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Autore: Blue Drake    10/04/2012    1 recensioni
Questa è una storia senza futuro.
Questa è la storia di un passato senza coscienza.
Questa è la storia di un presente fra le ombre.
Questa è la mia storia.
Non sono sempre stato crudele. Non sono sempre stato freddo, cinico ed egoista. Un tempo non lo ero. Un tempo ero un bravo ragazzo, un ragazzo come tutti: normale.
Ma ci sono esperienze che cambiano la vita. Che ti strappano alla normalità, e ti privano di speranze e sentimenti.
Un tempo non era così. Un tempo io ero un uomo. Ed ora? Ora sono solo un'ombra...
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dentro e Fuori dall'Agenzia'
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Capitolo 30

27 febbraio 1965 – "Derek"

 

 

Ci sono giorni in cui ancora mi sveglio sudato e tremante, con l'ultimo strascico di un sogno che ricorre, di tanto in tanto, rendendo alcune delle mie notti un vero e proprio incubo. I miei ricordi tornano indietro di qualche anno, impietosi nella loro fredda dettagliatezza. Ricordi che ho tentato in ogni modo di rimuovere, senza successo. Vorrei liberarmene, una volta per tutte, ma non sono abbastanza forte da costringere la mia mente al mio volere. Sono più forti loro. Lo sono sempre stati. Speravo che allontanarmi sarebbe bastato, per lasciarmi tutto alle spalle. Mi sbagliavo. Non è così, e non lo è mai stato. Per quanto mi sforzi, non riuscirò mai davvero ad andare avanti. Ci saranno sempre delle ombre ad oscurare il futuro, ed il presente.

 

Vorrei sprecare una piccola parte del mio e del vostro tempo, per spendere qualche parola, nel tentativo di spiegarvi cosa... chi era la persona, l'uomo a cui affidai parte del mio futuro, quella parte più immediata. Forse non ne siete interessati, ma desidero provare a spiegarvi, un piccolo frammento di verità su una delle più importanti influenze della mia esistenza. Cercherò di essere il più chiaro e conciso possibile, almeno nei miei intenti.

 

Il giorno in cui si presentò alla porta di Chris - per la seconda volta, dopo avermici accompagnato - commise uno dei peggiori errori di valutazione. Provai a rammentarglielo, ma non ne sembrò minimamente toccato. Proseguì invece, indifferente, per la sua linea di azione, ignorando deliberatamente qualsiasi segnale di pericolo, fingendo che tutto fosse in ordine.

Non lo era. Entrare in quella casa, nella vita privata di un normalissimo, comune cittadino, fu un'azione sconsiderata, che non mancò di scontare, una volta che tutto tornò alla normalità - normalità, in questo caso, è un termine relativo. La normalità, all'interno dell'Agenzia, non esisteva e non esiste realmente. È un concetto astratto e non praticabile -

 

È difficile spiegare. Me ne rendo conto solo ora, cercando di dare un senso a tutto questo. Non c'è un senso. Per quanto mi sforzi di trovarlo, non esiste, e spiegare diventa un'impresa senza speranza.

Allora proviamo a cominciare dall'inizio. Forse tutto risulterà, se non immediatamente comprensibile, per lo meno più chiaro.

Nell'autunno del 1937, i genitori di Derek persero la vita durante un attentato. Aveva sei anni. Era figlio unico. Senza altri parenti conosciuti, ai quali poterlo affidare, fu consegnato ad un orfanotrofio. Un anno più tardi, una giovane donna ed il suo presunto consorte, ne chiesero l'affidamento. In realtà i due non erano coniugi, ma colleghi. Loro compito era scovare giovani promettenti, dotati di spiccate doti organizzative, assicurando loro un'istruzione appropriata, un adeguato mantenimento ed un corso di addestramento specializzato, finalizzato alla formazione di ragazzi con le qualità giuste per portare a compimento alcuni, delicati incarichi, richiesti da una particolare sfera del governo.

Il nostro piccolo Derek faceva parte di un progetto, finanziato dallo stato, denominato Comet. A soli quattordici anni, il suo bagaglio culturale e le sue conoscenze, teoriche e pratiche, avrebbero fatto sicuramente invidia a molti laureati senza esperienza. A conti fatti, pur nella sua immaturità anagrafica, aveva tutte le carte in regola per aspirare alla direzione di uno dei tanti reparti di quella che, allora, non era ancora l'Agenzia - non a pieno ritmo, in ogni caso -

Presto - due anni più tardi - le sue predisposizioni vennero meglio indirizzate ed incanalate all'interno di un gruppo di supporto di recente creazione. Quel gruppo venne provvisoriamente denominato "Esecutivo", nome che, contrariamente alle aspettative iniziali, permase fino ad ora - almeno che io sappia - Allo stesso modo, coloro che ne facevano parte, furono insigniti della dubbia carica di esecutori.

A differenza di un "normale" operativo che, almeno sulla carta, aveva la piena libertà di azione ed integrazione all'interno del tessuto sociale, un esecutore rappresentava, per così dire, il lato oscuro e nascosto, e come tale doveva necessariamente mantenersi all'esterno della normale vita del paese, il più distaccato possibile da qualunque genere di interazione fra i cittadini. Era, in poche parole, destinato ad un'ombra perpetua. La faccia non visibile della luna.

Che cosa comportava questo? Beh, qualunque contatto con il mondo esterno doveva, imperativamente, essere filtrato, il meno diretto possibile. Non esistevano - e non dovevano esistere - conoscenze, amicizie, legami famigliari e/o affettivi, all'esterno dell'Agenzia. Per la verità, non erano previste relazioni di alcun tipo, comprese quelle interne. Sarebbe stato controproducente. Avrebbe finito con il distrarre l'attenzione. Insomma: sarebbe risultato dannoso, sia per l'Agenzia, sia per l'esecutore stesso - o per lo meno, questo era ciò che ci si premurava di inculcare in coloro che ne erano membri effettivi, o potenziali -

 

Fu un enorme sbaglio, da parte sua, spingersi fino alla porta di casa di Chris. Ma le mie parole, i miei dubbi, non servirono in alcun modo a farlo ragionare. Sì, ora lo so, avrei dovuto fare qualcosa per lui, impedirgli di fare cazzate, di cedere all'istinto che in quel caso, davvero, si rivelò dannoso. Forse... probabilmente, era questa la ragione per la quale manteneva tutta quella freddezza. Forse era cosciente che, se solo avesse allentato un momento il controllo, l'equilibrio di tanti anni si sarebbe spezzato, mettendolo in pericolo.

Più o meno inconsciamente, sapevo di avere almeno parte della responsabilità, per quello che era e sarebbe accaduto. Ma ero egoista. Desideravo solo ciò che ritenevo giusto per me, senza preoccuparmi affatto delle conseguenze sugli altri. Me ne resi conto tardi.

Realizzai quanto, ciò che volevo e che avevo fatto, avesse influito non solo sulla mia esistenza, ma anche su quella di chi mi stava intorno, una mattina di fine inverno quando, solo in quella casa non mia, occupato a cucinare qualcosa di decente, venni sorpreso dal suono isterico del campanello del porticato. Imprecando fra i denti, per l'interruzione inattesa, mi avviai all'entrata, con l'intento di scoprire la causa di tanta fretta ed agitazione.

Sgranai gli occhi, sconvolto, scorgendo dallo spioncino la sua pelle bianca, e gli eleganti vestiti, ricoperti di sangue...

 

   
 
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