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Autore: MedusaNoir    11/04/2012    5 recensioni
Non le importava più di niente, ma non era una sua decisione: semplicemente si dimenticava di vivere.
[Il titolo e le citazioni sono prese da "Don't go" di Rae Morris]
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Pansy Parkinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Don’t go

Sometimes people make the wrong moves
walking in the wrong shoes.
Make me feel like hope again, hope again.

 

Pansy aspettava sotto la pioggia scrosciante, la sera era ormai calata; rari passanti attraversavano Diagon Alley, qualcuno chiudeva il proprio negozio, altri baciavano il fidanzato in attesa sotto un portico. Poi c’era lei, in piedi, nemmeno un ombrello a ripararle la chioma bruna.

Aspettava.

 

Aveva conosciuto Chris proprio lì, un anno prima: stava uscendo dal Ghirigoro con in mano una pila di libri, accompagnando il nipote tredicenne a fare compere per Hogwarts, e lei che passeggiava ascoltando il silenzio nella propria testa gli era finita addosso; si era scusata, l’aveva aiutato a raccogliere i libri e quando aveva alzato lo sguardo aveva incontrato i suoi occhi celesti. Ne aveva abbastanza di occhi chiari – a causa loro non avvertiva più alcuna emozione; tuttavia, quando Chris le sorrise dicendole per l’ennesima volta di non preoccuparsi lei aveva avvertito un movimento nello stomaco, e aveva scoperto di avere fame.

Quando lo aveva raccontato a Millicent lei era scoppiata a ridere, chiedendole se per caso lo avesse trovato “appetitoso”. Pansy, dal canto suo, non ci trovava niente di divertente: era a stomaco vuoto da giorni e se n’era resa conto solo in quel momento. Qualsiasi cosa fosse successa, aveva riattivato il suo corpo, anche se solo momentaneamente, perché non ricordava bene parte dei primi due mesi dopo avere conosciuto Chris. Aveva dei vuoti di memoria piuttosto lunghi, ogni tanto si ritrovava in posti mai visti prima senza sapere come ci fosse arrivata; una volta Millicent aveva dovuto bussare per ore alla porta del suo appartamento prima che lei, sdraiata sul divano a fissare il soffitto, si rendesse conto di qualsiasi rumore.

Immaginava la voce di Daphne dirle, preoccupata, di parlarne con qualcuno, di risolvere quella situazione, ma l’unica persona che le fosse rimasta era Millicent, troppo insensibile per capire cosa le stesse succedendo, troppo sola per rifiutare un’amicizia con Pansy anche se non erano mai andate veramente d’accordo. Daphne era sparita da tempo, era stata lei stessa ad allontanarla, incapace di vedere nei suoi occhi un riflesso di quelli della sorella.

Gli occhi, gli occhi: erano sempre stati quelli il suo problema. Chiudeva i suoi e le apparivano di fronte quelli di Draco, li riapriva e lui non c’era. E allora perché perdere tempo con la realtà se faceva così male?

Gli occhi di Chris, seppure chiari come quelli di Draco, erano diversi, le infondevano sicurezza. Fu per questo e per la sua solitudine che gli chiese il suo numero quando lo incontrò di nuovo a Diagon Alley due mesi dopo, sperando di avere una persona con cui parlare, nonostante in realtà non si fosse mai aperta davvero con lui. Chris aveva otto anni più di lei, ventiquattrenne, e viveva da solo a Londra; a Hogwarts era stato un Grifondoro, Pansy si limitò a mormorare “Serpeverde” come se per lei fosse una vergogna e non aggiunse altro in proposito. Chris non l’aveva conosciuta ai tempi di Hogwarts, le stava dando la possibilità di mostrarsi come un’altra persona, diversa dalla studentessa antipatica e cattiva che prendeva in giro tutti i nemici di Draco, pur di attirare la sua attenzione; poteva essere un’altra e ci stava riuscendo.

Quando Draco l’aveva lasciata per Asteria – “Non ti amo più, non c’è un’altra nella mia vita”, bugiardo – era caduta in depressione, non sapeva dire neanche lei con precisione se fosse realmente così, ma i vuoti di memoria, il silenzio nella sua testa, la frequenza sempre maggiore con cui si manifestavano i disturbi psichici che aveva sempre avuto le facevano pensare che fosse depressa; ciò che glielo suggeriva di più era la mancanza di emozioni.

L’avevano assunta in un ufficio, era arrivata prima tra decine di concorrenti, e lei si era limitata a sorridere senza entusiasmo; si era perfino dimenticata di dire alla madre di avere ottenuto il posto per cui studiava da mesi. Non si toglieva quasi mai il pigiama, era arrivata a passate un’intera settimana senza lavarsi e uscire di casa, era stato solo per la visita di Millicent e il suo modo di storcere il naso che se n’era accorta. Non le importava più di niente, ma non era una sua decisione: semplicemente si dimenticava di vivere.

