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Autore: Averyn    17/04/2012    1 recensioni
Anni nel monastero senza nome per diventare il migliore dei Maghi Curatori, per poi trovarsi a vagare fuori dalle terre del Pollumanèth in compagnia di un vecchio ubriacone. Perdersi e ritrovarsi mille volte, ogni volta un po’ diversi. A volte credi di non essere mai pronto, ma poi le cose accadono da sole…e allora, improvvisamente, sai di esserlo. E il viaggio comincia.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO  VII - LA LOCANDA
 
“Dobbiamo trovare il modo per entrare!” esclamò Dilomen, sporgendosi sulla strada; improvvisamente le guardie passarono e il mago si  ritrasse.
Poi tornò verso Tailon e gli Eletti e la paura montò dentro di  lui; sarebbe stato impossibile trovare un modo per entrare nella locanda, se non riuscivano a capire come…
E poi, come se l’avesse letto nel pensiero, Hùgùlin tirò fuori dalla tasca destra qualcosa di molto piccolo e dall’aria preziosa, e glielo porse.
 Era il suo bastone!
Sul suo cuore s’abbatté un’onda di felicità, gli occhi si fecero lucidi. Spostò lo sguardo su Hùgùlin, che gli sorrideva, divino. “L’ho trovato mentre combattevo con i Cavalieri” spiegò lui, mentre i suoi compagni lo studiavano, sorpresi del recupero. “Doveva appartenere a qualcuno…  e beh, tu sei l’unico mago del villaggio…credo…”
Dilomen avrebbe voluto ringraziarlo con molte e molte reverenze, ma si rese conto che quello non era il momento.  Aprì il palmo della mano e, guardando intensamente il piccolo bastone, lo fece ingrandire, in modo che riprendesse la forma normale. Ora che aveva la sua arma con sé, sentiva di avere più potere.
Incontrò gli occhi di Tailon, che era rimasto in disparte ad assistere alla scena, come un semplice spettatore. Sembrava indeciso su qualcosa, ma Dilomen, ancora una volta, non aveva neanche il tempo d’indagare.
“Ho la soluzione!” annunciò Dilomen. “Mettevi in riga, forza!” insisté, convinto che la sua intuizione avrebbe funzionato. Lillathel, Hùgùlin e Tailon si scambiarono occhiate interrogative.
“Coraggio!” li incitò ancora. Senza ribattere ( anche se era sicuro che, se Tailon avesse avuto l’occasione, l’avrebbe fatto) i tre si posizionarono come indicato.
Dilomen si mise proprio davanti a loro, puntando loro il bastone contro.
“Dilomen, cosa….?”
“Silenzio, Tailon!” lo riprese acidamente l’altro; doveva concentrarsi, aprire la mente… certo che non era per nulla facile. Era molto agitato.  Prese un gran respiro e, pensando intensamente ai loro visi, tentò di trasformarli. Sentiva l’energia scorrere dal cervello e poi lungo il corpo, per poi trasferirsi nel bastone….
“Allora, che succede qui?” gracchiò la voce di Tailon.
 Stava funzionando! Si stavano trasformando! Bene, ora sarebbe toccato a lui…
“Dilomen?” lo richiamò sempre Tailon; stavolta era lui ad essere nervoso…Dilomen si stava distraendo ancora di più…non doveva perdere la…?
“Perdonami Dilomen, so che stai…ehm…meditando….ma non è questa l’ora!”
Lentamente, Dilomen aprì gli occhi. Cosa voleva dire, stava meditando?
Aprì lentamente gli occhi serrati, per poi sentirsi sempre più sconfortato: non poteva essere. Non poteva. Eppure sapeva che l’incantesimo stava funzionando…
E invece no: Tailon, Hùgùlin e Lillathel erano rimasti gli stessi. Si sentì sprofondare; probabilmente c’era un altro modo, ma o Dilomen non lo ricordava, oppure non sapeva qual era. E questo lo faceva sentire sottoterra.
S’accasciò da un lato, lungo il muro poco illuminato dalla luna, sentendosi abbandonato, perduto, sotto gli occhi dei compagni e dell’amico, che lo seguivano con espressioni gravi sul volto.
