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Autore: lispeth_    08/04/2012    2 recensioni
Guardava quegli occhi neri come la pece percorrere tutta la stanza. La stava cercando, sentiva il suo respiro ansioso di poterla toccare un'altra volta. Roxanne voleva urlare, ma facendo così avrebbe rivelato il suo nascondiglio all'assassino. La sua risata le fece gelare il sangue. "Ti troverò Roxanne Holmes, non puoi scappare" ringhiarono le sue labbra. Non era umano, era un mostro. E andava fermato, prima che fosse troppo tardi.
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I'm watching you.


“Non capisco dove diavolo mi stai portando” disse ridacchiando Roxanne mentre giocava con le ciocche dei suoi capelli. Era seduta al posto del passeggiero sulla macchina di Sawyer ed era da più di mezzora che continuava a canticchiare sapendo benissimo di essere stonato come una campana.
“Non ho intenzione di dirti nulla finchè non saremo arrivati, un po’ di pazienza Holmes” disse con un sorriso contunando a guardare la strada. Avevano superato il bosco della città e si stavano avvicinando al lago. La stava per caso portando in spiaggia?
“Ti rendi conto che fra poco potrebbe piovere? Non credo che sia una buona idea andare a fare una gita al lago” disse Roxanne tanto per rompere le scatole. Sawyer sapeva quanto fosse curiosa. La stava facendo rodere nel sapere dove la stava portando.
“Non ti sto portando al lago e poi non sta per piovere. Oh insomma la vuoi finire di lamentarti come se fossi una bambina di due anni?”
“Non mi sto affatto lamentando. E’ da più di mezzora che guidi senza dire assolutamente niente. Dovresti almeno allietare il mio viaggio e non lasciarmi nel silenzio in modo che roda maggiormente nella mia estrema curiosità”
“Oh l’avete sentita? Roxanne Holmes con le sue parole sputate da un vocabolario” disse ridacchiando Sawyer urlando come se avesse un pubblico che lo potesse sentire. Si trovò una manata non troppo forte da parte della sua ragazza che inziò a ridere di gusto come non aveva mai fatto.
Con Sawyer stava bene, ed era bello che le cose fossero tornate come un tempo. Come se non fosse successo nulla. Come se Adrian Kain improvvisamente fosse sparito dalla faccia della terra e non turbasse più i sogni di Roxanne. Il sole era alto nel cielo picchiettato da nuvole minacciose, ma esso resisteva ugualmente emanando una luce soffocata che illuminava gli occhi di Sawyer. Erano dannatamente perfetti. Chiunque si sarebbe innamorato di lui solamente guardandolo negli occhi. Ognuno di noi poteva possedere qualcosa di perfetto no? Roxanne lo guardò assorta come se fosse davanti a una statua di un dio greco, ne ammirava i suoi particolari. Adoravo il modo in cui muoveva nervosamente la mandibola quando cambiava le marce, ma soprattutto amava quelle piccole rughette espressive che si formavano agli angoli dei suoi occhi quando erano colpiti dalla luce del sole.
“A che cosa pensi?” le chiese improvvisamente voltandosi verso di lei. Sorrise piegando la bocca di lato aspettando la sua risposta per poi curvare il volante leggermente a destra.
“Niente pensavo che fossi bello”
“Bello? Mhm questo vuol dire che ti piaccio?”
“Dai lo sai che voglio dire. Smettila di fare lo stupido”
“Tu sei bella. E detta così sembra che sia un bambino delle elementari, ma davvero penso che tu sia la ragazza più bella e fantastica che abbia mai conosciuto” si lasciò sfuggire quel piccolo complimento fuori dalla sua portata solamente per vedere quel leggero rossore sulle gote di Roxanne. La prima volta che l’aveva vista era diventata rossa nel momento stesso in cui i loro sguardi si erano incrociati. Era strano come lei sembrava fosse imbarazzata nel guardarlo allo stesso modo in cui lo era lui nell’osservarla di nascosto ed essere scoperto.
“Non posso rispondere a una frase del genere quindi smettiamola qui” disse la rossa con un sorriso imbarazzato mettendosi a guardare fuori dal finestrino come faceva sempre quando non sapeva che cosa dire. Percorsero in silenzio l’ultimo pezzo di strada ascoltando solamente il rumore del motore della macchina e l’aria che sbatteva contro il parabrezza. Una piccolo sentiero malfatto a destra della strada principale ed erano arrivati. Sawyer parcheggiò la macchina nel migliore dei modi nonostante non ci fosse una vera e propria strada.
