Capitolo 2: La nanerottola petulante
Il
cellulare vibrò per la terza volta e per la terza volta lo misi a tacere schiacciando i tasti un po’ a casaccio.
Tanto ero già in ritardo, non aveva senso
alzarsi così presto.
Mi sarei
fatto accompagnare da Rossella o da Glenda in macchina, corrompendole in
qualche modo.
Passarono
altri cinque minuti e la sveglia suonò di nuovo.
Con la
faccia ancora sul cuscino e grugniti inquietanti attutiti dalla stoffa,
allungai un braccio e presi in mano il cellulare per leggere ciò che io
stesso avevo scritto la sera prima.
Alzati coglione o vuoi arrivare in
ritardo?!
Dovevo
essere più convincente, come minaccia non era molto efficace, visto che
non me ne fregava un cazzo di arrivare tardi in classe.
Eliminai
il “o vuoi arrivare in ritardo” e lasciai “Alzati
coglione!”, molto più d’effetto.
Rinominata
la sveglia che sarebbe poi suonata le mattine successive, mi preoccupai di
procurarmi un passaggio.
Rossella,
con la sua costante sindrome premestruale, era da escludere, restava il chihuahua.
-Gleendaaa!-
Gridai, senza muovermi di un millimetro da lì. Perché scomodarmi?
Sarebbe venuta lei.
Udii dei
frettolosi passi dietro la porta, prima che questa si spalancasse del tutto.
-Alzare
il culo no, eh?- Sospirò lei scocciata.
-Mi serve
che mi accompagni a scuola.- Lasciai ricadere il mento sul cuscino a peso
morto, mentre lanciavo una veloce occhiata alla radiosveglia sul comodino. La
parola “ritardo” albergava fissa nella mia testa, specie dopo aver
visto quel 7 campeggiare vicino a quel 25.
-Tanto
per cambiare.- Roteò gli occhi per la stanza e poggiò le mani sui
fianchi, -Posso almeno sperare che tu da oggi in poi decida di trattare un
pochino meglio Domenico?-
Trattare
meglio quel viscido mollusco con cui stava? Non c’era neanche bisogno di
pensarci su.
-No.-
Assottigliò
lo sguardo irritata, -E allora ti scordi il
passaggio.-
Nessun
problema: Glenda era facilmente corrompibile con l’affetto, come mia
madre.
-Non puoi
semplicemente accontentarti della mia più sincera gratitudine? La
sincera gratitudine del tuo adorato
fratellino.- Una banconota da quattrocento euro sarebbe stata meno falsa del
mio sorriso.
Lei schioccò
la lingua infastidita, -Sei uno schifoso ruffiano.-
Arricciai
il naso senza smettere di sorridere, -Lo so. Ma
è anche per questo che mi vuoi bene e mi darai un passaggio.- Com’era
facile lavorarsi Glenda.
-Per
favore?- Suggerì accigliata.
Illusa.
Mi stiracchiai come un gatto e mi alzai con calma, ignorando volutamente la sua
richiesta, -Fai in fretta e lascia perdere il trucco,
devo essere lì per le 8.10.- Quanto era bello schiavizzare la propria
sorella troppo buona per rispondere a dovere.
Si
lasciò andare ad uno sbuffo che le
spostò la ciocca nera sulla fronte, -Ci metto il tempo che mi serve. Muoviti
e vestiti, stronzo. O farai tardi anche in macchina.-
Avevo in
mente di fare come aveva detto? Naturalmente no, feci tutto con comodo e ci
misi più tempo del solito a sistemarmi i capelli bene in alto.
-Sei
più lento e vanitoso di una ragazza.- Mi accusò lei, mentre mi
specchiavo con minuziosità nello specchio sopra il lavandino del bagno.
