Capitolo III.
Good news and broken dreams
Cancello del parco di
Hogwarts.
1 settembre 2022.
Hogwarts si stagliava, netta con le sue torri acuminate
e le sue merlature scure, nel nero di un cielo abitato da poche stelle ed un
pallido spicchio di luna. L’inferriata di metallo fosco del cancello che dava
sul parco del castello era stato lasciato aperto, così da far entrare gli
studenti che erano stati accompagnati con le carrozze fino all’inizio delle
proprietà della scuola. Un po’ in lontananza, si potevano facilmente scorgere i
bagliori delle luci accese nei vari corridoi della scuola e della sala
d’ingresso – su cui dava il portone d’ingresso, anch’esso aperto.
Hogwarts non sembrava essere cambiata, neppure
esteriormente: era le stessa, cara, vecchia Hogwarts – una delle scuole di magia
più famose del mondo, con il suo aspetto un po’ tetro ma che, dopo un po’, non
potevi non considerare accogliente come la casa da cui eri partito.
Albus, preso com’era dall’euforia del momento, iniziò a
canticchiare il testo che spesso aveva sentito da Lucy mentre si allenava per
il coro scolastico diretto da Vitious. Se Lucy aveva una bella voce, però, non
si poteva di certo dire lo stesso di Albus, che invece sembrava un cane
moribondo.
Per questo motivo, Rose scosse la testa ridendo, mentre
gli dava una spinta per farlo scendere dalla carrozza. Ma, e questo era Rose lo
doveva ammettere, suo cugino aveva ragione a rimanere incantato ogni volta:
anche lei, spesso, rimaneva impressionata dall’attrazione che Hogwarts
suscitava.
« Era mancata anche a te,
vero? » chiese Al, affiancandola nell’attraversare il cancello di
ferro battuto.
« Tantissimo » ammise Rose, annuendo,
mentre un sorriso le nasceva spontaneo sulle labbra. Sì, le era mancata
quell’aura di protezione e sicurezza che il castello emanava, così grande e
dalle mura possenti.
« Ora mi sento meno stupido » disse Al, ridacchiando,
mentre ogni cosa diventava sempre più nitida mano a mano che si avvicinavano.
Dopo un po’, riuscì a scorgere il professor Paciock in piedi in cima ai gradini
che portavano alla sala d’ingresso; sorrideva, stimò il ragazzo una volta che
furono abbastanza vicini da riuscire a notare quel piccolo particolare. Il
sorriso di Neville era caldo e rassicurante, e, quando gli passarono accanto,
Rose ed Albus gli sorrisero di rimando, ma lui non se ne accorse.
Attraversano quella sala che ogni anno vedevano per
prima ed entrarono poi in Sala Grande. Sembrava senza soffitto, per quanto era
simile al cielo già buio di quella notte; le candele volteggiavano sopra ai
tavoli, già apparecchiati ma senza cibo nei piatti. Gli stendardi delle quattro
Case si muovevano leggermente, come mossi dal leggero vento settembrino che
batteva sulla grande finestra dietro a tavolo dei professori e lungo le pareti.
Albus si girò verso la cugina e abbozzò un sorriso
laconico: non voleva separarsi da lei, dopotutto era una delle persone con cui
era più in confidenza, ma nonostante ciò il Cappello Parlante aveva deciso che
loro due dovessero sedere a tavoli completamente diversi. Rose fece spallucce e
ricambiò il suo sorriso; poi gli scoccò un bacio sulla guancia e si avvicinò al
tavolo dei Grifondoro per andare a sedersi tra Hugo e Roxanne.
Anche il ragazzo si girò e si diresse al suo, di tavolo:
al tavolo dei verde-argento. Prese posto accanto agli amici, che lo avevano
preceduto sulle carrozze per dargli un po’ di tempo da passare con sua cugina.
Dovrei dirlo, a James, che
non tutti i Serpeverde non hanno un cuore – pensò, ironico.
Skandar sembrava veramente intenzionato ad entrare nella
squadra di Quidditch, e in quel momento stava appunto conversando di quello con
Noah. Forse, però, ‘conversare’ era una parola grossa, visto che il giovane
Zabini sembrava avere la testa da tutta un’altra parte.
