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Autore: Ilmaredentroognicielo    12/04/2012    7 recensioni
Mi aveva incendiata e lo sapevo; il mio problema era il grado di astinenza che avevo indiscutibilmente portato avanti da un anno a quella parte, il che significava che io, avrei potuto scendere nei più fondi piani, presa letteralmente dall'istinto di una donna, comunemente chiamato, uomo. Sapevo che quel ragazzo, conosciuto da solo un giorno aveva il potere di attrarmi come una calamita e non perché fosse bello o attraente, semplicemente perché io, al minimo tocco sbagliato prendevo fuoco. "
***
Hel e Thomas.
Un compito da portare a termine.
Lui, sfacciato, bello da stare male, stronzo e un po' superficiale.
Lei, fragile, innamorata dell'amore; convinta che il mare si trovi dentro agli occhi di tutti.
Costretto a passare del tempo insieme ad Hel, Thomas prova a portarsela a letto. Lei prova, invece, a non cedere, nonostante la strana attrazione che prova nei suoi confronti.
I due giocheranno, si conosceranno, per certi versi si odieranno.
Legati da un compito di filosofia, alla fine, cominceranno ad accettarsi.
Lei farà sesso senza amore o sarà lui a fare sesso, dopo essersi innamorato?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dentro la testa di un uomo. 

I pensieri di Thomas.


Si dice che non ci rendiamo conto dei momenti significativi della nostra vita nel momento in cui li viviamo, cresciamo tranquilli e soddisfatti dando tutto per scontato, 
sia le cose, sia le persone ed è solo quando stiamo per perdere tutto questo che capiamo quanto abbiamo sbagliato e ci rendiamo conto dell'importanza di questi momenti e di quanto li amiamo e anche Katherine Anne Porter una volta disse: sembra che nell'universo ci sia un ordine preciso,
nel movimento delle stelle e nel girare della Terra e nello scorrere delle stagioni. Ma la vita umana è quasi sempre puro caos, 
ognuno prende la propria posizione. Afferma i suoi diritti e sentimenti, fraintendendo i motivi degli altri e i propri.
Il bianco di quei muri, adesso, mi sembrava troppo bianco. 
Sapevo che prima o poi sarebbe successo, sapevo che l'avrei delusa eppure, ci stavo male lo stesso. 
Hel era stata una delle poche persone che avevo conosciuto e di cui ne avevo riconosciuto una testa e un corpo. 
Di solito andavo a letto con tutte, per mescolare realtà a finzione. Non mi ponevo neanche il problema di conoscere il nome della mia amante, ne' tanto meno di sapere 
di che anno fosse. Erano semplici ragazze che quasi mi supplicavano per una serata insieme. 
Hel, invece, si era opposta. 
Insomma, aveva un caratterino difficile da sostenere e in quanto a bellezza esteriore, nonostante la sua scarsa autostima, era messa alla grandissima. 
Aveva lunghi capelli e due occhioni da cerbiatto, che avrebbero fatto a botte con l'intero mondo. 
Un fisico slanciato e delle forme da brivido. 
Era silenziosa e arrogante, Hel non amava i ricatti. 
Mi piaceva e avevo desiderato portarla a letto sin dal primo momento, forse era anche per quello che adesso, non riuscivo a spiegarmi ciò che l'aveva portata a quella reazione, così scostante. 
Avevo detto a lei che il mio corpo la pretendeva, che se solo avessi voluto, sarebbe stata mia e così era stato. 
Avevamo fatto l'amore e mi ero mescolato con le sue forme e i suoi colori. 
Non era stato un gioco, Hel non era un gioco ma non le avevo dato false speranze, ero stato sincero con lei. 
Le avevo detto che era importante ed ero stato sincero, fottutamente sincero. 
Percorsi l'ultimo tratto ed entrai in classe. 
Hel era speciale e a pensarci bene, mi ricordava Lidia.
Era come fare un tuffo nel passato e riaprire la voragine categorica che avevo affrontato. 