“Deve pur esserci un altro modo!” insisté Lillathel, fissando la locanda davanti a sé.
Poi Tailon, proprio quando Dilomen aveva perso ogni speranza, si avvicinò e tirò fuori una bocchetta tondeggiante, risplendente alla luce della luna. Gli occhi di Dilomen brillarono non appena la vide: era la pozione convergente, quella che avrebbe risolto tutti i loro problemi.
Dilomen si sarebbe volentieri alzato in piedi, avrebbe abbracciato Tailon, ringraziandolo di quello che aveva appena fatto. 
In realtà non fece nulla di tutto questo e prese la boccetta fra le mani, ammirandola come non aveva mai fatto in vita sua. “Ne hai altre di queste?” chiese Dilomen avido, guardando il viso di Tailon; questi ammiccò, sicuro di sé. Tailon, proprio come un vero ladro, si mise una mano nel borsello  attaccato alla cintura ed estrasse altre fialette.
Il petto di Dilomen stava per esplodere dalla felicità  e avrebbe gridato, se non fosse stato per le minacce pronte ad assalirli sulla strada.
“Molto bene” disse, stringendo la sua in un pugno. “Dalla anche a loro: ora so quello che dobbiamo fare”.
Fu così che Dilomen spiegò loro il piano: avrebbero dovuto affacciarsi uno alla volta e individuare una di quelle persone che, continuamente, venivano buttate fuori dalla locanda dal mastro oste perché troppo ubriachi. Una volta decisa la persona in cui tramutarsi, avrebbero aperto la loro fiala e si sarebbero trasformati.
Dilomen divenne più alto, con il naso più lungo e i capelli lisci e chiari; Hùgùlin si tramutò in un uomo dall’aria vecchia e ingobbita e Lillathel un giovane ragazzo che aveva tutta l’aria di essere un mago. Quando Dilomen si accorse dell’aspetto  di Tailon, invece, dovette coprirsi dalla bocca per non ridere: l’amico si era abbassato, il fisico era divenuto tozzo; la barba sul viso si era allungata fino ad arrivare a terra ed era rossa pomodoro. Solo gli occhi grigi erano rimasti gli stessi. Tailon gli rivolse un’occhiata atterrita. “Che c’è?” chiese stizzito, rivolto a Dilomen. “E’ l’aspetto migliore che sono riuscito a trovare!”
A differenza delle altre pozioni magiche che facevano cambiare identità, questa aveva la facoltà di tramutare anche gli abiti, poiché il soggetto visualizzava nella mente l’intera persona  e non vi era un diretto contatto fisico.
Così i tre compagni, senza dare troppo nell’occhio, si avviarono verso l’entrata della locanda, sperando vivamente di non essere sbattuti fuori non appena vi avessero messo piede.
Dilomen non poteva sperare in una soluzione migliore: la locanda sembrava straripare di folla. Nonostante Dilomen non avesse visitato molte osterie né locande in vita sua, sapeva riconoscere quando un locale era pieno o meno, e questo sicuro lo era e troppo, anche.
I clienti erano così tanti da occupare i tavoli sedendosi schiena contro schiena o finivano per condividere lo stesso, piccolo tavolo che, da ubriachi, dava un gran daffare al personale, in prevalenza cameriere, in netta minoranza rispetto alla quantità di clienti.
Molti altri, invece, s’accontentavano di restare in piedi; la maggior parte, poi, stava affollata davanti al lungo bancone al lato della sala, illuminato dalle deboli luci dei lumi posati ai lati del bancone di pioppo bianco, dietro al quale due persone, un uomo dall’aspetto rozzo e incurvato e una giovane ragazza dalla folta corteccia di capelli neri attorno al volto, sembravano ignorare il gran fracasso dei clienti ammassati lì davanti, ansiosi di prendere una pinta.
Tutti loro avevano l’aria di non bere da giorni.
C’erano talmente tante urla e grida che era lieve il suono dei musici lontani, concentranti nell’arpeggiare lire e le cetre. Erano confinati a un angolo della sala, ben poco visibili alla luce fioca della locanda. Le canzoni popolari arrivavano come un eco remoto alle nuove orecchie di Dilomen, inebriato anche dalla puzza di fumo diffusa nella sala.