Scrollai
le spalle ed inclinai appena la testa per esaminare
meglio quel ciuffo ribelle lì sopra, -Ho tutto il tempo di questo mondo,
non ho voglia di fare in fretta.-
La vidi
alzare un sopracciglio poco convinta, -Non eri in
ritardo? Hai detto a me di muovermi, quando sei tu quello ancora a petto nudo.-
Che
rottura di coglioni, cazzo, pure l’autista che mi metteva fretta! -Sono
quasi pronto, inizia ad aprire la porta.-
-L’hai
già detto due volte e siamo ancora qui.-
Mi voltai
ghignando soddisfatto, -Beh questa volta è vero.-
Afferrai
la prima maglietta che mi capitò in mano e me la infilai dando una
veloce occhiata all’orologio. Le 7.50. Almeno avrei evitato quella
nanerottola petulante, probabilmente aveva già preso l’autobus
delle 7.35.
-Sua
Maestà ha finito di prepararsi?- Mi sfotté Glenda, improvvisando
un inchino chiaramente derisorio.
-Sei
simpatica quanto una spina nel culo,- Sbattei le
palpebre velocemente e sorrisi in modo forzato, -Non ti mando a cagare solo
perché mi serve il passaggio.-
Lei fece
roteare gli occhi per la stanza e le chiavi della macchina intorno
all’indice, -Mi sembrava infatti che questa
mattina fossi più simpatico del
solito.-
Aprii la
porta d’ingresso ancora sorridente, ma mi bastò voltarmi verso
l’ascensore per bloccarmi di colpo.
Alice
Puccio boccheggiava incredula di fronte a me e fino all’ultimo
cercò inutilmente di nascondersi dietro il corpo del padre, un ometto quasi
più piccolo di lei e dall’aria bonaria.
Perfetto.
La giornata non poteva iniziare peggio, non vedevo proprio l’ora di
incontrare un’isterica pazzoide di prima mattina.
-Ciao,- Feci un lievissimo cenno in direzione della nana, per poi
rivolgermi a suo padre con il sorriso più amichevole che riuscissi a
mostrare, -Salve.-
Luca
Puccio era un tipo a posto tutto sommato. Il suo unico
difetto era quello di essersi sposato con quella pazza
di sua moglie e di aver poi avuto una cosetta
del genere come figlia. Andava compatito.
-Lorenzo,
ciao.- Sorrise entusiasta. Poveretto, chissà come doveva renderlo felice
vedere persone al di fuori di quella gabbia di
psicopatiche.
Glenda,
alle mie spalle, salutò con un “‘Giorno” divertito,
senza smettere un attimo di far tintinnare quelle dannatissime chiavi
dell’auto.
Per
qualche strano ed inquietante motivo,
-Rossella!
Buongiorno!-
Alzai gli
occhi al cielo scocciato: possibile che ancora non riuscisse a distinguere il
chihuaha dal rottweiler? Ma che ci voleva a capire che
Glenda aveva i capelli corti e Rossella lunghi? Senza contare che Rossella
molto probabilmente non si sarebbe neanche fermata a salutarli, li avrebbe snobbati fin da subito, come avrei tanto voluto fare io.
-Veramente
sono Glenda.- Lo corresse lei tranquilla, con una
pazienza che se fossi stato al suo posto se ne sarebbe già andata da un
pezzo.
-Oh
Glenda, scusa…- Si grattò la testa imbarazzato, -Dopo tutto questo
tempo fatico ancora a riconoscervi.- Sembrava a disagio, come un bambino che si
aspettava di ricevere una bella strigliata da un momento all’altro.
Non
riuscivo a capire il perché di tanta mortificazione, in fondo aveva solo
sbagliato un nome, non era mica un reato così grave. Oltretutto Glenda,
non avendo il mio carattere irascibile, non lo avrebbe certo condannato per una
sciocchezza simile.
-Non si
preoccupi.- Appunto.
Gli
sorrise e Luca Puccio sembrò quasi sollevato da quella reazione. Vivere
con la moglie e la figlia gli dovevano aver dato alla testa, non c’era
altra spiegazione.
L’ascensore
finalmente arrivò e mia sorella si precipitò immediatamente ad
aprire la porta esterna per far entrare tutti. Tipico di lei, non sarei mai
riuscito a capire il perché di tanta educazione e disponibilità
verso il prossimo.