E non sapevo se fossi andato a letto con Glenda per quel motivo, se volessi scappare della realtà, perché fare sesso con Helen e considerarla l'unica con cui avevo fatto sesso nell'ultimo periodo, dove sembrava che le cose andassero meglio, significava rendere la cosa troppo importante, considerarla troppo vicina a quello che era prima, prendere una parte del mio passato e riportarla a galla. Forse volevo soltanto scappare, forse avevo paura che Helen le somigliasse troppo, 
che se lasciavo così poco spazio tra l'amore e il sesso, sarei finito dentro il cerchio e mi sarei fatto male. 
Il professore mi guardò con aria solenne e io, incazzato nero, presi posto accanto a Mad. 
" Ciao. " Mi voltai, con un sorriso finto. 
Mad mi guardò con gli occhi che sembravano un luccichio permanente, con quei capelli quasi arancioni e un colorito scuro e scontroso;
ero sicuro che lei, aveva detto tutto a Helen, l'avevo vista parlare con lei poco prima e volevo chiarire le cose. 
" Thomas." Sorrise. 
" Thomas un cazzo, Mad. " Dissi in cagnesco, mentre il professore sembrava fisso in cattedra. 
" Che? " 
" Senti, io non sono un tipo violento e tu sei una ragazza e io sono incazzato. Quindi rispondi e basta! Che motivo avevi di dire ad Helen che sono andato a letto con Glenda?"
Il suo viso, prese nuovamente luce e si avvicinò lento al mio. 
" Avete litigato? " Disse, ammiccante. 
" Sei una stronza. " 
" Chi tra i due e più stronzo, Thomas? " Sorrise. 
Mi fermò il gesto del professore, che picchiettando sulla mia spalla mi fece alzare. 
L'errore l'avevo fatto io ed era stupido dare la colpa ad altre persone; eppure Mad non mi era mai stata davvero simpatica. 
Mi avvicinai al professore e uscimmo di classe. 
Era un signore strano, ad essere sincero. 
Un mezzo coglione che si divertiva a seguire la vita degli altri per vedere quanto prevedibile potesse essere l'uomo. 
L'avevo capito sin dal primo giorno di corsi, uno dei pochi a cui ero stato presente. 
Aveva sempre quegli occhi vispi e un aspetto da uomo emancipato con due grandissime idee in testa. 
L'amore e la noia. 
Io ero stato il suo progetto, credo. Il suo caso umano, l'unico al mondo che da solo, secondo lui, riuscisse a uscirne sempre sano e con voti altissimi. 
" Cosa c'è? " Chiesi. 
" L'ho capito, caro ragazzo. " 
Lo guardai e per poco non gli risi in faccia. 
Non c'era nulla da ridere, lo sapevo. Hel si era incazzata con me e io volevo bene a lei, più di chiunque altro, in quel momento. 
" Cos'ha capito, professore? Che in questa classe si parla troppo e si studia poco? " 
" Ho capito chi sei. " Sussurrò. " Ho capito che tu hai paura dell'amore e ho seguito tutto, ogni cosa. " 
Non riuscivo a seguire il suo ragionamento e mi avvicinai, mettendo una mano in tasca. 
" Io non ho paura di niente. "
Solita maschera che solo con Hel, avevo abbattuto. 
"L'hai persa per sempre. " 
" Cosa cazzo ne sa' lei? Eh? " Mi allontanai e girai le spalle; aveva ascoltato tutto e infondo, considerando il tono di voce di Hel e quella gran cogliona di Mad, non era difficile da intuire. 
" Ho bisogno del tuo progetto, Thomas. Ho letto quello di tutti meno che quello tuo. Quello di Helen lo avrò domani, alcune sue comapagne,adesso ho bisogno del tuo."
Lo guardai in cagnesco e indicai la porta della classe. 
Era sul mio banco e non mi importava se l'avesse letto o meno; parlavo di Helen, in un foglio bianco e forse, non potevo neanche considerarlo una lettera. 
Adesso, l'importante era che non l'avesse letto Hel. 
Mi allontanai dal professore e uscii dalla scuola. 
Non avevo un posto dove andare e non avevo idea, di quello che avrei combinato, durante la giornata. 
Mi poggiai sul muretto e chiusi gli occhi. 
Potevo tornare a casa di Helen e chiederle scusa ma forse l'avrei ferita, una seconda volta. 
