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Autore: La sposa di Ade    10/04/2012    3 recensioni
Volute di fumo si innalzavano dalla macerie di quella che una volta era stata la capitale più fiorente del mondo degli Umani, l’ immensa e sfarzosa Ethis era ora ridotta a un campo di battaglia per un’ ultima guerra.
Una figura, pallida e barcollante, affacciata alla finestra della sua stanza osservava con occhi di pece quello scenario troppo familiare, così poco era passato; quel breve periodo di dopoguerra in cui chiunque si trascinava in cerca di una luce, seppur effimera, era finito. Sostituito da ciò che di peggio si poteva immaginare.
Il suono della battaglia, cozzare di armi, schizzi di sangue e morte si era diffuso ovunque, un requiem caotico risvegliava una sete di sangue che da tempo sperava di aver abbandonato, sperava di averla lasciata in quella cella due anni prima insieme a tutto quel sangue che aveva versato solo per il desiderio di uccidere. Con una daga legata al polso e ciò che restava dell’ Ala d’ Argento avrebbe combattuto, gustandosi tutto il sangue che sarebbe riuscita a versare.
6° Classificata
al contest ‘Aboliamo gli Happy Endings!’ indetto da
WodkaEiffel
Genere: Angst, Fantasy, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dirty souls'
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Ma… quanto tempo è passato? D: Chiedo scusa a tutti per l’ immane ritardo, ma in questo periodo ho avuto un calo di ispirazione terribile e in compenso mi sono messa a scrivere una storia che non penso pubblicherò mai (11 pagine di World del tutto scollegate temporalmente fra di loro ._.).
Comunque, sono tornata! E per chi sperava nella mia morte… beh, mi dispiace deludervi ma sono ancora viva, solo per farvi leggere le mie cavolate.
Passando al capitolo, devo dirvi che questo è un capitolo ‘di passaggio’ , il prossimo sarà più dinamico, dovrà esserlo u.u
Ringrazio che sta ancora leggendo questa fic e tutti quelli che recensiscono ancora, grazie Homicodal Maniac… aspetta, ma non c’ è praticamente più nessuno che recensisce, non sono morta io e lo siete voi? D:
Sprecate due minuti della vostra vita per farmi sapere che ne pensate, la tastiera non morde! Se poi verrà fuori che quei due minuti che vi ho fatto perdere io vi servivano per disinnescare una bomba, beh allora…
Comunque, Buona lettura!

 

Capitolo 14. Sul confine.

“Ora la tua anima è abbandonata, camminerai da solo dal cielo fin dentro all'inferno”

[Within Temptation – A Demon’s Fate]

“Azue.” Lo richiamò di nuovo il re, era quasi un’ ora che stava affacciato alla finestra della sua stanza, aspettando di vedere la schiena della vampira scendere le scalinate, successe proprio in quel momento. Alzò un braccio in direzione del re per zittirlo, naturalmente Dimitri si infuriò, ma lo lasciò fare.
Non avrebbe mai capito fino in fondo la mentalità di un Generatore vecchio come lui, le sue assurde manie nell’ inseguire e straziare una preda, manipolare un proprio compagno per permettersi di raggiungere l’ obbiettivo.
Lui invece non era il tipo da fare appoggio sugli altri, ma con Azue era stato un caso particolare, se avesse potuto avrebbe fatto tutto da solo, avrebbe fatto a meno di un tale individuo, certe volte avrebbe voluto torcergli il collo e di certo avrebbe gioito nel farlo.
“Non credi che sia ora di andare?” Lo richiamò ancora, ma sembrò non ascoltarlo di nuovo, il re sbuffò, trattenendo l’ ira che cresceva nel suo petto.
Lui li osservava dall’ alto della torre, il suo elfo e la vampira che parlavano tranquillamente, e strinse gli occhi quando vide Zephit porgere l’ Ala d’ Argento alla ragazza, l’ aveva nascosta lui stesso, come aveva fatto l’ elfo a trovarla? Poco importava, le sarebbe servita a poco.
Vide Zephit bere più volte dalla bottiglia e sorridere amaramente.

