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Autore: Ciajka    09/04/2012    3 recensioni
Dal diario di John Watson,Grifondoro.
Le sue giornate alla scuola di magia risulteranno essere più avventurose e interessanti dopo la conoscenza di Sherlock Holmes, Serpeverde.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sherlock e io siamo immischiati in una situazione veramente complicata. Sappiamo dell’esistenza di Moriarty, sappiamo chi è, all’incirca sappiamo anche quali sono i suoi obbiettivi, ma non abbiamo la possibilità di fermarlo.
Non abbiamo nessuna prova tangibile che lo incolpi di essere il capo di un’organizzazione che aiuta gli studenti a vendicarsi e a compiere atti criminali.
Dall’ultima volta che ho scritto come si è manifestato ai nostri occhi, continuiamo a scorgerlo nei corridoi, nelle aule, nella Sala Comune, durante i pranzi e le cene, e noi non possiamo fare assolutamente nulla.
Anzi, come per accentuare questa nostra situazione di impotenza, Moriarty ci saluta ogni volta in modo espansivo, enfatizzando ogni singolo gesto, mentre noi ricambiamo lanciandogli gelide occhiate colme d’odio. Ma nulla di più.
Un giorno Sherlock provò a pedinarlo.
All’inizio sembrava non essersene accorto, infatti Sherlock mi raccontò che era riuscito a seguirlo fino a pochi passi dalla foresta proibita. Poi cambiò improvvisamente itinerario, avviandosi prima verso la casa del guardiacaccia, poi verso la serra, per poi ritornare al castello, facendo un giro assurdamente lungo e arzigogolato. Ad un certo punto Moriarty, mentre stava percorrendo il corridoio che portava alla Casa di Serpeverde, domandò con nonchalance, senza voltarsi, : “Allora,Sherlock, piaciuta la passeggiata?”
Così il mio amico fu costretto ad uscire allo scoperto e ad abbandonare il suo intento.
In poche parola la situazione è stagnante.
E questo non fa altro che incrementare il malumore di Sherlock.
“Prima o poi si fregherà.”gli dissi, cercando di consolarlo, almeno un po’.
“È furbo! Maledettamente furbo! Sapeva che anche se si fosse mostrato a noi, non avrebbe corso nessun pericolo!”
Ci stavamo avviando verso l’aula di Difesa Contro le Arti Oscure. Finalmente le lezioni di questa materia erano ricominciate, dopo un periodo di stallo lungo ben due mesi.
“Chissà come sarà la nostra nuova insegnante..” cercai di cambiare discorso.
Sherlock grugnì: “Spero che sia competente. Già è scandaloso il fatto che ci hanno messo così tanto a trovare una supplente!”
Sherlock spalancò in malo modo la porta dell’aula e si avviò con passo sicuro verso gli ultimi banchi. Io lo seguii senza aggiungere altro, per non amplificare il suo nervosismo.
L’aula era veramente tetra: le finestre erano coperte da lunghe e pesanti tende nere, che facevano filtrare soltanto la luce necessaria per distinguere i contorni degli oggetti. La luce vera e propria proveniva da un paio di lampadari incantati e da qualche candela fluttuante. In più l’aria era terribilmente pesante, probabilmente per il fatto che la stanza è rimasta chiusa da molto tempo.
In quel momento entrò una donna. Il trucco pesante risaltava perfettamente le iridi chiarissime e le labbra sottili, quest’ultime arricciate in un mezzo sorriso. I suoi capelli castano scuro erano raccolti ordinatamente in una crocchia e indossava un vestito così attillato che il suo scopo era evidenziare le sue forme, più che coprirle.
La quasi totalità dei ragazzi maschi nella stanza spalancò la bocca, stregati.
“Sono la vostra nuova insegnate di Difesa Contro le Arti Oscure.” iniziò la donna, con voce suadente. Schioccò le dita e un gesso scrisse sulla lavagna il suo nome: “Professoressa Irene Adler.”
“Vedo che è da un bel po’ che non fate lezione.” continuò, sfogliando il registro “Siccome non ho idea della vostra preparazione, ora faremo un bel test.”
A quelle parole i ragazzi, che avevano la bocca ancora spalancata da prima, la serrarono con uno schiocco.  Ben presto si levò un mormorio di disapprovazione.
“Non vi preoccupate, il voto non farà media. È solo per sapere il vostro livello.” ci rassicurò, consegnando ad ognuno un foglio con una trentina di domande. “Avete un’ora di tempo. Buon lavoro!”
Abbassai lo sguardo sul compito. La maggior parte delle domande verteva su argomenti a me familiari, il restante non sapevo neppure a cosa si riferissero.
Spostai lo sguardo verso Sherlock, il quale, a capo chino, aveva già iniziato a rispondere, sicuro di sé. 
Sospirai, impugnai la penna e incominciai a scrivere.
 
