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Autore: Padmini    17/04/2012    2 recensioni
Sherlock è tormentato da uno strano incubo ricorrente. Non sa ancora che quel sogno presto avrà una parte importante nella sua vita e lo aiuterà a capire molte cose di se stesso. Perchè non riesce a fidarsi delle donne? Quali dolorosi ricordi sono racchiusi nella sua anima?
Non mi ricordo da quando ce l’ho. Forse da sempre. Ciclicamente è tornato per tormentarmi. Quindi, ciclicamente, sono ricaduto nel mi vecchio vizio. Non è sempre stato così. Mi ricordo che quando ero bambino c’era mia madre. Lei veniva in camera mia e mi consolava.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, John Watson , Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Violet'
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Ho letto il diario di mia madre. Se l’avessi fatto prima! Non ne ho avuto mai il coraggio, né il motivo a dir la verità! Ma tutto quello che è successo ultimamente mi ha messo con le spalle al muro.
Finisco di leggere l’ultima riga e chiudo gli occhi. Mentre le ultime lacrime scorrono sulle mie guance mi perdo in un sogno antico, Il Sogno, quello che ha accompagnato per tanti anni le mie sofferenze.
 
Sono di nuovo neonato. Mia madre mi tiene in braccio e canta una ninna nanna dolcissima. Com’è bella! Mi perdo dentro i suoi occhi così limpidi! Lei mi guarda con amore ma vedo che è preoccupata. Sento un campanello suonare. Lei mi posa sul lettino.
“Tesoro, mamma torna presto, non preoccuparti”
Se ne va. Normalmente avrei pianto ma oggi no. Sono curioso di sapere chi c’è alla porta. Sento delle voci in lontananza. Il silenzio della casa me le fa sentire bene.
“Ciao Violet”
“Ciao Arthur. Grazie per essere venuto ma …  chi …”
“Lui è mio figlio minore. Volevo fargli vedere il fratellino”
“Arthur …”
“Non ti preoccupare. Ho parlato con mia moglie. Sa tutto. Anche lei, in quel periodo, mi tradiva. Eravamo in piena crisi ma adesso si è sistemato tutto. Capisce perfettamente la situazione e l’ha accettata”
“Ti ringrazio. Magari potessi avere la tua fortuna”
“Come mai? Siger non è stato comprensivo?”
“Se fosse una persona comprensiva a quest’ora Sherlock non sarebbe nato. Non avrei mai avuto bisogno di trovare qualcun altro”
“Non credo di poter capire. La crisi tra me e mia moglie è stata diversa. Lei mi accusava di essere troppo assente … Tuo marito, invece …”
“Siger era troppo presente. Soffocante! Estremamente geloso, direi”
Sento la porta che si apre con violenza.
“A quanto pare facevo bene ad esserlo!” è la voce di mio padre.
“Siger!” urla mia madre. È in preda al panico “Ti posso spiegare!”
“Cosa vuoi spiegare? Chi è quest’uomo? È lui il padre di Sherlock?”
Lei esita. Comincia a piangere. Non so cosa risponde. Ha parlato troppo piano o ha solo annuito.
“Come hai potuto!” grida lui “Puttana!”
“Ti prego” lo supplica lei “Ti prego perdonami!”
“Ormai è troppo tardi!”
“No, ti prego, no! Pensa a tuo figlio!”
“Mio figlio? Come puoi dire una cosa del genere?”
“Ti prego! Ti prego!”
Lui comincia a picchiarla. Non mi piace sentire la voce di mia madre che piange. Mi piace sentirla cantare, mi piace sentirla quando mi racconta una storia. Non posso sopportare il suono del suo pianto. Piango anch’io. Disperato. I grandi, di là, non mi sentono o semplicemente mi ignorano.
Sento che mio padre comincia a prenderla a sberle.
“Non ti azzardare, sai!” lo minaccia l’altro.
“Non si permetta lei! Rovina famiglie!”
“La colpa è solo tua, non te ne rendi conto? Tua e della tua gelosia!”
“Nessuno le ha dato il permesso di darmi del tu! E ora se ne vada da casa mia!”
Io continuo a piangere. La stanza è tutta buia. Le urla di là mi spaventano. Urlo disperato e non so se sto più male per la paura o per il dolore che ho in gola a forza di strillare.
All’improvviso vedo una luce. Una sottile linea di luce si abbatte sulla mia culla. La porta si apre lentamente e il fascio luminoso si allarga. Un’ombra, una piccola ombra lo oscura. Deve essere mio fratello. Neanche a lui deve piacere quello che sta succedendo di là. I grandi continuano ad urlare e a picchiarsi ma da quando è entrato lui mi sento meglio. Non smetto di piangere finché non me lo ritrovo davanti.
Sono disteso a pancia in su. Lui si avvicina piano alle sbarre della mia culla. Lo sento arrivare. Mi giro. È davanti a me. Ha le manine aggrappate a due sbarre e mi guarda. È un bel bambino biondo con gli occhi azzurri. Pian piano calmo il mi pianto. Anche il respiro si fa più regolare. Lo guardo. Sento le lacrime che continuano a scendere sulle guance ma ora sono calmo. Le urla di là non le sento nemmeno più.
Mi sembra di essere in una bolla dove ci siamo solo io e lui.
Stacca una mano e la posa delicatamente sulla mia guancia per asciugarmi una lacrima.
“Tao bimbo” mi dice sorridendomi “Io sono il tuo fratello”
Non riesce ancora a parlare bene, ma non servono le parole. Con quel tocco mi ha già trasmesso tutto. Mi vuole proteggere. Vuole che io sia felice. Mi vuole bene nonostante tutto. Gli afferro il dito e comincio a ridere. Mi piace mio fratello! Sono felice di avere due fratelli! Sarò per sempre così felice? Stringo il dito. Non voglio che se ne vada.
Purtroppo tutto questo è destinato a finire. Un’altra ombra sovrasta quella del bambino e lo prende in braccio.
“Dobbiamo andare” gli dice. Poi mi guarda. Anch’io lo guardo e ricomincio a piangere. Perché vuole portarmi via mio fratello? Non riesco bene a decifrare cosa provi quell’uomo. Rimpianto? Sento i miei genitori che continuano a litigare. Poi mio padre se ne va sbattendo la porta e lasciando mia madre a piangere. Dopo pochi istanti è in camera con noi.
“Si sistemerà tutto Violet, ne sono sicuro” dice lui sistemandosi meglio il figlio tra le braccia.
“Lo spero Arthur, lo spero davvero”
Io continuo a piangere. Mia madre mi guarda e mi sorride ma questo non basta. Il bambino biondo si sporge dalla spalla di suo padre e mi saluta con la mano.
“Ciao fratellino” mi dice semplicemente.
Vorrei fermarlo. Vorrei chiamarlo ma non conosco il suo nome e per giunta non so nemmeno parlare! Allungo le mani verso di lui. L’ultima immagine del sogno è il viso di quel bambino che pian piano svanisce nella nebbia della mia memoria.
 
