Alle quindici stupende ragazze che hanno recensito
lo scorso capitolo. Voi siete matte e io vi amo!
*point finger*
Capitolo
quattro
“Oh, oh, I want some more,
oh, oh, what are you waiting for, take
a bite of my heart tonight”
“Un’insalata light, per favore”
“Insalata? Kurt, sei serio?”
“L’alimentazione è una cosa molto importante, Blaine. Ti
farebbe davvero bene mangiare un po’ di
verdura, hai tutta l’aria di essere il tipico americano capace di infilare
l’unto in qualsiasi piatto.”
Blaine ghignò prima verso di lui, poi verso la cameriera
che stava pazientemente attendendo che ordinassero.
“Un hamburger maxi con pomodoro, patatine, formaggio,
ketchup e senape, una Coca grande e un muffin”
proferì. Kurt inarcò le sopracciglia perfette fino a farsele arrivare quasi
all’attaccatura dei capelli. “E un’ insalata”
aggiunse Blaine, sorridendogli innocentemente.
Kurt sbuffò e scosse la testa, mentre la cameriera li
fissava un po’ sconvolta prendere i loro vassoi e guardarsi intorno in cerca di
alcune sedie. Blaine gli fece la linguaccia e Kurt dovette sforzarsi per non
dargliela vinta e scoppiare a ridere di gusto.
“Visto?” disse il ragazzo indicando il proprio vassoio
straripante di carboidrati e Dio solo sa quanti grassi con l’indice. “La
mangio, la verdura”
Kurt continuò a guardarsi in giro in cerca di un tavolo
libero per entrambi. Si voltò verso Blaine e gli lanciò un’occhiata divertita,
tanto per fargli capire che non era scocciato e che non voleva essere
accondiscendente nei suoi confronti solo perché non sapeva come liberarsi di
lui. Visto che poi era tutto l’opposto, Kurt pensava
di star facendo un ottimo lavoro. Blaine gli sorrideva e, etero
o no, era davvero una bella vista. Certo, aveva ammiccato a quella cameriera
bionda non appena erano entrati, ma probabilmente l’aveva fatto solo per farsi
servire il muffin più grosso e con più gocce di
cioccolato di tutta l’esposizione. Kurt se ne convinse, viste le sue esperienze
passate in fatto di uomini e muffin. Sapeva che se,
per esempio, voleva
rendere Noah Puckerman una
creatura innocua e docile, doveva corromperlo con dei muffin
ai frutti di bosco. Sapeva che suo padre non resisteva alla consistenza delle
gocce di cioccolato, e che Finn avrebbe venduto la sua Play
Station – o l’arnese del demonio, come amava chiamarla – pur di assaggiarne uno
dei suoi. Tuttavia era tutta colpa di quel muffin in
particolare se Blaine – sì, il ragazzo che aveva incontrato in treno quella
mattina e per il quale, da bravo diciannovenne idiota,
si era preso un’incomprensibile cotta – aveva fatto gli occhi dolci alla
cameriera. Contro la quale non poteva competere, e non perché era bionda, capiamoci.
Osservando Blaine, Kurt non era riuscito a determinare se
fosse gay o meno. Sarebbe stato più propenso a dire
che era etero, se Blaine non avesse
flirtato con lui la metà del tempo. Certo, non è che Kurt avesse molti termini di paragone in merito: Dave non aveva mai flirtato con lui, era più che altro
piombato nella sua vita, incasinandola dopo averla resa un inferno per troppo
tempo. E Kurt glie l’aveva lasciato fare.
Blaine lo beccò proprio mentre
era intento a guardar male il suddetto dolce incriminato, ma ovviamente non fu
in grado di risalire alla fonte della sua ira, quindi si limitò ad alzare le
spalle e commentare: “Mi piacciono i muffin”.
Kurt appuntò tutto nella sua agenda mentale, che aveva
pensato di istituire per mantenere un briciolo di sanità mentale in tutta
quella situazione ridicola – forse.
Gli piacciono i muffin. Gli
piace ammiccare alle cameriere bionde. Gli piace riempirsi di schifezze.
Sillogismo, gli piace vomitare. Passo e chiudo.
In uno slancio di autostima si convinse ad aggiungere
mentalmente anche: gli piaccio io. Perché almeno quello era
innegabile, o Blaine non sarebbe stato lì. E aggiunse: anche se non è carino
da mettere dopo la voce ‘vomitare’.
Profondamente imbarazzato dai suoi stessi pensieri Kurt
si riscosse quel tanto che bastava per lanciare a Blaine un’occhiata obliqua.
Il ragazzo stava ancora scandagliando la sala da pranzo del bar della stazione in
cerca di tavolini liberi. Peccato che fossero tutti occupati.