Era strano, Noah, sembra così distaccato. Effettivamente,
era un po’ l’antitesi di Albus, che spesso si era ritrovato a dover rispondere
a domande tipo “Ma perché sei un Serpeverde?”. Non aveva mai detto la verità,
Albus, ovviamente, anche perché sarebbe stato alquanto assurdo rispondere
“Perché l’ho chiesto io”, visto che la maggior parte delle persone ancora
credeva che tutti i cattivi finissero nella casa di Salazar.
« Ehi, Al! » lo salutò ad un certo
punto Skandar, sorridendo allegramente, mentre Noah scuoteva impercettibilmente
la testa.
« Ciao, Skandar » ricambiò,
sorridendo leggermente.
« Chiamami ancora così e ti mangio »
minacciò Nott, puntandogli contro la forchetta e guardandolo con gli occhi
ridotti a due fessure. « Quel nome è orribile. Devi chiamarmi Jackson. Ripeti:
Jack-son. Jackson! »
Skandar— No, Jackson aveva l’aria di uno del tutto intenzionato ad iniziare un
discorso lungo mille miglia, ma la preside Sprite che si alzava dalla sua sedia
al centro del tavolo degli insegnanti per fare un cenno a Mastro Dole lo
ammutolì seduta stante. Con un movimento della bacchetta, la preside fece
apparire davanti alla propria postazione uno sgabello di legno, su cui era
poggiato il Cappello Parlante con la solita aria vecchia.
Il portone della Sala Grande si
spalancò nuovamente, così da lasciar passare le matricole che, di lì a poco,
sarebbero state smistate in una delle quattro Case. Molti avevano un’aria quasi
spaurita e si guardavano attorno come se non avessero ancora ben capito se ciò
stava accadendo realmente. Una volta che la porta si fu richiusa alle spalle
dei nuovi studenti, il Cappello Parlante iniziò ad intonare la sua ennesima
canzone.
« Anderson, Jeremy » iniziò il
professore di Trasfigurazione, il signor Towler.
Un ragazzino smilzo e dai capelli
biondicci si fece largo tra i compagni, si sedette sullo sgabello e
l’insegnante gli mise il Cappello in testa. Aspettarono un po’, finché il
copricapo, dopo una manciata di minuti, non urlò: « Tassorosso! ».
Mentre il bambino correva a
perdifiato verso il suo tavolo, con un sorriso che gli occupava metà faccia, un
altro ragazzino venne chiamato e finì a Grifondoro.
« Quest’anno ci sono tantissimi
primini » notò Jackson – Albus lo chiamava Skandar solo per farlo arrabbiare,
alla fine –, osservando l’enorme quantità di prole che c’era. « E sono sempre
più piccoli. Anche noi eravamo così, alla loro età? »
« Sai che non me lo ricordo? »
rispose Al con una scrollata di spalle mentre si stiracchiava un po’.
« Sinceramente a me non importa poi
molto » sentenziò Noah, mentre una ragazzina dai capelli rossi veniva smistata
a Corvonero, seguita poi da un moro che correva verso i Grifondoro.
« A me sì. Ho fame, il Cappello è
lento come una quaresima » si lamentò Jackson con una smorfia.
« Riesci a non pensare al cibo per
due secondi? » chiese Noah, sibilino ed esasperato. « Non fai che parlare di
cibo. Se continui così, probabilmente quando crescerai – ovviamente, se crescerai – ti ritroverai a gestire
un negozio di alimentari. Babbano ».
« Smettila. Non è vero » sibilò
l’altro, perché poteva anche non pensarla come i Serpeverde che c’erano durante
gli anni in cui suo padre era a scuola, ma comunque lui era un Nott. C’era da
dire, però, che lui non era solo un Nott, lui era Jackson Nott, perciò aggiunse: « Al massimo una pasticceria ».
Finalmente, un ragazzino con la pelle color caramello –
molto simile a quella di Fred e Roxanne, a dire il vero – ed i capelli scuri
finì a Serpeverde, tra gli applausi dei verde-argento, compresi Al, Noah e
Jackson.
« Hale, Lucy… Grifondoro! »
« Morag, Susan… Corvonero! »
« Hudson, Jack… Tassorosso! »
« Turpin, Nancy, Tassorosso! »
Lo smistamento durò ancora un bel
po’ – quell’anno i ragazzini da smistare erano davvero tanti ed era ovvio che
la cerimonia si sarebbe svolta con lentezza esasperante. L’ultimo smistato, il
fratello di Noah, venne smistato – con grande sorpresa di tutti – a Grifondoro.
