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Autore: Eralery    09/04/2012    7 recensioni
Un Torneo Tremaghi che, alla fine, nasconde molto di più; ragazzi che non sanno cosa siano le guerre – se non per i racconti dei propri genitori –, che d’altra parte sembrano sempre lontane miglia e miglia; legami labili e sottili come i fili con cui le nonne cuciono le coperte per i propri nipotini.
Perché c’è sempre di più di quel che si pensa – non è tutto un gioco, per quanto possa sembrarlo non lo è mai. E sono le nostre scelte che parlano per noi, che parlano di noi, che rivelano al mondo chi siamo in realtà.
“Niente inganna più che la vista.”
Quanto può essere difficile vedere con qualcosa che non siano gli occhi? E quanto può essere facile cadere in fallo quando vi si riesce?
Incompiuta
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Louis Weasley, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nuova generazione
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capitolo 3 lodv

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Capitolo III.
Good news and broken dreams

Cancello del parco di Hogwarts.
1 settembre 2022.

Hogwarts si stagliava, netta con le sue torri acuminate e le sue merlature scure, nel nero di un cielo abitato da poche stelle ed un pallido spicchio di luna. L’inferriata di metallo fosco del cancello che dava sul parco del castello era stato lasciato aperto, così da far entrare gli studenti che erano stati accompagnati con le carrozze fino all’inizio delle proprietà della scuola. Un po’ in lontananza, si potevano facilmente scorgere i bagliori delle luci accese nei vari corridoi della scuola e della sala d’ingresso – su cui dava il portone d’ingresso, anch’esso aperto.
Hogwarts non sembrava essere cambiata, neppure esteriormente: era le stessa, cara, vecchia Hogwarts – una delle scuole di magia più famose del mondo, con il suo aspetto un po’ tetro ma che, dopo un po’, non potevi non considerare accogliente come la casa da cui eri partito.
Albus, preso com’era dall’euforia del momento, iniziò a canticchiare il testo che spesso aveva sentito da Lucy mentre si allenava per il coro scolastico diretto da Vitious. Se Lucy aveva una bella voce, però, non si poteva di certo dire lo stesso di Albus, che invece sembrava un cane moribondo.
Per questo motivo, Rose scosse la testa ridendo, mentre gli dava una spinta per farlo scendere dalla carrozza. Ma, e questo era Rose lo doveva ammettere, suo cugino aveva ragione a rimanere incantato ogni volta: anche lei, spesso, rimaneva impressionata dall’attrazione che Hogwarts suscitava.

« Era mancata anche a te, vero? » chiese Al, affiancandola nell’attraversare il cancello di ferro battuto.
« Tantissimo » ammise Rose, annuendo, mentre un sorriso le nasceva spontaneo sulle labbra. Sì, le era mancata quell’aura di protezione e sicurezza che il castello emanava, così grande e dalle mura possenti.
« Ora mi sento meno stupido » disse Al, ridacchiando, mentre ogni cosa diventava sempre più nitida mano a mano che si avvicinavano. Dopo un po’, riuscì a scorgere il professor Paciock in piedi in cima ai gradini che portavano alla sala d’ingresso; sorrideva, stimò il ragazzo una volta che furono abbastanza vicini da riuscire a notare quel piccolo particolare. Il sorriso di Neville era caldo e rassicurante, e, quando gli passarono accanto, Rose ed Albus gli sorrisero di rimando, ma lui non se ne accorse.
Attraversano quella sala che ogni anno vedevano per prima ed entrarono poi in Sala Grande. Sembrava senza soffitto, per quanto era simile al cielo già buio di quella notte; le candele volteggiavano sopra ai tavoli, già apparecchiati ma senza cibo nei piatti. Gli stendardi delle quattro Case si muovevano leggermente, come mossi dal leggero vento settembrino che batteva sulla grande finestra dietro a tavolo dei professori e lungo le pareti.
Albus si girò verso la cugina e abbozzò un sorriso laconico: non voleva separarsi da lei, dopotutto era una delle persone con cui era più in confidenza, ma nonostante ciò il Cappello Parlante aveva deciso che loro due dovessero sedere a tavoli completamente diversi. Rose fece spallucce e ricambiò il suo sorriso; poi gli scoccò un bacio sulla guancia e si avvicinò al tavolo dei Grifondoro per andare a sedersi tra Hugo e Roxanne.
Anche il ragazzo si girò e si diresse al suo, di tavolo: al tavolo dei verde-argento. Prese posto accanto agli amici, che lo avevano preceduto sulle carrozze per dargli un po’ di tempo da passare con sua cugina.

