Questa
storia nasce da una lettera che ho letto nel Rolling Stone (mio amatissimo giornale
mensile) dello scorso gennaio, non avendolo sotto mano non posso dirvi il numero
esatto, non volgiatemene. Nella lettera un ragazzo si immaginava la storia che
studiava leggendosi accuratamente RS sotto il banco; ciò equivale a dire greci e
romani con cinture borchiate, Napoleone che si fa fare il ritratto a cavallo con
una fender stratocaster stretta nella mano…cose del tipo.
Ora,
l’idea l’ho ripresa pure io, e ho scelto come periodo il Medioevo perché è
quello che più mi tornava comodo, con tutte le tipologie di “caste” che aveva.
Nonostante le chitarre elettriche presenti non è un’epoca con l’elettricità in
uso. Per comprenderci: ci sono le chitarre elettriche, ma non esistono le
lampadine. E’ una contraddizione grande come una casa, lo so, ma mi serviva che
ci fossero le chitarre elettriche perché un metallaro che suona il liuto non mi
sembrava molto heavy metal. Per cui non badate al fatto che nel 1200 ritrovate
Backstreet Boys, Take That e Led Zeppelin, ok? Se la scrittrice sono io tutto è
possibile.
Il mio
Medioevo è suddiviso in varie classi sociali ognuna rappresentata da un genere
musicale. Ecco qui sotto uno schema riassuntivo:
cantastorie: Tutto ciò che va dall’hard rock all’heavy
metal
emarginati: Punk
streghe:
Gothic metal
clero:
Musica elettronica
marinai: Musica
italiana
popolo:
Pop music, perché di solito è commerciale e perché alla fine “pop” è il
diminutivo di popular”
non
vorrei avere offeso nessuno appioppando un genere a una categoria piuttosto che
a un’altra, ma dovete sapere che io sono una che ascolta essenzialmente hard
rock,heavy metal e gothic metal per cui mi è venuto spontaneo mettere i miei
protagonisti in uno di questi generi. Non vogliatemene fans dell’elettronica o
del pop se ho parlato male dei vostri miti o se ho sputtanato la vostra canzone
preferita, sarete liberi di riprendermi e di tirarmi le orecchie per iscritto,
accetterò umilmente le vostre lamentele.
Non mi
resta che dirvi larga la foglia, stretta la via, dite la vostra che ho detto la
mia.
Buona
lettura!
? JULIA
MiddleMetal
Age
La
chitarra era scordata un’altra volta. «Detesto dover cambiare le corde! Dopo ci
vuole un mese prima che il suono resti accordato!» esclamò Zac che cominciava a
innervosirsi: era già la quarta volta che doveva bloccarsi per regolare la
musicalità della sua chitarra elettrica. La sua fender stratocaster bianca e
nera scintillava tra le sue braccia mentre lui girava stancamente le
chiavi.
«Perché
non me la fai suonare?» chiese un bambino piagnucoloso seduto a gambe incrociate
davanti al ragazzo.
«Non se
ne parla, John! La chitarra è mia e non la tocca nessun altro!» sentenziò Zac
facendo imbronciare il volto del fratello. «Dov’è mamma?».
«E’
andata a vedere bruciare le streghe.» rispose John «E non cambiare
discorso!».
Zac lo
ignorò. Non gli piaceva che tutte quelle persone trovassero affascinante vedere
bruciare degli esseri umani.
«Mi
porti a vedere le streghe bruciare, Zac? Perfavoreperfavoreperfavore!!» cominciò
a supplicare John saltellando sul posto.
«No…non
è un bello spettacolo…» rispose Zac cominciando a suonare l’intro di Stairway to Heaven per non dover badare
al fratellino.
«Non ti
chiederò più di suonare la tua chitarra se mi accompagni!» insistette
John.
L’idea
accarezzò gentilmente la mente di Zac. Almeno non mi romperà più le palle per un
po’… pensò. «Ok. Mettiti il cappello!».
«Yuppy!!»
gioì John correndo a prendersi il cappellino di stoffa.
Poco
dopo i due fratelli stavano camminando per le strette vie di una decadente
Londra medievale. Zac cercava di impedire al fratello minore di correre da ogni
parte come un piccolo demonio e di mantenerlo invece tranquillamente vicino a
lui.
«Zac!
Guarda, Zac! C’è Monsignor Grapepeace! Che
cosa sta dicendo?» esclamò emozionato il piccolo.
«Niente
che le tue orecchie innocenti dovrebbero sentire mai, John.» si limitò a
rispondere Zac. Non gli piaceva quel cardinale. La sua mania di sospettare di
chiunque aveva condannato al rogo quindici donne nell’ultimo mese, e a Zac
questo non era piaciuto.
Più si
avvicinavano più si sentivano le grida delle due donne condannate che tentavano
di proclamare la loro innocenza vanamente. A Zac si contrasse rabbiosamente un
muscolo del viso.
«Cos’hai,
Zac? Sembri arrabbiato…è colpa mia?» domandò dispiaciuto il
fratello.
«No,
John, non ce l’ho con te. Cerchiamo mamma…».
«Eccola!»
trillò John additando col suo piccolo indice di bambino di sei anni una donna
rossa poco distante da loro.
«John…che
ci fai qui?!» esclamò sorpresa la madre.
«Zac mi
ha accompagnato quando gliel’ho chiesto!» rispose felice il
bambino.
«Zachary…non
avresti dovuto! Non è uno spettacolo per tuo fratello!» disse la donna
sussurrando arrabbiata al figlio maggiore.
«Voleva
tanto venire…» replicò cinico Zac «Così vedrà quanto è
divertente!».
La
madre non rispose, ma lo guardò severamente prima di prendere in braccio il più
piccolo.
«Il
tribunale dell’Inquisizione vi ha condannate ad essere arse vive in seguito alla
vostra libera confessione nella quale avete ammesso di far uso di stregoneria.
Prima che il diavolo venga a reclamare le vostre anime, vi dichiarate pentite?»
enunciò Monsignore Grapepeace.
Zac
guardò con astio il cardinale mimetizzare un sorrisetto dietro alla pergamena
che reggeva aperta davanti al viso. Pezzo
di merda…
Le due
streghe o presunte tali urlavano e si dimenavano in preda al panico, continuando
a proclamarsi innocenti. Con immensa compassione da parte del ragazzo le urla di
difesa non si placarono nemmeno dopo che gli uomini del monsignore avevano
appiccato il rogo. Per evitare di guardare concentrò la propria attenzione sul
bracciale borchiato che portava al polso sinistro. Per evitare di sentire le
urla delle donne e il pianto del fratello spaventato cercò di ricordarsi come
facevano le parole di una canzone. “Smoke
on the water and fire in the sky, smoke on the water and fire in the
sky…”.
Niente
da fare. Nonostante tutti gli sforzi che faceva per estraniarsi dalla scena non
ci riusciva. Non gli rimase altro che sentire le urla delle due ragazze
spegnersi lentamente…alzando lo sguardo aveva visto che una aveva pressappoco la
sua stessa età.
«Mamma,
voglio tornare a casa!» aveva piagnucolato John cercando a stento di trattenere
le lacrime.
«Ora
andiamo, piccolo…» aveva risposto la donna scrutando severamente il figlio
maggiore.
Zac
rimase un po’ fermo a guardare le paglie ardenti. Non poteva permetterlo, non
poteva…
Una
ragazza sui 15 anni si aggirava furtiva per la periferia di Londra cercando di
non attirare l’attenzione dei passanti. Sembrava quasi che volesse nascondersi
da qualcuno o qualcosa di invisibile agli occhi degli altri abitanti della
città, era livida in volto e il suo abbigliamento scuro non lasciava dubbi sulla
sua appartenenza sociale: era una gothica. La sua minigonna di raso e tulle
sobbalzava dolcemente sulle sue gambe mentre correva per i viottoli acciottolati
della città cercando disperatamente di confondersi tra la
folla.
La
vista di una guardia del re la bloccò di colpo. Non l’aveva vista, non ancora,
faceva sempre in tempo a nascondersi o a voltarsi…troppo tardi: pensare a cosa
fare le aveva tolto il tempo per agire. La guardia l’aveva vista e si stava
facendo largo tra la folla cercando di raggiungerla; ogni suo passo avanti era
un passo arretrato della ragazza, ma la paura di essere arrestata era tale da
impedirle di dare le spalle alla guardia e scappare nella direzione
opposta.
«Ah!»
gridò quando questa le afferrò il braccio candido stringendolo con tutta la sua
forza.
«Ti ho
presa finalmente, ragazzina! Dove credevi di andare, eh?».
«Lasciatemi
andare, subito!» gridò ancora la ragazza cercando di liberarsi dalla stretta
potente del gendarme.
«Altrimenti
che fai, mi lanci una maledizione come la tua sorellina?» domandò questo in tono
di sfida.