Assomigliava molto a Noah, ma si vedeva anche da lontano che il temperamento
era una delle poche cose che condividevano – negli occhi di Zayne, infatti, vi
si poteva scorgere sempre la risata pronta e a portata di mano, mentre al
fratello era già difficile strappare un solo sorriso.
Jackson ed Al si girarono
rapidamente verso il compagno di stanza, che dal canto suo era rimasto come
paralizzato sul posto. Poi si strinse nelle spalle e si alzò veloce, per
applaudire al fratello, che gli riservò un sorriso grato.
« Non sei arrabbiato, Zabini? »
chiese Nicholas Goyle con un sorrisetto. «Oppure non ti sei sorpreso perché lo
sospettavi già? »
L’interpellato lo gelò con un’occhiataccia e rispose: « Se un Potter
può finire a Serpeverde, mi sembra anche normale che uno Zabini possa essere un
Grifondoro. Sai cosa mi avrebbe sorpreso, invece, Goyle? Se tu fossi finito a
Corvonero ».
Jackson fischiò, scoppiando poi a
ridere, e Nicholas si girò con fare stizzito, la coda tra le gambe, per cercare
di instaurare un discorso con Cassandra McLaggen come se niente fosse. Ma il
ghigno divertito sul volto della ragazza faceva capire che aveva trovato
esilarante la risposta di Zabini; ammiccò in direzione di Noah e liquidò Goyle
per parlare con una ragazza dai capelli scurissimi.
A riscuoterli fu il battito di mani della preside, che
regalò agli studenti uno dei suoi soliti caldi e splendenti sorrisi. La Sprite
era una dei presidi più disponibili e socievoli che ci fossero mai stati ad
Hogwarts ed era anche troppo tenera per essere odiata da qualcuno,
probabilmente. Tutti gli studenti la adoravano.
« Ora » cominciò, « mangiate. So per
certo quanto possa essere estenuante un viaggio di ore interne, e penso che è
meglio rifocillarsi prima del solito discorso d’inizio anno ».
Albus e Skandar si scambiarono uno
sguardo: erano loro, o davvero la Sprite aveva calcato su quel solito?
Margaret, accanto a Lily e di fronte
ad Hugo, li guardò stralunata e mugugnò: « Come fate a mangiare così senza
ingrassare, proprio non lo so… »
« Quidditch » bofonchiò Hugo con la
bocca piena, mentre Lily – nonostante ci fosse abituata, dopo quasi quindici
anni in compagnia di James – lanciò uno sguardo attento all’amica, prima di
guardarsi un po’ attorno sbocconcellando qualcosa dal piatto.
Nel tentativo di prendere la
caraffa, però, Hugo quasi le finì addosso. Si girò verso di lui, leggermente
scocciata, e, quando lui le chiese se poteva passargli il succo, annuì
ghignando. E mentre gli passava la caraffa, gli versò un po’ di succo addosso –
accidentalmente, ovvio.
« Ehi! » sbottò lui, afferrando un
fazzoletto per pulirsi i pantaloni macchiati.
Rose lo guardò con le sopracciglia
inarcate, prima di dirgli con fare ovvio: « Hughie, sei un mago. Perché non usi
quella diamine di bacchetta?»
Hugo arrossì violentemente in zona
orecchie e bofonchiò qualcosa di molto simile ad un: « Non è colpa mia se ho
perso l’abitudine, dopo due mesi senza magia… », prima di estrarre dalla tasca
la propria bacchetta e pulirsi i pantaloni con un Gratta e netta.
James e Lily ridacchiarono, lanciandosi un’occhiata, mentre
Rose sentiva qualcosa scivolarle dietro. Si voltò e si trovò davanti il
fantasma del Grifondoro tutto sorridente che si sistemava la gorgiera che gli
teneva su la testa.
« Ehi, ragazzi! » esclamò allegro
Nick-Quasi-Senza-Testa. « Passate buone vacanze? »
« Alla grande! » esclamarono Logan e
James quasi in coro, battendosi poi il cinque. Rose li guardò, ridendo e
convenendo con loro.
« Benissimo, grazie » rispose
educatamente Margaret, mentre Lily annuiva. « Lei invece come ha passato le
vacanze qui ad Hogwarts? »
Il fantasma si strinse nelle spalle
opache e semitrasparenti, rispondendo: « Il solito. Pix ha dato il via al
finimondo, diceva che senza gli studenti non sapeva più con chi prendersela e
quindi ha iniziato a lanciare oggetti contro le armature ed i quadri. Dovevate
vedere com’era arrabbiato il Barone Sanguinario… »
Logan e Lily scoppiarono a ridere,
seguiti poco dopo da tutti gli altri. Qualche studente del primo anno si voltò
a guardarli, sobbalzando poi alla vista del fantasma.
