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Autore: Astrid 5E    08/04/2012    1 recensioni
Questa è una storia di sentimenti.
Sentimenti che possono cambiare e che fanno cambiare.
Sentimenti che crescono e aiutano a crescere.
Sentimenti di una ragazza troppo timida per lasciarsi andare.
E sentimenti di un ragazzo, tanto stupido da non poterlo capire.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Act Six_Chapter 6:
 
“Don't go around saying the world owes you a living. The world owes you nothing. It was here first. (Mark Twain) ”.
“ Non andare in giro dicendo che il mondo ti deve far vivere. Il mondo non ti deve nulla. Era qui da prima ”.
 
Era quella una calda giornata, nonostante il tempo rigido annunciato dalle previsioni quella stessa mattina alla televisione.
I capelli biondi danzavano scompigliati dal vento, dandogli un fastidio tremendo; più e più volte aveva spostato le ciocche bionde, eppure quelle ritornavano sistematicamente sulla sua fronte, provocandogli dei leggeri brividi.
D’un tratto alzò gli occhi al cielo, azzurro e senza nuvole, e si perse nei suoi pensieri.
Era da parecchio tempo che non vedeva più quella moretta, tappa e vivace; un po’ gli mancava.
Dal venerdì della settimana passata, non aveva avuto più modo di sentirla, neanche volendo; si era rintanata in casa – con la scusa di dover fare le pulizie -  e non voleva vedere nessuno.
Una volta aveva cercato di chiamarla al telefono, ma appena aveva risposto, riconosciuta la sua voce, gli aveva attaccato in faccia, urlandogli che non voleva sentire nessuno.
Da quel momento era passata una settimana senza che si fossero neanche parlati.
La cosa lo metteva abbastanza a disagio; che cosa le stava capitando? Cos’era tutto d’un tratto questa storia di non voler vedere né sentire nessuno? Erano queste domande che continuavano a ronzargli in testa.
Più di una volta l’aveva vista schizzare fuori dal portone guardandosi intorno, al timore di essere scoperta; al ritorno da scuola l’aveva incrociata più di una volta, ma prima che avesse potuto aprir bocca, la mora aveva girato prontamente l’angolo, sparendo tra i vicoli del quartiere.
In quell’ultimo periodo, addirittura, non la vedeva neanche più!
Si mise una mano fra i capelli, scompigliandoli ancora di più.
Inspirò profondamente e chiuse gli occhi. Poi espirò lentamente.
Stava aspettando là da più di tre quarti d’ora; dove cavolo si era cacciato quell’altro?! Aveva già fin troppi problemi a cui pensare …
 
<< Ehi, Diego! Ciao! >> .
Per la sorpresa balzò in piedi e poco ci mancò che cadesse all’indietro dallo schienale della panchina sul quale si era seduto.
<< Ma che diavolo … ! >> . Un faccia tonda e sorridente gli si era piazzata davanti e lo guardava con occhi stretti come due fessure.
<< Diego! Da quanto tempo! Non ti vedo da un sacco! >> .
Il biondino strabuzzò gli occhi istintivamente: era lei.
Non si vedeva in giro da una settimana e in quel momento l’unica cosa che sapesse dire era quello?!
<< Ehi, ma … sei cresciuto? Ti vedo più alto >> .
Il ragazzo sorrise.
<< Buffona. Lo sai benissimo che sono sempre stato più alto di te, l’adolescenza non centra un bel niente! >> . Si fermò un attimo a fissarla.
<< Già. Ripensandoci, non centra niente neanche con te! >> . Schivò per un pelo un pugno della moretta, rossa come un peperone.
<< Ma sentilo! Sta a vedere che stavolta ti faccio cadere sul serio da quella panchina! >> .
Diego rise di gioia.
Quella ragazzina lo metteva sempre di buonumore, sempre.
Si strinse lo stomaco con le braccia, curvandosi leggermente, alla vista dell’amica imbronciata che a pugni stretti gli stava davanti, in punta di piedi.
<< E non dire che sei più alto te, stavolta! >> .
Non riuscì a risponderle per le risate e ben presto l’allegria coinvolse anche la mora che allargò le labbra in un grande sorriso; i due risero in coro come non facevano da un bel po’ di tempo.
 