La
ragazza lo guardò bieca «Potrei farlo…».
La
guardia smise di ridere e guardò la quindicenne con un’espressione che lasciava
trasparire un po’ di paura, non era più tanto audace ora.
«Vieni,
piccola serva del demonio!» le ordinò prendendole entrambe le mani e cercando di
legarle insieme con una corda.
«Ah!».
«Corri!
Scappa!». Un ragazzo aveva aggredito la guardia da dietro facendola distrarre
dalla ragazza. Non aveva fatto in tempo a vederlo bene in faccia, aveva subito
pensato a correre stavolta. Si rammaricò di non averlo
ringraziato.
La
giovane gothica corse fino a che non arrivò al limite della periferia ovest di
Londra, dove, con il fiato corto e il fianco destro dolorante, si lasciò cadere
debolmente per terra, scivolando lungo il muro di una casa. Era salva, lì non
potevano trovarla…si mise a pensare a tutto ciò che le era successo in
quell’ultima settimana: l’arresto della sorella, il processo del tribunale
dell’Inquisizione, Monsignor Grapepeace che pronunciava la sentenza di morte,
lei che era scappata, il bando che ordinava di trovarla e arrestarla, il rogo,
la guardia, il ragazzo che l’aveva salvata…
Il
ragazzo. L’aveva salvata e lei non l’aveva nemmeno visto in faccia. Non avrebbe
mai potuto ringraziarlo per quello che aveva fatto…chissà che gli era successo?
L’avevano arrestato o era riuscito a scappare pure lui? Chi era? Era un gothico
anche lui? L’avrebbe rincontrato?
Con
questa serie di domande senza risposta che le affollavano la mente, la ragazza
si alzò faticosamente e riprese la sua corsa. Doveva arrivare al confine ovest
della città prima dell’alba.
«Vieni
qui, piccolo delinquente! Se ti prendo…» stava urlando il gendarme. Ma il
ragazzo era già abbastanza lontano da potersi dichiarare al sicuro dalle minacce
di questo.
«Se mi
prendi cosa fai? Ti metti a giocare a darsela?» lo canzonò ignorando gli sguardi
riprovevoli delle persone che gli passavano di lato. «E tu che hai da guardare,
eh?» chiese scontroso a una donna che si affrettò a togliersi dalla sua strada.
Tutti quelli che lo incrociavano lo scansavano come fosse affetto da una grave
malattia. Il suo aspetto incuteva loro terrore: la testa era completamente
rasata tranne che per un ciuffo di capelli neri che gli copriva l’occhio destro,
e non c’era orecchio, naso, sopracciglio o labbro che non fosse traforato da
qualche orecchino metallico. Le madri nascondevano i propri figli al suo
passaggio mentre chi poteva cambiava direzione per non trovarsi sulla sua
strada. Era un emarginato, era un punk.
«Ma non
ti vergogni??! Portare tuo fratello a un rogo di streghe?! E…e…e se una di loro
avesse lanciato una maledizione??? E…».
«Credo
che sia più orribile la morte sofferta di un essere umano che non il pericolo –
improbabile – di una maledizione lanciata sulla folla!» sbottò Zac «Almeno ora
non sarà più così eccitato ogni volta che bruciano una strega…o presunta
tale!».
«E’ Dio
stesso che le rinnega, perché tu ti ostini a difenderle, figlio mio? Ti hanno
lanciato un incantesimo per plagiare la tua mente?» chiese sua madre
preoccupata.
«No,
madre, sto benissimo! Solo che non avrei mai pensato che un giorno mi sarei
vergognato di te!». La sberla che ne seguì fu inevitabile. Zac sentì la parte
sinistra del suo viso accaldarsi mentre si poteva distinguere bene dove le dita
della madre avevano colpito. Rimase zitto.
«Non
permetterti mai più, capito, Zachary? Mai più!» esclamò la madre
irata.
«Ho
afferrato perfettamente.» rispose Zac raccogliendo la sua fender nella sua
custodia e uscendo mesto dalla casa.
«Zachary,
dove stai andando? Zachary!» chiese la madre.
«Il più
lontano possibile da te!!!» rispose lui ignorando lo sguardo sorpreso del
fratellino che stava sulla porta. Detto questo si allontanò con rabbia dalla
casa.
«Dove
sei stato?! Sei andato in città?! Ma sei impazzito?!» lo rimproverò un ragazzo
con un’alta cresta di capelli rossi.
«Hai
finito con le domande? Posso parlare adesso?» ribatté il
ragazzo.
«Non ci
vogliono in città, Sirius, e non servo io a ricordartelo!» replicò il ragazzo
con la cresta.
«Un
gendarme ha aggredito una gothica, credo che la sospettino di stregoneria…l’ho
distratto per farla scappare.» disse Sirius facendo finta di non aver sentito le
parole dell’amico.
«E
dovremmo considerarti un eroe per questo?».
«L’intenzione
c’era, ma non sei obbligato a innalzarmi un’icona per questo.» replicò Sirius
sarcastico.
«C’è
stato un altro rogo, ho sentito…» disse un altro ragazzo punk avvicinandosi agli
altri due.
«Gia, e
la più grande delle due aveva 18 anni. Monsignor Grapepeace ha deciso che
eliminerà tutta la gioventù femminile di Londra prima della fina dell’anno.»
sbottò Sirius.
«E’ un
prete, e come tutti i preti è un problematico mentale.» sentenziò il ragazzo
appena venuto.
«Zitto!
Se ti sentisse Dio potresti andare all’inferno!» scherzò cinicamente
Sirius.
«Non
credo…se al mondo c’è giustizia saranno quelli come Grapepeace che andranno
all’inferno, non noi.» replicò il ragazzo con la cresta.
«Reietti,
ecco cosa ci considerano: la feccia più feccia della “Cristianità” o come amano
chiamarla…» borbottò l’altro ragazzo.
«Prima
o poi finirà, vedrete, non può durare così per sempre.» dichiarò
Sirius.
«No, ma
non possiamo dire se saremo ancora qui noi, quando capiranno che stanno
sbagliando tutto.» concordò il ragazzo con la cresta.
In quel
momento un altro ragazzo fece dei gesti da lontano ai tre ragazzi gridando
qualcosa.
«Che
dice?» chiese Sirius.
«Che…è
arrivata una ragazza…sui quindici anni…dice che è una gothica.» disse l’altro
ragazzo.
«Forse
è quella che hai salvato in città.» disse il ragazzo con la
cresta.
«Già…forse.».
«Hey,
calmati…non ti facciamo niente, siamo amici noi!!» esclamò un ragazzo con un
piercing nel labbro inferiore.
«Stammi
lontano! Non toccarmi!» urlò la ragazza cercando di respingere il ragazzo che
cercava di tranquillizzarla.
«Che
succede qui?! Vi si sente urlare fino al confine ovest!» sbottò Sirius arrivando
al villaggio.
«Non
vuole calmarsi!» disse il ragazzo accennando alla ragazza.
«Hey,
gothica, sedatizzati! Qui non corri alcun pericolo; prima che vengano a cercarti
qui setacceranno tutta Londra. Hai avuto una bella pensata a venire
qua…».
«Come
fai a sapere che mi stanno cercando in tutta Londra?» chiese indagatrice la
ragazza.
«Ti ho
salvato il culo da quel gendarme senza cervello e non ti ricordi nemmeno di me?
Bel ringraziamento!» sghignazzò Sirius.
«Eri
tu? Io…non ti ho visto in faccia…scusa. Grazie, comunque.» sussurrò la ragazza
cominciando a tranquillizzarsi.
«Pietra
sopra. Non ti chiederò perché ti stavano cercando, ma me lo immagino. Come ti
chiami?» le domandò Sirius.
«Maddalena…hanno
bruciato mia sorella oggi pomeriggio, ecco perché stavo
scappando.».
«Pensavo
a qualcosa del genere. Mi dispiace per tua sorella, ma non sarà facendo la
difficile che riuscirai a evitare di fare la sua fine. Se vuoi puoi stare qui,
non abbiamo problemi, ma se vengono a cercarti portando rogne al nostro
villaggio non ci penserò due volte prima di sbatterti fuori di qui. Chiare le
regole?» enunciò Sirius.
«Chiarissime.»
rispose Maddalena felice di aver trovato un nascondiglio senza nemmeno averlo
dovuto chiedere.
«Allora, Maddalena, benvenuta tra i
rinnegati.» le disse Sirius con un sorriso.
Zac
strimpellava la sua chitarra davanti a una decina di persone aspettando
pazientemente che una di quelle lasciasse cadere nel cappello qualche moneta.
Erano quattro giorni che non tornava a casa e altrettanti che non mangiava
qualcosa di decente; per quella manciata di giorni si era accontentato degli
avanzi che qualche borghese riservava ai suoi cani o si era arrangiato rubando
qualcosa al mercato. Sentiva il suo stomaco brontolare
sonoramente.
