non
voglio affrontare Ludovico. Mi ero ripromessa di non averci più nulla a che
fare. Ho cambiato il numero di cellulare e la serratura di casa, ho chiesto al
portiere ed a tutti gli inquilini del palazzo in cui abito di non aprirgli mai
il portone ed infine ho informato personalmente la mia famiglia della mia
intenzione di non avere più niente a che fare con lui.
Eppure i miei piani stanno
già andando a rotoli.
« Non posso
rifiutare. È stato il capo in persona a mandarmi il messaggio e… »
Elisa mi guarda
sospettosa.
« Sicura di non
essere tu a desiderare un nuovo incontro? »
I suoi occhi ambrati si
posano sui miei. Abbasso lo sguardo e non rispondo subito, ma Elisa attende
pazientemente.
« Non lo so. » Emetto infine un verso a metà tra l’irritato ed il lamentoso.
La mia voce abbattuta
sembra commuoverla e si alza e corre ad abbracciarmi. Mi stringe forte ed
inizia a sussurrarmi all’orecchio parole incoraggianti.
Solitamente non ho alcuna
ritrosia verso il contatto fisico con gli altri, non sono mai stata timida,
anzi, sono io stessa molto espansiva, ma venire abbracciata in quel modo….
Elisa mi stringe e mi incoraggia come se fossi una bambina da consolare! Mi
mette in difficoltà.
Aprendo gli occhi mi
ritrovo davanti una decina di persone che ci guardano perplesse.
Ridacchio alla vista degli
sguardi dubbiosi che ci lanciano gli altri clienti del bar.
« Eli,
stiamo dando
spettacolo! » La respingo piano e le faccio un occhiolino
divertito. « Non è mica morto qualcuno! Vedrai che me la
caverò alla grande, come
sempre! »
La mia amica sorride,
contenta del mio ritrovato buon umore.
« Non devi perdere
tempo con quello là! Ci sono tanti altri pesci nell’oceano… »
Mi indica con un cenno del
capo un tavolo poco distante dal nostro, dove quattro ragazzi ed una ragazza si
stanno bevendo un caffè. Guardando nella loro direzione incrocio lo sguardo di
due di loro, mentre il terzo è impegnato a parlare con la ragazza.
« Quelli sono
esempi della razza maschile e ci stanno fissando da quando sono arrivati. Per
quanto io sia attraente e sensuale, credo che la maggior parte dei loro sguardi
sia rivolta a te. » Continua la mia amica divertita con l’evidente
intenzione di distrarmi dai tristi pensieri sul mio ex.
Guardo attentamente i due
e li trovo subito molto attraenti. Sono entrambi castani, ma uno porta i
capelli cortissimi, l’altro invece li tiene un po’ più lunghi. Devono avere
all’incirca la nostra età, o poco più grandi.
Quello con i capelli corti
distoglie lo sguardo imbarazzato quando si accorge della radiografia che sto
facendo loro, mentre l’altro mi continua a fissare, come a sfidarmi. Mi
piacciono le sfide.
Quando ritorno con lo
sguardo su Elisa, sogghigno soddisfatta.
« Che ne dici?
Andiamo a fare amicizia? »
La mia amica mi guarda
allarmata. Mi conosce, sa che sono una ragazza estroversa e decisa, quindi
capisce subito le mie intenzioni.
« Non vorrai…? »
Mi alzo ed inizio a
camminare verso il tavolo dei ragazzi, mentre una Elisa pallida e terrorizzata
mi si aggrappa al braccio per tentare di fermarmi. Lei invece è sempre stata
piuttosto timida.
« Alessandra! No! » Sembra stia dando un ordine ad un cane.