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Autore: The Cactus Incident    11/04/2012    2 recensioni
[SEQUEL DI: "Maybe it’s the bitter wind A chill from the Pacific rim That brought you this way "]
Feci la linguaccia a Brian e lui mi fece una smorfia prima di sorridere “Ok Bri adesso, prendi la spugna e mettici il sapone” “Perché questa spugna pezzotta?” “Non è una spugna pezzotta è una spugna naturale, viva” “E cresce?” “Non credo” “Peccato, mi sarebbe piaciuto uno Spongebob per casa…” “Bri mettici quel cazzo di sapone! Non va bene se rimane in acqua per tre ore” “Okok, fatto”
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Everyone needs love You know that it's true'
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Cass Bri chapter 6

Cass P.O.V.

Le vacanze le passammo così, fra live davanti al camino e con i fan che sbucavano come i funghi per gustarsi quel concerto gratis e insolito. Un tizio prestò anche la sua chitarra a Brian e finimmo a suonare tutti e due e non solo canzoni dei nostri gruppi, ma un po’ di tutto. Spesso facevamo scegliere ai ragazzi che ci si riunivano attorno. Era una bella cosa, nuova sia per loro che per noi e spesso ci fermavamo a parlare con loro, soprattutto io. Era come un Meet & Greet di una settimana, ma più divertente perché dopo poco si abituavano e non svenivano né urlavano più (soprattutto le ragazze alla vista di MIO marito).

Parlavamo un po’ di tutto, facevano un sacco di video e foto. Era bello dimostrargli che non siamo una copertina di Kerrang! con le gambe, ma delle persone normali. Grazie a loro, tutto il mondo seppe che quella della mia gravidanza non era solo una voce, ma la verità.

“E’ maschio o femmina?” chiese una ragazza con i capelli carota, Francesca. Scrollai le spalle “E’ ancora presto e poi abbiamo deciso che non lo vogliamo sapere” “Hai deciso, precisiamo. Io spero ancora nella pupa da coccolare” commentò Synyster che fino al secondo prima stava parlando con alcuni ragazzi.

Alzai gli occhi al cielo e sorrisi “O pupa o minimé, deciditi” “Mmmm… tutt’e due” “Prega in aramaico, appeso a testa in giù dalla Tour Eiffeil e con un Boa Constictor al collo e poi parliamo di un eventuale secondo genito” fece una faccia simil cucciolosa, con tanto di labbro inferiore che arrivava al pavimento. “E daaaai” “Vediamo come va con questo…” sorrise e tornò a parlare con i ragazzi.

Fu bello, ma tornare in America, con Brian che aveva messo su quattro chili in una settimana, fu una benedizione.

Per prima cosa, dopo esserci fermati a casa, ci mettemmo a consegnare i regali a tutti (in ritardo).

La parte più divertente fu fermarsi a casa Sanders: ormai mancava poco alla nascita dei gemelli ed erano tutti in agitazione, soprattutto Matt. La più tranquilla (e scocciata) era Valary: aveva sempre addosso Matt, Michelle e la loro madre. Sembrava non vedesse l’ora di tirarli fuori, non sapendo che, una volta partorito, si sarebbero accaniti ancora di più, ma sui poveri pargoli.

Io qualcosa di bambini la sapevo, quando era nata mia sorella ero abbastanza grande e una cosa che ricordo bene era l’assurda affluenza di persone. Non si respirava nemmeno un attimo, tutti a casa a fare gli auguri, la casa invasa da regali di tutti i tipi.

I ragazzi, infatti, sarebbero partiti per gli ultimi concerti solo a febbraio, in modo da dare a Matt la possibilità di fare almeno un po’ il papà. Val, comunque, avrebbe dovuto partorire verso metà gennaio, ma essendo l’ultimo periodo non si poteva mai sapere. Notai, infatti, il borsone messo nell’ingresso per un’eventuale cosa a sorpresa.