 
<< Allora, me lo dici il motivo di tanta riservatezza? >> .
Stavano ancora su quella panchina nel bel mezzo del parco sotto casa; lei giocherellando con le dita a gambe conserte sul sedile; lui seduto sullo schienale verde smeraldo, le mani intrecciate fra loro.
Dalia si girò verso di lui con aria interrogativa; Diego guardava fisso davanti a sé, come perso nei suoi pensieri.
Non avendo ricevuto risposta, il biondino girò la testa verso l’amica.
<< Perché non ti sei fatta più vedere in giro, in quest’ultimo periodo? Mi stavo preoccupando!  >> .
La mora abbassò lo sguardo sulle sue mani, ricominciando a giocherellarci.
Già, era vero. Si era chiusa in casa per diversi giorni.
<< Non volevi vedere né sentire nessuno! >>
 Non c’era una ragione precisa per cui aveva deciso di farlo; sentiva solo un irrefrenabile bisogno di stare da sola, nonostante questo istigasse i pensieri ad arrovellarsi nella sua mente.
Perciò aveva cercato di stare da sola e di non pensare a niente, facendo le pulizie e le faccende di casa.
In questo modo, giorno dopo giorno, aveva soppresso tutte quelle vocine assurde che le ronzavano in testa e cominciava a sentirsi di nuovo se stessa, nonostante non fosse mai cambiata.
Si mise una mano sul cuore.
No, non era vero.
Proprio uguale uguale a prima, non lo era più.
 
<< … E quindi mi ero preoccupato! >> .
Alzò nuovamente lo sguardo sull’amico, risvegliandosi dai suoi pensieri.
Diego d’altro canto, interruppe il suo sproloquio, per guardarla nuovamente negli occhi. Poi, con sguardo scocciato sbuffò.
<< Non mi stavi ascoltando. >>
<< … Eh? … Che … cosa? >> . Cercò di fare la vaga, spostando lo sguardo a destra e a sinistra.
L’altro  abbassò le spalle stancamente.
<< Lascia stare, non importa >> .
Dalia gli sorrise.
Si sentiva bene stando con Diego, non doveva trattenersi né avere peli sulla lingua.
Doveva ammetterlo:  aveva sentito molto la sua mancanza, durante quegli ultimi giorni …  .
 
 
Erano rimasti a parlare su quella panchina per qualche minuto, eppure sembrò come fossero ritornati bambini, raccontandosi del più e del meno, per attimi che parvero interminabili.
Piegando la testa all’indietro, l’ombra delle fronde del pioppo coprì il volto di Dalia, illuminandola, di tanto in tanto, con i raggi del sole che filtravano tra i rami.
La ragazza inspirò forte, sorridendo.
<< Allora, perché stai qui? >> .
Il biondino si girò verso di lei.
Seduta sulla panchina, la mora aveva allungato le gambe a terra e tenendo ancora la testa rivolta alle fronde dell’albero, aveva socchiuso gli occhi.
Diego sorrise e imitando l’amica, piegò la testa.
Il silenzio fra i due diede spazio al rumore del vento e al canto degli uccelli di fare da sottofondo.
<< Rispondi, scemo >>
<< Cosa devo rispondere? >>
<< Perché stai qui? Non hai niente di meglio da fare? >> .
Silenzio.
<< Così sembra >> .
Un pigolio lontano fece eco ad altri cinguettii sparsi tra gli alberi del parchetto; un altro pigolio sembrava invece più vicino degli altri.
<< Possibile …? >>
<< Cosa? >> .
Dalia trattenne un sorriso.
<< No, niente >> .
Si abbandonò ai suoni primaverili di quella giornata, ripensando a quanto le fossero mancate giornate del genere; avrebbe desiderato rimanere là, su quella panchina, immersa in quel piccolo angolo di paradiso per sempre, senza pensieri, tristezze, angosce; ansia.
Avrebbe voluto rimanere là, con il suo migliore amico. A giocare, divertirsi, essere sereni.
Con il suo migliore amico. Con Diego.
Con lui, sarebbe voluta ritornare bambina. Per sempre.
<< Sai che … >> . Si girò verso di lui e lo sorprese a guardarla.
Si era fermato ad osservare quel volto dai lineamenti rotondi, le guance morbide e gli occhi vivaci.
I capelli le si muovevano dolcemente al vento mentre le lunghe ciglia le chiudevano gli occhi; le labbra sottili avevano preso la forma di un lieve sorriso e le sopracciglia leggermente inarcate le davano un’espressione beata e rilassata.
Si era imbambolato a fissarla per qualche minuto, con il mento poggiato sul dorso della mano.
I capelli, nonostante gli accarezzassero la fronte, non gli davano più alcun fastidio.
D’improvviso si era tirata su, aveva spalancato gli occhi marroni e li aveva spostati su di lui, in cerca di una risposta.
Non se ne accorse subito.
<< … Diego … ? >> .
Si sentì chiamare e sbatté le palpebre due o tre volte.
La moretta lo fissava, con aria interrogativa.
<< C … cosa? >> le chiese.
Lei distolse subito lo sguardo, abbassandolo sui suoi piedi.
<< Ah! … Niente! >> .
D’un tratto si sentiva a disagio; non era triste o chissà che … diciamo in … imbarazzo.
In effetti, si era appena accorta di quanto Diego fosse cambiato, da quando si erano conosciuti la prima volta: si era alzato ed era diventato quasi due spanne più alto di lei; inoltre più passava il tempo, più le sembrava magro e snello. I capelli color oro gli scendevano sulla nuca e sul collo e scompigliati già dalle sue mani, con quel vento erano ancor più mossi.
Si accorse solo allora che il suo migliore amico non era più il bambino che ricordava; oramai si stava trasformando in un uomo.
Sorrise a quei pensieri; nonostante stesse cambiando nel fisico, l’atteggiamento sprezzante e allo stesso tempo insicuro che aveva nei suoi confronti, non era cambiato di una virgola.
Le venne da pensare, all’improvviso, che, per versi opposti, lui e Nora si assomigliavano.