Lei, infondo era così insicura, piccola, semplice. Riusciva ad amare ogni cosa e lo nascondeva, perché aveva paura delle persone; 
amava il profumo dell'erba bagnata, dopo un temporale, le lettere scritte a mano, le recite scolastiche, la musica insignificante.
Amava tutto ed era così bella, così bella che a volte faceva male a guardarla. 
Non era bella come una normale ragazza poteva essere; lei non era bella e basta, non le importava dei capelli, del corpo, del taglio degli occhi, sotto quel punto di vista non era di certo perfetta. 
Lei era bella,bella sul serio, perchè si emozionava a guardare il cielo, perchè amava leggere e adorava il respiro di gente sconosciuta. 
E potevo accorgermene, ogni volta che mi avvicinavo a lei e diventava rossa. 
Helen era bella dentro e io, l'avevo ferita. 
Mi alzai e senza pensarci, in poco tempo, mi ritrovai sulla soglia di casa sua. 
" Helen! " 
" Vai via! Domani parto, non voglio vederti mai più! " 
" Helen, parliamone! " 
" Parlare di cosa?! " 
La porta si aprì e la chiarezza del tono di voce di Hel mi lasciò interdetto. 
" Parlare di cosa Thomas? Mi sono fidata di te, hai presente? " 
" Non..." Respirai. 
" Thom... io ho capito. L'ho capito che non è colpa tua se non mi ami. E va bene, va bene. Può andare a letto con tutte quelle che ti pare ma non voglio..." la sentii boccheggiare e riprendere il respiro come già in passato era successo. 
" Non ho intenzione di assistere a tutto questo. Ci sto male e ho sbagliato. Sapevo che mi sarei 
innamorata di te e... sapevo che tu sei stronzo e l'ho nascosto, ho lasciato che le parole lo nascondessero. Ti amo, ok? Il problema è mio. Solo... devi sparire.Mi volevi bene, me lo avevi detto... e allora potevi essere meno stronzo. Ti saluto. " 
Stava piangendo e io ero fermo, la guardavo come si guardano i quadri in un museo; i suoi occhi si fecero grandi e a passi lenti e indecisi, tornò dentro. 
Ero nato stronzo. 
Io ero quello che giocava e parlava, parlava troppo. 
Dopo Lidia, le cose erano andate sempre così, solo che adesso si parlava di Helen e io mi ero affezionato a lei .
Mi allontanai dalla porta e andai via. 
La vita era come una di quelle stelle comete che passano soltanto una volta all'anno e solo adesso, mentre fissavo il cielo, su una panchina colorata di verde, potevo 
rendermene davvero conto. 
La maggior parte di noi si preparava, si siedeva, voleva a tutti i costi viversi il momento e di solito quando passava ci si stringeva un po' di più, ci si amava per gioco,
si perdeva, si vinceva, si litigava, si odiava, si sorrideva, si piangeva, ci si innamorava. 
Alcuni si lasciavano scappare il momento, forse perchè troppo indaffarati, troppo insicuri, persi tra tormenti di un passato, di una delusione, forse perchè semplicemente
il cielo, non gli interessava e allora si perdevano lo spettacolo volontariamente. 
Esistevano anche quelli che la stella non riescivano a guardarla, perchè metaforicamente parlando, erano ciechi; 
perchè proprio in quel giorno, in quell'anno, in quell'attimo, si erano trovati lontani,non erano riusciti a guardarla e volevano, volevano con tutto il cuore. 
Nella maggior parte dei casi non era giusto. 
Nella maggior parte dei casi ci si trovava comunque spettatori della propria vita e mai artefici. 
Nella maggior parte dei casi la vita era come un 'è tutto ok', a volte troppo banale, bugiardo, superficiale o profondo; è un 'va sempre bene' e poi non andava mai bene
niente. Non riuscivo a pensare che solo quella notte, l'avrei dovuta passare fuori, chissà dove. 
Casa mia era inagibile, per motivi che sicuramente, non avrei messo in mezzo. 
Mi alzai dalla panchina e raggiunsi casa di Glenda. 
Un ampio terricciolo scuro e una porta intarsiata. 