“Certo che poteva evitarselo.” mugugnai, appena fummo fuori dall’aula.
“Mmm?” 
“Il compito, Sherlock! Nessuno se l’aspettava!” gridai.
“Tanto non fa media.” osservò il mio amico “E poi non era difficile.”
Sbuffai. Anche se non farà media, comunque non è una bella esperienza ritrovarsi a fare una verifica a sorpresa, con domande che chiedevano argomenti di mesi e mesi fa, che non ricordavo neanche più, o che non avevo mai sentito nominare. Non volevo apparire un’idiota fin da subito agli occhi di un nuovo insegnante.
Ma a Sherlock non gli interessano questi discorsi. Non gli importa un accidente cosa pensassero di lui, insegnanti e studenti compresi. In più Difesa Contro le Arti Oscure è una delle sue  materie preferite, quindi probabilmente aveva risposto correttamente a quasi tutti i quesiti.
Sbuffai nuovamente e non aggiunsi nient’altro.
 
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È passata una settimana dall’ultima volta che ho scritto una pagina di diario. Negli ultimi tempi non succede più nulla. Forse mi sono troppo abituato alle scorse avventure passate con Sherlock, che ora la normalità mi appare estremamente noiosa.
Non abbiamo neanche più lo scopo di scoprire l’identità di M… uff… 
In più i casi richiesti dagli studenti non sono nulla di particolare. 
Però devo dire che qualcosa di strano c’è. La professoressa Adler. Non so, forse sono io che devo trovare un qualcosa di misterioso in tutto… ma c’è qualcosa in lei che mi inquieta un po’. 
 
Questa mattina un ragazzino del secondo anno ci ha agguantati in corridoio, chiedendoci disperatamente di aiutarlo a trovare la parola d’ordine di un determinato passaggio segreto.
“Vi prego!! Quel passaggio mi serve! Vi darò quattro cioccorane e un pacchetto intero di tutti gusti +1!”
Sherlock alzò gli occhi al cielo: “Avanti spara. Che tipo di passaggio si tratta?”
Il ragazzino si illuminò: “Quello del ritratto della strega in fiamme! Collega il terzo piano con i sotterranei. Ogni volta mi fa lo stesso indovinello, ma io non riesco a risolverlo!”
“Dimmi questo indovinello.” sospirò il mio amico.
“Allora, fa esattamente così: Ci ha guidati e ci ha protetti, forte di animo e di cuore, ma di color rosso mattone.”
Sherlock parve riflettere un attimo, poi aggiunse: “Ti dirò la risposta tra un’ora esatta. Secondo piano,  vicino allo scalone principale.” 
Detto questo il mio amico lo lasciò, senza lasciargli tempo per replicare o ringraziare.
“Hai qualche idea?” gli chiesi, appena lo ebbi raggiunto.
“Sì, non è affatto difficile.”
“Perché tra un’ora?”
“Devo avere la conferma.”
Lo guardai storto: la cosa non mi tornava.
Sherlcok, vedendo la mia espressione, sbuffò annoiato: “ È ovvio che si parla di un ex preside di Hogwarts, quasi sicuramente morto. Solo un preside potrebbe proteggere o guidare la scuola.”  poi aggiunse, appena vide la mia bocca aprirsi per commentare “Sì, John, sono  perfettamente sicuro che si riferisce ad un preside della nostra scuola di magia. Quasi la totalità dei ritratti si rifanno a fatti o persone che hanno contribuito alla storia di Hogwarts. Il motivo è piuttosto semplice: sono stati dipinti qui e non hanno conoscenza del mondo esterno. E non credo proprio che questo sia un’eccezione.”
Feci per esclamare involontariamente qualcosa del tipo Straordinario! Non ci avrei mai pensato! quando Sherlock mi bloccò, dicendo: “Non c’è bisogno che ti stupisca tanto. Veramente. Non è niente di straordinario.”
Ci rimasi un po’ male, normalmente accoglieva con  piacere i miei commenti, anche se, effettivamente, sono da considerare piuttosto stupidi.
“Non penso che i tuoi commenti siano stupidi, John. È solo che per casi così elementari mi sembrano inutili.”
Sussultai. “Come diavolo… Mi leggi nel pensiero ora?” 
Sherlock si mise a ridere: “No, no! È la tua faccia che ti tradisce!”
Scoppiai inevitabilmente a ridere anch’io. 
Era da tanto che non ridevamo così. Negli ultimi tempi eravamo caduti nella più completa serietà e agitazione, come se fossimo in attesa di un campanello d’allarme che ci avvertisse di un qualsiasi pericolo. 
Tutta colpa di una sola persona: Jim Moriarty.
 