Con Chris stava bene. Si vestiva. Si truccava. Si faceva bella. Chris era il solito belloccio che faceva invaghire le ragazze, ammiccando loro in modo seducente, ricoprendole di attenzioni durante gli appuntamenti o sfoderando un’espressione di profondo dispiacere quando, dopo un mese di frequentazione, diceva loro di non essere pronto a una relazione seria e che certamente meritavano di meglio. E Pansy, che aveva sempre assecondato Draco, scelse di fare l’esatto contrario con Chris: decise di farlo cambiare.

Si era resa conto di saper sorridere in sua presenza, di provare qualcosa a partire dal giorno in cui lui l’aveva vista piangere in un angolo, sconfitta a un improvviso affiorare di ricordi di Draco, e l’aveva stretta tra le braccia, permettendole si sfogare le lacrime sul suo petto, accarezzandole delicatamente i capelli. In quell’occasione, spinta a parlare da lui nel tentativo di pensare ad altro, aveva confessato di appartenere a Serpeverde; qualche minuto, poi Chris l’aveva baciata castamente sulle labbra, facendole provare qualcosa.

In quell’anno di conoscenza non si erano mai frequentati ufficialmente, ma quando Chris si stancava delle altre donne – anche mentre era ufficialmente impegnato con una di loro – correva da Pansy o le chiedeva di raggiungerlo al suo appartamento a Diagon Alley; lei lo assecondava, felice di essere “quella che lo avrebbe cambiato”: passavano intere notti stretti l’una all’altro, senza darsi altro che baci, e questo per Pansy significava qualcosa, perché se Chris avesse voluto approfittarsi di lei avrebbe avuto un milione di occasioni per farlo.

Da un mese, tuttavia, le cose avevano cominciato a prendere una piega diversa, dopo che la ragazza aveva chiesto a Chris di modificare il loro rapporto; lui cercava di fuggire, evitando di rispondere alle sue chiamate, mentre Pansy continuava ad insistere.

Per questo, quella sera, lo aspettava sotto il suo appartamento.

 

Un uomo chiuse la porta di casa, maledicendosi per essersi dimenticato di prendere l’ombrello; probabilmente non ne aveva nessuno a casa e la strada che lo divideva dalla sua destinazione era talmente breve che non prese nemmeno in considerazione l’idea di smaterializzarsi, perché si incamminò rapidamente, con le mani in tasca, lungo Diagon Alley, finché non avvertì una stretta sul braccio.

Quando si voltò, la sua espressione sorpresa si tramutò in rassegnazione.

- Oh, - esclamò, trovandosi di fronte lo sguardo deciso di Pansy. – Tu. Senti, sono di fretta, magari possiamo parlare un’altra…

- No, Chris, devi smettere di scappare! – lo sgridò Pansy. – Non ti sto chiedendo molto, solo di uscire con me… come se fossi più che un’amica.

- Non funzionerebbe, Pan, te l’ho già detto una volta.

- Pensavo avresti cambiato idea, te l’avevo chiesto vari mesi fa…

- Pan… - la supplicò Chris, cominciando a spazientirsi. – Devo andare, ho un appuntamento.

Pansy allentò la stretta sulla sua maglietta. – Con una donna?

- Sì, - confessò Chris, evitando di incontrare il suo sguardo. – Ti… ti chiamo, va bene? Così ne parliamo da amici e…

- NO! – lo bloccò di nuovo Pansy. – Ascoltami, Chris... Ho passato mesi senza provare alcuna emozione, poi sei arrivato tu e… e mi sentivo felice, giusta, come se dopo tutti gli errori che ho fatto ci fosse ancora una speranza per me. E’ solo grazie a te che ho ripreso a sperare, e nient’altro…

- Pansy -. Chris gli mise la mani sulle spalle, abbassandosi leggermente per poterla guardare negli occhi. – Sono un bastardo, ok? Lo sono sempre stato. Mi sento uno schifo per tutte le volte che abbiamo dormito insieme, tu sei coinvolta emotivamente e per me non è così. Ma guardarmi: ho più di trent’anni e devi essere tu a provarci con me! Non volevo farti del male, restiamo amici, aiutami a non essere più così; la prossima volta che tenterò di baciarti allontanami, non posso sfogare i miei istinti su di te. Non è giusto.

 

Hope dies slowly and falls from your eyes,
falls from your eyes.
Hope dies slowly and falls from your eyes,
falls from your eyes.

 

Pansy non disse niente.

Rimase sotto la pioggia scrosciante osservando la sua schiena allontanarsi.

Rimase sotto la pioggia scrosciante osservando la sua schiena allontanarsi.

Rimase sotto la pioggia scrosciante osservando la sua schiena allontanarsi.

   
 
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