 

 

“Chiamami ok?” disse Brian mentre mi baciava per l’ennesima volta. Non aveva mai fatto tutte queste smancerie prima di partire per un tour “Bri, in tour ti ho sempre chiamato minimo una volta al giorno” “Quindi adesso almeno tre: ricordati che vali per due e qualcosa di più” sorrisi “Se continui a sparare ste zuccherate, ti mollo” “Ok, però tu chiamami e mandami le ecografie per posta o per messaggio. Voglio vedere come cresce il fagiolo” “Come lo hai chiamato?” chiesi sconcertata alzando un sopracciglio  “Fagiolo! Visto che per ora non sappiamo come chiamarlo e ancora non è un bimbo, lo chiamiamo fagiolo, no?” disse tutto esaltato.

“Bro se non la smetti, lo farai nascere col diabete!” disse Blake mentre mi passava affianco e caricava le mie valigie sul tourbus “Ma stà zitto Haner!” gli urlò Haner.

“Adesso vai da Matt, sembra aver bisogno di un supporto morale” “Aaaahhh!! Non è mai stato così brutto non partire per un tour. Adesso che faccio a casa da solo?” “Devo capire che fino a poco tempo fa non te ne fregava un cazzo di me, eh?” dissi ridendo.

Mi fece una smorfia e mi prese sotto il mento, prima di darmi un altro bacio molto più appassionato. Intrecciò la lingua con la mia e sembrava non volersi separare. Lo lasciai fare e dopo non so quanto si separò.

“Ok, vado. Altrimenti non parti più” “Muoviti. Come farà Matt senza il fedele compagno Synyster Gates?” “Cazzi suoi, vengo con te” gli tirai un calcio sul sedere e sobbalzò “Ehi stai calma! Non puoi agitarti nelle tue condizioni” disse massaggiandosi la parte lesa.

“Sono incinta, non malata e adesso fila!” fece una faccia da cane bastonato e sembrò avviarsi. Poi si voltò e mi rubò un ultimo bacio, prima di andare via correndo e sghignazzando come una iena della Disney. Sorrisi guardandolo, mentre correva via e andai dentro, pronta per partire alla volta della seconda parte del tour, da vivere con molta più attenzione della prima.

 

Brian P.O.V.

Andate. Tutte e due. Mi avevano mollato entrambe. Che poi (per adesso) erano indivisibili questa è un’altra storia, ma adesso loro erano partite e mi avevano mollato a casa da solo. Certo che è davvero una merda aspettare che la propria metà torni dal tour.

Da quando ero così mammone? Quando eravamo partiti per l’altra parte del tour non avevo mica fatto tutte queste storie…. Il fatto di accingermi a diventare padre non mi faceva molto bene.

Oddio, padre… ancora non lo credevo possibile e mancavano ancora sei mesi prima che il fagiolo venisse fuori.

Ancora o solo?

Solo sei mesi e la mia vita sarebbe cambiata (ancora una volta) del tutto. Oh Cristo. Vabbè adesso mi aspettava un mese di fancazzismo e poi tre mesi di tour che di certo mi avrebbero tenuto occupato (per non dire che mia avrebbero ucciso). Beh, questo sarebbe stato un anno da ricordare fra svenimenti vari e nascite.

Cazzo, stavamo invecchiando. Cominciavamo a mettere su famiglia! E a me sembrava il giorno prima quando mi chiamò Jimmy per dirmi “Brutta testa di cazzo! Ho un progetto davvero interessante per le mani che potrebbe interessarti. Quando torni fra i comuni mortali non laureati ad Huntington?”

Il progetto migliore che potesse capitarmi, in assoluto, sotto un nome assurdo trovato da un mancino con gli occhi verdazzurro, con a capo un energumeno tatuato e con le fossette, con la strabiliante mente di un batterista quattrocchi che aveva messo le dita nella presa della corrente e con un bassista iniziale che era un cornuto, ma che poi è stato sostituito da un nano dotato di cresta che subiva tutti i nostri scherzi tremendi.

Qualcun altro li avrebbe mandati a fanculo, ma conoscevo Jimmy e se era lui a dire che era interessante, doveva esserlo sul serio.

Non mi pentirò mai di aver preso quel treno solo per sapere cosa aveva in mente, dire si e tornarmene ad Hollywood, fra Zacky che mi bestemmiava dietro e Matt che mi aveva accolto con un sorriso.