Io la
mattina –diciamo pure sempre- ero troppo scazzato persino per aprirla a
me stesso la porta, figuriamoci se perdevo tempo e fatica per tenerla aperta a qualcun altro.
-Allora,
Glenda, stai andando all’università?-
Mi voltai
automaticamente verso il signor Puccio, tutto intento a cercare di dare il via
ad un qualsiasi tipo di conversazione. Non doveva essere un amante dei silenzi
imbarazzanti.
-No, sto
accompagnando mio fratello a scuola perché è in ritardo.-
Sé,
va beh, ritardo. Per soli venticinque minuti, quanto la faceva tragica.
Stavo per
intromettermi nella conversazione per farglielo notare, quando i miei occhi
incrociarono di nuovo quelli furiosi della mia adorabile compagna di classe.
Porco
cazzo, aveva dei seri problemi mentali quella, perché diavolo continuava
a lanciarmi simili occhiatacce? Non le avevo fatto nulla…non ancora
almeno.
-Davvero?
Tu in che scuola vai Lorenzo?-
Non lo
sapeva? Non che avessi mai sostenuto una conversazione più lunga dei
soliti “Salve” o “‘Sera” con lui, ma pensavo che
la figlioletta perfetta avesse riferito al suo paparino i dettagli della sua prima giornata nella nuova scuola.
-Il
Molinari.- Sorrisi a Puccio Senior, per poi spostare lo sguardo sulla figlia e
ghignare soddisfatto di quell’espressione sconvolta. Pensava forse di
tenerlo nascosto?
-Davvero?
Anche mia figlia va lì adesso!-
Ma non mi dica, che cazzo di sorpresa! Pensi che siamo pure in classe
insieme purtroppo e mi è bastato un solo giorno per etichettarla come il
più fastidioso ed insignificante essere di
questa terra.
Probabilmente
non avrebbe mantenuto quell’espressione così amichevole se avessi
esternato i miei pensieri.
-La sto
accompagnando perché è in ritardo anche lei, vuoi che te lo dia
io uno strappo?-
Guardai
di sfuggita
Però…a me serviva il passaggio e dovetti ammettere almeno a me
stesso che irritare la bambolina mi divertiva.
-Certo,
grazie.- Mi voltai a guardare Glenda e per un attimo sul suo volto scorsi pura
incredulità, -Così risparmio il disturbo a mia sorella che deve
studiare per un esame.-
Non ci
fossero stati i due Puccio con noi, Glenda mi avrebbe ficcato un termometro in
bocca e avrebbe chiamato preoccupatissima un’ambulanza, sostenendo
agitata che il suo “fratellino” stesse delirando e fosse ad un
passo dalla pazzia.
In effetti era stato strano persino per me sentirmi pronunciare quella frase, ci
avevo messo troppo poco sarcasmo…
Mia
sorella boccheggiò incerta per qualche secondo e sembrò seriamente
sul punto di chiedermi se mi sentissi bene, dato che solo con la febbre a
quaranta –ma neanche- avrei potuto dire qualcosa di
così…premuroso.
Poi,
accortasi dello sguardo di Puccio, si affrettò a rispondere, -Mi farebbe davvero un grandissimo favore, grazie.-
L’ascensore,
nel frattempo, era arrivato al piano terra. Mai sei piani mi erano sembrati
così infiniti.
Non mi
dispiacque più di tanto fare la strada in
macchina con Luca Puccio –e con quel piccolissimo dettaglio imbronciato seduto accanto a lui-, trovammo subito un
argomento su cui incentrare un dialogo, argomento che escluse fin da subito il
dettaglio nominato poco prima.
Puccio
era milanista, ma stranamente non fu sgradevole parlare con lui di calcio,
nonostante non nutrissi particolare simpatia per i milanisti in generale
–Andrea era un’eccezione più unica che rara.
Arrivati a destinazione, lo salutai e ringraziai, per poi
dirigermi verso l’entrata ignorando volutamente una seccante presenza
alle mie spalle.
