Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: TheOnlyWay    14/04/2012    4 recensioni
Ho sempre pensato che i ragazzi fossero stupidi e insensibili. Poi ho conosciuto lui e ne ho avuto la conferma: sono dei completi idioti.
E non è colpa loro, probabilmente è una questione genetica, anche se in effetti dovrebbero iniziare a cercare una cura per questa stupidità dilagante.
Insomma, ci sarà pur qualcosa che si possa fare, per evitare che diano aria alla bocca, tanto per dimostrare che sono addirittura in grado di formulare un pensiero coerente.
Quando ho capito che Louis Tomlinson è un idiota?
Non mi ci è voluto molto, se devo essere sincera. È bastato che lo incontrassi nel corridoio, vicino al mio armadietto.
«Ciao, bambolina.»
Era il mio primo giorno nella nuova scuola e tutto ciò che desideravo era diventare invisibile. Essere al centro dell’attenzione non mi era mai piaciuto un granché: preferivo starmene sulle mie, parlare il tanto necessario e ignorare completamente tutto il resto. Louis aveva rovinato i miei piani, perché aveva catturato l’attenzione di tutti i presenti con due semplici parole.
Sorrideva, mentre dietro di lui quattro ragazzi osservavano la scena con particolare interesse. E poi si dice che sono le ragazze a girare in branco.
«Bambolina ci chiami tua sorella, idiota.»
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie '"Like an Hurricane"'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
  image
 


 
 
Chapter 5.




Quando rientrai a casa, venni accolta unicamente dal silenzio e dal profumo del tortino alla cannella di mamma.

Mi sentivo un po’ scossa, dopo l’incontro faccia a faccia con Louis. E non riuscivo a pensare a nient’altro che alle sue parole: “quelle come te sono la rovina di quelli come me”. Cosa voleva dire?
Continuai a pensarci, anche mentre mangiavo una fetta di tortino. E poi, la consapevolezza mi colpì come un fulmine a ciel sereno: Louis Tomlinson non mi era così indifferente come mi sforzavo di mostrare.
Come spiegare, altrimenti, quello strano batticuore?
Poi il telefono iniziò a squillare, insistentemente, così corsi a rispondere, rischiando di inciampare nel grande tappeto persiano che mamma aveva posizionato in soggiorno.
«Pronto?»
«Tesoro, sono mamma. È un problema, per te, se stasera abbiamo ospiti a cena?» chiese.
«No, figurati. Vuoi che prepari qualcosa? O che vada a fare la spesa?» proposi, sapendo che sicuramente aveva in serbo di preparare qualche buon manicaretto. Mamma era bravissima, ai fornelli.
«Lo faresti davvero? Grazie, tesoro.»
Le chiesi di aspettare, poi afferrai una penna, un foglietto giallo stropicciato e annotai l’elenco di cose da comprare. Dopo aver salutato mamma, andai alla ricerca del cellulare. Avrei chiesto a Melanie di farmi compagnia.
Melanie era troppo impegnata a prepararsi per una verifica che avrebbe avuto l’indomani, anche se si dichiarò disposta a mollare tutto. Le risposi di non preoccuparsi e di continuare a studiare. Sarei andata da sola.
Indossai una felpa bianca, poi afferrai la borsa e uscii di casa. Mi incamminai verso il supermercato, che si trovava a un isolato di distanza, persa nei miei pensieri. Dovevo smetterla di pensare a Louis, o avrei finito per convincermi che non era così idiota come credevo.
Ma non fu tanto facile come avevo previsto: le sue parole continuavano a tornarmi alla mente.
Non riuscivo proprio a dargli un senso: come potevo, io, essere la sua rovina? Insomma, ero innocua, sotto un certo punto di vista. Non ero bellissima, non avevo gli splendidi capelli biondi di mamma, nemmeno i suoi occhi azzurri. Avevo un bel sorriso e le mie fossette erano adorabili, a quanto diceva Melanie.
In realtà credevo che le fossette fossero il mio punto debole: chi le trovava adorabili, doveva ricredersi quasi immediatamente di fronte all’evidenza che io di adorabile avevo ben poco.
Quindi come potevo costituire un problema per Louis? Era bello, simpatico – quasi sempre – e aveva una risata contagiosa. Per non parlare, poi, delle ragazze con cui usciva. Mel me ne aveva indicata qualcuna, a scuola, ed erano tutte assolutamente stupende. Io non facevo testo, di fronte a loro.
Tuttavia, non mi sentivo affatto inferiore. Dopotutto l’aveva detto anche Louis: io ero intelligente.
 