Cominciava
a far buio e nessuno gli aveva messo nel berretto soldi sufficienti a comprarsi
del pane, in compenso però aveva i polpastrelli della mano sinistra doloranti
dopo ore e ore di “intrattenimento”.
“State
lì e sorridete tranquilli, applaudite quando finisco un assolo e ne comincio un
altro, ma nessuno di voi mi ricompensa per la distrazione che rendo, vero?”
pensava Zac continuando a slittare le dita sui tasti lignei della
fender.
«Hey,
cantastorie, sgombra il sagrato! Non puoi suonare quella musica davanti alla
casa di Dio!». Zac alzò lo sguardo preoccupato: un gendarme gli si stava
avvicinando brandendo minaccioso una lancia. Smise di suonare e cercò di riporre
in fretta la chitarra nella custodia rattoppata, ma la guardia lo raggiunse
prima che potesse darsela a gambe. Riuscì appena a nascondere i
soldi.
«Monsignor
Grapepeace ha espressamente vietato a cantastorie, zingari o attori di
rappresentare le loro arti profane nei pressi delle chiese della città, non ne
eri al corrente, forse?» disse la guardia afferrando Zac per la tracolla della
custodia.
Zac
cercò di liberarsi dalla stretta. “Certo che lo sapevo, ma di quello che dice
Grapepeace non me ne frega un cazzo!” «Stavo solo suonando, non cantavo
mica…come potete dire che fosse qualcosa di profano?» chiese con aria superiore
alla guardia.
«Non
fare l’impudente con me, rockettaro, lo sanno tutti di cosa parla la musica che
fate voi: di perdizione morale e elogi a Mefisto!» replicò la guardia con gli
occhi iniettati di sangue. Zac riuscì a scorgere lo stemma di Grapepeace
ricamato sulla sacca che aveva legata in vita. Era uno dei gendarmi che il
monsignore aveva voluto schierare personalmente per Londra…doveva cercare di
liberarsi assolutamente.
«Almeno
Mefisto non va in giro a bruciare donne innocenti e contemporaneamente a
predicare di non far del male al suo prossimo…» sibilò Zac
sprezzante.
Il
gendarme scrutò rabbioso il giovane mendicante, lo fissò dritto negli occhi e
questo permise a Zac di assestargli un bel calcio ai genitali, abbastanza forte
da fargli mollare la presa. Mentre il gendarme era piegato dal dolore, Zac
cominciò a correre nella via del mercato per nascondersi tra la folla. Quando la
guardia rialzò lo sguardo, il giovane musicante era
sparito.
Maddalena
stava seduta su uno sgabello di vimini profondamente assorta nei suoi pensieri.
Davanti a lei due ragazze dai capelli rosa stavano preparando la cena per i loro
sei fratelli impegnati a procurare della legna per il “Villaggio dei Reietti”.
Sirius l’aveva definito così. Ragazzi allontanati dalla città perché diversi
dalla normalità. «Dicono che mangiamo i bambini e che parliamo alla morte,
dicono che la peste esiste a causa nostra…i flagellanti ci fanno perseguitare
come eretici, e forse un po’ lo siamo. Quando ci vedono scappano, se ci sentono
arrivare si chiudono in casa…e poi vanno in chiesa e predicano l’uguaglianza
degli uomini.» aveva detto con un sorriso tranquillo sulle labbra, come se non
gli interessasse. Allora Maddalena l’aveva guardato con sorpresa e lui le aveva
risposto sempre sorridendo che c’era abituato ormai, non gli faceva né caldo né
freddo. La brutalità del significato nascosto tra quelle parole era
impressionante. Ci si poteva abituare a tutto, anche a essere emarginati e
perseguitati.
Un
brivido le percorse la schiena. Diede la colpa al vento gelido che l’aveva
sferzata. Tornò a guardare le due ragazze. Sentendosi in colpa per starsene lì
con le mani in mano e con la voglia di allontanare i pensieri della città dalla
sua testa, Maddalena si offrì di aiutare a preparare la
cena.
«Grapepeace
ti ha sguinzagliato dietro i suoi gendarmi bianchi…dovresti essere felice di
essere così desiderata…» scherzò Sirius entrando nella casa, rivolgendosi a
Maddalena. Lei non rispose, indispettita dall’ironia fuori luogo del
punk.
«Allora
è vero che voi gothici non ridete mai…» borbottò lui.
«Se non
mi stessi ospitando e nascondendo ti risponderei a dovere, ma mi astengo dal
farlo.» commentò piatta Maddalena.
«I
vantaggi di essere gentile col prossimo.» sentenziò Sirius con un’alzata di
spalle. «Comunque qui non ti troveranno, non verranno nemmeno a
cercare.».
«Perché
devono darmi la caccia? Io non ho fatto niente!» esclamò Maddalena in preda a un
attacco d’ira.
«Credi
che a loro importi? Tua sorella aveva fatto qualcosa, forse? Credo che dovrai
abituarti a non fidarti della società in cui vivi…».
«Punk
fino al midollo, eh?» commentò Maddalena.
«Non
per niente sono il capo, qui.» rispose Sirius con un sorriso sulle labbra «Ora
vado, c’è il mio turno di guardia. Se hai voglia di venire a fare un
giro…».
Maddalena
fece un cenno d’assenso e seguì il ragazzo fuori dalla
casa.
Aveva
le gambe che gli facevano male e il fiato corto. Ansimava per la corsa e il suo
cervello era in apnea da un po’ di minuti: se avesse continuato a correre così
sarebbe svenuto. Zac si lasciò cadere addosso al muro di una locanda, ben
attento a non dare nell’occhio. La milza emanava delle fitte di dolore
altissime, così forti che quasi lo accecavano…quel gendarme gliel’avrebbe fatta
pagare. Colpa della sua lingua troppo lunga, non avrebbe dovuto esternare quello
che pensava riguardo il monsignore…se l’avessero preso l’avrebbero accusato di
favoreggiamento o stregoneria.
“Incitamenti
alla perdizione morale e a Mefisto…che cazzate!” pensò rialzandosi in piedi,
ricordandosi gli occhi rossi e sporgenti della guardia che l’aveva bloccato. Ma
ora non poteva rimanere a Londra, doveva uscirne, scappare come facevano i punk
che venivano avvistati dai flagellanti. Chissà dove andavano? Gli avevano detto
che avevano una specie di villaggio privato, dove stavano solo loro e a cui
nessuno si avvicinava mai. Chissà dov’era? Se l’avesse trovato e raggiunto
avrebbe potuto chiedere ospitalità, in fondo erano entrambi
reietti.
“Sì,
figuriamoci! Dei punk che ospitano un metallaro…me li immagino! Mi squadreranno
dall’alto al basso come fossi un sacco di merda! Non credo mi vorranno…” si
disse Zac avviandosi verso una piccola via. Ma doveva tentare, se fosse andato
avanti a elemosine come quella sarebbe morto entro pochi giorni. Per il momento
poteva sperare in un’accoglienza da parte dei punk, poi avrebbe potuto
arrangiarsi, e se non l’avessero accettato tra di loro avrebbe comunque potuto
cercare qualche aiuto fuori Londra.
Mentre
pensava queste cose, Zac si ritrovò a pochi metri dalla periferia ovest della
città. Non si era mai spinto così lontano da casa sua…forse John a quell’ora
stava già dormendo, forse sua madre piangeva…non gli importava. Lei era come
tutti gli altri: cieca di fronte all’evidenza. Issandosi meglio la tracolla
sulla spalla, Zac imboccò la via verso il confine.
«E’
sempre così buio qui?» chiese Maddalena a Sirius mentre stavano seduti su una
collinetta utilizzata per gli avvistamenti.
«Non ci
sono le luci che ci sono in città, lì almeno hanno i fuochi…ma noi non dobbiamo
farci vedere più di tanto. Ti ci abituerai…» rispose il
ragazzo.
«Non è
un problema, mi piace il buio.» sussurrò lei stringendosi di più nello scialle.
L’aria fredda della sera inglese cominciava a farsi
sentire.
«Non
l’avrei mai detto!» esclamò sarcastico Sirius. Maddalena sorrise
timidamente.
«Non
sono dark, sono gothica!» puntualizzò «Ogni tanto sono ottimista anche
io!».
«Per me
è uguale!».
«No,
non lo è. I gothici non sono pessimisti come i dark.» spiegò brevemente
Maddalena.
«Adesso
non venirmi a dire che voialtri siete ottimisti perché non ci casco! E’ come se
io dicessi di essere un amante della società! Non sono così ipocrita…» obiettò
Sirius lanciando un’occhiata a Maddalena.
«Io
non-» cercò di ribattere la ragazza, ma fu subito interrotta da un cenno brusco
di Sirius il quale stava guardando preoccupato verso la periferia ovest della
città.