-Come diavolo ti è venuto in mente di accettare la
proposta di mio padre?!-
Eccola lì. Sarei quasi rimasto deluso se non avesse
detto nulla.
-Credi che non l’abbia capito che stai cercando di irritarmi
a morte, eh?!-
Brava Puccio, dieci e lode. Allora non sei stupida come pensavo.
La guardai di sfuggita, indeciso se
mettermi a ridere per il modo in cui ansimava affaticata per
poter stare al mio passo, o risponderle seriamente.
-Ero in ritardo e mi serviva un
passaggio…- Alzai le spalle con noncuranza, -Non pensare che il mondo
ruoti intorno a te, mia cara.- Sorrisi di sbieco, senza rallentare nemmeno un
po’. Vederla arrancare così tanto per
starmi dietro era stupendo.
-Io non penso che il mondo giri
intorno a me. Sei tu l’arrogante che lo pensa.-
Precisamente. Ma
chi era lei per venirmi a dire una cosa del genere?
-Non mi conosci nemmeno, come fai a
dirlo?- Inarcai un sopracciglio, curioso di sentire quale sarebbe stata la sua
risposta.
Alzò il
mento altezzosa e fece una piccola smorfia, -Quel poco che conosco mi
basta credimi, non mi serve altro per capire di che pasta sei fatto.-
Di che pasta ero fatto? Sul serio? E
ci era arrivata da sola o le aveva dato una mano il
suo piccolo e malfunzionante cervello da bionda?
-È molto stupido da parte tua
giudicare quello che non conosci bene.- Ghignai soddisfatto e vittorioso.
Oh Puccio, non fare quella faccia su. Me le
servi su un piatto d’argento le risposte…servissi anche
qualcos’altro su un piatto d’argento, evitando magari di parlare
con quella vocetta del cazzo che ti ritrovi…
Non le diedi il tempo di rispondere, le
voltai le spalle con ancora quel sorriso stampato in faccia e raggiunsi Andrea
e Giulio seduti sugli scalini davanti all’ingresso.
-Oh bella
Lore! Non sai che cazzo di voglia c’ho di
balzare* (*bigiare, marinare la scuola) oggi.- Andre si
accese la sua solita sigaretta con fare annoiato, stravaccandosi poi con la
schiena e i gomiti sullo scalino dietro.
-Figa
oggi c’è pure quella troia di geografia, ci fa le domande sui
capitoli che ha dato da fare per l’estate.- Giulio
aggrottò la fronte contrariato, -Voi sapete qualcosa?-
Lo
guardai scettico, -Ma ti pare? Non ho aperto neanche il libro.- Non ricordavo
nemmeno più come fosse la copertina del libro di geografia,
l’avevo dato per disperso nella mia stanza da mesi ormai.
-Ma
sì, tanto farà le domande che ci sono in fondo al capitolo, basta
segnarsi le risposte.- Andre annuì soddisfatto; per la prima volta aveva
fatto un discorso intelligente, la cosa aveva dell’incredibile.
-Giusto!-
Giulio si diede un colpo in fronte, -Bon, io inizio ad andare in classe
allora, vedo di segnarmi qualcosa sulle mani e sul banco.- Ci salutò e
salì gli ultimi scalini a passo lento e pesante prima di entrare.
-Oh, io
invece ti devo raccontare poi come è andata con
la spagnola…-
Ghignai e
mi sedetti vicino ad Andre incuriosito, -Ah già, la spagnola di sabato
sera…allora?- Chiesi immaginandomi già la risposta.
-Uno
schifo guarda.-
Arretrai
di poco con la testa stranito, -Come uno schifo? Era
figa scusa…-
-Sì,
quello sì, ma…- Mi sembrò quasi che stesse trattenendo dei
conati di vomito, -Praticamente…me la porto a casa, no? Inizio a farmela
e…-
Spalancai
occhi e bocca piuttosto disgustato, -Oh Cristo, era un uomo?!-
Mi
lanciò un’occhiataccia risentita, -No coglione, era una donna!-
Tirai un sospiro di sollievo. Non ci tenevo particolarmente ad avere
tutti i dettagli della vicenda se quella strafiga di Lolita fosse stata
un…Lolito.