Dovrei dirlo, a James, che non tutti i Serpeverde non hanno un cuore – pensò, ironico.
Skandar sembrava veramente intenzionato ad entrare nella squadra di Quidditch, e in quel momento stava appunto conversando di quello con Noah. Forse, però, ‘conversare’ era una parola grossa, visto che il giovane Zabini sembrava avere la testa da tutta un’altra parte.
Era strano, Noah, sembra così distaccato. Effettivamente, era un po’ l’antitesi di Albus, che spesso si era ritrovato a dover rispondere a domande tipo “Ma perché sei un Serpeverde?”. Non aveva mai detto la verità, Albus, ovviamente, anche perché sarebbe stato alquanto assurdo rispondere “Perché l’ho chiesto io”, visto che la maggior parte delle persone ancora credeva che tutti i cattivi finissero nella casa di Salazar.

« Ehi, Al! » lo salutò ad un certo punto Skandar, sorridendo allegramente, mentre Noah scuoteva impercettibilmente la testa.
« Ciao, Skandar » ricambiò, sorridendo leggermente.
« Chiamami ancora così e ti mangio » minacciò Nott, puntandogli contro la forchetta e guardandolo con gli occhi ridotti a due fessure. « Quel nome è orribile. Devi chiamarmi Jackson. Ripeti: Jack-son. Jackson! »
Skandar— No, Jackson aveva l’aria di uno del tutto intenzionato ad iniziare un discorso lungo mille miglia, ma la preside Sprite che si alzava dalla sua sedia al centro del tavolo degli insegnanti per fare un cenno a Mastro Dole lo ammutolì seduta stante. Con un movimento della bacchetta, la preside fece apparire davanti alla propria postazione uno sgabello di legno, su cui era poggiato il Cappello Parlante con la solita aria vecchia.
Il portone della Sala Grande si spalancò nuovamente, così da lasciar passare le matricole che, di lì a poco, sarebbero state smistate in una delle quattro Case. Molti avevano un’aria quasi spaurita e si guardavano attorno come se non avessero ancora ben capito se ciò stava accadendo realmente. Una volta che la porta si fu richiusa alle spalle dei nuovi studenti, il Cappello Parlante iniziò ad intonare la sua ennesima canzone.
« Anderson, Jeremy » iniziò il professore di Trasfigurazione, il signor Towler.
Un ragazzino smilzo e dai capelli biondicci si fece largo tra i compagni, si sedette sullo sgabello e l’insegnante gli mise il Cappello in testa. Aspettarono un po’, finché il copricapo, dopo una manciata di minuti, non urlò: « Tassorosso! ».
Mentre il bambino correva a perdifiato verso il suo tavolo, con un sorriso che gli occupava metà faccia, un altro ragazzino venne chiamato e finì a Grifondoro.
« Quest’anno ci sono tantissimi primini » notò Jackson – Albus lo chiamava Skandar solo per farlo arrabbiare, alla fine –, osservando l’enorme quantità di prole che c’era. « E sono sempre più piccoli. Anche noi eravamo così, alla loro età? »
« Sai che non me lo ricordo? » rispose Al con una scrollata di spalle mentre si stiracchiava un po’.
« Sinceramente a me non importa poi molto » sentenziò Noah, mentre una ragazzina dai capelli rossi veniva smistata a Corvonero, seguita poi da un moro che correva verso i Grifondoro.
« A me sì. Ho fame, il Cappello è lento come una quaresima » si lamentò Jackson con una smorfia.
« Riesci a non pensare al cibo per due secondi? » chiese Noah, sibilino ed esasperato. « Non fai che parlare di cibo. Se continui così, probabilmente quando crescerai – ovviamente, se crescerai – ti ritroverai a gestire un negozio di alimentari. Babbano ».
« Smettila. Non è vero » sibilò l’altro, perché poteva anche non pensarla come i Serpeverde che c’erano durante gli anni in cui suo padre era a scuola, ma comunque lui era un Nott. C’era da dire, però, che lui non era solo un Nott, lui era Jackson Nott, perciò aggiunse: « Al massimo una pasticceria ».

