Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: _Sihaya    13/04/2012    1 recensioni
Finale alternativo per la saga di Harry Potter!
- Dimenticate l’epilogo di Harry Potter e i doni della morte (Diciannove anni dopo);
- eliminate circa le ultime otto pagine del finale e precisamente fermatevi alle seguenti parole (cito testualmente): “[…] L’alba fu lacerata dalle urla e Neville prese fuoco, immobilizzato. Harry non poté sopportarlo: doveva intervenire… Poi accaddero molte cose contemporaneamente.
- Ora domandatevi: “Quali cose sono accadute? E se fossero state dimenticate?”
[Ai capitoli 13, 19 e 27 trovate un breve riassunto degli eventi!]
Genere: Guerra, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Angelina/George, Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 37 - Lost Memories

Lost Memories

(di _Sihaya)

 

* * *

 

È la bacchetta che sceglie il mago, lo ricordi.

Credo che da lei dobbiamo aspettarci grandi cose, signor Potter...

 

J. K. Rowling, Harry Potter e la pietra filosofale

 

* * *

 

Capitolo 37 – Bacchette magiche

 

Greyback, la bacchetta di Bill Weasley puntata alla gola, tentò di recuperare la propria rovistando alla cieca nella neve, poi ruggì, irrigidì i muscoli e fece un rapido scatto.

 

In un attimo, Bill si trovò supino con al collo gli artigli nemici.

 

Lo sguardo ferino di Greyback, sicuro d’aver ribaltato le sorti dello scontro, era privo d’ogni umanità, le sue unghie affilate graffiavano la gola della vittima. A peggiorare la situazione, seguì un “crack” raggelante, che decretò lo spezzarsi della bacchetta di Bill sotto al ginocchio sinistro del licantropo.

 

Bill, consapevole di non essere abbastanza forte da liberarsi a mani nude, chiamò sua madre: « Colpiscilo ora, mamma! » Le ordinò.

 

Molly non si mosse: per quanto le spalle di Greyback apparissero enormi, il terrore di colpire il figlio l’immobilizzava.

 

Bill non la chiamò più; esausto, in cerca disperata di una strategia, lanciò un’occhiata alla propria destra. Nonostante il buio e l’impossibilità di voltare il capo, scorse in lontananza l’ingresso del Castello e poi, sulla stessa linea, a poco meno di mezzo metro da lui, la bacchetta magica di Greyback.

 

Non fu necessario pensare. Allungò il braccio per afferrarla, la puntò al fianco della bestia che gli toglieva il fiato e colpì a bruciapelo.

 

Una violenta esplosione travolse entrambi; poi il corpo del licantropo volò in aria, sopra le teste dei Weasley, e cadde ai piedi di un Ghermidore, che gridò, indietreggiò di alcuni passi e fuggì terrorizzato.

 

Greyback era morto.

 

Bill s’alzò a sedere ansimante, con il collo livido e le mani escoriate dall’effetto ravvicinato della Maledizione Cruciatus.

 

Molly fece per raggiungerlo quando un tuono rombò possente nell’aria.

 

A un tratto, il cielo di Hogwarts si scurì in un modo che nessuno avrebbe mai immaginato possibile. Le nubi si chiusero fagocitando completamente la Luna e tutte stelle, mentre il Marchio rimaneva l’unica fonte di luce a squarciare la densa oscurità.

 

Stava per accadere qualcosa di terribile.

 

Bill fece per alzarsi e correre al Castello, ma Molly glielo impedì.

 

« Vado io. » Disse irremovibile. « Riporta a casa tuo padre. »

 

Bill incrociò il suo sguardo e non provò nemmeno a protestare.

 

Non provare a fermarmi. Là dentro ci sono George, Ron e Ginny.

 

Dicevano gli occhi di sua madre.

 

Io devo proteggerli.

 

* * *

 

Il riflesso glauco delle ampie vetrate nella Sala Comune si mescolava alla luce soffusa delle lampade rendendo l’atmosfera cupa e inquietante. Il silenzio era glaciale, pesante come piombo. Il Ragazzo Sopravvissuto aveva sfidato Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato con tale grinta da congelare la Sala per numerosi secondi. Tutti, Magiamorte ed Esercito di Silente, sembravano fremere in attesa della reazione del Signore Oscuro.