Durante l’ora di Difesa Contro le Arti Oscure, Sherlock mise il libro di Storia della Magia sulle ginocchia, perfettamente nascosto agli occhi dell’insegnante. Così si mise a cercare quale preside potesse avere i requisiti adatti per l’indovinello del quadro. 
“Una cosa da dieci minuti al massimo.” mi aveva detto.
“Se avesti studiato Storia della Magia, avresti già dato la risposta..” mi lasciai sfuggire.
“Oh, oh!” canticchiò di rimando “Allora tu sai chi cerchiamo!”
Arrossii. “E-hm.. In verità…Ok, hai vinto. Conoscere i vari presidi di Hogwarts era un argomento che ho studiato in prima o in seconda.. E ora non mi ricordo nulla.”
Sherlock sghignazzò: “Hai visto che studiare Storia della Magia è inutile? Le nozioni che si imparano con così tanta fatica si dimenticano in così poco tempo!” 
“Girai la testa dall’altro lato, in modo fintamente offeso: “Se ti aspetti che ti dia ragione, stai fresco.”
Il mio amico continuò a prendermi giocosamente in giro, mentre girava le pagine del libro: “D’accordo, John.”
In quel momento entrò l’insegnante, suadente come sempre. 
Tutti gli alunni si alzarono rumorosamente in piedi in gesto di saluto. L’unico che non si degnò neanche ad alzare la testa era ovviamente Sherlock.
“Ho i test della settimana scorsa.” sorrise la professoressa “Non sono andati così male. Pensavo peggio, veramente. Ho capito che dovete ancora fare le Manticore, ma nulla di grave. Sarà il prossimo argomento che tratteremo.” 
La maggior parte degli studenti fece un sospiro di sollievo: il test era andato bene. Un pensiero in meno!
“Tutti sono andati bene… a parte uno. Uno studente in particolare è stato.. Uhm.. Disastroso.” 
La professoressa Adler alzò lo sguardo dai fogli che aveva in mano e guardò l’aula come per scovare il “colpevole”.
La classe si gelò di colpo: questa era una bruttissima notizia. "Chi può mai essere? E se lo studente così disastroso fossi io?"
L’unico che era rimasto calmo era il mio amico, ancora intento a sfogliare il libro di Storia della Magia.
“Vediamo… Chi di voi è Sherlock Holmes?” chiese la donna con tono piatto.
Il Serpeverde si irrigidì: “Cosa?”
“Ah, sei tu.” sorrise la Adler “Non ti preoccupare, l’esito non farà media. Però… dì la verità, non te l’aspettavi? È per questo che hai fatto tutti questi errori?”
Sherlock, per la prima volta davanti ai miei occhi, esitava. Afferrò la penna di fianco a lui e cominciò a sbatterla sul banco con piccoli movimenti nervosi.
 “Non me l’aspettavo.” rispose, dopo un’attesa che mi sembrava infinita.
“La prossima volta andrà sicuramente meglio. La settimana prossima ci sarà compito e questa volta il voto farà media. ” poi aggiunse, rivolta al mio amico “Cerca di impegnarti di più, non voglio più dare voti così negativi.”
 