Finalmente, un ragazzino con la pelle color caramello – molto simile a quella di Fred e Roxanne, a dire il vero – ed i capelli scuri finì a Serpeverde, tra gli applausi dei verde-argento, compresi Al, Noah e Jackson.
« Hale, Lucy… Grifondoro! »
« Morag, Susan… Corvonero! »
« Hudson, Jack… Tassorosso! »
« Turpin, Nancy, Tassorosso! »
Lo smistamento durò ancora un bel po’ – quell’anno i ragazzini da smistare erano davvero tanti ed era ovvio che la cerimonia si sarebbe svolta con lentezza esasperante. L’ultimo smistato, il fratello di Noah, venne smistato – con grande sorpresa di tutti – a Grifondoro. Assomigliava molto a Noah, ma si vedeva anche da lontano che il temperamento era una delle poche cose che condividevano – negli occhi di Zayne, infatti, vi si poteva scorgere sempre la risata pronta e a portata di mano, mentre al fratello era già difficile strappare un solo sorriso.
Jackson ed Al si girarono rapidamente verso il compagno di stanza, che dal canto suo era rimasto come paralizzato sul posto. Poi si strinse nelle spalle e si alzò veloce, per applaudire al fratello, che gli riservò un sorriso grato.
« Non sei arrabbiato, Zabini? » chiese Nicholas Goyle con un sorrisetto. «Oppure non ti sei sorpreso perché lo sospettavi già? »

L’interpellato lo gelò con un’occhiataccia e rispose: « Se un Potter può finire a Serpeverde, mi sembra anche normale che uno Zabini possa essere un Grifondoro. Sai cosa mi avrebbe sorpreso, invece, Goyle? Se tu fossi finito a Corvonero ».
Jackson fischiò, scoppiando poi a ridere, e Nicholas si girò con fare stizzito, la coda tra le gambe, per cercare di instaurare un discorso con Cassandra McLaggen come se niente fosse. Ma il ghigno divertito sul volto della ragazza faceva capire che aveva trovato esilarante la risposta di Zabini; ammiccò in direzione di Noah e liquidò Goyle per parlare con una ragazza dai capelli scurissimi.

A riscuoterli fu il battito di mani della preside, che regalò agli studenti uno dei suoi soliti caldi e splendenti sorrisi. La Sprite era una dei presidi più disponibili e socievoli che ci fossero mai stati ad Hogwarts ed era anche troppo tenera per essere odiata da qualcuno, probabilmente. Tutti gli studenti la adoravano.
« Ora » cominciò, « mangiate. So per certo quanto possa essere estenuante un viaggio di ore interne, e penso che è meglio rifocillarsi prima del solito discorso d’inizio anno ».
Albus e Skandar si scambiarono uno sguardo: erano loro, o davvero la Sprite aveva calcato su quel solito?

Al tavolo dei Grifondoro, Hugo si avventò prevedibilmente sul pollo, servendosene una generosa porzione – Rose, a conti fatti, seguì ben presto il suo esempio, come anche James, seduto poco lontano.
Margaret, accanto a Lily e di fronte ad Hugo, li guardò stralunata e mugugnò: « Come fate a mangiare così senza ingrassare, proprio non lo so… »
« Quidditch » bofonchiò Hugo con la bocca piena, mentre Lily – nonostante ci fosse abituata, dopo quasi quindici anni in compagnia di James – lanciò uno sguardo attento all’amica, prima di guardarsi un po’ attorno sbocconcellando qualcosa dal piatto.
Nel tentativo di prendere la caraffa, però, Hugo quasi le finì addosso. Si girò verso di lui, leggermente scocciata, e, quando lui le chiese se poteva passargli il succo, annuì ghignando. E mentre gli passava la caraffa, gli versò un po’ di succo addosso – accidentalmente, ovvio.
« Ehi! » sbottò lui, afferrando un fazzoletto per pulirsi i pantaloni macchiati.
Rose lo guardò con le sopracciglia inarcate, prima di dirgli con fare ovvio: « Hughie, sei un mago. Perché non usi quella diamine di bacchetta?»
Hugo arrossì violentemente in zona orecchie e bofonchiò qualcosa di molto simile ad un: « Non è colpa mia se ho perso l’abitudine, dopo due mesi senza magia… », prima di estrarre dalla tasca la propria bacchetta e pulirsi i pantaloni con un Gratta e netta.