-E
allora?- Sollecitai impaziente.
-E allora
inizio a farmela subito…ci saremmo detti sì e no due parole in
croce e non ho capito nemmeno quelle, visto che
parlava spagnolo…- Fece una smorfia; già per lui era difficile
stare a sentire le italiane, figuriamoci le spagnole.
-Le
cose si fanno più spinte…- Proseguì, facendo delle pause
per dare al tutto più pathos, -La spoglio, lei mi spoglia e le
ficcò una mano nella…-
-Ah-ah.-
Sorrisi furbescamente; il racconto si faceva molto interessante.
-La
faccio godere,- altra pausa enfatica, -gemeva di
brutto porca puttana…- I suoi occhi si accesero di eccitazione al
ricordo.
-Continuo
per un po’….e come tolgo la mano…- L’entusiasmo di Andre si spense di botto, lasciando posto solo ad un’espressione delusa e schifata, -Avevo il Mar
Rosso fino al braccio.-
Ci misi
un attimo a ricollegare il tutto, ma quando compresi la fine di quel racconto,
incominciai a ridere fino a lacrimare, -Oh cazzo, non ci credo!-
-Te lo
giuro! Ma che cazzo di schifo, stavo per mettermi a vomitare davanti a lei!-
Schizzinoso
com’era lo credevo bene!
-E lei? Ma scusa non ti ha fermato?-
-Ma ti ho
detto che non abbiamo praticamente parlato! E poi come
me lo diceva? Come cazzo si dice mestruazioni in spagnolo?!
Se anche me lo avesse detto non l’avrei capita!-
Stavo
soffocando, sarei finito all’ospedale di lì a poco, non riuscivo a
respirare per il troppo ridere.
-‘Fanculo, mai più con una spagnola. Ok che te la smollano
subito, ma se devo trovarmi in un lago di sangue!-
E Andrea
non aiutava di certo a farmi smettere, –Cioè, capitano tutte a te
Andre!- Riuscii a dire, fra una risata e l’altra.
-Minchia
veramente…-
Dopo quel
brillante racconto, ci decidemmo finalmente ad entrare
in classe, visto che la campanella era già suonata da un bel po’.
La prof
fortunatamente non era ancora arrivata, così potemmo continuare a
parlare indisturbati e a cazzeggiare per altri cinque minuti.
Quando
entrò in classe, Claudia Rettino -soprannominata da tutti Rett, iniziò a raccontarci delle
sue meravigliose –chiaramente era ironico- vacanze in Cina.
Mi
domandai davvero cosa avrei fatto se la prof non fosse stata così generosa da condividere con noi la sua emozionante esperienza. Probabilmente mi
sarei buttato giù da un balcone.
Ero certo
che praticamente nessuno la stesse ascoltando, chi
poteva essere così sfigato e masochista?
I miei
occhi si posarono involontariamente su una schiena ritta coperta da una liscia
cascata di capelli biondi e trovarono risposta. Solo
-Della
serie “che cazzo ce ne può fregare a noi delle vacanze della Rett”?-
Scherzò Andre, dandomi una gomitata.
Ridacchiai,
-Di che minchia ti lamenti? Almeno non interroga.-
Le ultime
parole famose.
L’inutile
discorso della prof finì e nella classe calò un silenzio tombale.
Per la
gioia di tutti,
Feci un
rapido calcolo e conclusi che a me sarebbe toccato
rispondere alla domanda 3 dell’esercizio 2, così scorsi le pagine del
capitolo in cerca della risposta e me la segnai a matita sul banco.
Quando
arrivò il mio turno,
Mi
stiracchiai e ghignai soddisfatto: un più
sul registro senza aver fatto un emerito cazzo, la giornata iniziava bene.
-Sì,
Puccio?-
Sbattei le palpebre perplesso.
Puccio? Che c’entra
-Mi scusi
professoressa.-
Poteva la
voce di un essere umano essere tanto odiosa e saccente?
