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Autore: Lua93    12/04/2012    12 recensioni
«Ti dispiace?» Si lamentò Bella abbassando lo sguardo sul suo corpo avvolto solo da un asciugamano troppo piccolo. Era la prima volta che Isabella incontrava uno dei tanti ragazzi di Jessica in giro per la casa, solitamente non uscivano mai dalla camera da letto, salvo per andarsene.
Il ragazzo sembrò risvegliarsi, e arrossendo visibilmente si voltò dall’altra parte.
«Non credevo ci fosse qualcuno». Disse con voce bassa. Bella sussultò, e si accorse di stare tremando, non poi così certa di farlo a causa del freddo.
«Tu chi sei?» Gli domandò indietreggiando fino a raggiungere la porta della sua camera, e nascondendosi dietro di essa, rimase a fissare il ragazzo che ancora le dava le spalle.
«Emmh… mi chiamo Edward e sono un compagno di corso di Jessica». Rispose quest’ultimo leggermente imbarazzato, passandosi una mano tra la folta chioma ramata.
Isabella inarcò un sopracciglio, indispettita. Si era ritrovata improvvisamente innervosita, quasi gelosa del fatto che Jessica fosse riuscita a conquistare un ragazzo talmente bello da sembrare irreale. Un sentimento, la gelosia, a lei totalmente estraneo.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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3 capitolo                                                                                  
                                                   