Quei quattro coglioni tatuati sono diventati la mia famiglia nel preciso istante in cui ho detto si a Jimmy e no a passare una vita a fare il chitarrista da studio.

Andiamo, mi ci vedete a fare il chitarrista da studio? Ma sai che merda? Solo, in uno studio. Forse non mi sarei nemmeno tatuato come ho fatto e non mi sarei manco truccato. Che ti trucchi a fare o ti spari i capelli se nessuno ti vede? Tu stai là, componi sotto commissione, e non ti rompe le palle nessuno, ma te le frantumi da solo.

Naaah, quella vita non faceva per me. Nemmeno mio padre ci era resistito a fare solo quello, figurarsi io.

La prospettiva di girarsi l’America su un furgoncino parecchio fatiscente, insieme ad un’altra decina di persone (perché non contenti ci portavamo dietro pure i seguaci, eh) rubando da mangiare e suonando in posti orrendi su palchi minuscoli, con la gente che ti si buttava addosso e Matt che minacciava di buttarti giù da un secondo all’altro era decisamente meglio. Molto più emozionante che stare a casa.

Altro che tourbus, avevamo patito la fame durante il primo tour e non guadagnavamo un cazzo.

Poi finalmente le cose cominciarono ad andare meglio e ingranammo la via del successo.

Su questa via, in una delle tante fermate ad Huntington, ci avevo trovato una nana italiana, mancina, con gli occhiali e le lentiggini che avevo provato ad affogare e che per tutta risposta mi aveva a stento mandato a fanculo. Non sapeva chi eravamo (all’epoca, 2003, come darle torto), e in pochi si sarebbero fidati di gente combinata come noi, ma lei si. Tanto da arrivare a essere considerata alla stregua di quella massa di junior rompipalle.

E poi boh, me ne ero innamorato e non me ne capacitavo nemmeno io. Avevo una ragazza che era una sventola (anche se troia) e preferivo quella nana skater alquanto maschiaccio che poi era diventata una bellissima ragazza, ma che dentro era sempre la scapestrata a cui avevo insegnato a suonare decentemente.

All’epoca mi piaceva il fatto che non provasse a sembrare più grande, come invece facevano tutte le altre e si truccava perchè le piaceva farlo e non per dimostrare qualcosa a qualcuno.

Forse perché già sembrava più grande dei suoi sedici anni (almeno fisicamente) e provare ad invecchiarsi sarebbe stato come volerne dimostrare trenta (un po’ come me: ero “invecchiato” attorno ai 18 anni e poi ero rimasto uguale per i 10 anni successivi).

Spesso sembrava una drogata, ma diceva che si divertiva a passare per emarginata dalla società. Camminava sempre a testa alta e a passo sicuro, guardando davanti, non si voltava mai. Forse aveva paura, ma faceva in modo da non farlo pesare addosso agli altri e anzi, aiutava gli altri a non averne e ad affrontarla insieme a lei, anche nelle situazioni più orribili che erano capitate.

La stessa ragazza che aveva avuto più palle di tutti e che era riuscita a farmi riprendere dallo stato comatoso in cui ero finito dopo la morte di Jimmy e che poi, mi ha raccontato in seguito, era scoppiata a piangere come una disperata appena entrata nella macchina di Matt.

A quel punto avevo capito non solo di essere innamorato di lei, ma di dipendere da quella pazzoide tutto pepe che si era fatta tutto l’Oceano Atlantico per delle persone che aveva conosciuto tre anni prima.

Perché Cass lo ha detto più volte negli anni: “Sono tornata per via di Jimmy, ma non per lui. Non so resuscitare i morti, a lui di certo non sarei stata di aiuto. L’ho fatto per tutti voi, sperando che in qualche modo, vedendo tornare il gioccattolino di tanti anni fa, vi scappasse un sorriso”.

A me più che un sorriso era scappata una crisi di nervi con tanto di sfogo davvero imbarazzante, ma nessuno poteva dire niente sul mio stato.