 
***
 
 
Mamma era in agitazione, lo capii da come si tormentava nervosamente una ciocca di capelli intorno al dito. Si era vestita piuttosto elegante, per una volta, relegando nell’armadio la sua salopette di jeans e aveva indossato un vestito celeste che le sfiorava appena le ginocchia.
Mi aveva pregato di seguire il suo esempio e mettere il vestito rosa pastello che la nonna mi aveva regalato l’anno prima, ma l’occhiata scettica che le avevo rivolto l’aveva fatta desistere quasi immediatamente.
Così avevo optato per un paio di jeans e per una maglietta verde scuro che lasciava una spalla completamente scoperta. Dopotutto ero in casa mia, ed avevo tutto il diritto di vestirmi come mi pareva.
«Mi raccomando, tesoro. Fai la brava.»
Alzai gli occhi al cielo, di fronte all’ennesima raccomandazione di mamma, che a quanto pareva aveva tutta l’intenzione di fare una buona impressione sulla sua vecchia amica Johannah.
Al suono del campanello, la sua agitazione divenne evidente. Le dissi di andare a controllare il forno, che ad aprire ci avrei pensato io.
Rimasi parecchio stupita, quando mi trovai faccia a faccia con Louis, che sorrideva con il suo solito sorriso accattivante.
«Louis? Che fai qui?» chiesi, grattandomi una guancia, confusa.
Lui ridacchiò, poi fece un cenno alle sue spalle, dove una donna e quattro bambine stavano scendendo dalla macchina, parcheggiata nel vialetto.
«Johannah è tua madre?» chiesi, incredula. Lui ridacchiò, prima di scompigliarmi i capelli e voltarsi verso una delle bambine più piccole, che gli corse incontro e gli si gettò tra le braccia, con un sorriso felice.
Mi feci da parte, ancora un po’ stordita. Insomma, avevo passato tutto il pomeriggio tormentata dal pensiero di Louis, ed ora me lo trovavo in casa, insieme a sua madre a alle sue sorelle. E, in più, si comportava come se niente fosse.
«Ciao, Cassidy. Ma guardati, sei bellissima!» Johannah mi strinse a sé, affettuosa. Arrossii, in imbarazzo, prima di ringraziare e indicarle dove fosse la cucina. Con la coda dell’occhio notai che Louis sorrideva, ma non riuscii a capire se fosse divertito o intenerito. Gli tirai una gomitata nelle costole, poco delicata, non appena Johannah ci diede le spalle.
«Potevi dirmelo che saresti venuto a cena. Ci siamo visti stamattina!» sibilai. Lo sapeva e non mi aveva detto niente.
«Volevo vedere la tua faccia.» commentò, come se nulla fosse. Alzai gli occhi al cielo. Poi sentii una manina tirare la manica della mia maglietta e abbassai lo sguardo su una delle sorelle di Louis.
«Ciao.» le sorrisi, abbassandomi sulle ginocchia per arrivare alla sua altezza. Assomigliava tantissimo al fratello.
«Tu e Louis siete fidanzati?» chiese, curiosa. Arrossii di nuovo, ma questa volta non guardai in direzione di Louis, nonostante fosse piuttosto chiaro che stava divertendosi un mondo.
«Non si fanno queste domande, Daisy.» la rimproverò una delle sorelle più grandi. Daisy si intristì parecchio, di fronte al rimprovero, così mi affrettai a tranquillizzarla.
«Siamo amici, tesoro.» le confessai, con un sorriso. Lei ridacchiò, prima di annuire soddisfatta e raggiungere la gemella, che si era sdraiata sul tappeto e canticchiava una canzone di qualche cartone animato che non ricordavo di aver mai visto.
«Amici che a volte si vorrebbero ammazzare.» mi ricordò Louis, passandomi un braccio intorno alle spalle. Gli scoccai un’occhiataccia, consapevole di avere addosso gli sguardi delle sorelle maggiori.
«Non è colpa mia se sei un’idiota.» gli sussurrai, facendo in modo che nessuno mi sentisse.
«Ormai non ci credi più neanche tu.» rise.
«Non esserne tanto convinto.» replicai, piccata. Aveva ragione, lo sapevo. Ma non potevo certo dirglielo.
Poco dopo ci sedemmo a tavola e, inevitabilmente, venne tirato in ballo l’argomento “Cassidy – Louis”, per mia enorme sfortuna e vergogna.
«Non mi avevi detto che conoscevi Louis, tesoro.»
Nel tono di mia madre c’era un rimprovero piuttosto evidente, ma al momento non ci feci caso.
«Si, be’, non è che lo conosco.»
Louis mi tirò un calcio da sotto il tavolo e mi guardò con un sopracciglio inarcato.
«Non crederle, Grace. Fa così perché io sapevo che dovevamo venire qui e non gliel’ho detto.» ridacchiò, sorridendo in direzione di mia madre, che ricambiò immediatamente. Come previsto, Louis le stava simpatico. E se la conoscevo abbastanza bene, entro sera mi avrebbe chiesto quando ci saremmo dichiarati.
«Faccio così perché sei un… oh, al diavolo, lascia stare.» borbottai, prendendo a mangiare con più foga del necessario il mio roast-beef. Johannah ridacchiò.
«Voi due non me la contate giusta.» affermò. Per la prima volta da quando lo conoscevo, vidi Louis arrossire. Ed era assolutamente adorabile, oltre che un vero spasso.
Perciò scoppiai a ridere, rivolgendogli un’occhiata di palese presa per il culo.
Insomma, non c’era niente tra di noi, eppure un’insinuazione fatta da sua madre aveva la capacità di farlo arrossire come un bambino. Niall avrebbe riso fino alle lacrime, non appena glielo avessi raccontato. Anzi, ripensandoci, era molto meglio tenerlo per me, prima che anche i ragazzi iniziassero a insinuare qualcosa.
 