Spostai
annoiato il mio sguardo su di lei: si stava attorcigliando una ciocca di
capelli al dito e sorrideva come solo una bambina stupida poteva fare.
-Ma mi sembra
giusto informarla che Latini si era scritto la risposta sul banco. Insomma, mi
sembra una mancanza di rispetto nei suoi confronti.-
Man mano che aveva parlato, i
miei occhi si erano spalancati increduli.
Ma che
grandissima troia!
Non aveva niente di meglio da fare che guardare
quello che facevo e rompermi i coglioni?!
Fatti
una vita Puccio.
Sentii a malapena il commento di Andre, così come non feci più di tanto caso a
Lele che si sporgeva verso di me per passarmi la gomma.
Continuai a fissare in tralice
-Cancella, cancella!-
Decisi di seguire il consiglio di Lele e di
provare a cancellare, almeno in parte, la mia precedente e brillante risposta.
Non servì a molto, ovviamente, la prof si accorse subito del mio
tentativo di nascondere le “prove”.
-Latini, è
scrivendoti le cose sul banco che speri poi di passare l’esame di
maturità?-
E quella cos’era, una
domanda retorica? Sperava forse che le rispondessi “No, prof, ha
ragione”? Che mi scusassi? Ingenua. Di certo non avrei dato quella
soddisfazione né a lei, né tantomeno alla Puccio.
-Perché no?- Risposi
ghignando.
Lei fece una smorfia
contrariata, -Per stavolta ti prendi un impreparato sul registro Latini. La
prossima volta scatta il 2.-
Annuii senza smettere di
sorridere. Capirai, per un impreparato all’inizio dell’anno,
c’era tutto il tempo di recuperare.
Non appena
-Come?- Quello che doveva essere uno sguardo
minaccioso, non fece che farmi trattenere a stento una
risata.
-Dicevo stronza.- Voleva lo spelling della parola
forse?
Prima che potesse esploderle la faccia per la
rabbia, precisai che quell’insulto non fosse rivolto a lei, ma alla cara Puccio.
Puntai gli occhi sulla nanerottola e la squadrai
infastidito, ricevendo in risposta lo stesso identico
sguardo astioso di quella mattina.
Non avessi saputo come stavano le cose, avrei
quasi pensato che stesse cercando di attirare la mia attenzione, perché
diavolo continuava a provocarmi in quel modo? Ancora per la storia del
suggerimento sbagliato? Se l’era presa per una cavolata del genere?
-
Minchia, si
faceva severa
-Va bene.- Scrollai le spalle e le passai il
diario. Mia madre era abituata al peggio, in seconda ero stato sospeso per aver
quasi dato fuoco al banco e mi ero preso tante di
quelle note perché beccato a fumare in bagno…
Al massimo poi avrei potuto falsificarla io la
sua firma, nulla di cui preoccuparsi.
Scrisse sul diario del mio comportamento
maleducato e scorretto nei suoi confronti e dell’insulto rivolto alla mia
compagna, per poi firmare con foga alla fine di tutto.
Una nota il secondo giorno di scuola, questo era
un record anche per me…e tutto per colpa di quella pazzoide.
Attesi impaziente la
fine dell’ora, poi, una volta suonata la campanella, mi alzai in fretta e
mi diressi al banco della Puccio pronto ad incuterle
almeno un po’ di timore per fargliela pagare.
-Ehi stronzetta, ti sei divertita a guardare mentre mi metteva quella cazzo di nota, eh?-
Ero incazzato nero. Non tanto
per la nota in sé, quanto per il fatto che per
colpa di quella stronza,
La vidi alzare lo sguardo per affrontarmi con
decisione, ma in un attimo, i suoi occhi persero tutta quella sicurezza e si
sgranarono sorpresi e disorientati.
-Ehm…-
Ehm, Puccio? È tutto quello che sai dire?
-Hai perso la parola, forse?- Domandai, senza
smettere nemmeno per un secondo di fissarla.