                                                                         
                                       Comptine d'Un Autre Été- Die fabelhafte Welt


                                                                                                         3

Isabella osservava distrattamente la sua coinquilina civettare bonariamente con un ragazzo, lungo il corridoio della facoltà di medicina. I suoi occhi erano concentrati nella ricerca di un paio di capelli ramati in mezzo a tutte quelle teste monocromatiche. Due ragazzi le si avvicinarono scherzosamente cercando di parlare con lei, l’avrebbero sicuramente notata se fosse una studentessa della loro facoltà, le dissero. Bella non si lasciò lusingare dalle loro parole adulatrici, domandò piuttosto dove avrebbe potuto trovare un certo Edward Cullen.
«Quello non ce ne lascia una». Disse uno dei due ragazzi, rivolgendosi all’altro con un sorriso malizioso.
«Sarà il fascino dello straniero», ipotizzò quello più alto. Aveva i capelli ricci  e scuri, due grandi occhi neri come la pece e il sorriso più arrogante che Isabella avesse mai visto.
In lontananza Jessica le fece l’occhiolino sorpresa di vederla in compagnia di due sconosciuti.
Bella sbuffò annoiata, «ho chiesto solo dove potevo trovarlo, non quante ragazze si fosse portato a letto». Con i denti iniziò a mangiucchiarsi il labbro inferiore, era un gesto istintivo, lo faceva quando era nervosa.
I due ragazzi ridacchiarono visibilmente sorpresi.
«Senti dove si trova Cullen non te lo so dire, però, se vuoi, posso aiutarti a cercarlo», le propose con tono ammaliatore il bruno, poi voltandosi verso l’amico, gli fece intendere che per quella volta era stato lui ad arrivare per primo. Il biondino aveva annuito, conscio che se avessero insistito entrambi, la ragazza si sarebbe allontanata, così decise di lasciarla all’amico, chiedendosi ancora una volta, come facesse a concedergliele tutte le ragazze.
«Devi farmi perdere tempo?» Gli domandò Isabella, osservando le spalle del biondo allontanarsi tra la folla.
«Giuro, voglio davvero solo aiutarti». Sorrise malizioso.
Bella sollevò gli occhi verso il soffitto giallognolo, imprecando mentalmente. «Senti-»
«Patrick», l’interruppe il moro.
I due dovettero spostarsi di qualche metro per lasciar passare un gruppo di ragazzi in camice bianco con dei carrelli, lungo il corridoio.
Isabella stringeva la tracolla spazientita, quel ragazzo le stava facendo perdere un sacco di tempo. Gli occhi scuri di Patrick erano intenti a studiare con attenzione la ragazza che si trovava davanti, domandandosi cosa spingesse quella sconosciuta dallo sguardo perso a cercare Edward Cullen.
«Io non ho tempo da perdere», disse chiaramente Isabella puntando i suoi grandi occhi color cioccolato su quelli del ragazzo.
Patrick annuì, «capisco, tu sei una di quelle», borbottò passandosi una mano tra i riccioli scuri.
«Una di quelle?» Chiese incuriosita Isabella.
«Si, una di quelle che non perde tempo in chiacchiere. Scommetto che se io non mi fossi avvicinato, tu non mi avresti mai notato. Secondo me, tu fai parte della categoria peggiore».
Bella sussultò, «quale categoria?»
«Quelle delle donne che non lasciano spazio agli aiutanti, voi volete solo i supereroi. Sono certo che anche tu, come le altre donne che appartengono a queste categoria, hai un prototipo di uomo perfetto e che ti basi su quello per scegliere un ragazzo».
«Non credo proprio». Borbottò offesa Isabella.
Patrick le sorrise, «si invece. Chiaramente io non conosco il motivo che ti spinge a cercare Cullen, però posso immaginarlo. Probabilmente nella tua bella testolina hai creato un disegno, uno schizzo del ragazzo perfetto. Come deve essere il tuo? Alto, biondo e con gli occhi verdi?» Continuò canzonandola, «non daresti alcuna possibilità ad uno come me».
Isabella si sentiva vulnerabile sotto quegli occhi dello stesso colore del catrame, scuri, intensi, crudeli al punto giusto. Un perfetto sconosciuto la stava giudicando senza conoscerla e lei dietro tutte quelle parole si era ritrovata senza fiato. Non che fossero giuste o sensate, non la descrivevano affatto, ma qualcosa dentro di lei scattò.
«E’ così che cerchi di conquistare una ragazza? Offendendola?» Sbottò Bella, portando le braccia sul petto, «chiaramente non è l’aspetto estetico il fattore che allontana le ragazze da te», aggiunse cercando Jessica tra la folla.
Patrick non rispose, lasciò semplicemente che lei continuasse la sua sfuriata, rendendosi forse conto di aver esagerato.
«Non sto cercando Cullen per scoparmelo se è questo quello che volevi sapere», disse adirata, «tra l’altro non ti sei avvicinato minimamente ai miei gusti, perché se solo fossi stato un po’ più educato e più paziente, avresti scoperto che a me basterebbe qualcuno capace, semplicemente, di farmi sorridere». Aggiunse voltandosi, e senza neppure salutarlo, raggiunse Jessica distante qualche armadietto da lei. Non si voltò neppure una volta verso Patrick, sapeva di averlo lasciato senza parole, non aveva dubbi.
Quando Jessica la vide arrivare, salutò il ragazzo con cui stava parlando, andandole incontro.
«Sembri sconvolta, cosa ti è successo?» Le domandò osservando il suo volto arrossato.
Bella le lanciò un occhiataccia, evitando di risponderle, «hai trovato Cullen?»
La folla si stava diradando, i ragazzi si prestarono a raggiungere le proprie aule, lasciando il corridoio quasi deserto.
 «Si so dov’è, ma tu tesoro mio, avresti proprio bisogno di una bella scopata» Jessica fece schioccare la lingua sul palato, fissando contrariata la sua coinquilina.
 
