Anime & Manga > Detective Conan
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Autore: stefania1977    13/04/2012    2 recensioni
Proprio quando viene finalmente trovata la formula per invertire il processo dell’Aptx 4869 e Conan è ormai prossimo a metter fine all’organizzazione degli uomini in nero che ha scoperto la sua vera identità grazie alla sua spia Bourbon alias Subaru Okiya, subisce un grave incidente, causato proprio da Vodka e Gin.
L’FBi preoccupata per la sorte del giovane detective decide di mettere il ragazzino e Ai nel programma testimoni e trasferisce i due bambini in una località segreta, cambiando la loro identità per proteggerli. Conan dopo un lungo periodo di coma riprende conoscenza, ma un’amara sorpresa attende tutti, il ragazzino ha perso la memoria, non solo non ricorda il suo nome, ma l’incidente ha causato anche la perdita di tutte le informazioni relative all’organizzazione che Edogawa aveva scoperto, in un anno di indagini, grazie all’aiuto della giornalista Rena Mizunashi nel frattempo anche lei improvvisamente scomparsa. Dimesso dall'ospedale Conan si trasferisce insieme ad Ai nella casa di Jodie. La scienziata si prende amorevolmente cura del giovane detective che continua a non ricordare nulla del passato...
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Da questo capitolo in poi questa ff sarà scritta in collaborazione con un'altra persona: Aruka il capitolo che segue è stato scritto proprio da lei. Colgo l'occasione per ringraziarla vivamente per il prezioso aiuto.  
 Silenzio.
Nella stanza c’era un gran silenzio.
Dolore.
Un piccolo senso di dolore lo stava cominciando a percepire, insieme alla coscienza e alla consapevolezza di quanto era accaduto. Pian piano Conan si svegliò e il senso di rabbia verso se stesso, per essere caduto così ingenuamente nella trappola iniziò a farsi strada nelle viscere. Sapevano tutto.
Ai!
Ai è in pericolo! Doveva fare qualcosa…Cercò di alzarsi, ma una fitta alla spalla laddove Gin gli aveva sparato gli bloccò per qualche secondo il fiato. Aprì gli occhi e all’inizio vide tutto appannato, poi gradualmente cominciò a vedere meglio. La stanza era come l’aveva lasciata, ormai deserta.
‘se ne sono andati…’
 Si guardò e con grande orrore vide una chiazza di sangue estendersi sotto la gamba e l’addome feriti.
Cercò ancora una volta di alzarsi e con grande fatica, ci riuscì.
Il suo respiro era irregolare, gli girava la testa, ma non gli importava.
Si appoggiò ad un mobile dietro di lui e cercò di raggiungere la porta, trascinando la gamba ferita e cercando di zoppicare. Dopo i primi tre passi, il bambino cadde a terra. Le ferite gli dolevano, così si trascinò disperato. Imprecando contro quegli uomini e contro se stesso. Si alzò nuovamente con fatica e cercò di aprire la porta, ma era chiusa a chiave. Con uno scatto d’ira tirò un calcio con tutta la rabbia che aveva in corpo e urlò un “maledizione!!” si appoggiò alla porta per riprendere fiato, alzando lo sguardo per cercare un’altra via di fuga.
D’un tratto la vide. Vide un pacchettino strano, un sacchetto semi-trasparente con una lucetta rossa lampeggiare.
Un pensiero che sperò non fosse quello, s’insinuò nella sua mente. cercò un appiglio per arrivare al mobile e notò che di fianco c’erano impilate delle vecchie sedie di plastica.
Con grande sforzo si arrampicò e subito altre fitte gli fecero mancare il fiato.