“Possiamo mangiare al bancone” propose Kurt sporgendosi
verso di lui per mormorarglielo in un orecchio e farsi sentire sopra al
chiacchiericcio della sala piena. Anche se voleva davvero vederlo, Blaine,
mentre divorava un Hamburger strapieno di cose untuose e colanti in
precario equilibrio su un bancone sporchissimo. Non era affatto igienico, ma cos’altro potevano fare?
Blaine non fece in tempo a rispondergli, perché vennero interrotti quando Kurt sentì che qualcosa – o meglio
qualcuno – gli stava gentilmente tirando la manica della giacca nel tentativo
di attirare la sua attenzione.
Abbassò lo sguardo per incontrare quello della persona
più anziana – e rugosa - che avesse mai visto in tutta
la sua vita. C’erano un paio di occhi vispi e azzurri, forse un po’ acquosi, su
un volto pieno di grinze al quale Kurt avrebbe consigliato un buon esfoliante, presumibilmente sorridente e
circondato da capelli grigio brillante. La signora indossava un cappellino
bordeaux con alcune piume che sembravano di canarino morto, che
però Kurt apprezzò particolarmente – se non altro per il tentativo - e
stava sorridendo proprio a lui.
Cosa che, di solito, gli anziani americani conservatori
non facevano. Sapeva di avere una sorta di pregiudizio al riguardo, ma le sue
esperienze con le persone anziane non si erano rivelate molto positive. Non
appena capivano che era gay (cosa che era piuttosto palese, visto che non
faceva nulla per nasconderlo, e Dio solo sapeva come aveva fatto Blaine a non
notarlo) smettevano di sorridergli e addirittura molti evitavano di guardarlo
negli occhi. Quindi si sentiva un po’ in soggezione, ecco.
Che poi Blaine poteva benissimo averlo notato, che era
gay, e aver fatto finta di niente e – dannazione, stava di nuovo pensando a
Blaine e al suo maledettissimo sorriso adorabile e ai suoi occhi così stupendi
e al suo muoversi così sensuale. Doveva essere un’aggressione deliberata nei
suoi confronti, quella del ragazzo al suo fianco, perché nessuno sorrideva in
modo così sensuale inconsapevolmente.
Alzò il viso dall’anziana signora – era davvero minuscola
– e lanciò un’occhiata perplessa e stupita a Blaine, che era fermo al suo
fianco con il suo vassoio di schifezze in mano e lo guardava altrettanto allibito.
“Sì?” domandò Kurt voltandosi di nuovo. Si trattenne dal
dare una gomitata a Blaine per chiedere aiuto, visto che probabilmente non
erano così in confidenza e che con una gomitata ben assestata avrebbe potuto
fargli rovesciare addosso tutti i chili di grasso sul
vassoio, che aveva evidentemente in programma di ingerire.
La vecchietta sorrise ancora più ampiamente e le labbra
si stirarono verso l’alto portandosi dietro le rughe e le pieghe del viso.
“Non vorrete mica mangiare su quel bancone pieno di
germi, spero! Sedetevi pure qui, ci sono due sedie libere!”
Kurt e Blaine abbassarono lo sguardo sul tavolo
contemporaneamente, mentre la donna lasciava la manica di Kurt e indicava loro
le sedie con entusiasmo. Il tavolo sembrava pulito, così Kurt si sentì subito
più sollevato. Almeno non avrebbero dovuto mangiare su un bancone sul quale era
successo chissà cosa…
Blaine lo guardò perplesso per un attimo, poi esibì un
sorriso tra l’imbarazzato e il divertito e scavalcò la valigia di Kurt per
sedersi per primo su una delle sedie.
Coraggio. Ce
la puoi fare.
Kurt, sempre più imbarazzato, prese
posto di fianco alla vecchietta, che roteò sulla sedia in modo da
poterli guardare entrambi.
“Ehm”
Kurt si schiarì la gola e percepì Blaine sorridere in
direzione del suo vassoio. Era quasi certo che non stesse sorridendo al muffin, quindi si permise un
pensiero molto ottimista. Se Blaine non era ancora scappato a gambe levate da
lui e da un’ipotetica anziana terrorista, doveva piacergli davvero – e
inspiegabilmente – la sua compagnia. Si azzardò a guardare oltre Blaine,
visibilmente più allegro. Seduto lì di fianco c’era quello che probabilmente
era il marito della donna. Era altrettanto vecchio e rugoso, indossava un
cappello marrone sulle ventitré e, con sommo divertimento di Blaine, dormiva
placidamente appoggiato ad un bastone da passeggio, russando di tanto in tanto.
La vecchietta seguì lo sguardo di Kurt e sorrise
amabilmente ai due ragazzi stretti l’uno contro l’altro a causa del poco
spazio. Non che a Kurt dispiacesse, comunque.
“Quello è mio marito Arnold”
disse con fare pettegolo. A Kurt stette subito simpatica, a dispetto di ciò che
aveva pensato all’inizio. Sembrava tranquilla.