Sorridi finché puoi caro Zephit, anche le pedine hanno il diritto di divertirsi.
“Azue.” Ancora, di certo il re non era l’ unico a essere nervoso quella sera.
“Mando Elk o desideri che mi occupi prima della piccola Lishe?” Sentì l’ aria raggelarsi nella stanza del re, lui non se ne era ancora accorto. Trattenne a stento un sorriso, ora era lui ad avere il coltello dalla parte del manico, la sua piccola figlioletta contava troppo per lui, anche se era abbastanza convinto del fatto che il suo ruolo ormai l’ avesse svolto. Per quanto riguardava Elk, lui era solo un’ altra pedina, quella meno importante, un Generatore di scarso valore che sarebbe servito solo per infastidire un po’ la figlia del re, e lo sapevano entrambi che comunque sarebbe morto per mano della vampira da li a poco.
 

Camminava tranquillamente, stringendo nella mano destra quello che restava della sinistra, la polvere scura si alzava ad ogni suo passo, sapeva bene la strada da dove si trovava in quel momento al confine del mondo delle Creature Oscure, lo aveva percorso una sola volta ma le si era impresso a fuoco nella memoria. Le rocce aguzze se si tendevano verso di lei quasi a volerla ghermire, gli alberi che con rami secchi e contorti si allungavano verso un Sole ormai irraggiungibile.
Lentamente la gola aveva ripreso a bruciare, ma intorno a lei non c’ era niente, solo morte e desolazione.
 

Dolore, ovunque. Sentiva il sangue scorrerle sulla schiena e imbrattarle ancora di più gli abiti già sporchi, ad ogni respiro, ogni minimo movimento sentiva fitte lancinanti percorrerle tutto il corpo.  Accovacciata a terra sperava di poter perdere i sensi, anche per poco, per sfuggire anche un solo istante a tutto quel dolore. Accanto a lei ancora quel ragazzino, come si chiamava? Aledari forse. No, aveva ucciso quel ragazzino, non era lui che aveva nascosto negli stivali il pugnale che lei gli aveva preso per permettersi poi di scappare. Di quel ragazzo non conosceva il nome.
Lo osservò, era accanto a lei, sdraiato a pancia in su, una mano appoggiata al petto che si alzava e abbassava regolarmente, l’ altra lungo il fianco, i capelli scuri e scompigliati gli ricadevano sulle guancie pallide.
Intorno a loro c’ era solo la desolazione, rocce aguzze sembravano tentare di lambirli con le loro sporgenze affilate, la terra nera si attaccava alle vesti, rendendolo ancora più sporche di quanto non fossero già, il cielo scuro incombeva sopra di loro.
Rimase a guardarlo per un po’ tentando di rimanere il più immobile possibile per limitare il dolore ce continuava a irradiarsi in lei, fino a che non lo vide socchiudere gli occhi, chiederli di nuovo e con un respiro un po’ più lungo riaprirli, gemette e si guardò intorno, i suoi occhi color nocciola si posarono sulla ragazza riversa a terra accanto a lui, le sopracciglia aggrottate.
Allungò una mano verso di lui, e lo vide ritrarsi istintivamente per poi prendere un respiro e farsi coraggio per avvicinarsi.

Io ho aiutato te a fuggire, ora tocca a te aiutare me. Avrebbe voluto parlare, dire quelle parole ad alta voce, farsi aiutare per davvero, aggrapparsi a lui e…
Inaspettatamente lui si avvicinò in fretta e mentre con mani tremanti tentò di aiutare la vampira che sfiancata giaceva a terra, era giusto così.
Si aggrappò a lui e lentamente si alzò, i loro corpi aderivano e lei poteva benissimo sentire il battito accelerato, forse per la paura, del ragazzo e il suo respiro lento e regolare, la sua pelle calda, il pulsare del sangue.
Una marea di fin troppe e conosciute sensazioni si diffusero in lei, dandole quella poca forza che le bastava per avvicinarsi ancora un po’ al suo collo e affondarci i canini.
Lento, il sangue iniziò a colare nella sua bocca dandole nuova forza, non ne avrebbe sprecata neanche una goccia. Nel momento in cui si sentì stabile sulle sia gambe, rovinarono entrambi a terra.
Normale, dicono che il morso di un vampiro sia la cosa più dolorosa al mondo, così tanto da impedirti perfino di urlare, paralizzarti dal dolore e perdere immediatamente le forze. Bevve fino a che non sentì il cuore del ragazzino fermarsi.
Era giusto così.
 