James e Lily ridacchiarono, lanciandosi un’occhiata, mentre Rose sentiva qualcosa scivolarle dietro. Si voltò e si trovò davanti il fantasma del Grifondoro tutto sorridente che si sistemava la gorgiera che gli teneva su la testa.
« Ehi, ragazzi! » esclamò allegro Nick-Quasi-Senza-Testa. « Passate buone vacanze? »
« Alla grande! » esclamarono Logan e James quasi in coro, battendosi poi il cinque. Rose li guardò, ridendo e convenendo con loro.
« Benissimo, grazie » rispose educatamente Margaret, mentre Lily annuiva. « Lei invece come ha passato le vacanze qui ad Hogwarts? »
Il fantasma si strinse nelle spalle opache e semitrasparenti, rispondendo: « Il solito. Pix ha dato il via al finimondo, diceva che senza gli studenti non sapeva più con chi prendersela e quindi ha iniziato a lanciare oggetti contro le armature ed i quadri. Dovevate vedere com’era arrabbiato il Barone Sanguinario… »
Logan e Lily scoppiarono a ridere, seguiti poco dopo da tutti gli altri. Qualche studente del primo anno si voltò a guardarli, sobbalzando poi alla vista del fantasma.

Probabilmente non sono abituati a vederne uno
– stimò Rose con una scrollata di spalle, ridacchiando, mentre le pietanze che prima alloggiavano nei grandi e brillanti piatti venivano sostituite all’istante dai dolci.
Lily prese subito una fetta del suo dolce preferito, la torta alla melassa, e dopo che ognuno ebbe finito anche il dolce, la preside si alzò ancora dalla propria sedia, avviandosi verso il leggio posto davanti al tavolo degli Insegnanti.
« So che sarete stanchi, ma ho ancora qualcosa da dire. Non dovrei metterci molto, e gradirei che nessuno mi interrompesse » iniziò – Logan fu quasi sicuro che la preside avesse lanciato un’occhiata a lui e James. « Innanzitutto, sono felice di riavere qui con noi la professoressa Davies, che per due anni ha girato il mondo in cerca di creature magiche particolari. Le regole sulla Foresta e i suoi limiti ormai credo li conosciate a memoria, ma devo ripeterlo per i nostri nuovi studenti: non dovete addentrarvi nella Foresta, è molto facile perdersi e non altrettanto lo è ritrovare la via del ritorno. Sono stata chiara? Inoltre, e so che non la prenderete bene, mi duole dirvi che quest’anno non si terrà alcuna coppa del Quidditch ».
La preside l’aveva detto velocemente, con il solito sorriso gioviale sulle labbra, mentre gli studenti ammutolivano di colpo per poi iniziare a protestare vivacemente. Logan guardava la professoressa con gli occhi sgranati, Scorpius aveva la bocca spalancata, e molti altri studenti – praticamente tutti – avevano reagito quasi allo stesso modo.
Il Quidditch era uno dei simboli di Hogwarts, praticamente. Le partite tra le Case rendevano quei nove mesi di studio meno faticosi e pesanti, più leggeri e divertenti; vedersene privati era qualcosa di orribile e che, tutti lo sapevano, avrebbe condotto, a lungo andare, anche alla noia.