“Se vuoi dirgli qualcosa puoi punzecchiarlo, ragazzo”
disse a Blaine lisciandosi la gonna con le mani e appoggiandoci sopra la
borsetta in pelle di coccodrillo per far loro un po’
più di spazio.
Blaine socchiuse gli occhi, probabilmente nel tentativo
di non scoppiare a ridere e alla fine si voltò verso la donna con il sorriso
più adorabile di sempre, di quelli per la serie: “conquisterò
i tuoi genitori, i tuoi amici e chiunque tu abbia mai incontrato. E poi
conquisterò anche te.” Kurt rabbrividì, e non di freddo. Appuntò
nella sua agenda mentale anche questo: Conquisterà anche me. E poi,
subito sotto: Troppo tardi.
“Grazie per averci fatto sedere, signora, davvero” disse
Blaine educatamente, e Kurt si sentì improvvisamente in imbarazzo. Sembrava
sempre così gentile, come se sapesse cosa dire e quando dirlo. Era tranquillo
ma carismatico, ecco.
“Oh, figurati, non potevo mica lasciarvi lì in piedi a
mangiare!” esclamò lei, afferrando con entrambe le mani quelle dei due ragazzi
e stringendole visibilmente. Kurt lasciò che la donna gli stritolasse la mano
nella sua morsa e quando la ritrasse era certo di avere almeno due dita rotte.
“Io sono Mary Prudence, ma
potete chiamarmi nonna Mary!”
Ok, questo sì che è strano.
Kurt arrossì senza sapere davvero perché – o forse lo
sapeva, visto che la situazione imbarazzante parlava da sola
– ma Blaine sembrò molto soddisfatto di questa possibilità di amicizia,
perché abbagliò di nuovo la donn....nonna Mary con
uno dei suoi migliori sorrisi. Kurt si chiese distrattamente se Blaine facesse
questo effetto su tutti gli esseri umani che incontrava.
Pareva di sì, però, perché Mary Prudence
sembrò molto soddisfatta della sua buona azione. Kurt e Blaine si scambiarono
un ultimo sguardo divertito e imbarazzato e iniziarono a mangiare.
Nonna Mary sorrise radiosa e, mentre mangiavano, chiese
con noncuranza: “Allora, da dove venite?”
Blaine addentò il suo Hamburger e lasciò che fosse Kurt a
rispondere per entrambi.
“Dall’Ohio” disse lui da sopra la sua forchettata di
insalata. Sarà anche stato un salutista, ma stava morendo di fame. Gli occhi
dell’anziana signora si illuminarono.
“Oh, siete in viaggio insieme?” domandò con fare
pettegolo. A Kurt quasi andò di traverso l’insalata, ma
Blaine non ebbe una reazione migliore, visto che a quanto pare stava soffocando
con una patatina. Rosso come un pomodoro, Kurt fissò il proprio piatto mentre Blaine tossicchiava e nonna Mary aspettava una
risposta con tranquillità, come se il fatto che due ragazzi stessero soffocando
di fronte a lei rientrasse perfettamente nella norma.
“Ci siamo incontrati sul treno a dire la verità” disse
Blaine con la voce rauca. A Kurt non sfuggì lo sguardo
che gli lanciò. Ma cosa significava? Sembrava contento, ma...cauto.
Nonna Mary andò in brodo di giuggiole a quell’affermazione, così diede una gomitata a Kurt,
che stavolta arrossì fino alla radice dei capelli. Supplicò la terra di
inghiottirlo, perché Blaine aveva
già iniziato a incurvare le labbra verso l’alto per fare un altro dei suoi
meravigliosi sorrisi da etero, e lui non
poteva sopportarlo. Quando il pavimento rimase com’era – uno sporco ammasso di piastrelle di bassa qualità – Kurt si decise ad
affondare definitivamente la faccia nel piatto per non riemergere mai più. Se
non altro Blaine non aveva fatto nessuna faccia schifata
quando nonna Mary aveva accidentalmente insinuato che viaggiassero insieme
come una coppietta qualsiasi.
Ma lei non ha insinuato che foste una coppia, disse una voce nella sua testa che, si rese conto con
orrore, ricordava quella della Coach Sylvester, l’incubo delle sue giornate. Ti fai più
film mentali di James Cameron, Porcellana.
Non è vero,
replicò Kurt alla voce, come se fosse normale. Ho solo molta fantasia e
uno sfrontato ottimismo, coach.
Il vecchio Arnold, alla destra
di Blaine, russò un po’ più forte e borbottò: “Lo sbarco, è lo sbarco!”
Questo riportò Kurt alla realtà piuttosto velocemente,
dove nessuna Sue Sylvester brandiva contro di lui una
bibita energetica a base di ormoni di procione urlando: “Innamorarsi di uno
sconosciuto, Porcellana? Ti stai mettendo in un bel guaio!”