Appena la lezione terminò, Sherlock uscì dall’aula quasi correndo, con i pugni stretti e lo sguardo furente. Posso confermare che questa era la prima volta che prendeva un voto così basso in Difesa Contro le Arti Oscure.
“Dai, Sherlock!” gridai, raggiungendolo “Non te la prendere! Mica fa media!”
“IO DISASTROSO? Come si permette!” sfuriò egli “Come fa a dire che sono stato il peggiore di tutti!”
“Sherlock… “ cercai di fermarlo “Ragiona. Insomma, può capitare a tutti. Non è mica la fine del mondo.”
Il mio amico aspirò intensamente, cercando di calmarsi. “Devo concentrarmi. Si.”
“Hai trovato il preside?” domandai, sperando che cambiare l’argomento sbollisse la sua rabbia.
“Si. Dexter Fortebraccio. Era robusto, molto forte, si batteva per i diritti degli studenti. Ma aveva la particolarità di avere una carnagione tendente al rossiccio.” disse Sherlock svogliatamente.
“Allora adesso dobbiamo andare al secondo piano per..”
“Vado io.” mi interompette. “Non c’è bisogno che mi accompagni.”
Si avviò così verso le scale, lasciandomi solo.
Non ero arrabbiato con lui, no. Lo capivo. Aveva bisogno di solitudine per riprendersi da quella personale sconfitta. 
 
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C’è qualcosa in quella Adler che mi rende nervoso. Qualche tempo fa avevo scritto che probabilmente era tutta una mia fantasia, ma ora la cosa  non mi sembra più tanto astratta.
Da quando ha consegnato quei primi test senza voto, ha fatto un’altra verifica scritta e due prove orali. In generale la classe non se l’è cavata male, alcuni hanno preso sotto la verifica, altri le interrogazioni, come in tutte le classi del mondo.  Ma solo una persona ha avuto dei voti bassissimi in entrambe le prove: Sherlock. 
E non posso dire che non studia! Oh no! Si prepara in maniera eccellente! E ne sa molto più di me, inoltre! 
Però nella verifica scritta ha preso un Desolante (infatti c’erano più segni rossi che altro) e nelle prove orali, chissà per quale insulsa maniera, si ritrova sempre a sbagliare gli incantesimi da lanciare! Perfino lui non ci crede! E se per caso la professoressa gli fa una domanda sul programma e lui incomincia a rispondere in modo esauriente, lei lo interrompe, facendogli fare collegamenti assurdi, in modo da confonderlo e mettergli un voto basso. 
Il massimo che è riuscito a prendere è stato uno Scadente nell’ultima interrogazione.
Inoltre negli ultimi tempi, durante le esercitazioni pratiche, la Adler si aggira sempre vicino a Sherlock, cercando di correggere ogni sua piccola svista, facendolo innervosire sempre più. 
 
Quest’oggi, poi, è successo un fatto che mi ha lasciato veramente senza parole. 
Durante un’esercitazione dell’incantesimo di disillusione, la professoressa ha detto al mio amico con tono languido: “Così non va mica tanto bene, Sherlock Holmes. Secondo me avresti bisogno di alcune lezioni private, in modo da colmare le tue lacune.”
Sherlock spalancò gli occhi, incredulo. Lui andare a ripetizioni? 
“Sai, mi viene male pensare che un mio studente abbia così tante difficoltà con la mia materia. Soprattutto se questo studente è così brillante e intelligente al di fuori della mia aula.” 
E qui io incominciai a sentire il sangue scorrermi in testa: mai lodare Sherlock Holmes! Lo so per esperienza che appena viene adulato questi comincia ad atteggiarsi come una primadonna! Poi detto da LEI! Veramente, sentivo il fumo uscirmi dalle orecchie.
“Quindi ho pensato di farti delle lezioni aggiuntive in orario extrascolastico.” continuò lei “Ogni venerdì sera, alle nove e mezza, nel mio ufficio.”
“Oggi è venerdì.” fu l’unica cosa che il Serpeverde riuscì a dire.
La donna arricciò le labbra in un sorriso: “Esatto.”
 