Non ricordo molto del periodo fra la notizia della morte di Jimmy e l’arrivo di Cass, è tutto parecchio confuso. Ricordo che ogni giorno Matt mi si sedeva davanti, affiancato da Johnny e Zacky e parlavano, parlavano, parlavano e io non ascoltavo mai nemmeno una parola. Potevano parlare di Jimmy come della spesa, io non sentivo niente.

Ricordo Michelle che mi trascinava da una stanza all’altra e i tremendi incubi notturni in cui vedevo strane figure che prendevano Jimmy e i ragazzi che mi rinfacciavano di non averlo salvato. Logicamente io non c’entravo niente con la sua morte, ma la mia mente faceva questi orrendi scherzi.

Poi mi ritrovai la faccia di Cass a un palmo dalla mia chi diceva qualcosa, ma non sentivo nemmeno quello.

Dopo avermi trascinato in giro per il mio ex salotto, mi aveva afferrato per la maglietta e aveva ringhiato in faccia “Cristo Bri, pensi davvero che Jimmy avrebbe voluto vederti così?”

Nessuno aveva avuto il coraggio di dirlo, forse per la paura di farmi sprofondare ancora di più o non so.

So solo che se avesse detto un’altra frase o non mi avesse ringhiato a muso duro addosso in quel modo, adesso non sarei qui, ma in un centro psichiatrico con una camicia di forza o addirittura sotto terra. 

 
Fermai la macchina davanti alla casa di Matt.
Era sempre stato quello in punto di partenza di tutti i nostri tour. Si trasferiva? Cambiavamo casa davanti alla quale fermarci, ma era sempre e comunque la casa di Matt. Spesso quel ragazzone tutto muscoli era l’unico a conservare un minimo di cervello in parecchie situazioni. Ciò non toglie che spesso staccava pure lui il cervello e a quel punto, con tutti e cinque senza guinzaglio era la fine per chiunque c’incappasse davanti.
“Buongiorno!” Mi accolse Zacky tutto pimpante “Giorno, come mai non hai accompagnato tuo fratello?”

“Ti sembra che ha ancora bisogno di essere accompagnato? E poi c’era Fede, mi fido più di lei che di lui” “Matt ha il doppio del tuo cervello, Zacky” s’intromise Matt sbucando dalla porta di casa.
“Giorno Gates” “Giorno Matt” “Ciao Brian!” “Val!” abbracciai la quasi mamma Shadows e feci una carezzina al pancione. Chissà se a Cass sarebbe diventata così enorme. Beh, a Val erano due… Con i geni dei gemelli da tutti e due i genitori non c’era stata via di scampo (Matt era l’unico della sua famiglia a non avere un gemello, ma nel suo DNA c’era scritto).
“Allora? Questa volta non ci seguirai in tour?” “Prendi per culo? Dove voglio andare in queste condizioni?” “Beh, di pratica da mamma ne hai fatta pure parecchia” sorrise. In tour si era sempre comportata come se fosse nostra madre ed era abituata a tenere a bada quattro bambini e mezzo (Matt faceva finta di fare il bravo, quindi valeva metà), figurarsi due se le davano problemi.
“Beh, vedremo…” disse carezzandosi il pancione. Per un secondo ebbi il flash di Cass uguale a lei, mentre carezzava e lanciava sguardi adoranti al fagiolo che somigliava sempre di più ad un’anguria. Scossi la testa e l’immagine sparì.

 

Cass P.O.V.

Eravamo in Italia. Milano, Alcatraz e ci stavamo dando dentro di brutto. Quando parlavo in italiano in fan andavano in visibilio, soprattutto perchè facevo battute su Blake che lui non capiva.
Come al solito chiudemmo il concerto con la cover di Afterlife e stavamo tirando plettri e quant’altro, quando andai da uno dei nostri Roady, Mark, e mi feci dare un cartellone che avevamo preparato prima. C’era scritto a lettere cubitali “CASA”, il nostro stemma disegnato a mano da me e l’avevamo autografato tutti. Tornai sul palco, la chitarra ancora appesa davanti e mi posizionai davanti al palco, mostrando il cartellone e venendo sommersa da un bagno di flash e di urla. Feci un inchino e tirai il cartellone rigido a mo di frisbee sulla folla.
Dopo un paio di ore a firmare autografi e fare foto come sempre, tornammo nel nostro tourbus, non avevamo nemmeno il tempo di fermarci un po’ perchè dovevamo partire alla volta di Parigi. 
Andai in “camera mia” e dopo una doccia accessi il cellulare trovando una miriade di chiamate perse di Alice, Zacky, Jasmine e Brian (soprattutto di Brian).
Stavo per chiamarlo, ma lui fu più veloce di me.