Kurt decise saggiamente di non domandarsi cosa diavolo
intendesse, e dopo un secondo di pura perplessità che si riflesse sul suo viso
fece così anche Blaine, limitandosi a ficcare una generosa dose di Ketchup in
quello che restava del suo Hamburger, per poi divorarlo in meno di quattro secondi
netti.
“Faresti meglio a mangiare più verdura, ragazzo, quelle
schifezze fanno male al fegato!” commentò bonaria nonna Mary, facendogli poi
l’occhiolino.
Kurt avrebbe voluto piangere di gioia, ma si limitò a
lanciare uno sguardo soddisfatto a Blaine da sopra la sua insalata. Il ragazzo
riccio per tutta risposta si sporse un po’ per prendere una forchettata di
patatine e Kurt percepì la sua gamba muoversi, tanto erano vicini, e-
Merda.
No, non poteva averlo fatto appositamente. Non era
possibile.
Eppure Kurt era sicuro di non starselo sognando, il
ginocchio di Blaine che sfregava lentamente contro il suo. O la coscia che
sfiorava la sua. O la stoffa dei Jeans che scorreva sui suoi pantaloni. Durò un
paio di secondi, poi Blaine si allontanò appena, troppo per toccarlo di nuovo e
comunque non abbastanza, visto che Kurt poteva sentire chiaramente il calore
della sua gamba lì vicino. Non osò alzare il viso per guardarlo, perché probabilmente non ci
avrebbe trovato niente – o forse Blaine si divertiva a provocare tutti quelli
che gli capitavano a tiro. No, non sembrava proprio il tipo. Era più il tipico
ragazzo che ti scioglieva con un sorriso. Kurt cercò di tenersi lontano da
pensieri imbarazzanti, perché accidenti, chissà cosa avrebbe pensato Blaine se
avesse saputo che Kurt si stava domandando che effetto facesse passargli la
mano sulla gamba? Era decisamente meglio non scoprirlo. Non c’era uno straccio
di possibilità, Kurt ne era convinto, che Blaine fosse
gay. Non era da Kurt etichettare le persone solo in base ai gusti che avevano e
non l’avrebbe fatto nemmeno questa volta, quindi se Blaine poteva
sembrare gay non significava che lo fosse davvero. E se lo era
poteva benissimo non essere interessato a lui. O, peggio, poteva essere già
impegnato.
Sì, ma se era così allora perché stava facendo di tutto
per far sì che gli ormoni di Kurt saltassero per aria spruzzando arcobaleni e
tensione sessuale ovunque?
Nonna Mary Prudence, ignara di
tutto – o almeno Kurt sperava con tutto il cuore che lo fosse
– doveva aver capito che per il momento non sarebbe riuscita a cavare
nient’altro ai due ragazzi, così voltò la testa coperta dai ricchi grigi verso
la televisione ronzante del bar e si mise in ascolto, lasciandoli al loro
pranzo. Kurt cercò di finire la sua insalata senza ulteriori drammi tanto
imbarazzanti da fargli desiderare una morte veloce e indolore, ma evidentemente
il karma stava facendo i capricci, quel giorno, o non avrebbe incontrato uno
stupendo ragazzo non gay su un treno per New York. Ragazzo
che, nemmeno cinque minuti prima, aveva deciso di ignorare la propria
eterosessualità per strusciarsi addosso a lui come se niente fosse.
Ok, ora stava diventando un tantino drammatico, lo
sapeva. La vita era ingiusta e Kurt ne era piuttosto consapevole, ma non aveva
mai sperimentato questo lato dell’ingiustizia. E poi c’era un limite a tutto ed
era quasi certo che la gamba di Blaine che sfiorava accidentalmente la sua di
nuovo fosse pesantemente dietro quel limite. Lanciato
con una catapulta, probabilmente.
*
Kurt imparò che le cose possono sempre andare
peggio quando la giornalista in televisione, quella che ricordava come la
sciacquetta bionda del notiziario delle due,
annunciò il servizio seguente.
Marriage Act a NYC, diceva il
sottotitolo in grassetto.
Ecco, questo non andava affatto bene. Non che volesse sposare Blaine, intendiamoci. Kurt avrebbe voluto schiaffeggiassi al solo pensiero. Si era bevuto il cervello o cosa?
Ok, stava
farneticando, ma la questione del matrimonio gay era molto delicata, rifletté mentre il
servizio partiva mostrando un gay bar della grande mela, e poi Kurt non aveva
la più pallida idea di cosa pensasse il suo compagno di viaggio al riguardo.