Tailon attirò la sua attenzione con un colpetto sul gomito. ”Saremmo potuti entrare anche con il nostro aspetto” brontolò; come al solito aveva qualcosa da ridire.
Tuttavia, quella volta Dilomen non osò ribattere, poiché aveva pienamente ragione: la confusione era tale che, anche se una guardia comune o un Cavaliere Oscuro fosse entrato nella locanda, non sarebbe riuscito a individuarli.
“Non possiamo rischiare” spiegò però all’amico, che mugugnò qualcosa in risposta che Dilomen non riuscì a decifrare. “Mago!” chiamò Hùgùlin, con al fianco Lillathel.
 “Come facciamo ad attraversare questa foresta di tavoli? Credi che potresti aiutarci con qualche magia del tuo bastone?”
Ancora una volta Dilomen dovette fare cenno di no con la testa. “No” disse, “sarebbe troppo rischioso. Non sappiamo di chi possiamo fidarci, e non possiamo essere sicuri di agire indisturbati!”
Il ragazzo, l’aspetto di un uomo vecchio ingobbito, annuì, senza aggiungere altro.
Dilomen rivolse un’occhiata ai clienti ai tavoli, senza vederli davvero: vi era una corteccia di persone davanti a loro, una catena di tavoli e gente seduta schiena contro schiena per via della quantità di popolazione, concentrata tutta in quella locanda, che creava non pochi disagi.
Il Mago non poté fare a meno di chiedersi se quella fosse l’unico locale della città, visto che a quanto pareva vi erano tutti gli abitanti chiusi lì dentro!
Impresa ancora più ardua sarebbe stata, a quel punto, affittare una stanza. Dilomen cercò di essere più ottimista: probabilmente molti sarebbero andati a casa e loro avrebbero ottenuto la pietà dei padroni, che li avrebbero confinati in qualche buca da qualche parte….
“Muoviamoci!” incitò gli altri, decidendo di provare ad avanzare quel muro insolcabile.
Molti sorprendentemente si spostarono e li fecero passare, ma Dilomen andò a sbattere addosso a qualcuno che, essendo di schiena, non lo vide. Data la sua leggerezza fisica, Dilomen indietreggiò automaticamente, rendendosi conto ben presto del guaio in cui s’era cacciato:
un uomo dall’aria tronfia e il viso molto rosso ( era evidentemente sbronzo già da prima del loro arrivo) si voltò verso di lui, minaccioso. Poi cominciò a ridere, mandando su di giri il cuore di Dilomen, ancora più impaurito.  Quello s’alzò e gli venne incontro; era molto più alto di lui…possibile che di tutti gli uomini in cui s’era imbattuto, dovesse scontrarsi sempre  con quelli più alti e minacciosi di lui?
“Tu!” esclamò quello “Come osi pensare di passare davanti a me?” e s’indicò, convinto delle sue parole. “Me! Lo sai chi sono io, almeno, eh? Lo sai?”
L’avrebbe afferrato e sbattuto al muro da come si avvicinava verso Dilomen, quello era poco ma sicuro! Il Mago deglutì.
“Sì, lo sa benissimo chi sei tu” commentò una voce distaccata alle spalle del ragazzo “ un emerito idiota, ecco cosa sei!”
Dilomen strinse gli occhi. Tailon. Possibile che dovesse mettersi sempre nei guai?
Il prepotente spostò la sua attenzione sulla piccola figura alla spalle di Dilomen che si fece strada e gli si parò davanti. Quando l’ubriaco lo vide, scoppiò in una risata roca, tenendosi la pancia per non scoppiare. “Non sei un po’ troppo piccolo, Elbert, per queste cose?”
Se Dilomen aveva intravisto una leggera perplessità sul volto di Tailon a sentirsi chiamare in quel modo, scomparve immediatamente; evidentemente l’ubriacone che impersonava Tailon in quel momento conosceva già quell’individuo.
“Già, ma anche tu sei inadatto” rimbeccò questi. “La quantità del tuo cervello non è direttamente proporzionale alla tua massa corporea!”