Insomma, il Quidditch è il Quidditch
– pensò Albus, basito, mentre Skandar accanto a lui si accasciava sul tavolo mormorando qualcosa che assomigliava molto ad un: « Non è proprio destino… » piuttosto depresso.
« C’è, ovviamente, una spiegazione a tutto ciò » riprese la Sprite, alzando un poco la voce per sovrastare il mormorio che andava espandendosi per la Sala Grande. « Non mi sognerei mai di abolire il Quidditch senza un vero motivo, niente è più lungi dalle mie intenzioni, ma quest’anno Hogwarts ed il suo personale saranno troppo occupati in altre cose per tenere il Campionato ».
James si fece improvvisamente attento, protendendosi con il busto più verso il tavolo degli insegnanti. Accanto a lui, Logan guardava la preside come se l’avesse vista per la prima volta – sembrava un ragazzino curioso che voleva scoprire a tutti i costi cosa facevano la propria sorella ed il ragazzo in stanza.
« Quest’anno, infatti, sono lieta di poter affermare che Hogwarts ospiterà un evento importantissimo, che non aveva luogo da ormai quasi trent’anni: il Torneo Tremaghi » continuò la preside, mentre la professoressa Cooman – che insegnava Divinazione ormai anche da troppo tempo – scuoteva forte la testa, gli occhi sgranati. « Forse qualcuno di voi non sa di cosa io stia parlando » disse Pomona, sorridendo con dolcezza ai ragazzi che la guardavano senza capire. « Dovete quindi sapere che il Torneo Tremaghi è una specie di competizione tra le tre scuole più importanti d’Europa: la nostra, Beaux-Batons e Durmastrang. Verrà scelto un ragazzo per ogni scuola, e questo diverrà automaticamente il Campione di tale istituto e dovrà partecipare a tre sfide » la preside s’interruppe un attimo, prima di inspirare profondamente e aggiungere: « Ma per il vostro solo interesse, ci tengo a raccomandarvi di non prendere tutto ciò alla leggera: nonostante il Torneo dovesse tenersi inizialmente ogni cinque anni, ad un certo punto il tributo dei morti divenne troppo… troppo alto per poter continuare, ecco ».
La maggior parte degli studenti, però, sembrava aver deciso di tralasciare quel futile dettaglio ed iniziare a parlottare tra loro, eccitati e come rianimati. Guardandosi attorno, Margaret si chiese se fosse l’unica in ansia per ciò che aveva detto la preside: tributo dei morti…
Accanto a lei, Lily aveva l’aria di una appena colpita in pieno da un Bolide.
« I presidi di Durmstrang e Beaux-Batons arriveranno il primo ottobre con le loro squadre di Campioni, e ad Halloween si eleggeranno i tre… sì, i tre fortunati » - la preside parve sforzarsi nel pronunciare l’ultima parola, e a qualcuno sembrò di vederle gli occhi lucidi - « Il vincitore porterà gloria eterna alla propria scuola, più un premio in denaro di mille galeoni ».
Albus si girò verso i suoi due amici con un sorriso raggiante sul volto. « Che ne dite, voi ci state? »
Skandar e Noah annuirono, il primo quasi in visibilio, l’altro più contenuto. 
Albus si guardò attorno. Già si immaginava Campione di Hogwarts e poi del Torneo Tremaghi: avrebbe dimostrato che era all’altezza di suo padre, una volta per tutte. Così pensando, il suo sorriso si allargò – tutti avrebbero visto quanto valeva in realtà, finalmente non sarebbe stato più solo Albus Severus Potter, il figlio del grande Harry Potter. No, sarebbe stato Albus Severus Potter, il Campione di Hogwarts.
Ma non era l’unico a farsi castelli campati per aria: anche molti degli altri studenti erano decisi a diventare Campioni o come minimo a proporsi, si capiva dai mormorii che provenivano da tutte e quattro le tavolate. Purtroppo, ci pensò sempre la preside a distruggere tutti i suoi sogni con una semplice aggiunta al discorso di prima.
« So che molti di voi vorranno partecipare, ma trent’anni fa i presidi e il Ministero decisero di imporre un limite di età. Mi dispiace dirvi che non è stato tolto, e perciò solo gli studenti dai diciassette anni in su avranno l’opportunità di iscriversi. Questa è una misura » - la preside alzò ancora la voce, ignorando le proteste che si levavano dalla folla - « che il Consiglio – ed anche io, ad essere sinceri – ritiene più che necessaria. Nessuno studente sotto questa fascia di età dovrà anche solo provare ad iscriversi, o verrà severamente punito ».
I suoi sogni di gloria erano già finiti: distrutti, come un’onda che si infrangeva su un castello di sabbia, facendolo crollare. Sarebbe rimasto ancora il figlio del Salvatore del Mondo Magico, e la prospettiva non lo allettava affatto.
« Mi aspetto la massima gentilezza da parte vostra nei confronti dei nostri ospiti. E sono sicura che sarete più che solidali con il Campione di questa scuola, chiunque esso sia, e che lo sosterrete sempre e comunque. Ora, però, è tardi per le chiacchiere, e domani inizierete le vostre lezioni, perciò dovreste essere riposati e svegli. Buona notte! »
La preside si congedò con un sorriso incoraggiante e sparì dalla vista degli studenti con uno svolazzo del mantello verde, mentre le voci allegre ed eccitate erano notevolmente diminuite: molti toni erano infatti più amareggiati che altro. Nessuno era d’accordo, tranne naturalmente quelli di almeno diciassette anni, che comunque si vedevano ricevere più possibilità di riuscita.
Albus si alzò, scoraggiato, e Skandar sospirò pesantemente seguendo il suo esempio assieme a Noah.
« Sarà per la prossima volta » disse Noah con una scrollata di spalla.
« Già, la prossima volta… » borbottò Al, avvicinandosi alla Prefetto di Serpeverde del suo anno – una ragazza alta e biondo che si chiamava Viola – che intanto stava radunando le nuove matricole.
« Che sfiga, però » sbuffò Skandar, grattandosi la nuca con la mano destra. « Beato tuo fratello! Guardalo, come si diverte… »
Albus si girò verso il tavolo dei Grifondoro, dove James, in piedi, rideva allegramente con Logan in compagnia di Scorpius, che aveva un’aria piuttosto mogia – probabilmente l’avevano anche sfottuto, rifletté.
« In questi casi vorrei tirargli addosso la mazza da Battitore » bofonchiò.
« Ecco, adesso ci servirebbe tua sorella » ridacchiò Skandar, perché bastava poco a farlo tornare allegro. 
Albus sorrise, nonostante i suoi sogni distrutti, e salutò gli amici con un cenno della mano ed un: « Vado dai primini, ci vediamo dopo » mentre loro annuivano e sparivano dietro il portone di quercia.
 