«Arriva
qualcuno…» sussurrò «Vieni, andiamo ad avvisare gli altri. Voglio capire che
intenzioni ha.». Sirius si alzò e, seguito da Maddalena si avviò verso il
villaggio dove incontrò alcuni dei ragazzi che avevano accolto la gothica. «Sta
arrivando qualcuno, credo sia un uomo, ma non si vede bene col buio di
stasera…venite con me e portate una torcia!» ordinò «E tu resta qui, se è un
intruso minaccioso potrebbe cercare te.» disse poi rivolto a Maddalena. La
ragazza annuì preoccupata.
Sirius
tornò verso l’appostamento con quattro punk e una grande torcia luminosa.
L’individuo che stava giungendo dalla città si era ormai avvicinato parecchio e
si poteva tranquillamente distinguere: era un ragazzo sui 17 anni, alto e dal
fisico sportivo, visibilmente provato dalla stanchezza e dalla fame, con dei
capelli mossi un po’ lunghi e sul mogano che risaltavano gli occhi verde chiaro;
sulla schiena reggeva una custodia da chitarra.
«Menestrello,
che ci fai qui? Non è il tuo posto, questo.» ringhiò il ragazzo dalla cresta
rossa che reggeva la torcia.
«Zitto,
Marcus, non sparare cazzate! Se è qui ci dev’essere un motivo…» lo zittì Sirius
«Chi sei? Perché arrivi qui?» chiese poi rivolto al
ragazzo.
«Mi
chiamo Zachary e sto cercando un posto per questa notte. Non vi darò fastidio a
lungo, mi basta solo per stanotte.» rispose il nuovo
arrivato.
«Sei un
metallaro…perché vieni a cercare aiuto da dei punk?» chiese
Sirius.
«Perché
non so da chi andare e perché sono un possibile ricercato al momento.» rispose
Zac. La risposta sembrò soddisfare Sirius che allungò una mano verso di lui per
stringerla.
«Benvenuto
tra noi, allora, Zachary. Ma credo che dovrai stringerti…ultimamente abbiamo un
po’ d’ospiti! Io sono Sirius.».
«Grazie,
Sirius, vi prometto che non creerò alcun disturbo. E chiamami Zac, per favore,
solo mia madre mi chiama Zachary.».
Maddalena
vide avvicinarsi Sirius con un ragazzo che non aveva l’aria di aver passato una
bella giornata. Di sicuro non era minaccioso, né tantomeno cercava lei: era un
metallaro di circa due anni più di lei, e lei sapeva bene che tutte le guardie
di Monsignor Grapepeace erano uomini maturi, di almeno 25 anni. Vedendo che non
c’era pericolo si avvicinò al ragazzo per conoscerlo, a quanto pareva si sarebbe
fermato per la notte.
«Ciao!
Sono Maddalena.» si presentò allungando una mano verso Zac che la guardò
sorpreso: non si aspettava che ci fosse anche qualcun altro là. Ora capiva cosa
aveva inteso Sirius quando gli aveva detto che avevano già un po’ d’ospiti, e
guardando Maddalena si accorse della somiglianza che intercorreva tra lei e una
delle streghe che aveva visto bruciare sul rogo quattro giorni
prima.
«Zac.»
si presentò anche lui «Assomigli moltissimo a una delle ragazze che quel
coglione in gonnella ha fatto bruciare pochi giorni fa…».
Maddalena
chiuse gli occhi e bloccò il suo respiro come per cercare di far finta di non
aver sentito quelle parole. «Scusa…io…mi dispiace, ma il tatto non è il mio
forte…» cercò di scusarsi Zac chinando il capo,
vergognandosi.
«No,
non scusarti. Mi fa piacere vedere che c’è qualcuno non crede al Monsignore, da
queste parti.» replicò lei.
«Potrei
offendermi!» protestò Sirius che era rimasto in silenzio fino a quel momento
«Anche io credo che Grapepeace sia uno stronzo in
gonnella!».
Maddalena
gli sorrise in segno di gratitudine, ma fu un sorriso che durò poco: il ricordo
della morte della sorella che Zac aveva ridestato in lei le aveva creato un
immenso nodo in gola che sentiva di dover espellere. Senza rendersene conto si
era ritrovata tra le braccia di Zac a inzuppargli i vestiti di lacrime, lacrime
che ancora non era riuscita a versare. Era la prima volta che piangeva per la
sorella.
Preso
alla sprovvista Zac non seppe cosa fare, dunque si limitò a batterle una mano
pseudo-confortante sulla spalla destra.
«Avanti…se
quello che ci raccontano non è tutta una balla ora sarà in un posto migliore di
questo…» le disse, sorprendendosi da solo. Non era un credente, per quanto sua
madre avesse cercato di tirarlo su come un timoroso di Dio lui si era sempre
rifiutato di credere in qualcosa che non potesse sperimentare con i suoi stessi
occhi.
Maddalena
si scostò da Zac e tirò su col naso. «Già…» disse «…spero sia così.» concluse
asciugandosi le lacrime col dorso della mano. Si vergognava mortalmente:
scoppiare a piangere in quel modo tra le braccia di un ragazzo che non conosceva
nemmeno! Cosa le era saltato in testa?! Ma non era riuscita a trattenersi;
vedere tutta quella gente e sentirsi nello stesso tempo sola le aveva fatto
crescere nel petto un grosso groppo. Ora si era sciolto.
«Credo
sia meglio andare a dormire…se in città vedono le luci della riserva accese dopo
mezzanotte cominceranno a pensare che iniziamo a organizzarci per attaccarli in
massa o qualcosa del genere» disse Sirius spingendo i due ragazzi verso le case
in mattoni «Domani vedremo di vedere meglio come aiutarvi, in questo momento ho
troppo sonno per riuscirci…» continuò senza sforzarsi di contenere uno
sbadiglio, come per sottolineare che era tempo di
calmarsi.
La
mattina seguente Zac si svegliò all’alba e andò fuori a respirare un po’ di aria
buona e a camminare. Sirius era già sveglio anche lui e lo stava osservando da
dietro un palo di legno che sosteneva l’officina dell’artigiano della comunità.
Lì nascosto poteva tranquillamente osservare il giovane curiosare in giro senza
preoccuparsi di essere scoperto. Zac dal canto suo sentiva di trovarsi a disagio
là in mezzo…tra i punk di Londra…lui, un metallaro. Sorrise al ricordo di lui e
dei suoi amici a un raduno di metallari, quella volta che si era infiltrato un
punk. Quante gliene avevano date a quel poveraccio gli organizzatori del raduno!
E Zac si era vergognato, ma non aveva fatto nulla per impedire che lo facessero.
E adesso si trovava là, tra dei punk, e di certo tra quelli c’era pure il
ragazzo che avevano picchiato al raduno, che di sicuro l’aveva riconosciuto.
Sirius decise di smetterla di spiarlo come uno dei gendarmi del
Monsignore.
«Non
preoccuparti, non ce l’ha con te.» disse a Zac che si girò di scatto per la
sorpresa di trovare qualcun altro fuori con lui.
«Che…?».
«Marcus
mi ha detto che una volta i tuoi amici gli hanno fatto passare un brutto quarto
d’ora. Ma non preoccuparti, ha detto che si ricorda bene che tu non c’entravi…»
disse Sirius per spiegarsi meglio.
«Ma non
ho fatto niente nemmeno per impedire che lo conciassero a quel modo!» si
rimproverò Zac con una smorfia di disgusto per se stesso. «Ma come hai fatto a
capire che ci stavo pensando?».
«Sono
abituato a leggere tra le righe. Eri troppo pensieroso per pensare al tempo
atmosferico e troppo poco per pensare a Greapepeace che ti sta cercando. A
proposito, che hai fatto per renderti un ricercato?» domandò Sirius
posizionandosi a fianco di Zac che stava osservando il profilo mattutino di
Londra dalla collina di avvistamento dove Maddalena aveva parlato con Sirius la
sera prima.
«Ah! Ho
detto a un gendarme che Greapepeace è un testa di cazzo, in poche parole…e gli
ho dato un calcio dove credo se lo ricorderà a vita.» disse Zac con un
sorrisetto sulle labbra.
«Oh,
bé, la seconda parte è routine, la prima un po’ meno…nemmeno io mi sono mai
azzardato a tanto. Forse perché mi sento responsabile di questo posto e quindi
non posso mettermi nei guai o rischio di farci finire pure i miei amici. A volte
mi chiedo perché non ho ancora lasciato Londra; in fondo in qualsiasi altra
città potrei trovare un posto un po’ più tranquillo…».
«Forse
non è quello che cerchi veramente.» disse Zac con
noncuranza.