 
Camminavano l’una accanto all’altra, in un silenzio quasi imbarazzante. Le scarpe alte di Jessica producevano un ritmato ticchettio sul pavimento, il suo corpo ondeggiava sinuosamente ad ogni passo. Era aggraziata, leggera. Isabella si domandò se la sua coinquilina avesse mai fatto danza. Quella leggiadria in confronto al suo passo pesante la faceva sembrare un elefante che camminava in una stanza piena di cristalli.
Sollevò gli occhi dal terreno, soffermandosi sul volto truccato di Jessica. Oggettivamente era una bella ragazza, i tratti del viso delicati ma decisi, le labbra gonfie e piene, colorate di rosso. Erano passate poche ore da quando l’aveva vista rientrare in uno stato pietoso nel loro appartamento, eppure quel viso sembrava brillare.
«Perché mi stai fissando?»
Bella sussultò, presa alla sprovvista, «nulla».
Jessica si voltò verso di lei e fissandola con un sopracciglio inarcato le sorride maliziosamente, «devo preoccuparmi?»
«Che cosa?» Chiese confusa Isabella, era tornata con lo sguardo fisso sulle sue scarpe. Erano comunissime converse nere, semplici e comode, sicuramente non all’altezza di quelle di Jessica, vertiginosi tacchi che le slanciavano la figura.
La bionda ridacchiò, «sei sicura di non avere strane preferenze, impulsi sessuali nei confronti del gentil sesso?»
Isabella si ritrovò a boccheggiare, le avrebbe alzato volentieri le mani se solo non fosse una pacifista convinta. «No». Sbottò sollevando gli occhi verso il soffitto, «stai tranquilla, sono etero».
«Sicura? Guarda che per me non ci sarebbero problemi, voglio dire, sono di vedute aperte». Jessica le lanciò un occhiata divertita, mentre si ravvivava i capelli con una mano.
Bella evitò di risponderle alzando la voce, rimase invece calma e impassibile, pur sapendo che prima o poi quella ragazza l’avrebbe portata ad un esaurimento nervoso, «mi piacciono gli uomini Jessica, non credo di aver mai dimostrato il contrario. Se ti sorgono questi dubbi sulla mia persona sono problemi tuoi». Risposta semplice ma d’effetto. Bella si congratulò con se stessa.
«Scusami e che non avendoti mai visto portare a casa un ragazzo, mi è venuto spontaneo pensarlo», le disse con tono sarcastico.
«Se ragionassi anche io con il tuo cervello, allora dovrei pensare che tu sei una ninfomane». Rispose con un alzata di spalle Isabella, sorridendo compiaciuta.
Jessica smise di respirare, portò le braccia sul petto e continuò a camminare ignorando per diversi minuti la mora. Il corridoio era diventato improvvisamente troppo lungo, sembrava non finire mai. Le due ragazze non avevano mai parlato così tanto in tre anni di convivenza, ed entrambe ne conoscevano i motivi. La bionda tirò fuori il suo Blackberry dalla borsa, e accedendo ad internet cercò un dizionario online.
«Fammi capire bene, io sarei una donna sessualmente insaziabile?» Domandò all’improvviso Jessica, con voce stridula, le unghie laccate di rosso ticchettarono sui tasti nervosamente.
Isabella scoppiò a ridere, «hai cercato davvero il termine su internet?»
Jessica la guardò torva, poi riportò la sua attenzione sul display del cellulare, cercando qualcos’altro. Bella non riusciva a smettere di ridere, l’espressione schifata sul volto della coinquilina era qualcosa d’incredibile.
Raggiunsero la fine del lungo corridoio della facoltà di medicina ritrovandosi il portico che dava sul giardino della facoltà. Isabella sollevò gli occhi e si mise alla ricerca di Edward in mezzo a tutti i ragazzi presenti.
«Secondo le tue fonti, Cullen dovrebbe essere qui, giusto?»
Non ottenendo alcuna risposta, Bella si voltò verso la bionda, ritrovandosela davanti con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia.
«Che ti è successo? il botulino ti ha bloccato la faccia?» Domandò divertita Isabella, voltandosi dall’altra parte.
Jessica rise, «divertente sai? Però se io sono una ninfomane,  tu sei una misantropa», disse tornando seria, poi aggiunse che se davvero era interessata a trovare Edward, sarebbe dovuta essere un po’ più gentile.
«Non sono un asociale» sbottò Isabella, ignorando beatamente la seconda parte, si voltò verso la bionda e puntandole i suoi grandi occhi scuri sui suoi, la incenerì con lo sguardo.
Jessica rimase impassibile, fece una strana smorfia con le labbra, sistemandosi più comodamente per poter reggere lo sguardo omicida della bruna.
«Vivi in un mondo tutto tuo, sei scorbutica, la mattina esci senza salutare-»
«Saluto i tuoi ospiti, non è la stessa cosa?»Domandò Bella stringendo le braccia al petto.