Fu un attimo. A velocità impressionante, l’uomo fu sopra Tailon, così alto che Dilomen pensava lo schiacciasse da un momento all’altro.  Tailon si difese, schiaffandogli un pugno bello grosso sul naso a patata dell’altro; questo rispose al pugno, dandogliene uno allo stomaco; e infinte Tailon scivolò sotto di lui, mollandogli un calcio sulle parti basse, e quello s’accasciò da un lato. Sembrava finita, invece no: si alzò immediatamente e spintonò Tailon, ricominciando a prendersi a pugni.
Se in un primo momento la folla aveva guardato la lotta attentamente, subito dopo cominciarono a volare boccali, bicchieri, piatti e tavoli da una parte all’altra.
Stavano tutti facendo a botte con un avversario diverso e in alcuni casi più di uno.
I musici, approfittando del cambiamento d’atmosfera, cominciarono a intonare una ballata, cantando a squarciagola.
Dilomen, la cui concentrazione si era focalizzata su Tailon fino a quel momento,  si guardò intorno, accorgendosi di non avere più gli Eletti al suo fianco.
Si sentì perduto: in quel nuvolone di persone, sarebbe stato difficile cercarli senza essere coinvolto in qualche rissa.
Stava giusto pensando a un modo per uscire da lì che fra la folla, in lontananza, vi era una vecchia che  lo guardava in modo penetrante.  Sì, non c’erano dubbi: quello che stava puntando era proprio lui.
Dilomen decise così di avvicinarsi, curioso di sapere cosa volesse.
Mentre avanzava, sembrava aprirsi la strada al suo passaggio, come se avesse il rispetto dei combattenti, che lottavano, senza coinvolgerlo. 
Più lontano, volò una cetra: anche i musici erano stati coinvolti nella lotta collettiva.
Ma l’attenzione di Dilomen non era diretta a questo, bensì era tutta concentrata sulla vecchia, che faceva in modo di tenerlo legato a lei con lo sguardo, come se Dilomen fosse sotto ipnosi.
Il ragazzo, infatti, sentì improvvisamente le gambe molli e il cervello annebbiato, come se fosse in uno stato di trance: non riusciva neanche a chiedersi se quella che stava vivendo fosse un’allucinazione o meno.
La donnina sorrise enigmaticamente e aprì il pugno, rivelando una chiave dorata.
Dilomen rimase perplesso. 
“E’ una chiave che apre tutte le serrature” spiegò la vecchia “usala; prendi i tuoi amici e rinchiudetevi lì tutta la notte. Soprattutto gli Eletti. Devi proteggerli.”
Dilomen fece per prenderla, ma esitò. “Chi sei tu?” chiese, incuriosito e intimorito al tempo stesso.
La donna sorrise nuovamente, sicura di sé. “Non importa chi sia io” rispose quella semplicemente. “Quello che è importante, adesso” e mise la chiave nella mano di Dilomen, “è che tu ti metta in salvo. Loro stanno per arrivare” e cinse la stretta della chiave con le dita di Dilomen.
Dietro alla donna, vi era un’altra figura, Dilomen lo notò subito: era alta, i capelli rosso scuro e lunghi e ondulati come le onde del mare. Era proprio lei, quella che Dilomen vedeva in continuazione! La giovane gli sorrise ed egli stava per raggiungerla, finalmente, ma prima doveva ringraziare la vecchina…ma quella era scomparsa.
 
Dilomen aprì gli occhi, accorgendosi di essere steso a terra, semisvenuto. La rissa continuava a infuriare attorno a lui. Che la vista della donna fosse stato solo un sogno?
Eppure nel pugno teneva stretta la chiave dorata…
 
 
 
 NOTE DELL'AUTRICE: COME VE LA PASSATE? TODO A PIOSTO? SPERO DI SI... LA STORIA CONTINUA..MI DISPIACE DI NON PUBBLICARE SPESSO, MA SONO IMPICCIATA ANCHE CON UN'ALTRA STORIA E LE SCRIVO PARALLELAMENTE...SPERANDO DI RIUSCIRE A FARE ENTRAMBE! :) UN BACIONE
  
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