All’inizio si era guardato attentamente dal fargli capire palesemente di essere
gay e si sentiva anche un idiota per questo. Lui che era sempre stato
orgoglioso di se stesso e di ciò che era! Ma Blaine era stato gentile con lui
fin dall'inizio, e Kurt era stato se stesso,anche se
aveva evitato commenti troppo compromettenti in un paio di occasioni. Non che
si fosse nascosto, quindi. Semplicemente aveva evitato di chiarirlo. Avrebbe
dovuto?
Poi Blaine aveva iniziato a flirtare con lui – ormai era
innegabile, visto che la sua coscia era ancora premuta contro la sua e non
sembrava avere intenzione di muoversi di lì, e ora anche le loro spalle si
toccavano delicatamente – e Kurt non sapeva davvero più cosa pensare. Aveva
paura che fosse tutto frutto della sua immaginazione e che presto si sarebbe
svegliato per esclamare “oddio, mi sono immaginato tutto”. Forse stava sognando
e si sarebbe risvegliato con Sue Sylvester che
troneggiava su di lui pronta a ricoprirlo di minacce di morte per essersi
addormentato agli allenamenti dei Cheerios.
Si sentiva strano, ecco. Blaine in quel momento stava
guardando con attenzione il servizio con un’espressione indecifrabile in viso,
perciò Kurt non sapeva davvero da dove partire per capire come avrebbe reagito quando avrebbe capito che era gay.
Perché non aveva nessuna intenzione di nascondersi,
quello no. Avrebbe trovato il modo di rendere chi era più
chiaro possibile. Anche perché Blaine prima in treno gli aveva sfiorato una
spalla, e gli aveva appoggiato la mano sul braccio, e sì, quella maledetta
gamba non si era spostata. E, accidentale o meno che fosse, era la cosa più dolce
e contemporaneamente sexy che potesse
concepire in quel momento. Se, una volta capito che
Kurt era gay, si fosse allontanato o avesse trovato una scusa per non rimanere
con lui, se ne sarebbe fatto una ragione.
Non c’era nessuna garanzia che Blaine fosse
gay, figuriamoci che fosse interessato a lui.
Kurt si stupiva di riuscire ancora a ragionare, con
Blaine così vicino e bollente. La situazione iniziava a farsi accaldata –
chi diavolo aveva acceso i riscaldamenti? – e non osava immaginare il momento
in cui sarebbero risaliti in treno.
No, ok, voleva immaginarlo. Lasciò la mente libera di
fantasticare. Poteva vedere Blaine piegarsi verso di lui e offrirgli una
cuffietta per sentire musica insieme e magari Kurt avrebbe potuto sporgersi un
po’ per sbirciare lo schermo dell’ipod per vedere se aveva indovinato la
canzone e appoggiarsi a lui. Blaine magari avrebbe spostato il braccio per
passarglielo dietro le spalle e Dio, avrebbe davvero voluto appoggiare la
guancia alla sua spalla per sentire il calore, il profumo, e –
Stai viaggiando veloce come un treno, Porcellana, disse
Imbarazzato, Kurt si riscosse quel tanto che bastava per
ragionare lucidamente. Con il cervello, e non con la zona Sud, tanto per
capirci.
Blaine era oggettivamente meraviglioso e questo era innegabile. Lui aveva diciotto anni e degli
ormoni scatenati al massimo della loro potenza, dopo che le cose con Dave si erano rivelate un vero disastro. Doveva essere
normale pensare cose del genere su Blaine.
Non mi sto trasformando in Finn o Puck,
si disse con fermezza. E’ solo che Dave non si faceva
nemmeno avvicinare e ci sono stato male e ora sto solo riversando tutto l’entusiasmo
che avevo per lui in Blaine, che è carino. Bello, ok. E’ bello.
L’entusiasmo iniziale che era seguito al suo primo, vero
bacio si era smorzato molto in fretta e Kurt faceva fatica a dimenticare la
doccia gelata che erano state le parole di Dave
subito dopo, per quanto ci provasse con tutto se stesso.
“Voglio andarci piano” aveva detto. “Sai, tipo non farci
vedere in giro, per…per adesso. Magari potremmo provare ogni tanto…voglio dire,
devo abituarmici. Non…per ora non credo di essere
pronto a…rifarlo. Baciarti.”
Eppure ormai si erano diplomati e la scuola era finita.
Da cosa sentiva il bisogno di nascondersi, esattamente? Ma Kurt voleva che le
cose funzionassero perché Dave sembrava davvero
interessato a lui, anche se magari non lo era del
rapporto fisico. Non ancora, almeno. Certo, nemmeno baciarsi…
Gli aveva dato tempo, tutto il tempo del mondo, convinto
che fosse la cosa giusta. Si sentiva protettivo nei
suoi confronti, in un certo senso. Non avrebbe mai voluto che qualcun altro
passasse ciò che lui aveva sperimentato sulla propria pelle, anche se era inevitabile. Durante i due mesi in cui erano stati
insieme – se così si poteva definire – si erano baciati tre volte.