«Non ti ho mai visto parlare con altre persone, fatta eccezione per Alice», continuò Jessica ignorando la frecciatina, «ti piace passare le serate in compagnia della tv piuttosto che di persone in carne ed ossa-»
Bella l’interruppe scuotendo la testa energicamente,«non è assolutamente vero. Ho anche io degli amici».
La bionda ripose il cellulare nella borsa, si sistemò nuovamente i capelli, poi si voltò verso il giardino, «lo vuoi un consiglio?»
«Devi proprio?» Chiese la mora scoraggiata.
Jessica annuì, «secondo me, dovresti sorridere un po’ di più, hai sempre quest’espressione triste negli occhi, a volte mi domando cosa ti aspetti dal mondo per avere uno sguardo così». Borbottò riflettendoci. Aveva questo modo di fare lei, di dire le cose che, se non si stava attenti qualcuno poteva rimanerci secco.
Bella la fissò in silenzio, indietreggiò di qualche passo, ritrovandosi sul prato verde, «niente, è questo il bello. Non mi aspetto proprio niente».
Si scrutarono in silenzio, passarono diversi minuti prima che una delle due dicesse qualcosa, e quando accadde, quando la prima a parlare fu Jessica, le sue parole risvegliarono Isabella.
«Sta andando via».
Bella sobbalzò, poi cercò il punto indicato da Jessica, e nel tentativo di scorgere una chioma ramata non si rese conto di aver iniziato a tremare.
«Ti conviene correre, altrimenti lo perdi», continuò la ragazza, indicandole con l’indice un ragazzo che camminava a qualche metro di distanza da loro. Isabella si voltò verso Jessica, «grazie».
La bionda fece spallucce, «almeno riuscissi a farci qualcosa con quel ragazzo, che spreco».Sbottò voltandosi. Bella però aveva già smesso di ascoltarla, e con passo frettoloso si era incamminata nella direzione presa da Edward. Quando si rese conto di non vederlo più, iniziò a correre, avvertendo il cuore in gola. Un paio di braccia l’afferrarono prima che toccasse terra, inciampando nei suoi stessi passi. Quando si rimise in piedi, ringraziò frettolosamente chi le aveva evitato una caduta e anche una pessima figuraccia, riprendendo a correre.
Le gambe le tremavano, il respiro accelerato e il cuore che batteva furioso nella cassa toracica, la distraevano in continuazione. Si fermò in mezzo al piccolo parco, cercando di ritrovarlo. Lo notò diversi secondi dopo, poco lontano da lei. Edward camminava con passo sicuro, reggeva sulla spalla una borsa a tracolla nera e sembrava immerso nei suoi pensieri. Era da poco uscito dalla facoltà di medicina e si stava inoltrando verso il parcheggiò, quando Isabella riprese a correre, e aumentando il passo lo riuscì a raggiungere nel giro di trenta secondi.
Una fitta allo stomaco costrinse Bella a rallentare per riprendere fiato, ma prima che lui potesse allontanarsi, lei urlò il suo nome. E fu gelo e fuoco nelle vene. Le corde vocali si contrassero producendo quel suono e il suo cuore perse qualche battito.
Edward si fermò in mezzo alle macchine, voltandosi. I loro occhi s’incontrarono e sul viso di lui nacque un tenero sorriso. Notandola in difficoltà, con il fiatone e i capelli spettinati, la raggiunse.
«Dillo che stai facendo di tutto per attirare la mia attenzione», disse il ragazzo con un sorriso spensierato. Isabella lo fulminò con lo sguardo, e rimettendosi in posizione eretta, tentò di riprendere fiato.
«Ti devo parlare, solo fammi riprendere fiato», Disse Isabella annaspando. Con le mani cercò di riordinare prima i capelli, poi la maglietta che durante la folle corsa era salita lasciandole scoperti i fianchi.
«Certo», rispose con un cipiglio interrogativo Edward, i suoi occhi si soffermarono sul suo corpo. Coperta solo da un asciugamano non si era reso conto di quanto quella ragazza fosse esile. Le si era avvicinato ulteriormente per osservarla meglio. Era molto più bassa di lui, la sua pelle era bianca e pallida, i capelli le ricadevano mossi lungo le spalle, le sue labbra erano piccole e carnose. Edward si ritrovò a sorridere, era meglio di quanto si ricordasse.
«Bene», annuì Isabella, quando i polmoni smisero di bruciare.
«Perché mi cercavi?» domandò lui interessato a conoscere la risposta.
Gli occhi scuri di lei si persero qualche secondo di troppo dentro quelli di lui, e le ci volle una grande forza di volontà per distogliere l’attenzione dal suo viso.
Era meglio di quanto ricordasse.
«Tu hai qualcosa che mi appartiene», disse tutto in un fiato, cercando di apparire più minacciosa possibile. Ottenendo però l’effetto contrario.
Edward si passò una mano tra i capelli, «non mi risulta», finse di rifletterci bene, prima di ripeterlo per una seconda volta.