Glenda era molto carina, alta e magra, con due occhi perlati e un sorriso colorato d'argento. 
Peccato che oltre a questo, non conoscessi nulla di lei. 
Conoscevo ogni angolo del suo corpo e neanche un centimetro della sua testa. 
Bussai con calma e stranamente, aprì subito. 
Indossava un mini corpetto e un mini slip, che a dirla tutta, mi avrebbero fatto impazzire, se solo non fossi distrutto e gli occhi di Helen non mi tormentassero da ore. 
" Ciao. " Sorrisi; era il massimo che potevo permettermi. 
" Tesoro. " La sentii ridere come un oca indispettita.
Mi serviva, casa sua e un letto su cui dormire e se il prezzo da pagare era essere semplicemente gentile, l'avrei accontentata, senza drammi. 
" Ho bisogno di un letto su cui dormire, stanotte. " Confessai. 
" Diretto, il nostro bel Thomas. Che c'è? Brutta aria con la dolce Helen? "
" Glenda, mi fai restare o no? "
" Entra pure. "
Mi fece cenno di entrare e mi accostai, con rammarico nel letto a due piazze, che avevo già provato, in precedenza. 
Quello con Glenda era stato un rapporto stupido, nessuna passione, nessun travolgimento emotivo, volevo solo avere la certezza di non essere diventato come uno di 
quei coglioni che si fanno fregare e poi perdono tutto. 
" Hai dato una sistemata, allora."
" Lo so, dovevo. Casa mia somigliava ad un porcile."
" Prevedibile. "
" E quindi oggi, Mad, ti ha incasinato, eh? " 
" Io ed Helen siamo amici, ma le voglio un bene che non immagini e non volevo ferirla. " 
Non riuscivo neanche a credere di star parlando con lei di una cosa così seria;
Glenda alzò gli occhi al cielo e si avvicinò, assumendo una posizione più rilassata. 
" E' stata anche colpa di Mad e..." Sembrava seria e per una volta, da quando la conoscevo, sembrava sincera.  
" Tua. "
" Si, mia. Insomma, non sopportavo di vederti con quella. " fece una smorfia come per scusarsi. Forse 'quella' non era il modo giusto di chiamare, Hel e lei lo sapeva. 
" Che gusto ci provi a far sapere al mondo che ti mercifichi per un bel viso e due occhi verdi? " 
" Nessun gusto. Le voci non le metto in giro io. "
" Le voci sono vere. Sai perché mi piace Hel? "
" Ti piace? "
" Si, mi piace come persona, come amica, come confidente. "
" Perché ti piace? "
" Perché lei è vera. "
" E io no? "
Sembrava meno oca, prova del fatto che anche quelle come lei, sapevano ragionare. 
" Tu... tu e le altre siete solo..." Mi bloccai. " Insomma, guardati, tutta in ghingheri, pronta a scoparti il primo che suona alla tua porta e vuole qualche aiuto. Hel 
respinge le perosone e quando le fa entrare... insomma, è un mare in tempesta. Lei è reale, non pensa solo al completino sexy o al ragazzo della scuola che le fa il filo. "
" Come fai a dire di non essere innamorato di lei?Ti senti? " 
" Non è amore questo. Le voglio un bene infinito, tutto qui. " 
La vidi sollevarsi e venire verso di me. 
" Senti, ormai la cosa l'ho fatta e mi dispiace. "
" Dispiace più a me. "
Mi sdraiai sul letto e mi girai dall'altra parte. 
" Cerca di dormire, non ho voglia di parlare. "
Era tutto un fottuto giro di parole, frasi e ricordi, sentii Glenda che si sistemava lontano da me e ne fui grato. 
Chiusi gli occhi e mi addormentai. 
 
 
 
 
***
 
 
Entrai in classe e il professore mi fermò, con gli occhi lucidi.
Cosa cazzo voleva ancora, da me?
Avevo sperato, per tutto il tragitto di vederla li', con i soliti occhi e il solito profumo di fragola e panna. 
Ero incazzato col mondo e il motivo non era solo la lontananza della mia compagna. 
Stavo andando ad un corso che odiavo e avevo un professore inciso in testa, neanche fosse mio padre, che tralaltro non avevo più. 