Continuò a camminare, imperterrita, attraverso quella steppa morta, priva di ogni segno di vita, priva di speranze, di luce.
Camminò a lungo senza badare agli ululati e ai versi grotteschi e poco rassicuranti che le giungevano alle orecchie, erano vicini chiunque fossero, ma mai avrebbero osato attaccarla, lei sue cicatrici erano un po’ come un cartello luminoso con una scritta a caratteri cubitali che recitava: PERICOLO!
Il suo passo, austero e regolare, cadenzato e inquietante creava sordi echi che si perdevano nella steppa, lo sguardo sempre puntato davanti a sé, attendeva di essere ferito da quel bagliore di luce che delimitava il confine tra le terre delle Creature Oscure e quelle degli Umani.
Ma il viaggio sarebbe stato lungo, lo sapeva bene, due giorni almeno. Ah, se solo avesse avuto ancora il suo drago.
Strinse con forza il pugno destro conficcandosi le unghie nel palmo della mano, sentì il sangue scorrere pigramente nella sua mano e un po’ quella sensazione la fece stare meglio, ma il sollievo durò ben poco.
Sbucò a pochi metri da lei, una chimera; assomigliava molto vagamente a un centauro, a parte il fatto che la sue pelle era verde e squamosa come quella di un rettile e che avesse una coda lunga tanto quanto il suo possente corpo, aveva anche un paio di braccia che davano l’ idea di essere estremamente esili, mani dotate di quattro lunghe dita ossute erano accompagnate da qualche paio di bracciali e anelli tutti in oro. Il viso era qualcosa di poco definito, sembrava  non avere né bocca né naso, solo un paio di occhi bianchi e lucenti, più un terzo più in alto, in mezzo alla fronte, il tutto coronato da lunghe  e appuntite corna che assomigliavano tanto a punte di una lancia e una cascata di lunghi capelli argentei. Ah, si, aveva anche lei ali, non erano ampie come quelle di drago, ma membranose, pesanti e rovinate, per niente adatte al volo.
Notò subito i segno che aveva sul petto, scuri arabeschi sembravano avvolgere il suo petto e il costato, pentacoli e strane lettere si alternavano in un gioco di linee sinuose. Quel particolare segno le riportò alla mente qualcosa di lontano e ormai dimenticato, non era la prima volta che li vedeva, eppure non riusciva a far riaffiorare il ricordo, non riusciva a ricollegarlo a un’ immagine vista di sfuggita qualche anno prima.
“Rose.” Si sentì chiamare da quell’ essere con una voce roca e gracchiante, istintivamente portò una mano al manico della spada vedendo la mano della chimera allungarsi verso di lei e nonostante quella chimera fosse priva di bocca vide i suoi occhi sorridere.
Accadde tutto in pochissimi attimi, guidati dall’ istinto e da una sferzata di adrenalina; la chimera scattò verso di lei con il braccio teso, Neah con un movimento fluido degno di un’ onda che si infrange sulle rocce estrasse la spada e tranciò di netto l’ arto che si protendeva verso di lei, la foresta morta si saturò di un urlo agghiacciante e inumano mentre il braccio rimasto si allungava, afferrando con quella mano scheletrica il suo volto, lei, non aveva avuto il tempo necessario per colpire di nuovo.
Gelo.
Buio.
 