Spalancò gli occhi. Oddio! Nora!
<< Nora! >> . Urlò senza pensarci.
Con un balzo, Diego saltò giù dalla panchina.
<< Dove?! >> chiese a Dalia terrorizzato, girando la testa a destra e a sinistra con occhi vigili.
<< Non è qui! Magari lo fosse! Le avevo promesso che sarei andata da lei questo pomeriggio! Che ore sono?! >> .
Alla vista della mora agitata e in ansia, il biondino si tranquillizzò un po’.
<< Le … cinque e mezza >> le rispose, riposando il cellulare nella tasca dei jeans.
L’amica si illuminò.
<< Sì! Ce la posso ancora fare! Grazie mille, Diego! Ci vediamo domani mattina! O stasera! >> gli urlò salutandolo con una mano.
L’altro la vide allontanarsi in preda alla corsa e non poté fare a meno di sorridere.
Era una strana ragazza, per certi versi parecchio strana, ma gli piaceva.
Gli piaceva davvero tanto.
 
Sospirò ancora, risedendosi sullo schienale della panchina.
Al suono di quel nome aveva avuto semplicemente i brividi; Nora lo terrorizzava, assolutamente.
Per essere carina, non era certo una brutta ragazza, ma il suo comportamento gelido e impassibile, lo faceva sentire continuamente fuori luogo.
<< Che ci andrà mai a fare da quella lì alle cinque e mezza … >> .
Si fermò un attimo a ragionare sull’orario; cinque e mezza?! Ma quanto cavolo di tempo ci stava mettendo ad arrivare?!
 
 
Dalla corsa, Dalia era passata a saltellare, poi a camminare velocemente, fino a che non si era sprecata in una lenta e rilassante passeggiata lungo il viale di ghiaia del parco.
Dopotutto si era accorta di avere ancora parecchio tempo e aveva deciso di prendersela comoda per non stancarsi troppo.
Stava già a metà strada, persa nei suoi pensieri; d’un tratto schioccò le dita e si mise una mano sulla fronte.
<< Oh accipicchia! Mi sono dimenticata di dirgli quella cosa! >> .
Prese dalla tasca il cellulare e lo fissò un attimo.
In effetti non era una cosa molto importante, ma in fondo aveva ancora un po’ di tempo …
Gli voleva bene.
Era il suo migliore amico e avrebbe voluto essere la sua migliore amica per sempre; sarebbe voluta rimanere bambina e giocare insieme a lui.
Aveva fatto dietro-front e le sue gambe avevano iniziato ad alternarsi sempre più velocemente.
Era il suo migliore amico e gli voleva bene come ad un fratello.
Era Diego e gli era mancato un sacco in quell’ultima settimana.
Uno, due, uno due.
Sì, sentiva che doveva dirglielo.
Anche se lui l’avesse presa in giro, anche se avesse fatto l’indifferente o se avesse finto di arrabbiarsi, ci avrebbero riso sopra. Insieme.
Si ritrovò a correre lungo quello stesso viale, senza stancarsi più di tanto.
Era una cosa stupida, una sciocchezza, ma sapeva che gli avrebbe fatto piacere.
Come avrebbe fatto piacere pure a lei.
 
 
Il rumore dei passi lenti lo distolse dai suoi pensieri.
Si girò verso quella direzione, riconoscendoli subito.
Dal vialetto pian piano stava arrivando una persona, passo dopo passo.
Il biondino venne quasi infastidito da tanta lentezza e balzò nuovamente giù dalla panchina.
<< Allora, amico, ce ne hai messo di tempo, eh? >> .
 