“Così sta sera avrai la lezione con la Adler.” sentenziai, lugubremente, a Sherlock.
Ci trovavamo in biblioteca, siccome dovevamo svolgere una ricerca per il compito di trasfigurazione.
“È così.” rispose con tono piatto.
“La odio.”mi sfuggì.
Sherlock alzò gli occhi dal volume: “Chi?”
“Lei! È odiosa! Hai visto come si comporta?!”
Sherlock riabbassò gli occhi sul libro I segreti della materializzazione. “Perché ti arrabbi tanto? Con te non si comporta mica male.”
“Ma si comporta male con te!”
Ci ritrovammo a guardarci intensamente, senza aggiungere una parola. 
Fu Sherlock a rompere il silenzio. “Perché ti preoccupi così tanto per me?” 
Questa frase non l’aveva detta con il suo solito tono annoiato. No. Aveva una sfumatura di vera incomprensione. Come se non riuscisse realmente a capire perché fossi così in pensiero per lui.
“Perché sono tuo amico,Sherlock!” risposi di getto. 
Poi aggiunsi, meno sicuro di prima: “E non mi piace quando gli altri ti trattano così.”
Potevo sentire l’aria intorno a me addensarsi in una strana tensione. 
“Grazie.” fu l’inaspettato commento di Sherlock.
 
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Sherlock si ostina a non raccontarmi cosa fa durante le ore di recupero di Difesa Contro le Arti Oscure.
Sulle prime pensavo fosse per vergogna. Infatti inizialmente il solo fatto di andare a lezioni supplementari lo faceva andare su di giri.
Ma ormai è passato un mese da quando ogni venerdì ha lezioni con la Adler e ancora non vuole parlarmene. Appena cerco di domandargli come è andata, lui evita il mio sguardo e cambia discorso. 
Sherlock che cambia discorso?? Cos’è, uno di quei romanzi di fantascienza babbani?
Inoltre durante le lezioni la Adler è sempre appiccicata al mio amico. Ha incominciato anche a sfiorargli il braccio appena fa un errore, oppure, durante le esercitazioni pratiche, gli sussurra cosa deve fare nell’orecchio.
E lui non fa nulla per ribellarsi da questa situazione. La accetta semplicemente.
Basta, non resisto più! Devo scoprire cosa c’è sotto!
Questa sera spierò dal buco della serratura durante le loro lezioni. Non mi importa un accidente se verrò scoperto e punito!  
….. Beh.. Forse un po’ si…..
 
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Brutta schifosa! Oh, non so cosa le farei!
Ma andiamo con calma. Avevo scritto che avrei spiato le loro lezioni dal buco della serratura? Ebbene, è proprio così che ho fatto.
Ho aspettato le nove e quaranta per appostarmi davanti alla porta dell’ufficio della Adler. Siccome la lezione era iniziata da circa dieci minuti, ho pensato che nessuno dei due mi avrebbe scoperto. Inoltre nessun altro si sarebbe accorto della mia presenza, perché era molto improbabile che qualcuno passasse per caso in quell’ala del castello. 
Quindi mi sono appostato alla porta e ho cercato di dare un’occhiata all’interno. 
Purtroppo non riuscivo a cogliere i loro discorsi, sia perché si trovavano piuttosto lontano dalla porta e sia perché probabilmente parlavano con un tono di voce piuttosto basso.
Ma quello che ho scorto con i miei occhi mi è bastato. 
Quella donna era continuamente avvinghiata a Sherlock, con un sorriso malizioso stampato in faccia. Il mio amico era impassibile alle sue avance, ma non sembrava neanche tanto disgustato.  Come se fosse vuoto, privo di anima.  
Una cosa impossibile! Non si sarebbe mai comportato in questa maniera! Normalmente avrebbe reagito in qualche modo! Invece… E se per caso loro due…. No! NO!
Non sopportai oltre quella vista e me ne andai.
 