“Oh che bello mi hai portata in un deserto. Che cosa romantica” disse Roxanne scendendo dalla macchina e chiudendo la portiera con un gesto secco dimenticandosi che doveva essere più delicata con la macchina del suo ragazzo. Ricevette uno sguardo ammonitore da Sawyer che decise di non rispondere ancora e di prenderle la mano. Il sole cominciava a tramontare all’orizzonte e le nuvole cominciarono a tingersi di rosso. Lentamente schiarirono fino a quando il buio invase la radura completamente deserta.
“Guarda” disse Sawyer indicando il cielo dove aveva fatto capolino la luna quasi del tutto piena. La cosa sorprendente era come si vedessero perfettamente tutte le stelle. Conosceva qualche nome sconnesse ma non sapeva individuarle in mezzo a quell’ammasso di luci. Era uno spettacolo meraviglioso e si arrabbiò nel pensare che tutto ciò che avesse a che fare con Sawyer fosse così dannatamente perfetto.
“E’ meraviglioso Sawyer, mi stupisce questo tuo slancio romantico. Devi farti perdonare qualcosa?” gli chiese di sottecchi guardandolo con fare sospetto. Solitamente il suo ragazzo non le faceva mai sorprese del genere, se si parlava di cioccolatini era una cosa che faceva ogni mese ma un simile gesto non era mai successo.
“Volevo semplicemente farti vedere questo posto, ci vengo spesso quando devo pensare, e soprattutto quando ho la benzina” disse conun largo sorriso inclinando nuovamente il collo verso l’alto per guardare le stelle. Solitamente quelle piccole lucine distante ti facevano quell’effetto. Sotto alla loro perfezione ti spuntavano nella testa milioni di domande riguardanti la tua vita e ciò che ne stavi facendo. Roxanne non si stupì del fatto che Sawyer venisse spesso in quel posto.
“E a che cosa pensi in questo posto?”
“A tutto quello che non sopporto nella mia vita, a quello che possiedo , a quello che vorrei avere, a quello di cui ho bisogno. Urlo alle stelle,loro stranamente sembrano ascoltare più delle persone”
“Che cosa? Urli alle stelle”
“Si lo faccio spesso. Urlo quello che non mi sta bene o semplicemente quello che sento dentro di me e non provare a dire che è una cosa da finocchi, sono serio su questa cosa”
“Non lo stavo pensando. E’ insolito ma stranamente più intelligente rispetto ad altre scelte che fanno alcuni miei amici, o almeno i pochi amici che ho”
“Quindi avresti qualcosa da dire?” le chiese avvicinandosi lentamente a lei e sfiorandole la mano sinistra. La percorse un leggero brivido a quel contatto e non potè fare a meno di sorridere.
“Non avere paura...urlalo alle stelle” disse con un ampio sorriso. Cosa la stava incoraggiando a fare? Roxanne guardò prima Sawyer e poi le stelle. Non aveva niente da dire in quel momento, ma sicuramente in futuro ci sarebbe stato qualcosa da dire. Qualcosa da far sapere al mondo ma che in quel momento era ancora intrinseco dentro di sè. Decise comunque di fare un urlo tanto per liberare la frustazione di quei giorni, per poi ridere di sè stessa.
“Non posso credere di star urlando in mezzo al nulla”
“A quanto pare non sei poi così normale Roxanne Holmes”
“Questo solo perchè sono innamorata di un certo Sawyer Levine” disse avvicinandosi irruentemente alle sue labbra. Era da giorni che desiderava quel contatto e non ne aveva mai avuto l’occasione. E nel momento stesso in cui sentì Sawyer ricambiare il suo bacio capì che era tornato. Il vecchio Sawyer era di nuovo accanto a lei e nessuno gliel’avrebbe portato via.
“Wow dovrei portarti qui più spesso” disse sorridendo Sawyer passando lentamente una mano sul viso della sua ragazza. Adorava la sua pelle lattea chiazzata da adorabili lentiggine tanto odiate dalla stessa.
“Questo era solo perché mi andava, non abituartici” ribatté Roxanne diventando immediatamente rossa come un peperone. Due anni che erano insieme e lei si imbarazzava ancora a baciarlo. Sawyer ridacchiò divertito e cominciò a camminare verso la macchina.
“Credi che potremmo rimanere ancora un po’ qui?” gli chiese Roxanne facendo svolazzare i suoi capelli rossicci al vento mentre lo rincorse. Il sorriso di Sawyer fu una risposta più che affermativa ma decisero di entrare in macchina per non prendere troppo freddo.