 
Le ci volle poco per riprendere la strada iniziale e ben presto, intravide tra le fronde degli alberi la chioma bionda dell’amico.
<< Eccolo! >> . Sorrise divertita, pregustando la reazione del ragazzo.
Non se ne accorse subito, ma fatti alcuni passi avanti, notò accanto a quella di Diego anche un’altra chioma, nera come una mora.
Rallentò il passo fin quasi a camminare, a non meno di venti metri di distanza dai due e si sentì il sangue imporporarle le guance.
 
Diego gli si era avvicinato e continuava a scherzarci divertito, mentre l’altro, alto, magro e dalla scompigliata capigliatura scura, gli sorrideva e gli parlava.
Poco più distante, la bassa moretta era rimasta incredula: lui? Lui qui? Com’era possibile? Diego conosceva …
 
<< Alessio? Mi ascolti? >> .
Gli occhi del moro erano caduti sulla folta chioma mora che aveva visto avvicinarsi pian piano; l’aveva intravista tra gli alberi e l’aveva inconsciamente seguita con lo sguardo.
<< Sto parlando con te! >> . Diego lo distolse dalla ragazza.
<< Eh? Ah, sì, scusa, non ti avevo sentito. Che dicevi? >> .
 
“ Oddio, mi ha vista. Si è accorto di me. E ora che faccio? ”.
Dalia si stava mordendo il labbro inferiore con rabbia; sentiva di star per piangere di nuovo, dopo giorni in cui aveva cercato di trattenersi.
Sentiva che tutti quei sentimenti che da poco aveva scoperto saper provare, le traboccarono fuori d’improvviso, mandando all’aria i duri tentativi precedenti.
Non aveva visto né sentito nessuno; aveva pensato ad altro; si era rilassata, estraniata da tutto. E ora?
Lo aveva rivisto e quella lunga settimana era andata in fumo in neanche due secondi.
Doveva dire una cosa a Diego, il suo migliore amico.
Gli era mancato, lo voleva ringraziare, per tutto quello che aveva sempre fatto per lei.
Eppure, quel dolore glielo impediva.
No, glielo avrebbe detto un’altra volta. In quel momento stava facendo tardi all’appuntamento con Nora.
Girò nuovamente i tacchi di scatto.
Il pensiero dell’amica che l’aspettava per un attimo la confortò.
Prese a correre di nuovo a testa bassa senza smettere di mordersi il labbro.
 
Si era girato nella direzione in cui il moro non smetteva di guardare e aveva visto di sfuggita una testa dalla folta chioma mora allontanarsi, poco prima di sparire tra le fronde degli alberi.
Possibile che quella fosse … Dalia?
Rivolse nuovamente un’occhiata guardinga all’amico che ricambiò interrogativo.
Diego scosse la testa.
<< Su,su! Forza sbrighiamoci! >> lo esortò, dandogli una pacca sulla spalla.
<< Stiamo già in ritardo, per colpa tua! Non peggioriamo le cose, altrimenti gli altri se la prendono con noi! >> .
Alessio annuì, e i due si allontanarono insieme.
 