 

Neville aveva appena ripreso i sensi. Era stato colpito da una Maledizione Senza Perdono ma era salvo grazie a Harry: era quella la forza, la genialità, del progetto di Silente, ora poteva davvero capirlo.

 

A Ginny, che lo teneva per un braccio e tremava, avrebbe voluto dire le stesse parole che Luna aveva detto a lui: “Harry vincerà”, ma la tensione nell’aria era tale da ammutolirlo. Riuscì soltanto a mettere la mano sopra la sua; lei gliene fu grata.

 

Ron guardava Harry senza però perdere di vista il Mangiamorte con il quale stava combattendo fino a pochi minuti prima, fermatosi per una sorta di timore reverenziale, un segno di rispetto che a Ron pareva incomprensibile. Come a sottolineare che la vittoria era imminente e apparteneva soltanto a lui, a Lord Voldemort.

 

Hermione stava dritta in piedi accanto al tavolo. Una mano chiusa a pugno e l’altra sul cuore, la bocca semiaperta. Impossibile comprendere il suo stato d’animo, se stesse macchinando qualche strategia di fuga in caso di sconfitta, o se vedesse così lucidamente gli errori del nemico da essere certa della vittoria.

 

Malfoy, dalla parte opposta della sala, con la mano destra stretta nella sinistra per alleviare il dolore della Fattura Pungente, scrutava Harry Potter a denti stretti per il nervoso.

 

Ok, lo Sfregiato con manie di protagonismo gli aveva sottratto l’arma, ma c’era ancora la sua bacchetta da qualche parte, in giro per la Sala…

 

L’aveva persa laggiù, nei pressi del tavolo di tortura…

 

Poteva raggiungerlo ora, senza dare nell’occhio…

 

In quella quiete tetra e insostenibile, Voldemort tese il braccio, spalancò gli occhi rossi e aprì la bocca per inspirare quanta più aria possibile. Un sibilo interminabile accompagnò il mutare del suo volto in una espressione di sadico piacere. 

 

« Avada Kedavra! »

 

La Bacchetta di Sambuco sputò scintille color smeraldo e un enorme fascio d’energia eruppe dalla punta, ingrandendosi con la stessa velocità con cui schizzava verso il nemico.

 

Harry aveva il fuoco in gola, il respiro mozzato, i muscoli rigidi come marmo e il gelo lungo tutta la schiena, ma una certezza nel cuore più forte di qualsiasi paura.

 

Chiuse gli occhi.

 

Silente avrebbe guidato la sua mano, così come aveva guidato, in tutti quegli anni, il suo cuore.

 

« Expelliarmus! »

 

I due incantesimi si scontrarono a metà strada.

 

Profondamente diversi tra loro eppure equivalenti in forza e resistenza.

 

Harry socchiuse le palpebre, come un bambino che, sopraffatto dalla tensione, sbircia fra le dita delle mani l’esito dello scontro finale.

 

Ma Harry non era più un moccioso babbano e quella che stava guardando non era la scena di un film.

 

Harry era la pedina di Albus Silente.

 

E in quanto tale, avrebbe dovuto immaginare che anche il piano più dettagliato può fallire a causa di una mossa imprevedibile.

 

Specialmente quando i pezzi sulla scacchiera godono di libero arbitrio e di bacchette magiche.

 

Infatti, qualcosa non tornava.

 

Harry ansimò di fatica. Troppa fatica.

 

La forza dell’Anatema Che Uccide era pazzesca.

 

Voldemort ruggiva mentre l’incantesimo si caricava di potenza crescente.

 

Harry era certo d’essere il proprietario della Bacchetta di Sambuco, tuttavia, essa non sembrava esitare ad attaccarlo.

 

Dove aveva sbagliato?

 

Il braccio cominciò a tremargli nello sforzo immane di reggere a tanta violenza.

 

Non aveva alcuna intenzione di mollare, ma sentiva, volente o nolente, che prima o poi avrebbe dovuto cedere.

 

Merlino, dove aveva sbagliato?!