Gli sembrò di aver scavalcato una montagna,dato il grande sforzo compiuto, quando finalmente arrivò in cima al mobile. Si mise seduto qualche secondo per riprendere fiato, mettendosi una mano sulla ferita.
‘forza…non è tanto grave…’ cercò di rincuorarsi, ma vide la scia di sangue lasciata dietro di se.
Si avvicinò al sacchetto e con cautela lo srotolò per rivelarne il contenuto. Gli occhiali scintillarono e un sorriso amaro si dipinse sul suo volto.
Una bomba. Una piccola bomba con timer che segnava 05.33 stava lentamente scorrendo il suo tempo.
Conan prese dalla tasca interna dei pantaloni il suo coltellino svizzero, lo aprì e svitò subito la scatola. Prima vite…seconda vite…terza vite…quarta vite.
Aprì il contenuto che rivelò un meccanismo complesso e una serie di fili…con suo terrore, tutti dello stesso colore. Come faceva a disinnescarla se i fili erano tutti uguali?
Rimase qualche secondo immobile a fissare quella scatoletta nera, così innocua, ma dal potere devastante.
Se non poteva salvare se stesso, doveva provare almeno a salvare Ai, la piccola scienziatina.
Prese il cellulare e digitò con mani tremanti, il numero del dottor Agasa.
Il telefono iniziò a squillare, mentre il timer scorreva, inesorabile, a ricordargli quando tempo avesse.
04:12
“pronto..” rispose un Agasa assonnato.
“Dottore, sono Io!” urlò Conan
“..Shinici?” il dottore allibito guardò l’ora e gli chiese cos era accaduto. Accese la luce nel comodino e si alzò, la scientiatina si svegliò sentendo quel baccano.
“mi passi Ai per favore..”
 Agasa si volse e vide che era già sveglia, così gli diede il telefono.
“si?” chiese con voce assonnata ma preoccupata.
“Ai…siamo stati scoperti…”
Lei rimase paralizzata e il volto malefico di Gin gli si parò davanti, come se fosse realmente di fronte a lei, il suo ghigno malefico e la pistola puntata contro di lei.
“dove sei, Kudo?” chiese cercando di riprendere calma e lucidità.
“sono intrappolato nel magazzino 18…sai,vicino a dov’era avvenuta la sparatoia mesi fa.” Il suo tono di voce era sempre quello, calmo e rassegnato.
“cosa ci fai li?” chiese rimproverandolo.
Ora la voce del bambino diventò più triste, un sorriso amaro e sarcastico gli si dipinse sul volto
“sai, ci credevo davvero…per un attimo ho creduto di poter mettere le mani sull’APTX e tornare finalmente com’ero,poter finalmente…tornare da lei..”
“Kudo…veniamo a prenderti immediatamente!” disse con determinazione, facendo cenni al Dottore di preparare la macchina.
“non disturbatevi. Esattamente tra 3 minuti e 9 secondi sarà tutto finito..” il suo tono si fece più amaro e triste.
“cosa?…una bomba?” chiese lei spaventata.
“Già. L’ultimo regalo dell’organizzazione, oltre a due pallottole conficcate nelle ossa.” Disse in tono quasi ironico.
La situazione era più grave di quanto pensasse. Gli faceva male e strano sentire Kudo con quella voce, pacata, rassegnata…
Poi la voce del bambino riprese a parlare
“tra poco il sipario calerà sul grande Detective liceale, Shinici Kudo.
Lo sai Ai? Io…volevo diventare un grande Detective…ci credevo. Tutti questi mesi di indagini per niente, mesi sprecati ad essere Conan Edogawa, un bambino delle elementari, costretto a mentire a tutti,ma soprattutto a mentire a Ran…ormai è la fine per me.”
Senza accorgersene, piccole lacrime cominciarono a rigargli le sue piccole guance calde da bambino.
“non ho potuto confessarle i miei reali sentimenti e ogni volta che ne avevo l’occasione…non l’ho fatto. Che stupido.”
Ai non poteva credere a quelle parole, dette con quel tono piatto. Lui, il grande Shinici che se la cavava sempre, che non si arrendeva mai, che trovava sempre un modo per fuggire ai guai.