Probabilmente non sono abituati a vederne uno – stimò Rose
con una scrollata di spalle, ridacchiando, mentre le pietanze che prima
alloggiavano nei grandi e brillanti piatti venivano sostituite all’istante dai
dolci.
Lily prese subito una fetta del suo
dolce preferito, la torta alla melassa, e dopo che ognuno ebbe finito anche il
dolce, la preside si alzò ancora dalla propria sedia, avviandosi verso il
leggio posto davanti al tavolo degli Insegnanti.
« So che sarete stanchi, ma ho
ancora qualcosa da dire. Non dovrei metterci molto, e gradirei che nessuno mi
interrompesse » iniziò – Logan fu quasi sicuro che la preside avesse lanciato
un’occhiata a lui e James. « Innanzitutto, sono felice di riavere qui con noi
la professoressa Davies, che per due anni ha girato il mondo in cerca di
creature magiche particolari. Le regole sulla Foresta e i suoi limiti ormai
credo li conosciate a memoria, ma devo ripeterlo per i nostri nuovi studenti:
non dovete addentrarvi nella Foresta, è molto facile perdersi e non altrettanto
lo è ritrovare la via del ritorno. Sono stata chiara? Inoltre, e so che non la
prenderete bene, mi duole dirvi che quest’anno non si terrà alcuna coppa del
Quidditch ».
La preside l’aveva detto
velocemente, con il solito sorriso gioviale sulle labbra, mentre gli studenti
ammutolivano di colpo per poi iniziare a protestare vivacemente. Logan guardava
la professoressa con gli occhi sgranati, Scorpius aveva la bocca spalancata, e
molti altri studenti – praticamente tutti – avevano reagito quasi allo stesso
modo.
Il Quidditch era uno dei simboli di
Hogwarts, praticamente. Le partite tra le Case rendevano quei nove mesi di
studio meno faticosi e pesanti, più leggeri e divertenti; vedersene privati era
qualcosa di orribile e che, tutti lo sapevano, avrebbe condotto, a lungo
andare, anche alla noia.
Insomma, il Quidditch è il Quidditch – pensò Albus,
basito, mentre Skandar accanto a lui si accasciava sul tavolo mormorando
qualcosa che assomigliava molto ad un: « Non è proprio destino… » piuttosto
depresso.
« C’è, ovviamente, una spiegazione a tutto ciò » riprese la Sprite,
alzando un poco la voce per sovrastare il mormorio che andava espandendosi per
la Sala Grande. « Non mi sognerei mai di abolire il Quidditch senza un vero
motivo, niente è più lungi dalle mie intenzioni, ma quest’anno Hogwarts ed il
suo personale saranno troppo occupati in altre cose per tenere il Campionato ».
James si fece improvvisamente
attento, protendendosi con il busto più verso il tavolo degli insegnanti. Accanto
a lui, Logan guardava la preside come se l’avesse vista per la prima volta –
sembrava un ragazzino curioso che voleva scoprire a tutti i costi cosa facevano
la propria sorella ed il ragazzo in stanza.
« Quest’anno, infatti, sono lieta di
poter affermare che Hogwarts ospiterà un evento importantissimo, che non aveva
luogo da ormai quasi trent’anni: il Torneo Tremaghi » continuò la preside,
mentre la professoressa Cooman – che insegnava Divinazione ormai anche da
troppo tempo – scuoteva forte la testa, gli occhi sgranati. « Forse qualcuno di
voi non sa di cosa io stia parlando » disse Pomona, sorridendo con dolcezza ai
ragazzi che la guardavano senza capire. « Dovete quindi sapere che il Torneo
Tremaghi è una specie di competizione tra le tre scuole più importanti
d’Europa: la nostra, Beaux-Batons e Durmastrang. Verrà scelto un ragazzo per
ogni scuola, e questo diverrà automaticamente il Campione di tale istituto e
dovrà partecipare a tre sfide » la preside s’interruppe un attimo, prima di
inspirare profondamente e aggiungere: « Ma per il vostro solo interesse, ci
tengo a raccomandarvi di non prendere tutto ciò alla leggera: nonostante il
Torneo dovesse tenersi inizialmente ogni cinque anni, ad un certo punto il
tributo dei morti divenne troppo… troppo alto per poter continuare, ecco ».