“Mia madre diceva sempre che le stelle sono anche in grado di esaudire i desideri. Meglio delle candeline sulla torta di compleanno” disse Roxanne sorridendo amaramente. Appoggiò la testa sulla spalle del suo ragazzo e si lasciò invadere dal ricordo di sua madre, il modo in cui allargava gli occhi quando era sorpresa e quella bellissima fossetta che le si formava sulla guancia quando sorrideva.
Poteva mancarle così tanto una persona tanto da desiderare uno scambio di vita?
Sentì il braccio di Sawyer che le circondava le spalle. Quella macchina era impregnata del suo profumo che la faceva sentire terribilmente a casa.
“Quindi mi basta venire qui ogni volta che mi serve qualcosa?” chiese Sawyer solamente per sdrammatizzare la situazione. Il suo intento fu fondato nel momento stesso in cui comparve un sorriso tra le labbra di Roxanne, iniziò a ridacchiare.
“Non funziona così, sarebbe troppo facile” disse dandogli un leggero pizzicotto sulla guancia. Fintamente lui urlò di dolore e cominciò a farle il solletico sulla gambe sapendo che lo soffriva tantissimo.
“Spiegami come funziona allora” disse smettendo di minacciarla prima di trovarsi una sberla dritta in faccia.
“E’ un po’ come Babbo Natale, te lo devi meritare”
“Non dirmi che credevi in Babbo Natale” disse Sawyer con un sopracciglio alzato.
“No assolutamente ma era per fare un esempio insomma!” rispose accigliata “Chi mai crederebbe a un ciccione che fa il giro del mondo su una slitta trainata da renne voltanti?”
“Magari certe persone ci credono come tu credi nelle stelle”
“Non è la stessa cosa”
“Certo che lo è! Sono entrambi credenze … tu credi nelle stelle, tuo fratello Noah crede in Babbo Natale”. Roxanne rimase leggermente dubbiosa su quella frase. In fondo Sawyer aveva ragione, erano pure credenze ma era anche la sua unica credenza. Non aveva mai creduto in niente: aveva escluso Dio, il destino, la Befana, la fatina dei denti dalla sua lista di stronzate mangia soldi e l’unica cosa che le era rimasta era proprio quella riguardante le stelle, quella storiella che le raccontava sempre sua madre prima di andare a dormire. Almeno le stelle si vedevano, erano reali davanti ai loro occhi. Qualcuno aveva mai visto Babbo Natale in carne e ossa? E non si intende affatto il vicino di casa che si veste di rosso e si attacca una barba bianca finta solamente per impressionare i bambini del vicinato.
“Mi dispiace” disse improvvisamente Sawyer credendo di aver fatto arrabbiare la sua ragazza. Roxanne sorrise e si voltò verso di lui.
“Non sono arrabbiata scemo. Dai, godiamoci questi ultimi minuti di stelle … si sta avvicinando una tempesta” disse guardando il cielo scuro e quelle bellissime luci minacciate da una coltre scura che lentamente le inghiottiva ad una ad una.
Quella massa scura le ricordava tanto gli occhi di Adrian Kain.


“Credi che papà tornerò a casa per cena?” le voce di suo fratello Noah la fece sobbalzare. Era completamente assorta nella lettura del suo libro da non accorgersi che il sole era calato ormai da un pezzo. Erano le otto della sera e suo padre non era ancora tornato. Si limità a sbuffare e a sbattare il suo libro sul tavolino accanto al divano.
“Suppongo che anche questa sera dovremmo cenare solo noi due” affermò la ragazza dopo aver provato inutilmente a chiamare il padre. Teneva sempre spento il cellulare la sera, anche se non ne aveva un motivo fondato. Aveva per caso intenzione di avvertire i suoi figli del suo rientro in ritardo? Ma ormai Roxanne non ci sperava più, aveva perso il suo rapporto con il padre da quando era morta sua madre. Aprì il frigo trovando solamente un cespo di insalata e una confezione di uova andate a male. La dispensa era nella medesima condizione.
“Bene direi che si mangia pizza anche questa sera” annunciò Roxanne al fratellino che cominciò a saltare per tutta la casa. La pizza lo metteva sempre di buon umore, ma era ancora un ragazzino. Lo entusiasmava qualsiasi cosa. Chiamò la pizzeria d’asporto e ordinò due belle pizze, le più costose che possedevano nel menù tanto per spillare un po’ di soldi al padre.