Sirius
osservò Zac da sotto il ciuffo nero che gli copriva l’occhio destro «Già, forse
non sono ancora così distaccato dalla mia città come voglio dare a vedere. Forse
è meglio qui, ma reietto che a Oxford accettato dalla società. Forse essere un
reietto mi dà qualcosa per cui essere incazzato e
combattere.».
«Non
serve essere per forza incazzati per combattere per qualcosa.» affermò
Zac.
«Ah no?
E perché tu avresti lasciato casa tua e ti saresti fatto riprendere da un
gendarme di Greapepeace? Per dare una semplice scossa al tuo mondo? O perché ce
l’avevi con qualcuno?» indagò Sirius tornando a osservare
Londra.
Zac
stette in silenzio pensando a quello che gli aveva appena fatto notare Sirius:
aveva lasciato sua madre e suo fratello perché lui non accettava il modo in cui
lei stava allevando il figlio minore, e aveva deciso di rispondere in quel modo
al gendarme perché non sopportava che il Monsignore decidesse per tutti quello
che Dio o chi di simile pensasse degli uomini. E aveva deciso di abbandonare
Londra perché odiava quel posto dove aveva visto la corruzione totale dilagare
tra coloro di cui le persone si fidavano. In effetti le sue decisioni erano
state tutte basate su rancori repressi.
«Vedi?»
gli fece notare Sirius «Tutte le rivoluzioni nascono perché qualcuno si incazza
una volta di troppo».
«Anche
le guerre nascono così.» disse Maddalena sbucando fuori dalla sua
casetta.
«Ti
abbiamo svegliata?» chiese Zac.
«No,
non dormivo proprio. Sono rimasta ad ascoltarvi per un po’…Sirius è un tipo un
po’ riflessivo ogni tanto, hai notato?» disse la ragazza sorridendo. Sirius la
guardò con un’espressione di rimprovero.
«Lo
siamo tutti di questi tempi, anche un po’ troppo a volte. Se le persone fossero
sempre così riflessive Greapepeace si troverebbe a bruciare tante di quelle
persone da scaldare l’Inghilterra per un decennio. Forse allora qualcuno si
sveglierebbe alla fine.» rispose Zac tornando scuro in
volto.
«Mia
sorella non è morta invano, se tu dopotutto sei qui. Vuol dire che c’è gente
come te in giro.» replicò Maddalena sedendosi per terra. I tre rimasero così, in
silenzio a guardare il sole tingere di rosa l’orizzonte sulla
città.
«Dobbiamo
trovare un modo per farvi arrivare a Brighton senza che Greapepeace vi trovi.
Marcus mi ha detto che quell’idiota ha già iniziato a mandare in giro bandi su
voi due…la cosa non mi piace per niente, vuol dire che ha paura di voi.». Sirius
continuava a girare intorno al tavolo della sua stanza assorto nei suoi
pensieri.
«Paura
di noi? E perché mai? Che possiamo fargli, il malocchio?» disse acido Zac che
ormai si trovava là da due settimane. Sirius aveva insistito affinché i due
ragazzi rimanessero fino a che le acque non avessero preso un corso
preciso.
«Esattamente!
Il malocchio peggiore che ci sia per quelli come lui sono quelli come te che
cominciano a mettere in discussione quello che fa, predica e pensa! Se la gente
inizia a seguire le tue tracce hai idea di dove si arriverebbe per lui? Niente
più donazioni alla Chiesa, niente più controllo psicologico tramite roghi che
porterebbero solo a rivolte di massa, niente più manipolazione della gente…e ciò
si traduce in mancanza di potere! E Maddalena è la sorella dell’ultima strega
bruciata viva a Londra, deve essere catturata prima che segua le orme della
sorella…a meno che non le abbia già intraprese. E questo significa che se la
trovano la processano e la condannano di sicuro. E quanto pensate che ci voglia
prima che loro arrivino a cercare qui? Da chi può andare un reietto se non da un
altro reietto? Simile conosce simile.» spiegò Sirius sempre più
preoccupato.
«Se in
due settimane non ci sono ancora venuti a cercare qui perché dovrebbero ora?»
chiese Maddalena visibilmente sconvolta.
«Perché
stanno cercando di farci sentire al sicuro…pensaci! Se ci trovassero qui sarebbe
la manna dal cielo per loro! Tra i reietti della società, per il popolo
passeremmo come dei delinquenti della peggior specie e in più il fatto che i
punk abbiano ospitato due banditi dalla città farebbe loro prendere due piccioni
con una fava: sarebbe la scusa perfetta per cominciare a eliminare pure loro.»
le rispose Zac. Maddalena si portò una mano alla bocca, rifiutandosi di credere
che qualcuno potesse progettare una cosa tanto tremenda.
«Precisamente…»
concordò Sirius «Ed è per questo che pensavo a Brighton. Là potreste prendere
una nave e andarvene in Francia o in Germania…meglio in Germania, di questi
tempi gli inglesi non sono ben visti in Francia.».
«In
Germania potremmo anche nasconderci da mio zio…lui vive in una città del nord, e
non ha mai potuto vedere mia madre, per cui non farà mai la spia. Dopo la morte
di mio padre ha insistito per anni affinché andassi a vivere con lui.» disse
Zac.
«E
perché, vista la tua voglia di andartene, non sei partito?» chiese
Sirius.
«Per
mio fratello. Non potevo lasciarlo con mia madre…ma ormai ho visto che lei l’ha
contaminato con le sue idee religiose del cazzo.».
«Hai un
fratello? E lo lasci in balia di una madre che non riconosci come tale?» chiese
Maddalena.
«Non ho
altra scelta. Non vorrebbe venire comunque…ama troppo nostra madre. Lei l’ha
nutrito con le sue ansie e paure, più forti della colla.».
Maddalena
guardò il ragazzo cercare in giro la sua chitarra con un’espressione vuota, come
se in realtà stesse cercando qualcosa di totalmente diverso. Poteva capirlo in
parte, in fondo pure lui aveva perso un fratello come lei, ma a lui rimaneva
purtroppo la consapevolezza che in realtà lui esisteva ancora per il resto del
mondo…ma non per il suo. Zac afferrò il manico della sua Fender Stratocaster e
si mise a suonare un arpeggio molto triste che ricordò alla ragazza le
ninnananne che la madre era solita cantarle quando era bambina, con la sua voce
alta e cristallina…chiuse gli occhi e cominciò a ricordarsi com’era l’ultima
volta che l’aveva vista prima che si ammalasse gravemente. Vide i suoi lunghi e
lisci capelli corvini con cui lei si divertiva a comporre delle lunghe e sottili
treccioline, e gli occhi verde chiaro come i suoi sempre sorridenti per lei.
Quando riaprì gli occhi l’arpeggio di Zac era terminato. E allora capì che lì
tutto era terminato: la sua vita come era prima non era più lì, ormai le era
rimasto solo un sacchetto di ricordi. Rimanere non avrebbe voluto più dire
niente.
«Partiremo
domenica. Quando Greapepeace sarà impegnato a festeggiare la festa di St.
James.» disse Maddalena alzandosi in piedi «Così sarà un inizio definitivo.».
uscì al sole opaco del pomeriggio inglese stringendosi nella sua mantella
cercando di farsi coraggio da sola. Era arrivato il
momento.
Domenica
sarebbe arrivata tra soli tre giorni. Gli ultimi tre giorni in cui avrebbe
potuto rivedere suo fratello…forse avrebbe potuto portarlo via con sé. Forse
dopotutto sua madre non era riuscito a plagiarlo più di
tanto…
“Mi
porti a vedere le streghe bruciare, Zac?”.
Quella
frase.
Zac
continuava a sentire la frase pronunciata dal fratello tre settimane prima
battergli nella mente come un timpano. Dopo non gli era piaciuto quello che
aveva visto, ma aveva pur sempre posto quella domanda come se si trattasse di
andare a vedere la parata di carnevale. Forse era già troppo
tardi…
«Che
succede?» gli chiese Sirius sedendoglisi accanto sulla
panca.
«Mio
fratello…credi che possa andare a prenderlo per portarlo via con
me?».
«Entreresti
a Londra e rischieresti la via solo per riprenderti tuo fratello? Considerando
il fatto che molto probabilmente non verrà mai con te lasciando sua madre?»
continuò Sirius.
«Gli
voglio molto bene. Non voglio che diventi come quelli che ho incontrato finora,
e mia madre sta facendo appunto questo. Voglio che venga via con me.» rispose
Zac guardando fisso un punto davanti a sé.
«Rischieresti
la vita per questo, quindi?» insistette il punk guardandolo
sorpreso.
«Lo
dici come se fosse strano…» replicò Zac.
«Per me
lo è.».
«Si
vede che non hai fratelli…».
«Al
contrario, ne ho tre.» lo riprese Sirius «E nessuno dei tre vive qui. Mi hanno
abbandonato a cinque anni appena nostro padre è morto perché non ero il figlio
legittimo…sai, problemi con l’eredità…».