La maggior parte degli studenti,
però, sembrava aver deciso di tralasciare quel futile dettaglio ed iniziare a parlottare tra loro, eccitati e come
rianimati. Guardandosi attorno, Margaret si chiese se fosse l’unica in ansia per
ciò che aveva detto la preside: tributo
dei morti…
Accanto a lei, Lily aveva l’aria di
una appena colpita in pieno da un Bolide.
« I presidi di Durmstrang e
Beaux-Batons arriveranno il primo ottobre con le loro squadre di Campioni, e ad
Halloween si eleggeranno i tre… sì, i tre fortunati
» - la preside parve sforzarsi nel pronunciare l’ultima parola, e a qualcuno
sembrò di vederle gli occhi lucidi - « Il vincitore porterà gloria eterna alla
propria scuola, più un premio in denaro di mille galeoni ».
Albus si girò verso i suoi due amici
con un sorriso raggiante sul volto. « Che ne dite, voi ci state? »
Skandar e Noah annuirono, il primo
quasi in visibilio, l’altro più contenuto.
Albus si guardò attorno. Già si
immaginava Campione di Hogwarts e poi del Torneo Tremaghi: avrebbe dimostrato
che era all’altezza di suo padre, una volta per tutte. Così pensando, il suo
sorriso si allargò – tutti avrebbero visto quanto valeva in realtà, finalmente
non sarebbe stato più solo Albus Severus Potter, il figlio del grande Harry
Potter. No, sarebbe stato Albus Severus Potter, il Campione di Hogwarts.
Ma non era l’unico a farsi castelli
campati per aria: anche molti degli altri studenti erano decisi a diventare
Campioni o come minimo a proporsi, si capiva dai mormorii che provenivano da
tutte e quattro le tavolate. Purtroppo, ci pensò sempre la preside a
distruggere tutti i suoi sogni con una semplice aggiunta al discorso di prima.
« So che molti di voi vorranno
partecipare, ma trent’anni fa i presidi e il Ministero decisero di imporre un
limite di età. Mi dispiace dirvi che
non è stato tolto, e perciò solo gli studenti dai diciassette anni in su
avranno l’opportunità di iscriversi. Questa è una misura » - la preside alzò
ancora la voce, ignorando le proteste che si levavano dalla folla - « che il
Consiglio – ed anche io, ad essere sinceri – ritiene più che necessaria.
Nessuno studente sotto questa fascia di età dovrà anche solo provare ad
iscriversi, o verrà severamente punito ».
I suoi sogni di gloria erano già
finiti: distrutti, come un’onda che si infrangeva su un castello di sabbia,
facendolo crollare. Sarebbe rimasto ancora il figlio del Salvatore del Mondo
Magico, e la prospettiva non lo allettava affatto.
« Mi aspetto la massima gentilezza
da parte vostra nei confronti dei nostri ospiti. E sono sicura che sarete più
che solidali con il Campione di questa scuola, chiunque esso sia, e che lo
sosterrete sempre e comunque. Ora, però, è tardi per le chiacchiere, e domani
inizierete le vostre lezioni, perciò dovreste essere riposati e svegli. Buona
notte! »
La preside si congedò con un sorriso
incoraggiante e sparì dalla vista degli studenti con uno svolazzo del mantello
verde, mentre le voci allegre ed eccitate erano notevolmente diminuite: molti
toni erano infatti più amareggiati che altro. Nessuno era d’accordo, tranne
naturalmente quelli di almeno diciassette anni, che comunque si vedevano
ricevere più possibilità di riuscita.
Albus si alzò, scoraggiato, e
Skandar sospirò pesantemente seguendo il suo esempio assieme a Noah.
« Sarà per la prossima volta » disse
Noah con una scrollata di spalla.
« Già, la prossima volta… » borbottò
Al, avvicinandosi alla Prefetto di Serpeverde del suo anno – una ragazza alta e
biondo che si chiamava Viola – che intanto stava radunando le nuove matricole.
« Che sfiga, però » sbuffò Skandar,
grattandosi la nuca con la mano destra. « Beato tuo fratello! Guardalo, come si
diverte… »
Albus si girò verso il tavolo dei
Grifondoro, dove James, in piedi, rideva allegramente con Logan in compagnia di
Scorpius, che aveva un’aria piuttosto mogia – probabilmente l’avevano anche
sfottuto, rifletté.