“Sherlock! Sherlock! Svegliati per l’amor del cielo!”
Sono sveglio. Devo essermi agitato tanto nel sonno. Il diario di mia madre giace a terra aperto alla pagina in cui mi sono fermato. Apro gli occhi.
John è sopra di me e mi guarda allarmato. Quante preoccupazioni gli ho dato ultimamente! Lo guardo. Lo riconosco. È lui. È John. Una lacrima sta scendendo lungo la mia guancia. John mi guarda con tenerezza e la raccoglie con un dito.
John. L’unica persona, a parte mia madre, che riesca a farmi sentire sempre a mio agio. Anche nelle situazioni più disperate, sapere che ho lui accanto mi fa bene. Mi rilassa. La sua voce, i suoi occhi così rassicuranti, così calmi, così posati. Irradia tranquillità. Il mio cuore esulta quando ce l’ho accanto.
È lui. È lui. Il mio cuore l’ha sempre saputo ma io non gli ho voluto mai dare retta. Razionalmente non lo potevo sapere. Non potevo ricordare quell’episodio. Ero troppo piccolo. Quello che mi è successo in questi giorni, però, mi ha aiutato ad aprire il cuore ed è uscita la verità.
Non è un sogno. Non è una metafora della mia vita. È un ricordo vivo e concreto nella mia mente. Guardo John. Il mio viso è asciutto. La mia mente è sgombra. La melma che hanno voluto tirarmi addosso è sparita. Ora è tutto chiaro. Sono pronto ad accettare questa verità.
È lui.

   
 
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