Ormai, in quasi tutto l'istituto, ero lo stronzo, belloccio di turno, che si crede troppo saputello per chiunque;
solo Helen aveva riconosciuto potenzialità e non perché era una ragazza e aveva gli ormoni fuori posto, semplicemente perché lo pensava. 
Helen aveva pensato cose belle di me, me lo sentivo. 
Lo vedevo da come mi guardava, da come mi prendeva per mano e addirittura da come dormiva tranquilla, di fianco a me, ogni notte. 
Non andavo matto per i finali di ogni film sentimentale, anche se, a dirla tutta, non andavo matto per i film sentimentali. 
Non mi piaceva quando uno dei due protagonisti, in uno di quei momenti critici si accorgeva di essere follemente innamorato. 
Perché diavolo non lo aveva capito prima? 
Quando quella stanza, quel cielo, quella notte poteva essere sua.
Quando anche i ricordi dimostravano che sarebbe andato bene? 
Invece no. 
L'amore deve fare pressione in uno di quei momenti impossibili, deve rendere sempre tutto fottutamente impossibile.
Eppure io non ero così, io non amavo Helen, non credo di poter amare qualcun altro. 
Ero dipendente, ma non l'amavo. 
Ero uno stronzo e non l'amavo. 
" Tieni. " Mi lanciò, quasi bruscamente una lettera e io lo guardai. 
Che razza di professore era, quello?
" Che cazzo..." Mi soffermai a leggere la firma. 
' Helen. '
" Questo sarebbe una prima parte di ciò che lei ha scritto per te. Ho fatto male a metterti nel corso con lei, Thomas. "
Me ne rendevo conto anche io. 
Mi allontanai da lui, e scivolai a terra, finendo contro il muro freddo; con una mano tra i capelli aprii il foglio bianco. 
 
 
Caro Thomas. 
Vorrei sedermi vicino a te e parlarti, parlarti senza questa voce che trema. 
Perché vorrei dirti quello che provo e so' che me ne pentirei. 
Questa mattina mi sono svegliata con te sul letto e ho sentito una scossa al cuore; 
una di quelle che ti scavano un buco addosso: 
Il buco l'hai riempito tu, mentre mi stringevi la mano. 
Forse sono stata sempre così lontana dall'amore, così praticamente lontana ma teoricamente vicina, da non essermi resa conto di come sia facile scivolare in alcune 
situazioni e renderle proprie, viverle e affondarci completamente. 
Sai cos'è? Ho un brutto carattere io. 
Te l'ho sempre detto e tu lo sai, anche se sono pochi, i mesi che ci uniscono. 
All'inizio ti odiavo. 
' Maddai, dovevo finire per forza, a fare coppia con uno come lui? ' 
Non offenderti, ma avevo un'idea di te:
pensavo fossi superficiale, fissato col sesso, stupido, arrogante;
e avevo ragione, è questo il punto, avevo ragione e tu, con quegli occhioni verdi, seri riuscito a farmi amare i tuoi difetti. 
Come cazzo hai fatto?
Dimmelo perché rischio di impazzire. 
Tu hai gli occhi che sono verdi come un prato, i tuoi tratti sembrano parlare al mondo. 
Hai una dote naturale, tanto che anche mia madre, adesso ti ama. 
E ti sto scrivendo questa stronzata perché ho un brutto carattere io e perché il professore mi ha promesso che non lo farà mai leggere a nessuno. 
' metteteci l'anima in questo compito. ' 
Se non prendo dieci, spacco il mondo e mi riprendo l'anima che ho lasciato per te, in questa lettera. 
Il fatto è che gni volta peggioro e mi affeziono alle persone e soffro, perdo il controllo e mi fido; e ogni volta divento rossa, evito gli sguardi,
evito le parole, le situazioni. Brutta cosa, Thomas, lo so. 
La prima volta che ci siamo visti mi sono detta: 'grandioso, sul serio, sono spacciata. ' 
Ma sono un caso disperato, io. 
