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Autore: Padmini    18/04/2012    3 recensioni
Sherlock è tormentato da uno strano incubo ricorrente. Non sa ancora che quel sogno presto avrà una parte importante nella sua vita e lo aiuterà a capire molte cose di se stesso. Perchè non riesce a fidarsi delle donne? Quali dolorosi ricordi sono racchiusi nella sua anima?
Non mi ricordo da quando ce l’ho. Forse da sempre. Ciclicamente è tornato per tormentarmi. Quindi, ciclicamente, sono ricaduto nel mi vecchio vizio. Non è sempre stato così. Mi ricordo che quando ero bambino c’era mia madre. Lei veniva in camera mia e mi consolava.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, John Watson , Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Violet'
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John è venuto a svegliarmi. Stavo sognando di nuovo quel ricordo.
Mi guarda in modo strano. Provo a sedermi. Cerco il diario di mia madre ma vedo che nel sonno l’ho fatto cadere per terra. Mi gira un po’ la testa, mi sono alzato troppo di scatto. Mi massaggio la fronte. Il ricordo del sogno è ancora impresso nella mia memoria.
Guardo John. Anche lui sembra sconvolto. Non parla. Si limita ad osservarmi. Sembra felice. Devo assolutamente dirgli cosa ho scoperto, cosa ho ricordato.
“John …”
“Lo so”
Lo sa? Di cosa sta parlando? Che anche lui abbia ricordato?
“Devo andare da mia madre” dico recuperando il diario “Ho bisogno di chiederle una cosa”
“Vengo con te” mi risponde. Non è una domanda. È un’affermazione. Un ordine.
“Ma il tuo ambulatorio …”
“Sarah saprà coprirmi. E poi devo chiedere anche io una cosa a tua madre”
 
Arriviamo a casa di mia madre molto presto. Entriamo senza neanche bussare, tanto la porta è aperta. Sento delle voci dalla cucina. Sono due donne.
“Dovrai pur dirglielo, Violet!” riconosco Susanne appena la vedo. È la migliore amica di mia madre. Sono sempre state insieme, loro due.
“Cosa dovrai dirmi, mamma?” chiedo entrando all’improvviso. Le ho spaventate. Bene. È  quello che volevo.
“Sherlock …” mia madre è sconvolta. Non si aspettava il mio arrivo.
“So tutto” le dico, sventolandole davanti il diario.
“Sherlock!” ora è indignata. Come ho osato rubarle il diario? La mia domanda è altrettanto evidente: come hai osato tu mentirmi per tutti questi anni? Un’intera vita nella menzogna!
“Chi è Arthur? È l’uomo che era qui ieri, giusto?”
Lei non mi risponde. Si limita ad annuire.
“Da quanto tempo vi vedete?”
“Da circa due anni”
“Due anni? Stai scherzando?”
“Sarà qui tra poco, potrai chiederlo a lui”
 
