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Autore: Nidham    18/04/2012    6 recensioni
Breve elucubrazione della mia ladra nel momento piu' triste del videogioco, quando una scelta porta a tragiche conseguenze. Fatemi conoscere il vostro parere, visto che è anche il mio primo tentativo^^
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La notte si stava ritirando a grandi passi, fuggendo a nascondersi timida negli angoli di tende ancora addormentate, tra le fronde gelide di alberi non germogliati, negli anfratti umidi di muschio ai piedi della collina...

L'alba era imminente, ma le ultime stelle pietose promettevano fugaci barlumi di speranza alla nostra illusione.

Sapevo di aver ballato e riso e scherzato, per un tempo infinito e brevissimo...

Sapevo di aver bevuto da boccali sbreccati e di aver rischiato la vita con la fiaschetta di liquore speciale di Oghren...

Sapevo di aver assaggiato uno strambo pasticcio dal gusto indefinito che Leliana aveva chiamato torta...

Ricordavo le braccia di Alistair sollevarmi da terra e portarmi nella tenda, tra i fischi e le burle dei soldati... e poi i baci, i gemiti soffocati, il calore dei nostri corpi avvinti in un abbraccio disperato.

Tutto era confuso, ma impresso a fuoco nella mia mente, vivo nei miei respiri, prepotente nel mio cuore, con la dolcezza e la crudeltà di ogni ricordo troppo impossibilmente bello per poterlo trattenere al di là della fugace perfezione di un attimo.

Il freddo del primo calore mattutino si era insinuato nel nostro giaciglio, mentre la mano di Alistair, inconsciamente, mi attirava più stretta a sé.

Nel sonno, il suo volto appariva di nuovo innocente e disteso, ma in lui non c'era più niente del ragazzo ingenuo e timido che aveva dormito al mio fianco la prima volta; il Flagello si era portato via parte del suo cuore, insieme ad ogni frammento di spensierata giovinezza.

Cercai di immaginarlo negli anni a venire, quando il miele dei suoi capelli si sarebbe tinto di grigio e le rughe, intorno ai suoi occhi, sarebbero state segno di saggezza e non di preoccupazione.

Cercai di immaginarlo in abiti eleganti, seduto su un trono troppo stretto per la sua felicità, serio e annoiato davanti a questuanti e politici, con gli occhi rivolti ad una spada impolverata divenuta trofeo.

Cercai di immaginarlo nel volto di un bambino con le guance paffute e il mento volitivo, tanto simile a lui, ma con qualcosa di estraneo che non ci appartenesse... un bimbo che fosse il suo futuro e che odiai nell'attimo stesso in cui gli augurai di stringerlo tra le braccia.

Sfiorai per l'ennesima volta le sue labbra, quasi a volervi imprimere il marchio del mio amore, perché qualsiasi altra donna l'avesse, un giorno, abbracciato, non potesse cancellare l'odore della mia pelle dal suo corpo e dalla sua anima.

Lo guardai sorridere, ancora perso nel sogno, mentre arricciava appena il naso in una buffa smorfia di piacere e fastidio.

Avrei voluto svegliarlo e parlare ancora con lui; avrei voluto amarlo un'ultima volta, carezzarlo, cullarlo fino a che il Sole non fosse tornato a ritirarsi oltre i confini del cielo... fino a che la battaglia non fosse divenuta un ricordo sfuocato di incubi indistinti...

Avrei voluto perdermi in noi per sempre...

Ma avevo già avuto tutto il tempo che potessimo concederci e forse più di quanto meritassi.

Mentre la luce della realtà scivolava piano oltre i bordi della tenda, incalazando il buio che ancora circondava il nostro giaciglio, mi chiesi quante persone fossero morte o stessero soffrendo a causa delle mie egoistiche romanticherie, quante case fossero state distrutte in ogni attimo che avevo perso per me stessa, quanti bambini avessero pianto la perdita della madre per ogni bacio che avevo rubato al destino.

Scossi la testa, ricacciando un inutile rimorso che non ero neppure in grado di provare.

Il passato non esisteva più.

Il presente era l'unica cosa che potessere sopravvivivere.

Era il momento, quello che avevo temuto e fuggito, quello per cui avevo pianto senza lacrime e riso senza gioia, quello che avevo maledetto e accettato in ogni respiro.

Il momento della fine e di un nuovo inizio, il momento di morire perché potesse esserci ancora vita.

Senza far rumore, mi allontanai da Alistair e da quel calore in cui troppo a lungo mi ero crogiolata.

Chiusi gli occhi, proteggendo nel mio cuore la vita a cui stavo per rinunciare.

Un ultimo istante...

La mia armatura mi aspettava disposta in bell'ordine sulla sedia, con accanto la statuina deforme che il mio coraggioso, prezioso amore mi aveva donato, insieme al suo nome.

Indossai l'una e nascosi l'altra, perché quel giorno non ero una sposa, né un'amante. Quel giorno non ci sarebbero stati sorrisi o sussurri, ma solo il clangore della spada e il rantolo di agonia dei nostri nemici.

Amore...”

La sua voce, alle mie spalle, fu un sussurro appassionato, ma non avevo più coraggio per voltarmi e rispondere.

Era la fine, lo sapevamo entrambi, e un altro addio non avrebbe cambiato la realtà o lenito il dolore.

Mi accorsi che il leggero rumore ritrmico che udivo altro non era che il sommesso battito del mio cuore, mentre cercava di uscirmi dal petto, ascoltando il suo corpo abbandonare le coperte e avvicinarsi a me, nudo e perfetto nella luce ambrata del mattino.

Un passo ancora e avrebbe potuto sfiorarmi, ma si fermò ad un cenno della mia mano, troppo perentorio perché potesse ignorarlo, troppo duro perché ci appartenesse.

Amore...”

Adesso risuonava feroce come se fossi stata io a pronunciare quella semplice, incredibile parola.

Abbassai il volto, sconfitta.

Per un attimo e per sempre.”

Senza voltarmi indietro, senza asciugare le lacrime che mi solcavano le guancie, lo abbandonai al conforto delle ultime ombre di incanto, mentre quel giuramento, che avevo appena sussurrato, urlava nella mia anima, dilaniandola. 

  
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