Forse già da quel momento eri entrato nella mia testa e ti assicuro che non c'entrano nulla i fulmini, il cielo azzuro, le belle frasi scritte sui muri, 
centra di più il fatto che per la prima volta mi sono sentita me stessa, che nonostante i tuoi ammiccamenti, io mi sentissi protetta, centra che mentre guardavo 
i tuoi occhi ci vedevo i miei e che il mio sorriso era reale, era semplice,era diverso. 
C'ero io e c'eri tu. 
Il mondo l'avevo dimenticato. 
E lo so, lo so che rischio di sbatterci contro, con tutti i bei propositi. 
Ma una volta, un saggio mi disse:
' bisogna viversi tutte le situazioni, tutti gli amori, tutte le amicizie. Bisogna viversi e lasciarsi vivere. '
L'avevo promesso. 
Mai più. 
Nessun legame con nessuno, nessun'amicizia, nessuna cotta fuori dal normale, dell'amore poi, neanche traccia. 
Ma guardami adesso..
Mi sento così stupida a scrivere di te, su un compito che doveva essere solo un compito.
Dio, Thomas, dovresti essere felice, sai? 
Se potessi, ti scriverei quello che provo sul portone di casa tua, sul quaderno di matematica, ovunque...
Ma no, beh...non lo faccio, perchè io sono una codarda, perchè dopo comincio a tremare, parte la tachicardia, e allora, come sempre inizio a straparlare e poi...
poi perchè sono una codarda. 
L'avevo già scritto?
Con te non ho paura di una delusione. 
Te l'avevo detto. 
'Ho un brutto carattere, io.' 
E tu, tu sei perfetto per me.
Hai un sorriso che scioglie i ghiacciai, vesti come vuoi e per tutti sei quello stronzo. 
Tu non sei stronzo, Thomas. 
Tu sei solo spaventato. 
Hai paura che se ti concedi anche solo un attimo di felicità, dopo crollerà tutto e allora starai male. 
Hai raccolto pezzi della tua vita fino a questo momento e me ne hai parlato. 
Mi sono sentita dentro il tuo stomaco, mentre mi ricordavi di come Lidia ti mancava o di come il mondo si era fermato perché i tuoi non erano più vicino a te. 
Avrei voluto piangere e non l'ho fatto perché sono tua amica. 
Tu non sei stronzo, tu sei incazzato col mondo. 
Tu sei azzurro come il mare.
Sei come le belle giornate d'Agosto, come il sole in montagna, come le stelle piantante in cielo.
E il problema più grande è che il bello di te è che non hai assolutamente nulla di bello.
Quindi scusami, Thomas. 
Scusami se sei diventato così importante. E...
Ti voglio bene anche io e non te l'avevo mai detto. 
Ti voglio bene perchè quando sorridi mi gira il mondo. 
Perchè quando mi gira il mondo, sto bene. 
Ti voglio bene perchè ti piace rimanere in silenzio per sentire il rumore che fanno le storie vere e quando mi tocchi, mi sento viva. 
Ti voglio bene perchè sei diverso. 
Perchè anch'io sono diversa e con te mi sento sempre meno diversa.
Perchè sei stato l'unico che non ha provato a capirmi. 
Perchè avresti il coraggio di prendermi in braccio quando sono ubriaca per portarmi a casa. 
Perchè non ti lamenti dei miei silenzi. 
Perché mi provochi per vedere che effetto mi fa, desiderarti troppo. 
Ti voglio bene perchè quando sei arrabbiato ti mordi le labbra per fermare le parole cattive. 
Ti voglio bene perchè quando faccio qualche errore, mi fermi e mi urli contro. 
Ti voglio bene perchè mi piacciono le tue sfuriate,
le tue parole mancate.
I tuoi lamenti stupidi.
Tutti i silenzi imbarazzanti. 
Ti voglio bene perchè sei semplicemente te stesso.
E io adoro la gente onesta. 
 
 
 
Stavo respirando?
Che grandissimo, fottutissimo stronzo. 
Che coglione che ero. 
Mi alzai,mollai un pugno al muro e gettai la lettera. 
Non potevo credere che quelle parole erano state scritte da lei e non potevo credere che non volesse più vedermi. 
Io tenevo a Helen più di ogni altra cosa e basta. 