 

L’energia di Voldemort aumentava in continuazione, Harry la sentiva arrivare a ondate progressive; il braccio gli doleva, talmente teso nel tentativo di opporsi che rischiava di spezzarsi. Era senza fiato, il sudore gli scivolava lungo le tempie e lacrime di rabbia gli bruciavano gli occhi.

 

Aveva commesso un errore e, lentamente, lo compresero tutti.

 

Persino Malfoy, ora chino sotto al grande tavolo, interruppe la ricerca della propria bacchetta.

 

Guardò Harry a occhi sbarrati, bruciante di rabbia.

 

Un Incantesimo di Disarmo! Di nuovo!

 

Perché non aveva usato l’Avada Kedavra? O al limite una Cruciatus!

 

Qualsiasi fossero le sue intenzioni, la stupidità di quel gesto era incommensurabile.

 

Cosa si era messo in testa Potter? Di redimere il Signore Oscuro?!

 

Non poteva lasciarlo vincere.

 

Non poteva lasciarlo in vita!

 

Era evidente che doveva prendere in mano la situazione.

 

Peccato che non sapesse da dove cominciare, dato che da quella parte non c’era traccia della sua bacchetta.

 

Si guardò intorno concitato e a un tratto, dove il tappeto imbrattato del sangue di Nagini toccava il piede del tavolo, un bagliore catturò la sua attenzione: era il luccichio dei rubini incastonati nella Spada di Godric Grifondoro.

 

Senza pensare nemmeno un secondo a quello che stava facendo, strisciò fuori e l’afferrò.

 

Soffocò un grido e un’imprecazione: sul palmo della mano che aveva toccato l’impugnatura si gonfiarono altre vesciche da ustione. Il bruciore divenne tremendo.

 

Non era degno di quell’arma. Il messaggio era chiaro.

 

Ma Harry Potter stava per soccombere.

 

E lui finalmente aveva la sua occasione.

 

S’issò in piedi e impugnò l’arma a due mani. Era incandescente.

 

Il dolore era tale da fargli tremare i denti, ma non mollò la presa.

 

La raffica di imprecazioni che riversò fece voltare Hermione, ma lo sguardo che le lanciò zittì ogni sua domanda sul nascere.

 

Dopodiché, si mise a correre trascinandosi dietro la Spada che, terribilmente pesante, rigava il pavimento.

 

La Maledizione di Voldemort aveva quasi preso il sopravvento sulla difesa di Harry, che arretrava passo dopo passo in una strenua resistenza: concentrati in quel duello all’ultimo sangue, nessuno dei due s’accorse di lui.

 

Non lo videro arrivare, né colsero lo sforzo pazzesco che gli permise di sollevare completamente Spada.

 

Udirono soltanto il suo grido di guerra.

 

Poi, la lama trapassò il ventre del Signore Oscuro.

 

L’urlo fu terrificante.

 

Fiotti densi di sangue schizzarono ovunque, mentre Voldemort boccheggiava. La Maledizione Senza Perdono, prosciugata della propria forza, svanì lasciando prendere il sopravvento all’incantesimo di Disarmo. La Bacchetta di Sambuco gli sfuggì dalle mani con violenza, rimbalzò contro il soffitto e cadde chissà dove.

 

Harry, il braccio destro ancora teso e l’altro penzoloni lungo i fianchi, assistette alla scena pietrificato.

 

Tutt’intorno, lo stupore e lo sgomento dilagarono a macchia d’olio.

 

Malfoy ansimava forte, di fatica e di paura; le spalle s’alzavano e s’abbassavano vistosamente, e ogni tanto erano scosse da brividi.

 

Eccola, la sua vendetta.

 

Gelida vendetta, dal sapore acido e l’odore di stantio.

 

Frastornato, lasciò la presa sulla Spada e si guardò i palmi dolenti delle mani, imbrattati del cruore nemico.

 

Pensò a propri genitori. Così devoti e sprovveduti da affidare al Lord Oscuro la sorte del loro unico figlio, avevano aperto gli occhi quando egli aveva deciso di portarglielo via per sempre.

 

Eccola, la sua vendetta.

 

Il Signore Oscuro moriva davanti ai suoi occhi, per un gesto che non aveva nulla di eroico.

 

Un gesto che portava il nome di vendetta, ma che era solo un carico d’odio da vomitare fuori insieme al sangue e al sudore che gli insudiciavano la camicia.