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Sherlock è ancora reticente nel dire cosa fa durante le ore extrascolastiche di Difesa Contro le Arti Oscure. 
E io mi sento rodere dentro come se fossi un tronco di legno infestato da una famiglia di tarme affamate.
 
Mentre mi spostavo dall’aula di Trasfigurazione a quella di Divinazione incontrai proprio la professoressa Adler camminare nel verso opposto al mio. Non resistetti.
“Professoressa.”
“Uh, ciao. Qualche problema?” aggiunse appena vide la mia espressione seria.
“Devo parlarle.”
 Non so come trovai questa immensa faccia tosta, veramente, non ne ho idea. Ancora adesso mi domando se non ero sotto incantesimo…
“Certo, Watson. Cosa devi dirmi? Non hai capito l’ultimo argomento?”
“No. Volevo parlare di Sherlock Holmes.”
La Adler fece un sorrisetto al sentire quel nome. “Si?”
“Ho visto come lo guarda, come si atteggia. I voti estremamente negativi sono solo una scusa. Come le lezioni supplementari.”
L’insegnante si mise a ridacchiare, poi disse a bruciapelo: “Siamo per caso gelosi?”
La mia sicurezza vacillò per qualche istante. “Co-cos.. Che? Geloso?”
“Ho visto che sei sempre attaccato a lui. Qualcuno potrebbe pensare che non siete solo semplici amici.” 
Fu come una roccia di mille chili che si ritrovò a precipitare sopra la mia testa.  
“Noi… No!” gridai, quasi esageratamente.
La professoressa continuò a sghignazzare tra sé: “Watson, stai solo esagerando.”
A queste parole ritornai in me: “Non sto affatto esagerando. Un’insegnate non flirta con un proprio studente per tutto il tempo!”
Il sorriso della donna si spense. “Seriamente. Non so se ti sei reso conto della tua posizione. Non credere che queste parole mi hanno messo paura e che da adesso in poi cambierò il mio atteggiamento verso di lui. Non ci metto tanto ad abbassare anche i tuoi di voti, Watson.” 
Cercai di sostenere il suo sguardo, che era tutt’altro che amichevole.
“Facciamo finta che questa conversazione non sia mai avvenuta.” aggiunse lei “E tutto andrà bene.”
Detto questo la donna mi superò, mentre io rimasi immobile per qualche altro secondo prima di decidere di avanzare per la mia strada.
 
Quando dopo incontrai Sherlock, decisi di raccontargli la mia avventura con la Adler, sperando una qualche reazione da parte sua, in modo da farlo reagire al comportamento disgustoso dell’insegnante nei suoi confronti.
Invece l’unico commento che mi disse fu un semplice: “È meglio che stai fuori da questa faccenda.”
Rimasi così interdetto che non riuscii ad aggiungere neanche una singola parola. 
 
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Parlare di Difesa Contro le Arti Oscure o della professoressa Adler è diventato ormai tabù.
Appena si nominava una delle due parole, Sherlock si incupiva e rimaneva tra le sue per tutto il resto del giorno.
Finchè un giorno mi disse, mentre stavamo andando a lezione di erbologia: “Oggi ci sarà l’ultima lezione extra di Difesa Contro le Arti Oscure.”
Stavo quasi per inciampare sui miei propri passi al sentire quelle  parole uscire dalla sua bocca in modo così naturale.
“Davvero?” chiesi, senza nascondere il mio stupore.
“Molto probabilmente sì.”
Cosa voleva dire con molto probabilmente sì?  Ma non glielo chiesi, era già abbastanza che avesse accennato all’argomento tabù. Non avrei voluto peggiorare la situazione.
 
Ma la mia curiosità mi sta distruggendo. Questa sera spierò nuovamente l’ufficio della Adler. E, grazie a delle orecchie oblunghe che ho comprato di recente al negozietto di contrabbando della scuola, riuscirò ad ascoltare anche la loro conversazione.
 