Non potevo rinunciare alla sua presenza perché lei era innamorata di me. 
" Coglione." Mi dissi. 
" Va da lei." Il professore era vicino a me e mi guardava. 
" Non la amo. "
" Si invece. Ti appartiene e tu appartieni a lei. " 
I miei occhi erano freddi, il mio stomaco chiuso; non riuscivo più a riconoscere l'amore, forse ero troppo incazzato per poter dire 'ti amo' a qualcuno e forse lo ero 
talmente tanto, da accorgemente. 
Il fatto era che Lidia era stata tutto per me, come i miei genitori. 
La mia vita era stata spezzata e io avevo bloccato ogni cosa. 
Chi non prova nulla, non soffre. 
Io avevo deciso che era meglio così, che non potevano esserci legami, nella mia vita. 
Legarsi a qualcuno significava pretendere. 
Io avevo preteso da Helen, troppe cose. 
Volevo che fosse mia e non accettavo lo stesso che si parlasse d'amore. 
Ero diventato una specie di stronzo automa;
non avevo più dato importanza a nessuno, dopo Lidia. 
Passavo i miei giorni con ragazze di cui poco mi importava, volevo solo sesso e non ne facevo mistero. 
Avevo giocato con lei e lo sapevano tutti. 
Ma forse giocare con chi può giocare meglio non era stata una cosa molto intelligente da fare.
Hel aveva scavato un buco nel mio corpo e lo aveva riempito di qualcosa. 
Che fosse amore, bene o attrazione. 
Il mio problema adesso, era che non volevo lasciarla andare, io avevo bisogno del suo profumo, delle sue mani fredde, del suo seno, del suo corpo, avevo bisogno 
delle sue parole e non potevo amarla. 
Volevo toccarla e volevo il suo sorriso. 
La prima notte che l'avevo provocata, l'avevo vista spaurita, spaventata, incazzata nera. 
Helen non era il tipo di ragazza che faceva sesso e neanche io, avevo fatto sesso, la notte che era stata mia. 
Glielo avevo promesso. 
Se non si fa sesso, si fa l'amore.
Ero innamorato?
Avrei voluto parlare con lei, ma se n'era andata. 
Era andata via e chissà come mai, mi faceva impazzire. 
L'idea che era da qualche altra parte, mi dava alla testa, completamente. 
" Non sa cosa significa, appartenersi. " Urlai.
"Significa alzarsi ogni mattina e sentire il suo profumo, anche se non è vicino a te, significa chiudere gli occhi e vedere i suoi, che accendono il cielo. 
Significa tenere la sua mano e sentirsi a casa. 
Appartenersi significa stare in silenzio per delle ore senza sentire il bisogno di parlare. 
"Significa restare. Chi resta mi appartiene."
Sussurrai. 
Io non appartenevo a lei. 
" Tu la vuoi. " Mi disse.  
" Ho solo giocato. Non la voglio. "
" Hai preso a pugni il muro perché hai giocato?" 
Mi chiese. 
" Cosa cazzo vuole, eh? Lei è solo un fottutissimo professore, cosa vuole? Sono fatti miei, okay? Deve starne fuori, deve... starne... fuori. "
Mi allontanai serio e coinciso. 
No, non avevo giocato ma quel professore non riusciva a farsi i cazzi suoi per più di cinque minuti. 
Chissà cosa stava facendo, Helen
L'amavo?




Ed eccomi qui. 
Io sparisco per un po' e sono certa che mi odiate a morte. 
E' solo che la mia vita è incasinata e quindi boh, scusate ancora. 
Allooora, vi avevo promesso di entrare un po' nella testa del nostro protagonista, no?
Secondo voi è innamorato?
E' che la paura a volte gioca brutti scherzi. 
In ogni caso, ho provato a farvi capire meglio il malessere di Thom, la mancanza di una persona stabile nella sua vita.
Insomma, non ha più nessuno e ha imparato ad andare avanti a drammi e sesso. 
Non è stronzo e cinico. 
E ad Hel, nonostante tutto, ci tiene. 
Lui è il classico duro che poi duro non è. 
Spero vi sia piaciuto e scusate se ci sono errori. 
Un bacio!
  
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