 

Un gesto che non gli restituiva nulla.

 

Che non li avrebbe riportati in vita.

 

Un gesto che…

 

All’improvviso sbarrò gli occhi, terrorizzato.

 

La mano viscida e ossuta di Lord Voldemort gli aveva afferrato la gola.

 

Iniziò a dimenarsi, ma la stretta era così forte da farlo soffocare.

 

« Figlio di un cane bastardo! » rantolò Voldemort sputando sangue.

 

Malfoy si portò entrambe le mani alla gola. « Mio padre non era un bastardo, » ringhiò col poco fiato che aveva.

 

Voldemort rise e i suoi occhi si spalancarono rinvigoriti, come se l’espressione sconcertata del figlio di Lucius Malfoy fosse per lui una nuova fonte d’energia. Con uno sguardo disgustato, invocò un Incantesimo di Respingimento: non poteva permettersi altro, doveva racimolare le forze per curare la propria ferita.

 

Malfoy volò in aria e cadde di schiena sopra al grosso tavolo. Imprecò per il dolore ma fu abbastanza rapido da saltare giù e sfuggire alle catene stregate.

 

Quasi a tutte.

 

Una s’avvinghiò al suo avambraccio destro, strattonandolo e impedendogli di andare lontano.

 

Malfoy sentì il sangue andargli alla testa. Ruggì di rabbia e si mise a tirare con forza il braccio nell’illusione che, una volta libero, ci fosse per lui una seconda occasione.

 

In quel momento, lo stesso Mangiamorte che aveva catturato Ginny e disarmato Harry, avvicinò Voldemort a bacchetta sguainata.

 

« Mio Signore, lasciate che vi aiuti! »

 

Malfoy si bloccò esausto, senza più fiato. Disarmato e incatenato era totalmente impotente.

Stanchezza e disperazione gli calarono addosso, insieme alla consapevolezza della sconfitta.

 

« Oh, tu non aiuterai proprio nessuno. »

 

Quella voce, più simile ad uno squittio che ad una minaccia, lo risvegliò.

 

Hermione Granger, braccio destro teso in avanti e cipiglio severo, aveva pietrificato il Mangiamorte che stava correndo in aiuto di Voldemort.

 

Nella mano sinistra, distesa lungo il fianco, teneva la Bacchetta di Sambuco.

 

Voldemort le lanciò un’occhiata furibonda. Lei arretrò di un passo, poi sembrò ripensarci e, stizzita, riprese la propria posizione.

 

Malfoy, la bocca semiaperta per lo stupore, osservò quanto fosse ambigua nel suo essere coraggiosa: intrecciava la volontà ferrea con cui s’imponeva d’affrontare ogni ostacolo alla paura di non farcela.

 

Come potesse avere quel timore, non riusciva proprio a spiegarselo.

 

Si era persino accaparrata uno dei Doni della Morte. (E non si potevano immaginare mani peggiori perché, come minimo, l’avrebbe fatto archiviare al Ministero!)

 

Aveva svelato più misteri di quelli che lui aveva intravisto nella propria vita e l’aveva ricondotto a Hogwarts… Con una serie di peripezie di cui avrebbe volentieri fatto a meno, persone che avrebbe volentieri evitato, emozioni che avrebbe volentieri dimenticato… Stava di fatto che l’aveva riportato lì.

 

E gli aveva pure salvato la vita!

 

Se gli fosse stata accanto, in quel momento così incredibile, dal silenzio soffocante, con la tensione talmente alta da far fischiare le orecchie, forse (in un mesto sussurro, certo) gliel’avrebbe detto.

 

Che era all’altezza.

 

Dopotutto poteva riconoscerlo (già che le aveva negato un “grazie”) che era il tipo di persona in grado di uscirne sempre e comunque a testa alta.

 

Determinata e vincente.

 

Continua…

* * *

 

 

N.d.A

Le reazioni della Spada di Godric Grifondoro sono inventate. Non ho trovato descrizioni complete riguardo a questo oggetto, così ho inventato di sana pianta. Spero di non aver creato incongruenze con la storia originale, diversamente fatemele notare perché sono assolutamente involontarie.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: _Sihaya