“Ehi che succede?” “Val ha tirato fuori i gemelli!” “Wow! Sul serio? Ma non mancava tipo una settimana?” “Ha anticipato. Sai, non credo siano cose con una scadenza precisa” “In effetti… allora? Come sono?” “Spelacchiati e urlanti, ma sono bellissimi. Ah! Piccola novità: non sono due maschi come si pensava, ma un maschio e una femmina! Owen Leopold Sanders e Ororo Marie Sanders” “Leopold?” “Si, sai com’è Matt, un po’ di agitazione e non ragiona più… comunque appena mi fanno avvicinare decentemente gli scatto una foto e te la mando. Sono stupendi!” aveva la voce quasi sognante.
“Ehi, tutto ok?” “Si è solo che…dovresti vedere Matt, è al settimo cielo e noi con lui” “Ma? Perchè c’è un ma” “Non proprio…. E’ solo che sono curioso di vedere il nostro di pargolo spelacchiato ed urlante” “Ho troppi capelli perchè nasca spelacchiato” “Non mi sembra che Matt e Val soffrano di calvizia…” sbruffai “Oh, Haner! Da quando sei così puntiglioso?” ero abbastanza sicura che avesse scrollato le spalle.

“Da quando tu spari stronzate… comunque, com’è andato il concerto? Sei a Milano, giusto?” “Si Milano ed è andato magnificamente! Non c’è niente da fare, i fan italiani sono i migliori” “Io ribatterei mandando in campo di giapponesi” “I giapponesi saltano, ma sono troppo ordinati e poi non cantano come cantano gli italiani” “Non è che sei un tantino di parte?” “Chi? Io? Noooooo!” rise di gusto e poi sentii qualcuno che lo chiamava “Adesso scusami, ma devo andare. Forse riesco a scattare una foto ai primi eredi sevenfold, se ti arriva un mms o un’e-mail significa che ce l’ho fatta. Ciao!” “Ciao Bri e fai il bravo” “Da quando ho bisogno delle raccomandazioni?” “Dal 7 luglio 1981” “Cazzo, sembra una data così lontana…” “Perchè lo è” sbruffò “Ci risentiamo, stronza” “Bye bye vecchiaccio” 

 
Brian P.O.V.

Ok, adesso ero davvero terrorizzato. Quando Matt era uscito dalla sala operatoria, con uno strano camice verde sporco di sangue e con un colorito verdognolo, ero sbiancato anche io. Se Matt, che era quello con lo stomaco più tosto nel gruppo, era ridotto così, figurarsi a me cosa sarebbe potuto succedere.
I bambini inizialmente li vedemmo solo da lontano, mentre erano al nido. Avevano quattro capelli a testa ed erano biondissimi, quasi bianchi. Erano delle cosine minuscole, un po’ piccolini essendo dei gemelli, ma perfettamente in salute.
Stavamo davanti al vetro ad osservarli, abbracciai Matt che adesso sorrideva tranquillo, osservando anche lui i bambini.
“Complimenti, sono stupendi” “Si, sono bellissimi” si separò e continuò a guardare “Tu sarai il prossimo?” “Così sembra…” “Emozionato?” “Non vedo l’ora e sono completamente terrorizzato al pensiero di ritrovarmi in braccio un cosino minuscolo che sarebbe mio figlio” “Cass ti ha mandato l’ecografia?” “Si, ma per adesso si vede ben poco…” tirai fuori la “foto” dalla tasca di dietro dei jeans, per mostrarla a Matt.
“Vedi? Sembra quasi una lucertola” “Vabbè, poi migliora” disse Matt divertito mentre osservava il mio primogenito rettile. Perché mi sembrava carino anche così, in bianco e nero, con la coda?