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Sono ancora incredulo di quello che è successo. Ora racconterò i fatti come si sono svolti. 
 
Mi sono appostato nello stesso posto e alla stessa ora della volta scorsa, questa volta però attaccando l’orecchio incantato alla parte sottostante della porta. In questo modo i suoni provenienti dalla stanza si sono amplificati e grazie all’altra estremità dell’orecchio oblungo sono riuscito a captare ogni singola battuta dei due personaggi all‘interno dell‘ufficio.
 
Erano seduti uno di fronte all’altro, ognuno in una soffice poltrona color nero pece. 
La Adler indossava una semplice vestaglia blu elettrico, che lasciava scoperte le gambe da metà coscia in giù.
“Cosa pensi di ripassare oggi, caro Sherlock?” sorrise lei, accavallando le gambe.
“Non penso di avere molta voglia di ripassare oggi.” mormorò Sherlock, deglutendo piano.
La professoressa non fece a meno di arricciare le sue labbra nel suo tipico modo malizioso, poi uni le mani e si sporse in avanti, avvicinandosi a lui sempre di più: “Allora, cosa pensi di fare?”
Mi spaventai a sentire il mio respiro così affannato. Avevo voglia di scappare via, ma allo stesso tempo non avevo intenzione di muovere un singolo muscolo.
“Non saprei.” rispose Sherlock, sofferente.
“Fa piuttosto caldo, non è vero?” continuò lei, aprendosi un poco la vestaglia, mostrando con finta noncuranza l’inizio del seno.
“Abbastanza. Mi è venuta piuttosto sete. Per caso ha..”
“Certo.” Lo interruppe lei, alzandosi e avviandosi verso una credenza “Cosa preferisci? Ho dell’acquaviola o del whisky.”
“Non c’è dell’acqua?” 
La donna si mise a ridere di gusto: “No” poi aggiunse, lanciandogli un’occhiata mielosa “Non sei più un bambino.”
Sherlock fece un respiro profondo poi disse: “Allora dell’acquaviola, grazie.”
La Adler sorrise compiaciuta e versò il liquido viola in due bicchieri che adagiò sopra il tavolino che stava tra le due poltrone.
“Ah.” esclamò improvvisamente Sherlock girando la testa di lato. “E quello cosa sarebbe?” indico una scatolina rossa con i bordi dorati sopra una scrivania “È dalla prima lezione che avevo pensato di chiederlo.”
La donna rispose con un sussurro: “Si tratta di un carillon magico.“ poi si alzò per andarlo a prendere “Se qualcuno ascolta la sua musica si viene colpiti da una forte sonnolenza.”
In quel frangente Sherlock fece qualcosa che non capii immediatamente. Appena l’insegnante si girò verso l’oggetto da lui indicato, si sporse fino a sfiorare il proprio bicchiere e lasciando cadere qualche goccia di non so quale pozione. Mi resi conto dopo che, per tutto il tempo, aveva tenuto nascosto nella sua manica una boccettina contenente un liquido incolore.
Appena la Adler si era rigirata, il mio amico aveva già scambiato i bicchieri e stava sorseggiando l’acquaviola incontaminata.
Mi chiesi se per caso aveva intenzione di avvelenarla. Per questo aveva detto che si sarebbe trattata dell’ultima lezione.
Mi sentii gelare le ossa. Se era così stavo per assistere ad un assassinio in diretta. 
Non mi mossi e continuai ad osservare la scena.
La donna si sedette nuovamente nella poltrona, prendendo in mano il bicchiere e bevendone più della metà in un sol fiato.
Sherlock si lasciò sfuggire un impercettibile sorriso, che subito mascherò con un colpo di tosse e una domanda: “Quello che volevo chiederle di fare oggi è spiegarmi per chi lavora.”
Gli occhi chiarissimi della donna si spalancarono per la sorpresa. 
“Che domande, per il preside. Sono un’insegnante.”
Sherlock si adagiò più comodamente alla poltrona e si unì i polpastrelli in modo saccente:“Sai quello che intendo.”