Solo tre maledettissime volte in cui Kurt si era sentito così sbagliato, perché
poi Dave era sempre fuggito a gambe levate da lui e
lui era rimasto lì, con tutto quell’amore e nessuno a cui donarlo.
Poi New York era piombata tra di
loro e tutto il suo mondo era cambiato radicalmente. Ricordava con estrema
chiarezza cosa gli aveva detto Rachel, dopo che lui si era confidato con lei
riguardo a Dave.
“Ha paura di ciò che è, Kurt” gli aveva sussurrato
l’amica, stringendolo in un abbraccio. “E non puoi aspettare che trovi se
stesso o che diventi qualcuno che non è. Ti tirerà giù con se e cadrete
entrambi”.
Kurt sapeva che aveva dannatamente ragione, lo sapeva,
eppure non aveva avuto il coraggio di lasciarlo. Dave
si era comportato in modo sempre più strano, dopo che lui gli aveva detto che
sarebbe partito per New York – all’epoca stavano insieme da un mese circa – e
lui era partito senza chiarire la situazione. Nessun “non posso più stare con
te in questo modo”, né “ci vediamo a Natale”. Niente di niente. Non si erano
lasciati, ma non stavano insieme. Era complicato.
Tornò al presente mentre il
servizio si concludeva.
“...il Marriage Act verrà sottoposto a votazione
proprio questo mese e…”
Blaine non commentò in nessun modo, mantenendo la sua
espressione indecifrabile, e Kurt stava per tirare un sospiro di sollievo quando un tizio con dei baffoni ridicoli seduto al
tavolino proprio di fianco al loro si sporse verso il suo vicino, grosso e
brutto quanto lui:
“Che schifo.” commentò brandendo
un pezzo di pane e spargendo molliche ovunque.
Kurt strinse le mani a pugno, ma ovviamente non disse niente.
Cosa poteva commentare, dopotutto?
Come poteva spiegare a qualcuno così radicato nelle
proprie convinzioni che non era un abominio, quando il mondo era pieno di gente
così? Non sarebbe mai riuscito a convincerli tutti. Il mondo poteva cambiare,
ma ci sarebbe stato sempre qualcuno a pensarla in quel modo. Semplicemente non
poteva pretendere che tutti capissero.
L’altro uomo lì di fianco, texano a giudicare dal
cappello, scosse la testa, spargendo pezzi di pollo nell’aria prima di
rispondere: “Hai ragione. Certa gente dovrebbe starsene nascosta e non far
vedere la faccia in giro, invece di andare in televisione”
“Froci” fu il commento del
primo, che si pulì con noncuranza le mani sul tovagliolo.
Kurt affondò di nuovo il viso nel piatto di insalata e
desiderò non riemergere mai più. Sapeva che avrebbe trovato persone che la
pensavano come quei due persino a New York, nonostante la fama ‘libertina’
della città. Le difficoltà non sarebbero certo scomparse magicamente una volta
lasciata Lima e avrebbe dovuto continuare a lottare contro quelli
che pensavano che fosse un abominio da nascondere o eliminare del tutto per
convincerli che valeva. Che non era sbagliato.
Glie lo aveva insegnato suo padre: l’amore non era mai
sbagliato.
Eppure si sentiva uno stupido per aver sperato di avere
un po’ di respiro, almeno durante il viaggio. Una volta
arrivato sarebbe stato alla NYADA, avrebbe perfino diviso la sua stanza
nel dormitorio con qualcun altro. Magari non
sarebbe stato al sicuro dal pregiudizio, magari avrebbe trovato dolore e prese
in giro esattamente come le aveva trovate a Lima, ma sarebbe stato tra
chi lo capiva, chi aveva il suo stesso sogno.
Persone che, ognuno in un modo diverso dall’altro,
avevano probabilmente lottato per arrivare alla NYADA e avrebbero lottato
sempre. Kurt sperava di non sentirsi solo, una volta giunto
lì. Senza Rachel, senza Finn, senza Dave.
Aveva paura, ecco cos’era. Ora che era vicino, troppo
vicino alla sua meta, aveva paura che New York si rivelasse diversa da ciò che
aveva sempre sognato, da ciò che gli avevano sempre raccontato. Ma non poteva
arrendersi. Non voleva.
Aveva passato i primi anni di liceo a domandarsi perché
non avrebbe potuto camminare mano nella mano per i corridoi con la persona che
amava senza avere davvero qualcuno per cui lottare e
l’ultimo anno a cercare di capire cosa volesse da lui Dave,
il ragazzo che aveva reso la sua vita un inferno e che improvvisamente aveva
deciso di fare in modo che i bulli lo lasciassero stare.