“Hei, Kudo!! Che ne è stato del grande Detective che non si arrende mai e trova sempre una soluzione a tutto!? Reagisci ed esci di li!!” urlò disperata. Anche a lei caddero le prima lacrime. Cosa mai poteva fare? Cosa poteva dire? Non era lei la persona a cui doveva dire quelle cose, non era lei la persona giusta per farlo tornare normale.
No.
Quella persona era Ran.
“spiegherai tu a Ran il motivo per cui Shinici non farà mai più ritorno…” disse queste parole come se fosse il suo ultimo desiderio.
Il suo cervello non si rifiutava di capire. Quelle parole dette con tanto strazio dal piccolo detective.
I due salirono in macchina, e Ai senza farsi vedere versò altre lacrime, girandosi dalla parte del finestrino.
“reagisci…Kudo…”
Conan guardò il timer.
02:01
“scappa Shio. Scappa, salvati…”
Ai non riuscì a rispondergli
“Addio…”  chiuse il cellulare
“pronto? Shinici??” cercò di urlare disperatamente, sapendo che era inutile.
“Dottore, vada più veloce!” urlò la bambina sull’orlo della disperazione. Si mise con le ginocchia vicino al mento, le mani tra i capelli e tremava.
Anche Agasa aveva il magone, avendo sentito più o meno la conversazione, così accelerò e pregava ripetendo a sé stesso che non poteva finire così.
Conan, schiena appoggiata alla miriade di scaffali impilati sul magazzino, era fermo, immobile. Inerme.
Già sentiva su si sé la mano fredda della morte che bramava la sua vita. Gli era sfuggito troppe volte e ora, finalmente era ad un passo da lei, il suo sguardo sorridente e maligno.
Qualche lacrima gli rigava ancora in viso, ma a lui non importava.
Era la prima in assoluto che piangeva. Il destino era stato crudele con lui, si sentiva vuoto dentro, si vergognava…come un bambino che ha appena ricevuto uno schiaffo dalla mamma e il bambino rimane lì, fermo, incapace di reagire. Se ne corre in camera, al buio, e piange in silenzio cercando di non farsi sentire perché si vergogna. Ecco, si sentiva così.
Il timer segnava 01:15
Trasse un profondo respiro, e alzò la testa, per non dover vedere quel coso esplodere al momento opportuno.
Un riverbero, un raggio lunare entrava da qualche parte, come una striscia e finiva contro il pavimento. Conan si girò per capire da dove provenisse e…la vide. Una finestrella leggermente dischiusa…sì, era aperta.
Un piccolo barlume di speranza si accese nei suoi occhioni azzurri, rossi per le lacrime.
Fu un attimo. Con le ultime forze che gli rimanevano, tentò di arrampicarsi sulla pila di mobili,sedie, poste dietro di lui.
09.00
La sua scalata contro il tempo ebbe inizio. La fatica nell’arrampicarsi era enorme, ma voleva provarci ugualmente.
07:00
Le ferite gli dolevano e ad ogni passo il dolore si rinnovava, avvertiva il sangue, il respiro affannoso, la fronte imperlata di sudore.
06:00
La vista iniziò ad annebbiarsi, le forze pian piano gli mancavano. Mancava troppo e il tempo era troppo poco.
 
03:00
 
02:00
 
01:00
 
L’esplosione fu devastante. Tutto s’incendiò in un secondo, il terreno vibrò sotto quell’esplosione. Una nuvola di fumo nero dall’odore acre si propagò per tutto il quartiere, l’onda d’urto spazzò via i magazzini lì vicini, rendendo tutto poltiglia.
Fuoco, polvere, ammassi di macerie.
Da lontano, in una macchina gialla che correva disperata, i due videro la catastrofe e capirono.
Un urlo straziante di una bambina arrivò fino al magazzino.
Poi, più nulla.
  
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