*

 

Quando entrò in dormitorio, trovò il baule già ai piedi del suo letto a baldacchino – il terzo a partire da destra. Era tutto proprio come se lo ricordava, come lo aveva lasciato: i drappi vermigli sembravano avvolgere la stanza in tante lingue di fuoco e dalla finestra faceva capolino la luna.
Nessuna delle sue compagne non erano ancora arrivate, stimò dopo aver dato un’occhiata in giro. Quindi andò a passo di marcia verso il proprio letto, e, una volta davanti, tirò un calcio al proprio baule. Dalle labbra le uscì un gridolino – sia per l’urto con il legno del bagaglio che per la frustrazione.
Perché Beaux-Batons doveva essere tra le scuole partecipanti al Torneo Tremaghi? In quel momento, Lily avrebbe solo voluto poter uccidere lentamente e platealmente il fondatore di quella – dannata – scuola francese.
Come se non bastasse, ora il regolamento del Torneo voleva che i partecipanti avessero tutti almeno diciassette anni, perciò lui – il suo nome non osava nemmeno pensarlo – aveva ancora più possibilità di andare ad Hogwarts.
Si sedette sul letto con un tonfo, le braccia strette al petto, soffiandosi via una ciocca di capelli rossi che le era finita davanti agli occhi. Non lo vedeva da luglio e non voleva assolutamente rivederlo – a che pro, poi? Lily non aveva un motivo per rivederlo, anzi, ne aveva a bizzeffe per non vederlo.
« Lily! » la voce di Margaret la distolse dai suoi intenti omicidi nei fronti degli ormai defunti organizzatori del Torneo. « Eccoti! » esclamò poi la bionda, affacciandosi alla porta, la mano destra stretta al fianco, come se stesse per svenire.
Effettivamente, pensò Lily contraendo la mascella, Margaret ne sarebbe stata capace.
« Sono qui, già » rispose allora lei, muovendo la mano in cenno di saluto e piegando appena gli angoli delle labbra verso l’alto.
Margaret la guardò un attimo, le sopracciglia inarcate, prima di socchiudere le labbra e sgranare gli occhi – Margaret aveva degli occhi enormi, marroni e grandi e brillanti.
« Oh » esalò quindi, infine. « È per… sì, insomma, per lui? Effettivamente fa l’ultimo anno, lì a Beaux-Batons… »
« Già » confermò Lily, stringendosi poi nelle spalle mentre avrebbe solo voluto stringere – fino a polverizzarle, quasi – quelle di lui. « Ma vabbe’. Le altre? »
« Stanno arrivando » rispose lentamente Meg. « Non è che vuoi parlarne, vero? »
« Non ora, stanno arrivando » le sorrise l’amica, e Margaret annuì dopo un po’, prima di sorriderle di rimando ed iniziare a parlare un po’ di quello che avevano fatto ad agosto dopo la partenza di Margaret.

 

 

 

***

 
Scu-sa-te-mi. Davvero, vi chiedo perdono, non avrei mai pensato di tardare così tanto D: Anche perché per metà era già pronto! Il banner mi ha messa in difficoltà all’inizio, infatti se avete notato ho anche cambiato Lily (sì, ora è Emma Stone, la trovo un po’ più appropriata).
Cooomunque! Il prossimo capitolo è già pronto, spero di postarlo presto!
Oh, e ora faccio un po’ di autospam, sì? XD
Ecco, quindi, oggi ho postato Dietro la pelle, una ff su Regulus e Marlene. Un’altra long è Reaching for something in the distance, long sui Malandrini (a cui tengo tantotantotanto). Non lo dico solo per farmi pubblicità *paracula*, ma anche perché a volte, nelle note di fine capitolo, potrei scrivere qualcosa sui ritardi delle ff e cose del genere. Detto ciò, qui non ho più niente da fare.
Ci vediamo al prossimo capitolo! :D

   
 
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