Era sfinita, si era lasciata cadere a terra di nuovo, eppure era così vicina, mancava poco. Ancora un po’ e sarebbe giunta alle terre degli Umani. Si, e poi? Si illudeva del fatto di poter essere accettata e aiutata, ma lei era una vampira, non avevano una buona reputazione fra gli Umani, così come del resto tutte le Creature Oscure godevano di cattiva fama. L’ avrebbero uccisa senza la minima esitazione se solo avessero conosciuto la sua vera natura.
Sangue.
Ne aveva una voglia terribile, era un’esigenza inevitabile, quel succo vitale per ogni essere umano. Quel miscuglio di eritrociti,antigeni e anticorpi che era essenziale anche per lei,cellule speciali che erano in grado di guarire il dolore che la dilaniava quando non la inebriava circolando nelle vene, colandole sulla bocca, macchiandole la pelle. No, non ne aveva davvero bisogno, ma ormai era come una droga, non sarebbe più riuscita a farne a meno, lo sapeva.
Ancora le bruciava la gola quando si sentì sollevare per le braccia, fitte di dolore le percorsero la schiena sfregiata, la vista si annebbiò appena, ma non abbastanza per impedirle di vedere il corpo si un Umano sopra di lei, la camicia chiara e logora lasciava intravedere segni scuri e sinuosi, ora dritti, ora curvi che invadevano il petto e parte del costato. Non era la prima volta che li vedeva, sapeva cos’ erano ma se ne dimenticò quando una nuova ondata di dolore le fece perdere i sensi.
 

Uno spruzzo di calore sul suo petto, un forte dolore alla schiena, di nuovo calore, in mezzo alle scapole, mentre i polmoni tornavano a funzionare come se fosse la prima volta, e il cuore a battere. Il gelo che aveva provato fino a un attimo prima l’ abbandonò velocemente, lasciandole addosso un senso di spossatezza,
Recuperò la vista lentamente, e per un attimo sperò di poter tornare a vedere con entrambi gli occhi, invano.
Non riuscì subito a comprendere la scena che si presentò davanti ai suoi occhi, solo un colore verdastro e luminoso, abbassò lo sguardo fino a incontrare una macchia scarlatta e poi… poi la sua spada, piantata nel petto della chimera che per la seconda volta si era abbattuta contro si lei, scagliandola contro una di quelle rocce appuntite al bordo del sentiero che ora era conficcata tra le sue scapole.

 
L’ aria fredda sembrava far rabbrividire tutta la città.
I suoi passi silenziosi si perdevano in quel deserto, gli ultimi abitanti di Ethis stavano frettolosamente rientrando in casa e chi vi si trovava già stava chiudendo le finestre e le porte, chi aveva già fatto anche questo, beh, sembrava non essere mai esistito.
Alzò lo sguardo vedendo una vecchietta indaffarata con le persiane della finestra, lei lo notò e gli rivolse un timido sorriso prima di sparire dentro casa con un’ espressione inquieta sul volto.
Da quando aveva ripreso i sensi in quella schifosa locanda tutto gli era parso estremamente confuso, forse diverso.
Le strade quasi completamente deserte, il senso di oppressione e il gelo nelle membra.
Aveva deciso che sarebbe tornato a casa, non avrebbe potuto fare altrimenti, non aveva idea di cosa fosse successo dopo che era stato colpito, nella locanda era rimasto solo il barista che, terrorizzato, gli premeva sulla tempia un sacchetto con dentro del ghiaccio e qualche cadavere per terra.
Infondo Neah aveva avuto ragione.

“La prossima volta che fai un’ offerta del genere assicurati prima con chi tu stia parlando, questa volta hai fatto un grave errore e ora ne pagherai le conseguenze.”
Era stata una pessima idea, infilarsi negli affari di una Creatura Oscura, forse ora era meglio così, tornare a casa facendo finta che tutto quello non fosse mai accaduto. Dimenticare.
Dimenticare di aver conosciuto uno degli ultimi vampiri, anzi, probabilmente proprio l’ ultima.
Giravano tantissime leggende e storie su di loro, la maggior parte era di quelle storielle che si raccontavano ai bambini per spaventarli, altre addirittura erano riportate sui libri, poche di quelle narravano il vero, ricordava in particolare una specie di filastrocca che gli raccontava suo nonno prima di essere ucciso in guerra, chissà, forse da un vampiro stesso.

Il loro destino è segnato.
Nel loro percorso il buio incombe, il dolore li guida, la Morte li sorveglia.
Cenere Argentea saranno.
L’ Ultimo ne calpesterà le polveri.

Aggiungeva poi lui; Non farti trascinare, non ti aspetterebbe niente di buono.
Ma il passato è forte, e non si arrende, non ti lascia mai, non abbandona i propri figli.
Di certo scappare sarebbe stato inutile.

  
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