Certo, le risposte
erano arrivate dopo il diploma, ma avevano portato con sé così tante domande che a Kurt era sembrato di
ricominciare tutto da capo. Nonostante questo ci aveva provato. Aveva raccolto Dave quando
era caduto, dopo che i suoi ex compagni di scuola avevano scoperto della sua
omosessualità, si era preso cura di lui e probabilmente si era quasi innamorato
di lui. Voleva che le cose tra loro funzionassero, davvero. Ma Dave non era ciò che cercava e odiava essersene accorto
così tardi.
In fondo, quando gli aveva chiesto di seguirlo a New
York, Dave era andato nel panico e aveva rifiutato.
Qualcuno si mosse, di fianco a lui, e Kurt si
ricordò improvvisamente della presenza di Blaine. Non aveva il coraggio di
alzare gli occhi, né di fare nessun’altra mossa, e
questo lo fece in parte arrabbiare con se stesso.
Era fiero di essere diverso. Ci aveva messo tantissimo a
capirlo, e poi aveva sofferto per tutto il liceo delle conseguenze delle sue
scelte. Ora non aveva nessuna intenzione di lasciare che due idioti incontrati
in un bar gli rovinassero quello splendido viaggio. Per quanto riguardava
Blaine, gli era sembrato un tipo a posto. Avevano parlato di musical, giornali
di moda e diete e magari un po’ meno di sport, era vero, ma il ragazzo sembrava
a suo agio.
Anche troppo, si
ricordò Kurt quando il ginocchio di Blaine sfiorò di
nuovo il suo con delicatezza. Anche troppo a suo agio.
Blaine in quel momento era voltato verso quei due tipi e
Kurt sperò con tutto se stesso che non stesse per
aggiungere qualcosa del tipo: “Ma certo, dovremmo sterminarli tutti” proprio
mentre erano così a contatto.
Fu un sollievo enorme che quasi lo fece svenire quando Blaine si voltò, scuro in volto, e borbottò
qualcosa che suonava molto come ‘incivili’. Kurt abbandonò per un attimo
gli scenari apocalittici che la sua mente aveva partorito, ma non riuscì a
distogliere lo sguardo da Blaine. Il ragazzo riccio era stato fin troppo
gentile nel definirli, Kurt sarebbe stato in grado di insultarli in modi che
nemmeno avrebbero capito.
Blaine si accorse che Kurt lo stava guardando – non
riusciva nemmeno a capire come lo stesse guardando, ma
probabilmente era un misto di ansia e adorazione, vista la sua…ehm, cotta? Come
accidenti doveva chiamarla? E poi, perché darle un nome? – e prima che potesse
distogliere lo sguardo alzò gli occhi dorati per fissarli nei suoi.
Si sorrisero timidamente, poi Blaine rischiò di
strozzarsi con le patatine per la seconda volta perché nonna Mary, che
evidentemente aveva seguito sia il servizio sia lo scambio di battute,
commentò, rivolta ai due texani: “bastardi”.
Kurt non poté fare a meno di sorridere nervosamente e
Blaine, che sembrava riuscire sempre a trovare il modo di mettere gli altri a
proprio agio, riprese a chiacchierare con nonna Mary di verdure e salumi,
lanciandogli ogni tanto qualche occhiata divertita. Kurt non vedeva l’ora di
risalire sul treno insieme a lui e vedere dove
sarebbero arrivati, di cosa avrebbero parlato, se Blaine si sarebbe seduto di
fronte a lui o di fianco, se gli avrebbe raccontato altro del suo passato, di
cosa amava e di chi era davvero. Voleva saperlo, voleva conoscere Blaine in
tutti i modi possibili e non riusciva a capire se fosse perché gli piaceva –
era attratto da lui? probabile – o perché Blaine fosse così speciale. Alla fine
capì che probabilmente era tutto, tutto insieme.
Blaine e nonna Mary ripresero a parlare del viaggio in
treno, e l’anziana signora si raccomandò di vestirsi pesantemente, perché le
notti in treno erano particolarmente fredde, Blaine la rassicurò dicendo che
aveva un maglione nel borsone. Poi, di punto in bianco, Mary
Prudence chiese:
“Ma ragazzi, allora qual è la vostra meta?”
Ok, forse avrebbe potuto evitare di girarsi di scatto, e
forse anche di spalancare la mascella come un cretino. Anche se, a pensarci
bene, si stava contenendo tantissimo, considerato che una voce dolce si era
sovrapposta alla sua mentre rispondeva, scandendo le
stesse, identiche parole.
“New York”
La grande mela, la città che non dorme mai. Il senso era
sempre lo stesso. Blaine, il suo curioso compagno di viaggio, il ragazzo
terribilmente carino e dolce e a quanto pare di larghe vedute che
aveva incontrato per puro caso sul treno e che aveva deciso di mandargli gli
ormoni a mille, stava andando a New York esattamente come ci stava andando lui.