« In questi casi vorrei tirargli
addosso la mazza da Battitore » bofonchiò.
« Ecco, adesso ci servirebbe tua
sorella » ridacchiò Skandar, perché bastava poco a farlo tornare allegro.
Albus sorrise, nonostante i suoi
sogni distrutti, e salutò gli amici con un cenno della mano ed un: « Vado dai
primini, ci vediamo dopo » mentre loro annuivano e sparivano dietro il portone
di quercia.
*
Quando entrò in dormitorio, trovò il
baule già ai piedi del suo letto a baldacchino – il terzo a partire da destra. Era
tutto proprio come se lo ricordava, come lo aveva lasciato: i drappi vermigli
sembravano avvolgere la stanza in tante lingue di fuoco e dalla finestra faceva
capolino la luna.
Nessuna delle sue compagne non erano
ancora arrivate, stimò dopo aver dato un’occhiata in giro. Quindi andò a passo
di marcia verso il proprio letto, e, una volta davanti, tirò un calcio al
proprio baule. Dalle labbra le uscì un gridolino – sia per l’urto con il legno
del bagaglio che per la frustrazione.
Perché Beaux-Batons doveva essere
tra le scuole partecipanti al Torneo Tremaghi? In quel momento, Lily avrebbe
solo voluto poter uccidere lentamente e platealmente il fondatore di quella – dannata – scuola francese.
Come se non bastasse, ora il
regolamento del Torneo voleva che i partecipanti avessero tutti almeno diciassette
anni, perciò lui – il suo nome non
osava nemmeno pensarlo – aveva ancora più possibilità di andare ad Hogwarts.
Si sedette sul letto con un tonfo,
le braccia strette al petto, soffiandosi via una ciocca di capelli rossi che le
era finita davanti agli occhi. Non lo vedeva da luglio e non voleva
assolutamente rivederlo – a che pro, poi? Lily non aveva un motivo per
rivederlo, anzi, ne aveva a bizzeffe per non
vederlo.
« Lily! » la voce di Margaret la
distolse dai suoi intenti omicidi nei fronti degli ormai defunti organizzatori
del Torneo. « Eccoti! » esclamò poi la bionda, affacciandosi alla porta, la
mano destra stretta al fianco, come se stesse per svenire.
Effettivamente, pensò Lily
contraendo la mascella, Margaret ne sarebbe stata capace.
« Sono qui, già » rispose allora
lei, muovendo la mano in cenno di saluto e piegando appena gli angoli delle
labbra verso l’alto.
Margaret la guardò un attimo, le
sopracciglia inarcate, prima di socchiudere le labbra e sgranare gli occhi –
Margaret aveva degli occhi enormi, marroni e grandi e brillanti.
« Oh » esalò quindi, infine. « È per…
sì, insomma, per lui? Effettivamente fa l’ultimo anno, lì a Beaux-Batons… »
« Già » confermò Lily, stringendosi
poi nelle spalle mentre avrebbe solo voluto stringere – fino a polverizzarle,
quasi – quelle di lui. « Ma vabbe’. Le altre? »
« Stanno arrivando » rispose
lentamente Meg. « Non è che vuoi parlarne, vero? »
« Non ora, stanno arrivando » le
sorrise l’amica, e Margaret annuì dopo un po’, prima di sorriderle di rimando
ed iniziare a parlare un po’ di quello che avevano fatto ad agosto dopo la
partenza di Margaret.
***
Scu-sa-te-mi. Davvero, vi chiedo
perdono, non avrei mai pensato di tardare così tanto D: Anche perché per metà
era già pronto! Il banner mi ha messa in difficoltà all’inizio, infatti se
avete notato ho anche cambiato Lily (sì, ora è Emma Stone, la trovo un po’ più appropriata).
Cooomunque! Il prossimo capitolo è
già pronto, spero di postarlo presto!
Oh, e ora faccio un po’ di autospam,
sì? XD
Ecco, quindi, oggi ho postato Dietro la pelle, una ff su Regulus e
Marlene. Un’altra long è Reaching for
something in the distance, long sui Malandrini (a cui tengo
tantotantotanto). Non lo dico solo per farmi pubblicità *paracula*, ma anche
perché a volte, nelle note di fine capitolo, potrei scrivere qualcosa sui
ritardi delle ff e cose del genere.
Ci vediamo al prossimo capitolo! :D