La Adler parve riflettere, poi disse, in modo piuttosto calmo: “Hai messo del Veritaserum nella mia acquaviola.”
Sherlock sorrise, imitato poco dopo dalla stessa Adler. 
“Sei più furbo di quel che immaginavo, Sherlock Holmes. Sai, pensavo di averti completamente tra le mie mani, ma mi sbagliavo.”
“Per chi lavora?” domandò lui.
“Per Moriarty.”
Non riuscivo a credere alle mie orecchie. Lui? Come è possibile? Era solo uno studente!
“Come ha fatto a ingaggiarti?” continuò l’interrogatorio.
“I suoi genitori erano dei mangiamorte. Come me d’altronde. Ma un giorno decisi di fuggire, di lasciare quell’organizzazione senza scrupoli. I suoi genitori mi aiutarono a nascondermi, a farmi cambiare identità. Quando poi il Signore Oscuro è morto definitivamente, ho ricominciato la mia vita da capo.” 
Si fermò per qualche secondo poi continuò: “Ma la mia identità di mangiamorte doveva rimanere segreta. Deve rimanere segreta. Ho ucciso, Sherlock, ho ucciso tanto.” lo guardò seriamente negli occhi “Se il Ministero scoprisse i crimini che ho fatto durante quel periodo, oh, beh! Il mio destino sarebbe quello di marcire ad Azkaban senza più la volontà di pensiero. E non voglio finire così.” 
Fece un’altra pausa, dove aspirò tutta l’aria che poteva contenere nei suoi polmoni, poi riprese: “Quindi immaginati quando mi hanno consegnato una lettera indirizzata da Jim Moriarty, dove c’era scritto che se non avessi fatto quello che lui ordinava, qualcuno, casualmente, sarebbe venuto a conoscienza di particolari interessanti della mia vita. Sono stata obbligata, in poche parole.”
Sherlock sospirò, poi chiese ancora: “Cosa ti ha chiesto di fare?”
La donna sorrise, poi rispose: “Sedurti, Sherlock.” 
Il mio amico rimase impassibile, “Perché?”
“È semplice. Jim aveva un piano. Voleva che tu ti innamorasti di me. In questo modo io ti avrei dato appuntamento a mezzanotte all’Albero Piacchiatore e, invece di trovare me, avresti trovato lui.”
Si levò un fitto silenzio, dove i due personaggi rimasero a studiarsi, completamente immobili.
“Quando sarebbe stata la data dell’appuntamento?” chiese dopo un po’ il mio amico.
“Domani notte.” sospirò lei. 
“Ci andrò.”
La Adler lo guardò con un’espressione straniata: “Cosa? Sei pazzo?”
“No. Jim si aspetta che mi presenti totalmente sprovveduto. Ho scoperto il suo piano e sono in vantaggio.”
La donna sorrise malinconicamente.
“Così non sei obbligata a dirgli che hai fallito la tua missione. E non finirai in prigione.”
Mi sentii la bocca impiastrata e secca allo stesso tempo. Non sapevo cosa pensare. Probabilmente anche la Adler si trovava nella mia stessa condizione, perché non riusciva a proferire nessuna parola.
“Non lo faccio per sentimentalismi.” sottolineò Sherlock alzandosi dal divano “L’unica ragione è che non voglio dargliela vinta.” 
Sherlock si avviò verso la porta, la stessa porta dove io ero nascosto. Mi venne un attacco di  panico: non sarei mai stato abbastanza veloce a prendere le orecchie incantate e ad andarmene senza essere scoperto!
 Fui salvato da un commento della Adler. 
“Non fare idiozie, Sherlock. Ti devo tanto, è vero. Ho il terrore di essere imprigionata ad Azkaban. Ma non per questo dovresti farti uccidere. Ci sono persone che ti vogliono realmente bene qui.”
A queste parole Sherlock si arrestò, consentendomi di prendere gli oggetti magici e di scappare velocemente, senza che nessuno si accorgesse della mia presenza.
Mi dispiace molto non sapere quello che Sherlock ha risposto al commento dell’insegnate. 
  
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