 
Anche quella mattina il sole splendeva nel cielo, azzurro e limpido.
Effettivamente, ultimamente le previsioni non ci prendevano molto.
Diego continuava a pensarci divertito, quando vide sbucare dal vicolo alla sua destra la bassa moretta.
Aveva lo sguardo fisso rivolto al cielo e quasi imbambolata continuava a camminare lentamente.
Il biondino sorrise e le si avvicinò piano, senza che se accorgesse.
<< Certo che le previsioni non indovinano mai >> . Dalia parlava più a se stessa che a qualcuno in particolare.
Ma una voce le rispose ugualmente. Facendole prendere un colpo.
<< Hai proprio ragione! >>
<< Diego! >> .
La bassa moretta aveva perso un battito al cuore dallo spavento e poco ci mancava cadesse per terra.
<< Mi hai fatto prendere un colpo! Cosa ti è preso! >>.
Per tutta risposta l’amico proseguì a camminare, fischiettando indifferente.
La mora sorrise.
<< Ehi ,tu! Sto parlando con te! Devo dirti una cosa, vedi di ascoltarmi! >>
<< Mi dica tutto, signorina, sono al suo completo servizio! >> .
Dalia raggiunse il biondino e gli tirò il cappuccio della felpa grigia che indossava.
<< Ehi! Allora, che mi dovevi dire? >> le chiese Diego, tornando serio per quanto gli fosse possibile.
La mora ci pensò un attimo.
Effettivamente non aveva nulla da dirgli, se non quello che aveva in mente ieri.
Ieri
<< Ehm, senti … mi chiedevo se … >>
<< Dimmi >> la esortò lui.
<< Tu … conosci per caso qualcuno di scuola mia? >> .
La domanda lo sorprese, ma stette al gioco.
<< Più di una persona, lo dovresti sapere; perché? >> .
Dalia distolse lo sguardo.
<< Mah, non so … >> cercò di fare la vaga.
<< È che c’è una mia amica che è fidanzata … non so se la conosci .. >>
<< Dimmi il nome, facciamo prima >>
<< Claudette >> . Pronunciò quel nome con una disinvoltura che aveva richiesto molti sforzi in precedenza.
Il biondino fece finta di pensarci su, ma aveva capito subito di chi stesse parlando.
<< Ah, sì, ora che me lo dici sì, la conosco una che si chiama così, a scuola vostra. Beh, che ti serve sapere? >> .
I due si stavano avvicinando alla fermata ai piedi della salita.
Mancava poco prima che si sarebbero salutati, doveva chiederglielo in quel momento.
<< Conosci per caso … il suo ragazzo? >> .
Diego rallentò il passo.
<< Perché questa domanda? >>
<< Ah .. ! No, niente, vi ho intravisti ieri mentre stavate parlando e insomma mi chiedevo se … abita qui vicino? Insomma, siete amici da molto? E … dove abita con precisione? >> .
Il biondino la fissava incredulo, quasi scioccato.
D’altro canto, lei si rese subito conto di quello che gli aveva chiesto e impallidì. Poi arrossì.
Si mise una mano sulla guancia e abbassò di nuovo gli occhi a terra.
Non aveva riflettuto e aveva chiesto d’impulso tutte quelle domande che le ronzavano in testa dal pomeriggio precedente.
“ Cerca di chiederglielo discretamente, non credo gli faccia piacere sentirsi domandare tutte queste cose su di un ragazzo dalla sua migliore amica” .
Nora le aveva dato questo consiglio solamente la sera prima e lei aveva già rovinato tutto la mattina dopo!
Alzò lo sguardo al suono di un motore che risuonava sempre più forte.
Si voltò e intravide dalla curva alle sue spalle un autobus avvicinarsi. La fermata si trovava ad una trentina di metri avanti a lei.
<< Ehm, io adesso vado, altrimenti perdo l’autobus. Non fa niente se non mi rispondi, dimenticati quello che ti ho chiesto, va bene? Ciao, Diego, ci vediamo! >> .
Cercò di essere il più naturale possibile e si allontanò sospirando di sollievo.
 
Una volta salita sull’autobus, la vide allontanarsi sempre più, verso la sua scuola.
Il biondo era rimasto là, immobile.
Quelle domande lo avevano preso alla sprovvista.
Alessio? Che c’entrava  Alessio proprio in quel momento?!
Un pensiero gli attraversò velocemente la testa.
Possibile che … ?
L’autobus era sparito dietro la curva a sinistra.
Diego mantenne lo sguardo dritto davanti a sé, serio.
<< Dalia … >>
“ Come diavolo faccio a dimenticare quello che mi hai chiesto?! Maledizione! “
 
 
Chapter 6: finished
E rieccoci qua! Dopo essere sparita nei meandri del secondo quadrimestre, ho avuto un attimo di respiro e sono riuscita a tirarmi fuori dai libri di testo almeno durante le vacanze di Pasqua! (non cantar vittoria che già da domani ti tocca metterti sotto! >.>) E quindi mi sono subito rimessa a scrivere su questa tanto beneamata tastiera sfornando gli sproloqui più infiniti di questa galassia! Ho finito di scrivere giusto giusto all’una di notte e quindi ho poco da aggiungere se non che sono stanca morta! >.<”
Per questo capitolo mi sono immaginata la tipica ambientazione da manga shoujo: sfondi pieni di alberi, l’ombra delle fronde sul viso, la panchina in mezzo al verde ecc ecc; le solite ambientazioni shoujo, insomma!  X)
Visto che siamo nel periodo, auguro a tutti voi una buona Pasqua! Questo è il mio regalo per voi! Auguri!
Ringrazio tutti coloro che sono arrivati a leggere fino a qui: apprezzo il vostro sforzo con tutto il cuore! Grazie mille! Un grazie anche a chi recensirà, chi avrà letto e basta e chi interpreta male le mie storie ma comunque ha la gentilezza di continuare a leggere  * ogni riferimento è puramente casuale * XD
Ora, sono stanca morta e me ne vado a dormire.
Baci a tutti, chi svegli chi addormentati, Astrid 5E! (^v^)/” < ciao, ciao!
  
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