Ero al corrente di avere
un certo effetto sulle ragazze, ma sapere di averlo anche sulla nanerottola
snob era senza alcun dubbio una gradevole
notizia che mi fece più piacere di quanto io stesso ammisi.
Se era sufficiente una vicinanza così
marcata a zittirla...mi sarei risparmiato tanti suoi urletti isterici da lì in poi.
-No.-
Scosse la testa ponendo così fine al nostro contatto visivo, -La mia era solo una piccola vendetta per quello che hai
fatto ieri.-
Avevo ragione allora, alla Puccio non era ancora andato
giù il fatto che le avessi suggerito la risposta sbagliata di proposito.
Isterica, petulante,
fastidiosa e pure rancorosa. Ma aveva almeno un pregio
quella ragazza? A parte il fattore estetico, su quello nulla da dire. Certo,
con una quarta di seno sarebbe stata ancora più piacevole da guardare,
ma…stavo divagando, quello non c’entrava nulla.
Schioccai la lingua annoiato,
-Oh andiamo, non dirmi che te la sei presa per
ieri Puccio. Era solo una cazzata e sinceramente non
credevo nemmeno che avresti scritto quello che ti avevo detto, era così
ovvio che due terzi fosse sbagliato.-
Impossibile non ridere al ricordo della
figuraccia che aveva fatto. Com’era possibile che si fosse fidata
così ciecamente del mio suggerimento? Non le era venuto nemmeno per un
attimo il dubbio che la risposta potesse essere sbagliata? Oltretutto pure una
bambina avrebbe capito che lo era.
-Non ho riflettuto
prima di scrivere, ma lo sapevo che era sbagliato!- Sbraitò punta sul
vivo.
-E allora perché l’hai scritto?-
Alzai un sopracciglio curioso, in attesa di una risposta che non tardò
ad arrivare.
-Perché ero
alla disperata ricerca di un suggerimento e avrei accettato persino
l’aiuto di un opossum siberiano
se fosse servito a qualcosa.-
In un primo momento, troppo preso ad esaminare dall’alto in basso quel visetto
imbronciato, non feci nemmeno caso alla sua frase demenziale.
Quando poi la assimilai, trattenni a stento una
risata, -Un opossum siberiano?- Lo aveva davvero detto? Ma
quanto era scema quella ragazza?
Mi sorprese nuovamente con la sua risposta:
invece di ritrattare, correggersi o giustificarsi, si limitò a
rispondere con un “Sì” convinto. Come se parlare di opossum
siberiani fosse normale.
-Immagino. Comunque sappi che ti sei tirata
addosso tutta l’antipatia della classe e soprattutto…- Mi avvicinai
nuovamente con il viso, scoprendomi particolarmente appagato nel vederla
indietreggiare a disagio.
-Soprattutto...?- La
voce le tremò leggermente sull’ultima sillaba.
-Ti sei messa contro di me…e non ti
conviene avermi come nemico.- Soffiai sorridendo a due centimetri dalla sua
faccia.
Un’ondata del suo profumo -stranamente buono
e per nulla nauseante come me l’ero immaginato-,
mi investì e mi fece perdere per un momento il filo del discorso.
Di che stavamo parlando?
La vidi tremare leggermente e le sue guance, dopo
quell’ultima mia frase, assunsero un invitante color rosso.
Deglutì e fece un minuscolo e
probabilmente involontario passo indietro, -Capirai…credi di spaventarmi?-
Spaventarla? Ah sì, le avevo appena detto
che non le conveniva mettersi contro di me, giusto.
-A te non conviene avermi come nemica!- Incrociò
le braccia al petto e mi fissò dal basso dopo aver riacquistato la sua
solita aria ostile.
Peccato che la sua voce era
uscita stridula e tremolante e le sue guance, se possibile, erano diventate
ancora più rosse.
Scoppiai a ridere davanti a quel ridicolo
tentativo di essere spavalda.
-Sto davvero tremando dalla paura.- Le voltai le
spalle e me ne tornai al mio banco, la sua faccia paonazza ed
il suo profumo dolce ancora in testa.