Zac
guardò il ragazzo come se l’avesse visto per la prima volta. «Certo che abbiamo
una vita sfigata forte noi tre…nessuno di noi ha un bel quadro
famigliare.».
«Altrimenti
non sareste scappati e non sareste arrivati qui a nascondervi, e io non sarei
diventato quello che sono forse. Lo sai no? Punk significa
barbone.».
«Questo
eri? Un vagabondo? Non ti ha accolto nessuno? In fondo avevi solo cinque anni.»
gli chiese Zac.
«No, mi
hanno accolto due ragazzi…due fratelli, sempre punk, e mi hanno iniziato a
questo genere di vita. Il mio primo piercing l’ho fatto a otto anni…» disse
Sirius indicando il piercing al centro del labbro inferiore. Zac fece una
smorfia strana. «Tu piuttosto com’è che sei diventato un metallaro se tua madre
mi sembra un tipo abbastanza pop?».
Zac
rise «Pop, già…mio zio mi regalò la mia chitarra elettrica a sei anni e mi fece
ascoltare tutti i suoi dischi vecchi dicendomi che un giorno avrei dovuto
suonargliene uno per intero. Mio padre l’aveva rimproverato perché diceva che un
metallaro era l’ultima cosa che voleva in casa. Aveva paura che venissi su come
un drogato o uno sbandato…».
«Bé,
c’è andato vicino!» disse sarcastico Sirius.
Zac
annuì «Più o meno…ma alla fine mi ci sento appieno. E poi mi piace suonare, è
l’unica cosa che mi tira su. Quando è morto mio padre ho passato tutta la
settimana a suonare Nothing else
matters dei Metallica, era l’unico modo per non sentire che mi
mancava.».
«E qual
è l’album che vuoi far sentire a tuo zio come segno di gratitudine al tuo
arrivo?» chiese sirius.
«Non ci
ho mai pensato…ormai ne so fare tanti. Forse uno degli Iron Maiden o qualcosa
così…di allegro.».
«Per te
gli Iron Maiden sono allegri? Per me tutta la musica metal è tristissima! Siete
sempre così incazzati con tutti!» disse Sirius
ridacchiando.
«Parla
uno che non ascolterà una canzone dico una dove non si dica “fuck the system!”!» sbottò Zac.
Guai a toccargli la musica, era la sola amica vera che
aveva.
«L’ho
detto apposta, calmati!» ribatté Sirius «Per tuo fratello decidi tu. Se sei
convinto che sia un tipo poco pop allora credo che qualche possibilità ce l’hai,
basta che non ti becchino i gendarmi bianchi che stanno cercando te e Maddalena,
altrimenti non ne vale la pena. Ma è tuo fratello, devi capirlo da solo. Sappi
che però non avrai scorte se deciderai di andare, non faccio rischiare ai miei
di passare dei guai per dei sentimentalismi che non condivido.» continuò poi
alzandosi e dirigendosi verso casa sua.
«Non
vorrei nemmeno che venisse gente con me, è una faccenda troppo personale.»
sentenziò Zac.
«Bene,
almeno siamo d’accordo. Buona notte.».
«Notte.»
rispose Zac parlando più al vento che a Sirius che ormai era svanito dietro la
porta di casa sua.
Forse
John non era poi così pop, in fondo voleva sempre suonare la sua
chitarra.
«Non
puoi lasciarlo andare! Rischia di essere catturato!» protestò Maddalena quando
al pomeriggio dopo trovò Zac a prepararsi per andare in
città.
«E’
abbastanza grande per sapere quello che fa. Se si fida di suo fratello non posso
farci nulla…spero solo che serva a qualcosa.» replicò Sirius prendendo Maddalena
per le spalle per rassicurarla.
Zac dal
canto suo se ne stava zitto a contemplare il suo bracciale borchiato ripensando
alla fiducia estrema che stava riponendo nel fratello. Non l’avrebbe supplicato
però: avrebbe dovuto decidere subito. Questa volta si trattava di essere con o
contro di lui.
«Ma non
capisci che là ci stanno cercando con i fanti bianchi?! Andare là equivarrebbe a
un suicidio o a una condanna a vita in quel carcere orribile!!» insistette
Maddalena liberandosi dalla stretta di Sirius che la guardò
esasperato.
«Lo so
benissimo» rispose Zac «…ma non posso lasciare mio fratello qui con mia madre
senza nemmeno provare a portarlo via con me! Me lo rimprovererei per il resto
della mia vita.».
Maddalena
guardò il ragazzo come se fosse impazzito. Non poteva impedirgli di andare,
pensava Zac, era una questione troppo importante per lui. E difatti lei non
disse né fece nulla quando lui si alzò improvvisamente per uscire dalla casa di
Sirius e dirigersi verso Londra. Sirius gli aveva prestato un lungo mantello
nero col cappuccio per cercare di nasconderlo il più possibile da sguardi
indiscreti.
«Torna
prima del tramonto, però. Non voglio che qualcuno si insospettisca a vedere
qualcuno uscire dalla città a tarda ora, ok?» disse il punk assicurandosi che
Zac capisse bene che un suo ritorno dopo il tramonto avrebbe significato un suo
allontanamento dalla comunità.
«Spero
che non ci voglia così tanto…» rispose il ragazzo con un sorriso stirato che non
riusciva a nascondere la paura che accadesse esattamente il contrario. Sirius
annuì in segno di approvazione.
E Zac
partì per Londra col cappuccio tirato sui suoi capelli
rossicci.
A ogni
passo che faceva sembrava che i suoi piedi diventassero sempre più pesanti…di
piombo…a un certo punto ebbe anche l’impulso di mettersi a correre per non
pensare più al tragitto che doveva compiere per arrivare a casa sua…ma un uomo
che correva avrebbe destato troppi sospetti sulle vedette. Soprattutto se
proveniente dalla zona in cui si sapeva esistere una comunità di punk che tutte
le “brave” persone di Londra avrebbero voluto tenere
lontani.
Londra
era piena di gente quel giorno. Il mercato aveva attirato fuori un po’ di gente
per quanto scarsamente rifornito di merce di quei tempi. Meglio, sua madre
sarebbe stata a fare spese quel pomeriggio e suo fratello sarebbe rimasto da
solo con la figlia del vicino. Non ci sarebbero stati problemi a parla re con
John, quella ragazzina era segretamente innamorata di Zac da sempre, non gli
avrebbe opposto resistenza. Passò vicino a delle bambinette intente a
canticchiare qualche canzone popolare. Una di quelle che lui odiava tanto, che i
genitori insegnavano a cantare ai bambini da piccolissimi: Quit Playing Games With My Heart dei
Backstreet Boys.
Il
suono di quella canzone lo disgustò profondamente, era la preferita di sua
madre, la cantava sempre…tutto il giorno. Le sue labbra si incrinarono in una
smorfia di fastidio che fortunatamente fu celata dal
cappuccio.
In
lontananza Zac vide aprirsi il cielo, segno che era arrivato quasi alla fine
della zona del mercato, dove cominciavano le case dei paesani. Casa sua. Suo
fratello.
Un
bambinette di circa 6 anni con dei capelli rossicci stava giocando con la terra
davanti a una minuscola casetta di mattoni. Una ragazzina di circa 12 anni lo
seguiva attentamente riprendendolo ogni volta che il piccolo si metteva a
sporcarsi troppo i vestiti di fango.
«ZAC!!!»
urlò il bambino alzandosi improvvisamente e correndo verso il ragazzo che stava
davanti lui, con il cappuccio
abbassato. Zac si chinò per abbracciare il fratello.
«Zachary…ehm…io,
non so se…tua madre potrebbe…» sussurrò indecisa la
ragazzina.
«Cindy,
non me ne importa assolutamente nulla di quello che potrebbe dire mia madre!»
sbottò Zac voltandosi a guardare la ragazza che tacque
all’istante.
«Sei
tornato per vedere la mamma e me?» domandò John «Guarda che castello gigante che
ho costruito! Nemmeno re Riccardo ce l’aveva uno così grande!» continuò dopo
indicando con un dito un piccolo ammasso di terra e fango che giaceva scomposto
vicino alla porta della casa. Zac lo osservò con un sorriso
triste.
«No,
John, nemmeno Riccardo ne aveva uno così grande e bello. Ma non sono qui per la
mamma, sono qui per te.» rispose Zac facendo cenno a Cindy di andarsene. John lo
guardò con aria interrogativa. «Sono venuto per portarti via con me…io me ne
vado da Londra, non tornerò più, mai più.».
«E dove
vai?».
«Vado
dallo zio Mike. Ma vorrei che tu venissi con me…».
«E
mamma? Viene anche lei con noi dallo zio Mike?» chiese John con un’espressione
confusa in volto.