 
***
 
 
Dopo cena, mamma e Johannah decisero di portare le bambine a prendere un gelato, lasciando me e Louis a casa da soli. Sospettavo che l’avessero fatto di proposito, visto che per tutta la serata avevano continuato a lanciare frecciatine riguardo ad una presunta storia tra di noi. Io avevo smentito, Louis aveva riso.
Cominciai a sparecchiare, perché il silenzio improvviso che si era creato tra me e Louis mi metteva in imbarazzo. Un conto era scherzare in presenza di mamma, un altro era stare da soli. E il fatto che quel pomeriggio avessi ammesso che Louis forse avrebbe potuto piacermi non era affatto d’aiuto.
Raccolsi i capelli in una coda, in modo che non mi cadessero davanti alla faccia mentre lavavo i piatti. In tutto questo, Louis rimase in silenzio, appoggiato allo stipite della porta, ad osservarmi. Non mi ero mai sentita così a disagio, con un ragazzo.
«Senti, Louis… Stavo pensando a Jason.» dissi, tanto per spezzare la tensione. Louis annuì, facendomi cenno di andare avanti.
«Ecco… non è necessario che mi accompagni.» sostenni, mentre iniziavo a lavare il primo piatto. Era una fortuna che stessi dando le spalle a Louis, o la sua aria incazzata mi avrebbe decisamente inquietato. Il punto era che non volevo costringerlo a vedere una persona che detestava, solo per me.
«Invece si.» replicò. Non mi voltai, ma avevo sentito che si era mosso, nervoso. Un secondo dopo era seduto sul bancone della cucina, accanto al lavandino. Da lì non avevo scampo, vedeva esattamente la mia faccia.
«Te l’ho già spiegato, bambolina. Coburn è un bastardo.»
«Ma…» provai ad obbiettare. Volevo fargli capire che ero in grado di cavarmela da sola. Louis saltò giù dal bancone, poi si portò alle mie spalle e mi costrinse a voltarmi verso di lui. Mi ritrovai intrappolata tra il lavello e il suo corpo e, inevitabilmente, arrossii.
In realtà, non mi dispiaceva affatto averlo così vicino. Proprio per niente.
«Che ti prende?» sussurrai, agitata.
«Non voglio che Coburn metta gli occhi su di te, bambolina.» mormorò, portandomi una ciocca di capelli che era sfuggita dall’elastico dietro le orecchie. Era talmente vicino che avrei potuto baciarlo, bastava che mi alzassi sulle punte dei piedi e…
«Perché?» chiesi, invece.
Louis sospirò, ma non rispose. Mi guardò e basta, tremendamente serio.
«Louis…»
Credevo che mi avrebbe baciata, dico sul serio. Volevo che mi baciasse, invece si limitò a lasciarmi una carezza sulla guancia e a rimettere le distanze tra di noi.
Sentivo il cuore battere all’impazzata ed ero sicura di essere arrossita, ma Louis non ci fece caso, sembrava completamente smarrito nei suoi pensieri.
«D’accordo, lasciamo stare. Andiamo insieme, va bene?» proposi, posandogli la mano sulla spalla. Non mi piaceva vederlo così.
Louis sorrise, decisamente più tranquillo, e annuì.
«Ottima decisione, bambolina. E ora, avresti una carota? Ho di nuovo fame.»
Ridacchiai, di fronte al suo tentativo di allentare un po’ la tensione.
Passammo il resto della serata a parlare, tranquilli; nessuno dei due aveva intenzione di tirare fuori l’argomento “Jason Coburn”, così alla fine optammo per vedere un film in televisione.
Quando mi addormentai, il film era iniziato da appena dieci minuti.
Non mi accorsi neanche di essermi accoccolata a Louis, con la testa posata sulla sua spalla e una mano sul suo petto. Semplicemente, dormivo.
Una cosa di cui mi accorsi, invece, fu il suo braccio che circondava con dolcezza le mia spalle e le sue labbra che sfioravano delicatamente i miei capelli.



Ecco qua il capitolo 5!
Spero vi sia piaciuto, quindi fatemi sapere che ne pensate, please! Comunque, scusate se l'immagine fa un pò schifo, ma ancora non sono tanto brava con il programma, quindi perdonatemi!
Poi, già che ci sono, mi faccio anche un pò di pubblicità!
Per chi volesse, su Facebook mi trova qui!

Se vi và, passate a dare un'occhiata all'altra mia fanfiction! Si intitola "Diario di una Psicopatica" (non fatevi ingannare dal titolo!)


Grazie mille a tutte le ragazze che hanno commentato lo scorso capitolo, vi adoro! <3 
  
 
 
 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: TheOnlyWay