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Autore: lisolachenonce    10/04/2012    5 recensioni
Victoire Weasley era una ragazza bella, molto bella. Aveva quindici anni, lunghi capelli rossi e l’aria sognante. Più una vagonata di cugini, e un migliore amico. Se vedevi lei, potevi star certo che entro qualche secondo sarebbe apparso lui, Ted Lupin, alto, Metamorfomagus e figlioccio di Harry Potter. La scuola non era mai stata così piena di celebrità da tempi immemorabili.
Tutto cominciò un venerdì di Aprile, molto tempo fa.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo 15
Diciannove anni dopo






Ci sono dei momenti, nella vita, in cui ti accorgi di stare sprecando il tuo tempo. E’ una sensazione orribile, ti sembra di essere imprigionato in un labirinto di cui vedi la fine, ma non sai come raggiungerla. Come nei sogni, corri, corri e non fai un passo. E Ted aveva avuto questa nitida sensazione per tutta l’estate. Ogni singolo giorno, buttato al vento. Non che lo stage non fosse stato utile. Non che la Norvegia non fosse bella. Anzi. Ma gli mancava, gli mancava terribilmente, Victoire. Ormai era inutile raccontarsi storie: non poteva fare a meno di lei. Quanti bei modi ci sono per dire che si ama una persona.
E così, il 1 Settembre, quando finalmente lo lasciarono andare, quando trovò il modo di uscire, quando cominciò a correre davvero, in quel sogno, si catapultò quasi direttamente a King’s Cross, per non perdere l’occasione. Era già passato troppo tempo.

Victoire era là, a combattere la sua battaglia contro se stessa. Ad aspettarlo senza illudersi, ad amarlo senza crederci. A dirigersi in discesa con il manico della scopa puntato verso l’alto. L’amore è qualcosa di contorto, assomiglia alla pazzia, ma c’è sempre un po’ di ragione nella follia.
E quella mattina, nel turbinio dei bagagli, si era fermata solo oltrepassato il binario, davanti alla coltre di fumo, per farsi prendere da quell’intrico di sensazioni che non sapeva più come chiamare. Aveva voglia di raggomitolarsi per terra e rimanere lì in eterno. Voleva solo tornare normale. E “normale”, in quel momento, significava “Teddy è solo il mio migliore amico”.
Ma, si sa, a volte le donne sono molto più forti di quanto credano. E Victoire non si era accasciata a terra e non aveva chiesto l’aiuto di nessuno. Si portata una ciocca di capelli dietro l’orecchio ed era andata incontro alle sue compagne, che chiacchieravano allegramente sotto l’orologio.

Ed è lì che lui la vide. Non ci volle molto prima che lei sollevasse la testa e sorridesse – nonostante tutto. Disse qualcosa alle altre, sempre sorridendo, e si diresse verso di lui. Fu come se quella distanza non volesse finire mai. Fu come se a ogni passo ogni paura le tornasse in gola, e si dissolvesse nella presenza di lui, sempre meno lontano. Fu come tornare a casa.
Fu, per lui, come vedere il proprio destino farsi avanti, fu come sentirsi in bilico tra l’euforia e il terrore, fu – in un certo senso – come tornare a casa.
E quando lei lo raggiunse, non si fermò, lo abbracciò, e seppe che non c’era posto al mondo in cui si sarebbe mai sentita meglio.
E quando lei lo abbracciò, lui seppe che c’era un solo posto al mondo in cui si sarebbe sentito migliore. E la baciò.
E un bacio, un primo bacio, riesce a zittire tutto. Fuori e dentro. Un primo bacio è annegare nel silenzio – perché il silenzio è la prima condizione, necessaria, per provare un’emozione.
Anche quella strana emozione che è la musica ha bisogno del silezio.
Un primo bacio è un’infinita melodia di silenzio.
Per lei, quel silenzio la vide vincere la sua battaglia, dare un nome a quella guerra – guerra era – Amore.
“Teddy!”
So che questo era il momento che tutti stavate aspettando.
“James?”
James Sirius Potter, per una volta senza il suo degno compare, stava lì, a guardarli dal basso, con gli occhi sgranati.
Victoire guardò prima lui, poi Ted, che stava diventando di una delicata sfumatura rossa, e solo allora notò che i capelli erano verdi.
“Cosa stai facendo?” esordì James, ritrovata la parola.
Victoire cominciò a ridacchiare. Com’era bella quando rideva.
“Volevo salutarla.” disse Ted, anche lui trattenendosi dal ridere.
“Ma è Vic!” James sembrava sconvolto.
“E’ proprio per questo che volevo salutarla.”
Victoire, a queste parole, appoggiò la testa sulla sua spalla.
James era ammutolito.
“Avviati, James, arrivo subito.” disse lei.
Mentre si allontanava, il cuginetto si volgeva indietro ogni due passi, perché non credeva ai suoi occhi.
“Non partire.” disse Ted, improvvisamente.
Victoire rise di nuovo. Non desiderava altro che ridere, finalmente, e stare tranquilla. Dopo tanto rincorrersi, dopo tanta fatica, tanto stare male, tanto peso sul cuore, voleva mettere radici e stare lì, tra le sue braccia, per sempre. Splendido spettacolo, due alberi intrecciati.
“Devo andare.”
“E io come faccio?”
Domande così difficili non dovrebbero essere poste a gente innamorata.
Lo baciò lei, stavolta, piano – incantevole silenzio.
Chiuse gli occhi di lui, dolcemente, e cominciò a camminare all’indietro. Quando staccò le mani dalle sue palpebre, i suoi occhi rimasero chiusi. Lui la sentì sfuggire dalle sue mani e rimase immobile.
Si sentì un fischio, poi un milione di altri rumori – lui aveva ancora il silenzio, dentro.
E quel silenzio se lo portò dentro tutto il tempo, ogni cosa facesse, ogni rumore ci fosse fuori, o dentro, in un angolo c’era sempre una fetta di silenzio – una fetta d’amore – che aspettava lei.



Fine


NdA
Non nascondo una certa tristezza a veder finire questa storia - ci ho messo veramente un pezzo di me.
Il titolo è blu, anche se il capitolo è dal punto di vista di entrambi, perchè ho provato tutte le combinazioni possibili ed erano terribili, quindi faccio pari con quelli rossi.
L'introduzione dei trattini - vi piacciono? A me sì - deriva da un'indigestione di Alessandro Baricco, se qualcuno lo ha letto. Non me ne vogliate. A volte mi faccio prendere dallo stile del libro che sto leggendo, non voglio copiare o che.
In fondo, è una fanfiction, ed è una Canon, e quindi ho copiato tutto, qualche trattino non fa la differenza.

Lady Oonagh
Ma che bella recensione lunga!
Mi piace questa cosa che scrivi mentre leggi, mi fa avere un quadro completo :D
“Uffa, superuffa e arciuffa!” è una battuta della Principessa Odessa della Melevisione, non so se la conosci, io la guardavo sempre da piccola e mi è rimasta impressa... è così tenera! :3
Ma... ma... tutto questo mi commuove! Grazie, grazie davvero!
Spero di vederti presto ;)

Un'ultima cosa: devo dire grazie, grazie di cuore alle 13 persone che hanno messo questa storia tra le preferite, le 6 che l'hanno messa tra le ricordate e le 20 che si ostinano a tenerla nelle seguite... Ancora grazie, mi avete reso felice.

Ecco, adesso ho finito davvero. A presto,
lisolachenonce
  
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