“Perché papà non torna mai per cena?” gli chiese improvvisamente Noah con due occhioni da cerbiatto ferito. Roxanne avrebbe potuto rispondergli in vari modi. Si era fatta molte teorie sulla questione “lavoro fino a tardi”. La prima includeva una bella segretaria dai capelli biondi e dagli occhiali appoggiati sulla punta del naso ma non era di certo una bella scusa da raccontare al fratellino. La seconda includeva il fatto che forse realmente il suo lavoro lo stava prosciugando fino a quando avesse avuto respiro. La terza e quella più probabile era che odiava entrambi i suoi figli anche se Roxanne pensava che suo padre ce l’avesse solamente con lei. Ogni volta che mangiavano insieme finivano sempre per litigare come una coppia di sposati, erano troppo diversi l’uno dall’altra e suo padre era troppo egocentrico per pensare alla madre. Era quello che a Roxanne dava così fastidio. A suo padre non era mai importato niente della moglie. Non era scesa nessuna lacrima al suo funerale, come se fosse stata una liberazione per lui. Da quel giorno infatti non era mai stato in casa per più di cinque ore di fila, ma ormai Roxanne cominciava a farci l’abitudine.
“Ha solo troppo lavoro, ma vedrai che prima o poi riuscirà a rimettersi in pari. Passerà più tempo con noi” disse scompigliando i capelli bronzei del fratellino che sorrise di rimando rimettendosi a guardare la televisione. Il campanello squillò due volte di seguito. Le pizze erano arrivate. Roxanne prese i soldi dal barattolo di biscotti di porcellana e aprì la porta. Il fattorino era più alto di lei e la sua faccia svogliata faceva trasparire che amasse il suo lavoro.
“Pizze, sono tredici dollari”
“Tredici dollari per due pizze? Questo è un affronto”
“Ah non dimenticarti la mancia, non mi diverto certo a venire fino a questo paesello imbucato”
“Bello è il tuo lavoro” disse Roxanne infilandogli in mano una banconota da venti dollari e sbattendogli la porta in faccia sbiascicando un “tieniti il resto”. Non aveva certo voglia di mettersi a litigare con il fattorino della pizza, gli bastava già suo padre per farla innervosire. Poggiò le pizze fumanti sul tavolo della cucina in un attimo Noah aveva preso la sua pizza cominciando a mangiarla avidamente sporcandosi di pomodoro.
“Noah un po’ di educazione” disse Roxanne poggiandosi le mani sui fianchi, ma non servì a niente, suo fratello era già arrivato a metà pizza e la sua maglietta era completamente impregnata di pomodoro rosso. Sembrava che avesse squartato un corpo azzannandolo con i denti.
Il campanello squillò di nuovo. Tre colpi di seguito e poi silenzio. Era strano non poteva essere di nuovo il fattorino e non si aspettava nessuna visita. Corse alla porta aprendola immediatamente senza trovare nessuno. Il buio della notte non mostrava alcuna presenza sul loro pianerottolo solamente un biglietto faceva capolino sul tappetto d’entrata. Era un piccolo bigliettino poggiato sulla w della scritta “welcome”. Un piccolo foglietto strappato da un quaderno a righe. Ciò che fece sbiancare Roxanne furono le parole scritte su di esso. Erano due parole.
Due semplici parole che la uccisero.
Ti osservo.
Scritte nero su bianco in stampatello maiuscolo.
“Chi è Rox?” chiese Noah dalla cucina mentre stava masticando l’ultimo pezzo di pizza.
“Nessuno Noah, non è nessuno” disse Roxanne chiudendo immediatamente la porta alle sue spalle e appoggiandosi con la schiena. Improvvisamente aveva il fiatone e il suo cuore andava a mille.
Chi aveva scritto quel biglietto? E perché la stavano osservando. Le venne improvvisamente voglia di scappare e di andare a casa di Sawyer dove sapeva essere al sicuro ma non poteva lasciare suo fratello a casa da solo, quindi tornò in cucina con un sorriso finto tra le labbra e il biglietto accartocciato nella sua mano destra. La sua pizza finì direttamente in frigo promettendo a suo fratello che l’avrebbe mangiata il giorno dopo. Messo a letto Noah, fece il giro di tutta la casa assicurandosi che fosse tutto chiuso per bene. Per un secondo le sembrava aver visto qualcosa nel cespuglio davanti alla finestra della cucina ma si era dimostrato essere il gatto del vicino.
Roxanne andò nel suo letto e chiuse gli occhi con una domanda che le premeva ancora il cuore.
Chi diavolo le stava facendo avere tutta quella paura?
Sperava solo che fosse uno scherzo del figlio del suo vicino, si aggrappò a quella convinzione per addormentarsi in una notte piena di incubi.
  
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