«No,
John…mamma non verrebbe con noi. Saremmo solo tu ed io.» rispose Zac con
un’espressione di sconforto dipinta negli occhi.
John
rimase in silenzio pensieroso. Nonostante i suoi soli 6 anni capiva già che il
fratello maggiore gli stava chiedendo di prender una decisione importante e
definitiva. A Zac quell’esitazione creava una tremenda stretta alla bocca dello
stomaco. Alla fine il fratello aprì la bocca per
rispondere.
«Zachary!».
Lancinante.
La voce
di sua madre che chiamava il suo nome riecheggiò nella sua testa come una
campana a morto.
«Oh,
figlio mio, sei tornato finalmente! Sei ancora vivo? Fatti abbracciare!» esclamò
sua madre alzandolo da terra e stringendolo forte tra le sue braccia. Ma Zac non
l’abbracciava, anzi, cercava di allontanarla da sé, come se avesse il terrore di
esserne contagiato.
«Non
sono tornato, madre. Me ne sto andando definitivamente.» replicò Zac lasciando
che un’espressione di preoccupazione calasse sul viso della madre. Poi si girò
verso il fratello minore, riaccosciandosi davanti a lui «John, non ho più tempo,
devi decidere adesso!».
«Cosa
deve decidere?» chiese sua madre con un tono che aveva abbandonato tutto
l’affetto precedentemente dimostrato.
«Sì o
no?» continuò Zac ignorando la madre.
«Sì o
no, cosa?» insistette la donna sempre più allarmata.
Il
piccolo John lasciava vagare lo sguardo smarrito dalla madre al fratello senza
riuscire a rispondere.
«Vieni
o no con me?!» esclamò Zac afferrando il fratellino per le braccia e guardandolo
con occhi supplicanti.
A quel
punto sua madre non attese oltre e strappò il piccolo dalle mani del figlio
maggiore, stringendoselo addosso per impedirgli di andare verso il
fratello.
«No,
Zachary, no! Tu puoi fare quello che vuoi della tua vita ormai, riconosco di
aver sbagliato con te, forse avrei dovuto accorgermene prima, ma hai 17 anni e
decidi tu della tua vita ora. Puoi andartene, ma non porterai con te anche tuo
fratello!».
Zac si
alzò lentamente continuando a guardare il fratellino, ma senza aprire bocca,
aspettando un suo cenno. Avrebbe potuto dire di sì, allora lui avrebbe costretto
sua madre a lasciarlo venire con lui, non avrebbe potuto impedir loro di
andarsene. Bastava solo quella piccola sillaba…aspettava solo
quella.
Ma John
non parlava. Continuava a guardare il fratello con aria di terrore misto a
incomprensione.
E
allora Zac capì: il fratello non avrebbe mai detto sì. O per paura o perché
forse lo voleva veramente, ma non avrebbe mai detto sì…non avrebbe mai detto
nulla.
«Allora
ti lascio libera di sbagliare anche con lui.» disse Zac alzando lo sguardo verso
gli occhi della madre che lo guardava collerica. «Addio.».
Per la
strada di ritorno verso la comunità, Zac non poté trattenere le lacrime.
Ringraziando il cappuccio che copriva quella sua piccola vergogna attraversò il
confine ovest della città.
«Dio,
ti ringrazio!» esultò Maddalena vedendo arrivare Zac. Poi realizzò che era da
solo e tutto il suo entusiasmo si convertì in comprensione per il
ragazzo.
«Non
voglio parlarne!» sbottò Zac quando Sirius gli si avvicinò con l’espressione di
chi vuole dire qualcosa di confortante.
«Ok,
non parliamone. Dimmi solo se fino a qui ti ha seguito qualcuno oppure se è
andato tutto liscio…almeno da quel punto di vista.».
«Nessuno.
Non mi avrebbe riconosciuto nemmeno mia madre se avessi tenuto su il cappuccio
pure a casa. C’era il mercato, nessuno badava a chi incontrava per strada.»
rispose piatto Zac lanciando il mantello in un angolo della stanza in casa di
Sirius.
«Perfetto.
Ora vedi tu che fare, se vuoi distrarti dalla delusione ho del lavoro da farti
fare…ormai sei qui da settimane, ho tutto il diritto di farti lavorare un po’,
senza lasciarti fare il mantenuto.» disse il punk ripiegando il mantello per
riporlo.
«Qualsiasi
cosa, basta che sia abbastanza impegnativa da impedirmi di pensare.» rispose Zac
seguendo il ragazzo fuori dalla casa.
Maddalena
li seguì in silenzio chiedendosi come mai il fratellino di Zac avesse rinunciato
a seguire il fratello maggiore. Ma non osava fare domande il quel momento, ne
avrebbe parlato Zac prima o poi. Camminando dietro i due ragazzi, si guardò un
po’ intorno. Non aveva ancora visitato tutto il campo, tanto era grande. Sirius
le aveva detto che più o meno in quella comunità vivevano in 1.500. tutta gente
emarginata…le veniva male a pensarlo. D’altro canto anche lei lo era, e avrebbe
dovuto farci l’abitudine. Le mancava tantissimo la sorella maggiore e poteva
benissimo capire cosa dovesse provare in quel momento Zac, sentendosi come se in
un colpo solo avesse perso sia la madre che il fratello. Si sentiva solo senza
volerlo dare a vedere. Maddalena non avrebbe mai capito come faccia un ragazzo a
tenersi dentro tutto ciò che lo rende triste semplicemente facendo sforzo sulla
questione dell’onore che a loro stava tanto a cuore.
«Anche
per te ho qualcosa da fare.» disse sirius rivolto a
Maddalena.
«Agli
ordini!».
«Stai
qui con Zac e sii pronta a trattenerlo quando esploderà. Non vorrei mai che
facesse qualcosa di insensato, impulsivo com’è e data la situazione…» disse il
ragazzo «E per rimanere in incognito, lava un po’ di queste coperte.» concluse
poi mettendole in mano un fascio di lenzuola sporche e indicandole un secchio
pieno d’acqua vicino al lavabo.
«Opportunista.»
disse Maddalena avviandosi comunque verso il lavabo.
Quelle
coperte erano davvero sudice! Nemmeno dei maiali avrebbero potute renderle così
schifose! Maddalena pensò che Sirius doveva averle sporcate apposta in
previsione de quello che sarebbe successo al ritorno di Zac: era sempre rimasto
scettico sul fatto che il fratellino del metallaro avrebbe accettato di partire
col fratello.
«La
odio.».
Maddalena
alzò lo sguardo su Zac che aveva piantato la pala in terra e ora stava
appoggiato con le braccia al manico «Tua madre?».
«E’
arrivata mentre stavo parlando con John. Mentre stava per rispondermi.» disse
Zac «Me l’ha strappato dalle braccia impedendogli di rispondermi. Non saprò mai
cosa avrebbe risposto se non fosse arrivata lei.». zac sorrise
amaramente.
«Davvero
non lo saprai mai? O forse dentro di te sai cos’avrebbe risposto se foste
rimasti da soli?» gli chiese Maddalena.
Zac la
guardò indagatore, poi si rivoltò a guardare la terra che stava spalando. «No.»
sussurrò «Avrebbe risposto no.».
Maddalena
annuì silenziosamente «Allora non hai da sentirti così. Mia madre diceva sempre
che non ci si può preoccupare per qualcosa che non può essere
risolto.».
«Tua
madre era una donna sensata. Dovevi volerle molto bene.».
«Moltissimo.
Era la donna migliore che io abbia mai conosciuta.» rispose Maddalena
strofinando più forte le lenzuola «Lidia era come lei.».
«Tua
sorella?».
«Già.
Sai, crescere con due donne così ti fa sentire protetta. Ora non so nemmeno cosa
farò…andrò a Brighton, poi in Germania…e poi?» disse Maddalena. Quella che era
cominciata come la liberazione di Zac si stava trasformando nella
sua.
«Potrai
stare da mio zio tutto il tempo necessario. Vive da solo, non gli daremo
fastidio. In fondo si è sempre aspettato due persone all’arrivo.» sbuffò il
ragazzo gettando un’altra palata di terra nel mucchio.
«Sarebbe
molto gentile da parte sua ospitare anche me. Tanto può stare tranquillo: né mia
madre né mia sorella mi hanno mai insegnato nulla delle loro arti magiche e
malefiche. L’unico anatema che conosco sono le maledizioni che lanciavo ai topi
che entravano in camera mia.» disse Maddalena.
«E non
credo che siano molto efficaci. Ma non preoccuparti di questo, mio zio è uno a
posto, non crede a quelle cose…odia i preti solo perché ascoltano musica
elettronica…che lui non può sopportare!» scherzò Zac. I due ragazzi
risero.
«Che ti
ha messo a fare sirius?» chiese la gotica.
«A
preparare una buca per nasconderci un qualcosa che non conosco.» rispose Zac «Mi
basta avere la mente occupata.».