Bella digrignò i denti, «ieri sera hai portato via un diario, il mio, perciò senza troppi giri di parole, lo rivorrei indietro». Abbassò gli occhi sulla borsa per qualche secondo, poi ritornò su Edward.
Lui sembrò perso in chissà quali pensieri, perché rimase in silenzio per diversi minuti. Continuava a fissarla senza dire nulla, sorrideva solamente. E non era certo un sorriso normale. Affatto. Era il sorriso più accecante che Isabella avesse mai visto. Edward sollevava solo un angolo delle labbra, in un sorriso sghembo da far cambiare il tempo, capace di trasformare un giorno di pioggia in un giorno di sole senza il bisogno dell’arcobaleno.
«Tu sei Isabella».
«L’hai letto?» Sbottò Bella infuriata, le sue guancie si tinsero di rosso.
E lui pensò che quel colore le donava particolarmente, era tenera. Doveva essere un tornado quella ragazza, speciale, diversa da tutte le altre..
Edward si avvicinò al suo viso, sussurrandole la risposta all’altezza dell’orecchio, «l’ho trovato particolarmente interessante».
Isabella strinse le mani a pugno, chiudendo gli occhi. Qualcuno era entrato nel suo rifugio segreto senza il suo permesso, si era sentita violata. «Ridammelo». Sussurrò con voce tremante. 
Quando si allontanò da lei, per poterla vedere in volto, si rese conto di non aver mai incontrato prima di allora, una ragazza come lei. Nessuna reazione, nessuna lacrima.
«Posso tenerlo?» chiese Edward con dolcezza.
Bella scosse la testa, «no». Rispose lapidaria, aprendo gli occhi.
«Ma mi ci sono affezionato». Aggiunse cercando di convincerla, ma lei era irremovibile.
«Vogliamo scherzare? Non puoi entrare nelle case delle persone e portarti via le cose, potrei denunciarti per questo». Sbottò Isabella portando le mani sui fianchi, i suoi grandi occhi scuri rimasero immersi in quelli chiari di Edward, e in quel momento le venne in mente il tramonto verde che, sua madre le descrisse ritornata da Nuova Delhi. Isabella sapeva che non l’avrebbe mai visto, almeno non riflesso negli occhi di una persona. Non era possibile, eppure era tutto lì dentro.
Edward si passò una mano tra i capelli, «denunciarmi? Davvero saresti capace di farlo?»
«Si».
«Tu, che non arrivi neppure a guardarmi negli occhi senza dover alzare la testa, crede di potermi denunciare?» continuò accennando un debole sorriso. Nella sua voce non c’era alcuna cattiveria, solo curiosità. Si chiedeva fino a che punto quella ragazza si sarebbe spinta e anche lui, fino a dove sarebbe arrivato. Era un metodo tutto nuovo, di flirtare, anche se, Edward l’aveva capito fin da subito che lei, non ne aveva idea, che lei, non c’aveva neppure pensato. Isabella sembrava davvero determinata, senza alcun cenno di ironia nella voce o curiosità nei suoi confronti. Eppure qualcosa nei suoi occhi in lui l’aveva lasciata, e qualcosa in Isabella avrebbe voluto lasciargliela anche lui.
Lei continuava a parlare, lanciava minacce che una volta sfiorato l’asfalto si disintegravano nell’aria circostante. Edward pensò che fosse buffo il modo in cui arricciava il naso quando pronunciava determinate parole, le donava molto, come il rossore sulle goti e i capelli spettinati.
«Si può sapere perché l’hai preso?» Domando ormai esausta Bella, aveva smesso di lottare, sapendo perfettamente che con il nervosismo non avrebbe ottenuto nulla.
Il ragazzo fece spallucce guardandosi intorno, «curiosità credo, l’ho vista e senza pensarci l’ho presa. Non sapevo cosa contenesse, solo dopo averla letta ho capito che era una raccolta di racconti», le rispose con sincerità, «pensi di pubblicarli?»
«Penso che dovresti farti gli affari tuoi», gli rispose digrignando i denti.
«Con questo atteggiamento non riavrai proprio nulla», l’informò Edward, poi come se la conversazione fosse finita lì, iniziò a incamminarsi dalla parte opposta, avvicinandosi a una fila di macchine parcheggiate poco distante da dove si trovavavo. Isabella lo rincorse, sbraitandogli contro di fermarsi.
«Ehi non puoi andare via così. Lì dentro c’è tutto il mio lavoro. Io frequento il corso di scrittura creativa e quei racconti mi servono. Smettila di comportarti come un bambino e ridammi la mia moleskine, sono stanca di giocare». Sbottò Isabella, trattenendolo dalla manica della camicia.
Edward abbassò lo sguardo, sorpreso da quel contatto.
«Chi ti dice che il mio sia solo un gioco?» Le domandò con voce bassa e melodiosa, osservò attraverso le sue lunga ciglia la sorpresa che si dipinse sul volto pallido di Isabella.
«Che cosa vuoi in cambio?» Domandò alla fine, rassegnata.
«Un appuntamento. Solo un appuntamento, poi potrai riavere la tua moleskine».