Osservai ancora un po’ la foto e poi la rimisi in tasca.
“Sarai un ottimo padre, vedrai” dissi battendogli un colpo su una spalla “Anche tu” “Merda stiamo sul serio invecchiando” dissi quasi afflitto e lui rise di gusto “Si, decisamente”
Guardavamo tutti e due nel nido, lui scrutando attentamente i suoi figli e io osservando un po’ tutti i bambini, magari beccandone uno/una con i capelli neri, o comunque scuri e provando ad immaginarmi quello/a che sarebbe stato/a il mio/la mia.

 
“Ehi ragazzi, hanno detto che adesso possiamo vederli” disse Zacky. Dovevano essere passate più di tre ore dal parto e adesso li avrebbero portati alla madre, quindi potevamo vederli.
Quando arrivarono le infermiere con i due bimbi e videro tutte quelle persone fecero delle facce scocciate e consegnarono Ororo a Val “Chi è il padre?” “Ehm… è andato in bagno” dissi io, incerto e l’infermiera mi sorrise “Vuole tenerlo lei fin quando non arriva?” tanto prima o poi sarebbe dovuto succedere, no?
“Ehm… o-ok” con una delicatezza che non credevo di avere, presi in braccio quello scricciolo di Sanders, che mi fissava con i suoi occhioni verdi e la bocca stretta in una “o” . Era davvero dolcissimo.
Subito mi vennero attorno Zacky e Johnny, scrutandolo attentamente.
“Ehi, ciao Owen” dissi incerto, sorridendo. Il bambino strinse il labbro e scoppiò a piangere con un urlo acuto e perforante. Il mio morale andò a terra.
Michelle, che fino a quel momento stava vicino alla sorella che allattava incurante di tre uomini etero e sposati nella stessa stanza, mi venne vicino e lo prese in braccio.
Guardai afflitto il bimbo, che appena giunto fra le braccia della zia si era calmato. Ma perché i bambini facevo tutti così con me? Mi sentivo in colpa, ma io non avevo fatto niente. Gli avevo solo sorriso e detto tre parole….

 
Cass P.O.V.

“Jeasus Christ!” “Oh, mi è arrivato un messaggio” esclamai tranquilla, togliendo il cell dalla tasca. La mia suoneria era Jimmy che urlava “Jeasus Christ”, presa dal DVD “All Excess”, mentre inseguiva le papere, davvero stupenda.
Era un’mms dei due piccoli “Ragazzi! Brian mi ha mandato una foto di Ororo e Owen!” mi vennero tutti vicino, osservando il mio cellulare. Sotto c’era un messaggio di Brian.
–Date il benvenuto alla terza generazione! Eccovi Ororo e Owen. Parlo al plurale perchè tanto so che state tutti addosso a Cass a guardare la foto (non soffocatela, anche lei cova un pargolo del genere).
Sappiate che ho terrorizzato Owen e spero di non averlo traumatizzato: l’ho preso in braccio ed ha cominciato a piangere T_T è stato orribile. Cass, spero solo che nostro figlio sia meno debole di cuore.
Ti amo.
Ps: Blake leva le mani dal pancione di mia moglie-.

 

Ssssssssssalveeee! :D
Chiedo venia, sono una persona orrrrrribile che si dimentica di aggiornare v.v
Beh, che volete che vi dica……. Niente, non vi dico un bel niente T.T
Maaaaaa voi lo sapete che Valary è incinta? ‘-‘ per davvero? Woooow *o*
Che cosa carina! :3
Bella de casa! V.v
Beh, giusto per fare la sborona, questo disegno l’ho fatto io:
https://p.twimg.com/AqNNfYUCEAAswT5.jpg:large
ditelo che è strabico, lo so ç_ç se non si dovesse capire, è Matt Sanders e.e
Ultima cosa: Lay ti amo (perdonami dolcezza <3) _diable_ sei una persona stupenda :’) davvero.
Vedete di recensire, belve feroci e.e vi sguinzaglio contro le squadrette, eh!
Adieux =3
The Cactus Incindent

  
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