Sospettavo che si vedessero già da tempo, ma così tanto …! Guardo John. Anche lui è sorpreso.
“John! Cosa ci fai qui?!”
La voce dell’uomo che ho visto ieri mi coglie di sorpresa. Mi volto e lo riconosco. È lui.
“Papà!” è l’unica cosa che John riesce a dire ma mi sconvolge. Si, l’avevo capito, l’avevo intuito, ma sentirmelo sbattuto in faccia così … anche John aveva capito, ma è ugualmente sorpreso.
“Sono qui con un mio amico” risponde indicandomi con un moto del viso.
“John …  c’è una cosa che devi sapere …” è imbarazzato. Si sente.
A questo punto non ne posso più. Il mio cervello sta per esplodere. Devo dargli una valvola di sfogo. Sarò indelicato ma me lo devo, dannazione! Lo devo a me stesso! Non me ne fregherà niente di ferire i loro sentimenti! Se fossero stati un po’ più onesti con loro stessi probabilmente io non avrei sofferto così tanto durante la mia vita! Come pensano che mi faccia sentire sapere di essere solo un errore nato dalla frustrazione di due amanti?
“Adesso basta” dico serio.
Tutti si voltano a guardarmi.
“So che siete stati amanti, in passato. L’ho letto sul tuo diario, mamma. Non l’avrei fatto se non vi avessi visti ieri sera parlare e poi baciarvi. Eravate così ovvi! Ho dovuto rubartelo”
Lo dico prima che lei possa interrompermi. Ha aperto la bocca per parlare ma non le voglio lasciare spazio per giustificarsi. Mi sento avvampare dalla rabbia.
“Tu non mi avresti mai detto niente! Lo so! Anche adesso hai dei dubbi in riguardo! Non occorre che tu mi nasconda più niente! So che Siger non era veramente mio padre! Non capivo perché mi trattasse sempre così male! Anche lui lo sapeva! Lo sapeva e ha sfogato il suo rancore su di me! Su di me! Che cosa potevo farci, io? Che colpa avevo se voi due siete stati troppo fessi da mettermi al mondo? Eh?! Non sarebbe stato meglio se non fossi mai nato? Che bellezza! La mia esistenza ha rovinato non una ma due famiglie! E la mia vita non è stata certo rose e fiori, lo sai! Papà anzi, Siger, non mi ha mai amato. Ha provato solo rancore nei miei confronti! Non ti ho mai detto niente per non farti soffrire, ma non sai quante volte mi ha picchiato, insultato, umiliato!”
Le mie parole la sconvolgono. Non ne sapeva nulla. A parte l’episodio del vaso, era all’oscuro delle violenze di mio padre. Vedo che sta per piangere ma non mi fa pena, non ora. Il mio odio verso di loro scorre come lava incandescente. Urlo la mia esasperazione verso coloro che ne sono responsabili.
“Mi ha sempre paragonato a Mycroft e sempre mettendomi al secondo posto! Cosa potevo io, figlio di un amante, contro il suo vero e unico figlio? Quello che hai scritto ne diario è vero! Vi siete usati a vicenda! Non so se vi siete amati o se vi amate adesso e sinceramente non me ne può fregare di meno! Siete due stupidi imbecilli! Avreste dovuto essere più sinceri con voi stessi! Io non avrei sofferto così tanto! Perché si, ho sofferto tantissimo a causa vostra! Non ho mai avuto un momento tranquillo nella mia vita! Perché pensi che abbia cominciato a drogarmi, mammina? Non lo sapevo neanche io! Sapevo solo che mio padre mi odiava senza un motivo! Eccolo il motivo! Pensavo che saperlo mi avrebbe fatto sentire meglio! Invece no! Sono incazzato come una biscia, ecco la verità! Non sarei mai dovuto nascere! Sono solo un errore! Uno stupido errore di due cretini! Mi hai deluso tantissimo, mamma. Io pensavo di poterti dare massima fiducia ma tu mi hai tradito miseramente. E tu, Arthur o come diavolo ti chiami. Sapevi che ero tuo figlio e mi hai abbandonato. Abbandonato, capisci? Sei colpevole come mio padre! Lui non mi ha mai accettato ma neanche tu! Come dovrei sentirmi, io? Tua moglie lo sapeva, tuo figlio lo sapeva, anche Harry, presumo. Allora perché in tutti questi anni non ti sei mai fatto vivo? Perché non me lo hai detto subito? Sapevi che John e io viviamo insieme! Avresti potuto parlare! Invece no! Sei stato un gran codardo! Non pensare che venire adesso da me chiedendomi di volerti bene possa funzionare. Scordatelo. Non sarà così facile. Avete sbagliato mettendomi al mondo! Non solo siete stati infelici voi due, avete reso infelice anche me!”
Ci sono tante altre cose che vorrei dire ma mi si chiude la gola. Sento gli occhi pizzicarmi per l’ennesima volta. Guardo John. Lui, l’unico che mi abbia veramente amato, l’unico che è stato sempre sincero con me. Mio fratello. Vorrei dirgli che lo amo anch’io, vorrei dirgli quanto gli voglio bene, che sono al settimo cielo adesso che so che è mio fratello. Torno a guardare mia madre. Sono più calmo ma le mie parole sono ancora affilate come rasoi.
“L’unica cosa positiva di tutta questa situazione è che ho scoperto che John è mio fratello! L’unica cosa positiva! La cosa più bella, l’unica cosa bella che mi sia capitata da quando sono nato! Lui è l’unica persona di cui posso fidarmi, attualmente!”
John mi guarda e io ricambio il suo sguardo. Mi sorride. Ha capito senza bisogno di troppe parole.
Ho gli occhi rossi, lo sento, ma non voglio piangere. Non più. Non ora. Non davanti ai miei genitori. Non voglio dargli questa soddisfazione. Sono rimasti ad ascoltare il mio sfogo a bocca aperta. Sanno che ho ragione. Si guardano. Non sanno come rispondermi. Ci provano ugualmente.
“Sherlock, capiamo perfettamente come ti senti” mi dice Arthur facendo un passo verso di me. Allunga una mano. Tenta di prendermi per un braccio.
“Non mi toccare” gli alzando le braccia, allontanandole da lui “Non mi toccare. Non potete capire. Non potete. Andatevene affanculo tutti e due. Io mi chiamo fuori”
“Per piacere, Sherlock, cerca di capire …” mi dice mia madre, tentando di mediare la situazione.
“Dunque sono io quello che deve cercare di capire? Eh? È così?”
“Hai letto il mio diario. Sai cosa provavo in quel periodo!”
“Avresti dovuto ABORTIRE!” le urlo in faccia. Davvero. Adesso. Non. Vorrei. Essere. Nato.
“Come puoi dire una cosa del genere?!” mi chiede Arthur arrabbiato “Sai cosa significa un aborto per una donna? Come puoi essere così insensibile! Inoltre se lei avesse abortito tu non saresti nato!”
“Insensibile? Io sarei insensibile?” urlo di nuovo. Come si permette? “Sarà anche vero. Si, sono insensibile, ma per colpa di chi? Secondo lei, mio caro dottore, cosa può spingere una persona a drogarsi? Non glielo ha detto mia  madre? Non le ha detto che sono stato più volte in terapia per disintossicarmi dalla cocaina? Mi odiavo! Ecco la risposta! Mi odiavo come adesso odio voi! Vi odio! vi odio! VI ODIO!!”
Urlo l’ultima parola così forte che mi fa male la gola. Non posso farci nulla. Le lacrime cominciano a scendere prima che possa fermarle e prima che loro possano fermare me ho già impugnato la maniglia e sono corso fuori. Non voglio scuse, non voglio giustificazioni. Ora è troppo tardi. Volevo solo un po’ d’amore e loro non sono mai stati in grado di darmelo.

   
 
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