 

 



E chi sarà mai Isabella per dire di no a Edward Cullen? Bè se andrà o meno lo scoprirete nella prossima puntata!
A parte gli scherzi, ogni volta che devo trovare due paroline da dire alla fine del capitolo mi ritrovo sempre a corto di idee, e la cosa mi sembra assurda perché avrei un sacco di cose da dirvi, davvero, ci potrei scrivere un libro con tutte le cose che vorrei dirvi ma che puntualmente dimentico. Poi penso che non importa, perché ve le dirò la prossima volta, ma invece di ricordarle finisco per dimenticarle e così accumulo un sacco di cose che alla fine non vi dirò mai, non per pigrizia ma per la mia memoria labile. Quindi abbiate pietà di me, del mio povero cervello che avendo solo due neuroni non posso sforzarli troppo! Uno pensa sempre al cibo, praticamente ho un piccolo Pumba nella testa, mentre l'altro è un nerd che si crede figo ma in realtà è solo un povero scemo, quindi anche per questo cercate di capirmi ù.ù
Parlando di cose serie, tengo a precisare una cosina, piccola ma importante, i personaggi che leggete in questa storia non fanno parte di un contorno-non sono insalatine- sono dei veri e propri protagonisti, okay secondari, di storie parallele, ma pur sempre protagonisti. Quindi cercate di tenere ben in mente tutti quelli che entrano in questa storia, perché in un modo o nell'altro ritorneranno, ci siamo intesi? (e qui dovrei mettervi paura, ma dato che non riesco a spaventare neppure una formica rossa, ci rinuncio a prescindere)!
Bella è riuscita finalmente a trovare Edward, grazie a Jessica e alle sue "conoscenze" non c'è voluto molto, quindi alla fine non è vero che tutto il male viene per nuocere. Isabella è molto arrabbiata, insomma, come darle torto, personalmente se qualcuno mi portasse via la mia moleskine, sarei capace di ingaggiare  FBI, CIA, servizi segreti e dopo liberare i cani ù.ù Però è anche vero che a rubare la moleskine è stato Edward e noi, tutte noi abbiamo un debole per Edward, perciò sono più che convinta che alcune di voi troveranno la rezione di Isabella un pò esagerata, ma se la si osserva da un punto di vista esterno vi assicuro che la sto mantenendo buona buona! Ora qualcuna di voi ha ipotizzato a un possibile interessamente da parte di Edward per Isabella da prima ancora che si scontrassero in corridoio: Non è così! I due non si erano mai visti. Quindi se volete conoscere le motivazioni che hanno spinto Edward a prendere il diario non vi resta che continuare a leggere. Inoltre aggiungo anche che Edward non sapeva che quel diario apparteneva a Isabella, l'ha scoperto in seguito, leggendolo! 
Okay detto questo potrei anche andare via, però per mia fortuna mi sono ricordata una cosa molto importante, forse quella più importante di tutte le notizie e di tutte le curiosità. 
Devo dirvi GRAZIE! Grazie a tutte le persone che hanno inserito la storia nelle tre liste (sono solo due capitoli, okay tre con questo, e i numeri sono già altissimi, questo proprio non me l'aspettavo) e i nove angeli che hanno recensito lo scorso capitolo (risponderò molto presto alle vostre recensioni, promesso)!  Grazie di cuore ai lettori silenzioni e a quelli che con coraggio hanno deciso di seguirmi! Grazie di cuore.
Detto ciò, vi lascio definitivamente. Ci risentiamo la prossima settimana, mi raccomando recensite recensite recensite che non è mai peccato ù.ù
Lua93.
P.s. Chi ha capito da quale film è tratta la melodia di questo capitolo? Dai, non è difficile *_*



 

 


   
 
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