*Note
dell’autrice*
Sono in ritardo di un giorno rispetto alla data
stabilita sul gruppo
e sono in ritardo di…mesi? Diciamo mesi, sono in ritardo di mesi qui su
EFP, visto che il primo capitolo l’ho postato un
bel po’ di tempo fa.
Vi chiedo infinitamente scusa per questo ritardo,
sto facendo il possibile per continuare tutte le storie postate e gli extra di Lore e Ali (inizierò a postare anche quelli il prima possibile, il tempo di studiare e scrivo sempre
quando mi è possibile).
Sabato ho postato il nuovo capitolo di Time is running out, oggi
questo…prossimamente arriveranno anche Emma e il
primo extra di Tra l’odio e l’amore, non perdete le speranze, non
sospendo nulla!
Detto questo, vi ringrazio di cuore per
l’accoglienza dedicata a questo pov di Lore, non so davvero che dire, se non che
sono contenta che entrare nella testa di questo cretino vi sia piaciuto
così tanto ;)
Devo rispondere ancora alle recensioni, ormai
faccio schifo, non riesco più a rispondervi come vorrei e la cosa mi
dispiace da morire perché voi impiegate tempo per scrivermi e avessi
più tempo vorrei davvero poter
ricambiare…lo farò, giuro. Non so come, non so
quando, ma lo farò. Perché ci tengo e perché ve lo
meritate. Lo so, può sembrare una promessa al vento, ma non lo è. Bene o male mantengo sempre quello che dico,
ecco perché questo capitolo è qui ;)
Volete la storia tutta dal punto di vista di Lore (ho letto le vostre recensioni e questo dice la
maggioranza) ed eccola qui, per voi.
Spero che questo capitolo non vi abbia fatto
troppo schifo, essendo uno dei primi, le cose fra i due sono ancora molto freddine, sapete anche voi che si scalderanno nei prossimi!
Colgo l’occasione per scusarmi dei discorsi
fra Andrea e Lore, sono di una volgarità
tremenda, lo so, ma…penso siano verosimili, i ragazzi di oggi parlano e
pensano in questo modo (credo, ce l’ho messa
tutta per entrare nella testa di un ragazzo xD). La
storia della spagnola è vera, un mio amico mi ha raccontato la stessa
identica storia che Vergata ha raccontato Lore
e…inutile dire che ne sono rimasta traumatizzata xD
Ok, queste note stanno diventando un po’
troppo lunghe, vi lascio con uno spoiler del prossimo capitolo che ho postato
nel gruppo, augurandovi, in ritardo, una Buona Pasqua!
-Vediamo una
cosa...-
In un battito di ciglia, Andre
batté sui tasti e scrisse un nome sul motore di ricerca in alto; il
risultato che venne fuori fu decisamente un bel colpo...al basso ventre.
Porca puttana...
Alice Puccio, 4 amici in comune.
Nell'immagine del profilo era sdraiata sulla
spiaggia, appoggiata sui gomiti, le caviglie incrociate in aria e il mare alle
sue spalle.
Seguii con lo sguardo la linea delle sue gambe, del
suo culo e della sua schiena, fino ad arrivare alle
spalle e alle braccia che nascondevano -purtroppo- il seno coperto solo dal
misero pezzo di sopra del bikini.
Deglutii a vuoto decisamente
accaldato.
'Sti cazzi. Ma era
possibile eccitarsi così tanto solo vedendo una
foto? Per giunta nemmeno così porno.
E poi...merda, era quella
nanerottola rompicazzo della Puccio,
come cazzo faceva ad essere così arrapante?
-Minchia!- sbottò Andre
sgranando gli occhi, -Questa è da sega davanti al pc!-
Sì beh, non l'avrei mai detto davanti a lui,
ma era proprio quello che stavo pensando.
-Ma non dire stronzate
va!- la mia voce uscì flebile, strozzata, incrinata. Non ero credibile
per niente.
-Certo...- fece roteare
gli occhi per la stanza, -Dillo magari quando non stai per venire solo a
guardarla.-
Un bacione, alla prossima!
Bec