«Ne
avresti di più a pulire queste lenzuola…sembra che ci abbiano dormito dei
maiali, non degli uomini!» protestò la ragazza alzando un telo grigiastro
schizzato di macchie di fango incrostato che non riusciva a
togliere.
«Non
chiedermi cosa ci avranno fatto…non voglio saperlo!» replicò Zac con un sorriso
strano sulle labbra.
«Oh,
voi uomini siete tutti uguali!».
Notte
fonda. Da Londra non si vedevano quasi più luci se non quelle dei fuochi accesi
dalle vedette. Sirius se ne stava seduto sulla collinetta per adempire al suo
turno di guardia quando all’improvviso vide, gli occhi ormai da tempo abituati
al buio, qualcosa muoversi in lontananza. Nonostante l’oscurità riusciva a
distinguere una sagoma strisciante verso la loro
direzione.
«Marcus!»
sussurrò «Dammi la torcia piccola!». Il punk con la cresta rossa si avvicinò al
suo capo con una piccola torcia illuminata.
«Cos’hai
visto?» chiese allarmato.
«Qualcuno
che ha voglia di venirci a trovare in gruppo…e in fila da schieramento.» rispose
Sirius cercando di illuminare la zona dove si trovava la schiera senza però
farsi vedere. «Oh, merda…».
«Alzatevi!».
Zac
sentì qualcuno scuoterlo violentemente e Maddalena che mugugnava qualcosa di
confuso.
«Alzatevi!»
insistette Sirius cercando di fare alzare i due ragazzi.
«Cosa
succede?» chiese Maddalena, la prima ad alzarsi.
«Sono
qui!».
«Chi è
qui?» chiese Zac tirandosi a sedere sul giaciglio.
«I
fanti bianchi con in testa il nostro tanto osannato Monsignor Greapepeace!»
rispose Sirius prendendo dei mantelli e due piccole sacche da una cassa. «Dovete
andarvene adesso, non devono trovarvi! Vi porterò fino a Brighton con l’aiuto di
un piccolo mulo, ma dovete sbrigarvi.».
«Maddalena
e Zac si guardarono spaesati. Cos’avrebbero fatto adesso? E se li avessero
presi?
«Muovetevi!
Se aspettate ancora un po’ arriveranno e allora per voi sì che saranno guai!»
disse Sirius spingendo i due ragazzi fuori dalla casetta.
«Seguitemi!».
Maddalena
e Zac seguirono Sirius in un zigzagare per il campo stando bene attenti a non
entrare mai nella visuale di quelli che arrivavano dall’ovest di Londra. Dal
baccano che si sentiva si poteva capire che i ragazzi della comunità avevano
iniziato a cercare un modo per rallentare i fanti bianchi. L’oscurità rendeva
tutto una questione di suoni ogni tanto frammentati da un piccolo spiraglio di
luce, il che rendeva tutto molto confuso e incerto per i due
fuggitivi.
«Ecco,
montate voi due su quel mulo mentre io monto su questo. Con un po’ di fortuna
non dovrebbero nemmeno vederci partire…» ordinò loro Sirius indicando due
piccoli muli legati a un palo di legno.
«Sirius
noi-».
«Non
c’è tempo, Maddalena! Mi dirai dopo, ora sali!» la interruppe il punk
sospingendola sul mulo, dietro a Zac.
Sirius
slego il suo mulo e quello dei due ragazzi e vi montò in sella. Ben attento a
non farsi vedere e a non fare il benché minimo rumore fece virare i due animali
verso sud, in direzione del mare. Ci avrebbero messo due minuti a uscire dal
villaggio, un’ora di marcia veloce per arrivare a Brighton dove avrebbero di
sicuro trovato una barca pronta a salpare verso la
Germania.
Erano
fuori! I fanti bianchi avevano già cominciato a frugare nelle casette, ma a loro
ormai non importava più nulla: erano fuori dal villaggio.
«Non
gli faranno nulla, vero? Non sopporterei di sapere che per colpa nostra ci ha
rimesso qualcun altro.» disse Maddalena con la voce che vibrava ancora per il
nodo che li si era formato in gola a causa della paura.
«No,
non dovrebbero fare loro niente. In caso contrario Greapepeace si dovrà
attendere una qualche incidentale disgrazia al mio ritorno.» rispose Sirius
afferrando la corda del mulo di Zac e Maddalena per invitarlo a stare al passo
col suo che andava di buon passo.
«Come
mai sono arrivati adesso? Non capisco!» esclamò Zac «Cos’è successo di così
determinante per invitarli a venirci a cercare stanotte?».
«Avranno
pensato che di notte nessuno avrebbe potuto né vederli né tanto meno opporre
resistenza…ma si sbagliavano. Ora sanno che noi punk potremmo anche essere
considerati degli individui pericolosi, minacciosi o quello che vogliono loro,
ma non siamo stupidi.» replicò Sirius con la rabbia che si manifestava
attraverso ogni singola parte del suo corpo.
«Abbiamo
rovinato tutta la vostra tranquillità…mi dispiace.» disse Maddalena abbassando
lo sguardo.
«Figurati!
Se non era per questa volta sarebbe stata per un’altra. Non vedeva l’ora di
entrare a rompere le palle da noi quell’essere. Spero che se un Dio esiste
veramente sappia chi sta dalla parte del giusto e chi da quello dello sbagliato,
altrimenti credo che dovrò rassegnarmi a una vita ingiusta anche dopo la
morte.».
«Secondo
me lo sa, altrimenti non saremmo qui, ci avrebbero catturati subito.» rispose la
ragazza cercando di rasserenare un po’ il punk.
«Spero
tu abbia ragione.» disse Zac issandosi il cappuccio in testa. Cominciava
l’alba.
«Germania?
Sì, stiamo andando là. Quanti passeggeri aggiuntivi?» chiese il barcaiolo a
Sirius.
«Due:
il ragazzo e la ragazza. E questi sono per mantenere il segreto.» disse Sirius
tirando fuori un sacchetto di monete che porse al
marinaio.
«Wow!»
esclamò questo contando le monete «Saprò mantenere il
segreto!».
«Bene.»
annuì il ragazzo prima di voltarsi verso i due ragazzi che accompagnava. «Allora
buona fortuna.».
«Ne
avremo bisogno.» disse Zac stringendo la mano a Sirius.
«Oh, al
diavolo l’onore! Mi devi la pelle: abbracciami, amico!» esclamò Sirius
abbracciando Zac sorridendo. «Mi mancheranno un po’ i vostri
guai.».
«Perché
non vieni con noi?» chiese Zac.
«Non
potrei mai abbandonare il villaggio. Là c’è tutta la mia vita, e poi sono il
capo lì, ho delle responsabilità.».
«Anche
i punk hanno la loro società alla fine…» osservò Zac
sorridendo.
«Cavoli,
hai ragione! Sono una contraddizione vivente!» esclamò Sirius. «Addio pure a te,
gotica!» disse poi voltandosi verso Maddalena.
«Speriamo
sia un arrivederci più che un addio. Magari capiterai in Germania una volta o
l’altra.» rispose Maddalena abbracciando il ragazzo.
«Non si
può mai dire. Ora devo lasciarvi a voi stessi…devo tornare a vedere cosa è
successo ai miei amici, non posso rimanere qui a salutarvi in eterno.» concluse
Sirius scompigliando un po’ la capigliatura corvina della
ragazza.
«Allora
sarà il caso che montiamo su.» disse Zac con un cenno verso la barca dove il
marinaio stava cantando una canzone dal testo italiano.
«Sopravvivrai
a un tale genere di musica, nostro eroe?» chiese Sirius sarcastico a Zac che
sorrise.
«Non è
poi così male…meglio dei Backstreet Boys o dei Take
That.».
«Quelli
proprio non li reggerei!» esclamò Sirius con una smorfia di
disgusto.
«Andiamo.»
disse Maddalena dirigendosi verso la barca «Stanno preparandosi a mollare gli
ormeggi.».
Zac
aiutò la ragazza a salire prima di seguirla.
«Cosa
mi volevi dire prima, quando ti ho zittita?» le chiese Sirius dalla
sponda.
«Grazie
di tutto quello che hai fatto.» rispose Maddalena «Anche se sembri un po’ rude
alle volte, sei buono in fondo.».
Sirius
sorrise, e mentre la barca cominciava ad allontanare accennò un piccolo inchino
verso i due ragazzi.
E
mentre Sirius si inchinava per salutarli, Zac e Maddalena si misero a cantare
accompagnati dal suono metallico e trillante della fender stratocaster di Zac,
pensando alla loro nuova e futura vita in Germania, lontani da tutto ciò che
avevano conosciuto fino a quel momento. Tutto da cancellare, tranne quelle
ultime tre settimane che avevano insegnato loro a essere se stessi, ad ogni
costo.
The
End