Lo stomaco di Kurt fece una buffa capriola e il cuore
iniziò a battergli nel petto con forza mentre nonna
Mary si scioglieva in un sospiro e Blaine gli sorrideva da un orecchio
all’altro. A giudicare dai suoi bagagli Kurt non avrebbe saputo dire se si
stesse trasferendo a New York o se il suo fosse solo un viaggio breve.
Lui stesso non aveva potuto portare molte cose –
sicuramente non aveva avuto abbastanza spazio per tutte le sue creme per la
pelle – nonostante si stesse trasferendo per il College. In fondo avrebbe
passato i prossimi tre anni diviso tra le aule di
canto, danza e recitazione e i dormitori. E New York, e i provini di Broadway, e tutta una città da scoprire.
“Beh, New York è un sogno, ragazzi.” disse
nonna Mary con ancora in viso la stessa aria sognante. “Dovete assolutamente
andare a vedere Central Park, una
volta arrivati, perché…”
Ma Kurt non stava ascoltando, perché Blaine si era
voltato verso l’anziana signora con la forchetta a mezz’aria e lo sguardo più
dolce che avesse mai visto negli occhi di qualcuno. Annuiva educatamente e le
labbra erano incurvate in un minuscolo sorriso che avrebbe potuto, da solo, illuminare l’intera stanza, l’intera stazione e
infine l’intera America.
Non aveva senso, Kurt lo sapeva. Eppure avrebbe voluto
sporgersi e abbracciarlo e baciarlo fino a che avesse avuto respiro. La
consapevolezza che era una cosa impossibile gli spezzò in cuore, solo un po’.
Stava sognando molto in grande, ma una nuova
consapevolezza lo colpì in pieno e si permise di pensare almeno in piccolo,
perché in un modo o nell’altro, quella notte, lui e Blaine avrebbero dormito
insieme.
Mentre Kurt era preda dei suoi pensieri qualcosa di
fianco a Blaine si mosse e il vecchio Arnold si
svegliò di soprassalto, saltando sulla sedia per quanto le sue vecchie ossa glielo permettessero. Stringendo il bastone, borbottò: “Mary Prudence, prendi il fucile, i tedeschi sono alla porta!”
Poi, così come si era svegliato, ricadde in avanti e si
riaddormentò, con la testa che ciondolava sul petto.
Beh, pensò Kurt mentre il colorito di Blaine virava verso il violaceo e
il ragazzo cercava disperatamente di non ridere. Se non altro la mia vita
non è monotona.
Note dell’Autrice
Ok, ragazze, here we are again! :D
Pubblico un giorno prima perchè il capitolo era pronto. Sono abbastanza soddisfatta di come è venuto, alla fine, anche se mi ha fatto penare un po’.
Aehm. Lo so che l’inizio del capitolo non è serio xD E’ che mi è venuto così, che ci volete fare!
Per rispondere ad un po’ di domande che mi sono state fatte nella recensione abbiamo un accenno alla situazione di Kurt e Dave, ma non preoccupatevi, saprete molto di più molto presto, e soprattutto abbiamo un sacco di – passatemi il francesismo, ragazze – seghe mentali di Kurt su Blaine e la sua dubbia sessualità. Un po’ come il CrissColfer, quindi :)
Capitelo, povero Kurt: Blaine non è che sta facendo qualcosa per fargli capire (eccetto provarci in maniera non proprio spudorata ma abbastanza evidente), quindi probabilmente gli manderà in pappa il cervello. E gli ormoni.
Dunque, che altro posso dirvi?
Ah sì! Un grazie enorme alla mia adorata beta, Ilaryf90, che sopporta tutti i miei scleri ventiquattro ore su ventiquattro. Cosa farei senza di te? *-*
Inoltre, potete venire a rompermi le scatole/insultarmi/fare due chiacchiere sul mio twitter, al seguente indirizzo:
https://twitter.com/#!/Elenapg93
E ovviamente potete sempre seguirmi su facebook, qui -----> http://www.facebook.com/profile.php?id=100002618776119
Eh, niente… xD
Preparatevi, perché il prossimo capitolo è una bomba a mano. Ah, ecco, per chi l’ha chiesto nelle recensioni: il rating salirà sicuramente a rosso verso la fine della storia. Ma i momenti da rating arancione non saranno solo alla fine.
In poche parole sì, avrete lo smut.
Lo so che mi state odiando, ma non posso dirvi di più per ora, quindi portare un pochina di pazienza. Pochina pochina J
Il prossimo capitolo sarà online sempre di martedì, quindi stay tuned!
Un piccolo spoiler?
Kurt cercherà di controllare gli ormoni, ma Blaine non sembra intenzionato a collaborare. E ci sarà qualcosa che qualcuno di voi aspettava. Spero xD
Beh, a martedì prossimo, e mi raccomando, fatemi sapere come vi è parso il capitolo!
Selene