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Autore: giulina    18/04/2012    3 recensioni
Affacciata ad una finestra socchiusa al quarto piano di un palazzo signorile, c'era Irene.
Irene era bionda e fumava una Malboro rossa con la mano sinistra sul cui palmo c'era una cicatrice che si era procurata a cinque anni, cadendo da cavallo.
'Irene al quarto piano e' li' tranquilla, che si guarda nello specchio e accende un'altra sigaretta.' F. De Gregori.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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             Com'è grande il cielo e com'è piccola una donna.

 

 

 



  Mother do you think they'll drop the bomb?

 Mother do you think they'll like the song?

Mother do you think they'll try to break my balls?

 Mother should I build the wall?

 

-Mother, Pink Floyd-



 

 

 

 

Irene odiava giocare a nascondino. E a schiaccia sette. E a palla avvelenata.

A Irene piaceva saltare la corda e colorare il marciapiede davanti casa con i gessetti colorati che rubava a scuola, di nascosto, prima di tornare a casa per l'ora di pranzo. La custode li teneva nel secondo cassetto della scrivania nell'atrio principale, vicino alla vicepresidenza.

Lei se li nascondeva nella tasca interna del suo grembiule nero e li tirava fuori quando arrivava a casa, cercando di non farsi scoprire da sua madre. Per questo, prima di andare a tavola, si lavava scrupolosamente le mani in bagno per eliminare qualsiasi residuo di quella polvere colorata che le rendeva la pelle liscia e morbida.

A Irene piaceva, inoltre, giocare con le centinaia di bottoni di diversa forma e colore che teneva gelosamente all'interno di una scatola di stoffa verde a quadri. Sua madre, infatti, nota sarta della zona, glieli regalava di tanto in tanto, insieme a dei pezzi rovinati di stoffa che non utilizzava più.

A Irene piaceva soprattutto la seta bianca, quella che veniva utilizzata per decorare qualche abito da sposa.

Irene riusciva a stare per ore intere a guardare sua madre cucire in quella piccola stanza vicino alla sua cameretta che faceva anche da ripostiglio; le piaceva fissare le dita abili della donna che si muovevano tra le stoffe e la macchina da cucire nera. Il piede che batteva frenetico sul pedale e le risate di sua madre quando si bucava con l'ago per sbaglio.

Irene le posava sempre un bacio leggero nel punto in cui si era fatta male.

Sua madre aveva un profumo unico.

Quando aveva sei anni, aveva una sola amica che abitava nel palazzo accanto al suo, quello con il cancello nero di ferro battutto. Lei si chiamava Rossana ed era ricca, tanto più ricca di Irene.

Suo padre era un commercialista e sua madre infermiera nell'ospedale della città. Lei indossava vestiti comprati in negozi famosi e giocava con bambole dai boccoli d'oro e con le scarpette di vernice nera.

Irene ricordava un momento in particolare della sua amicizia con Rossana Ersolani.

Era metà maggio, o forse giugno, e la cugina della sua migliore amica -di qualche anno più grande di loro- aveva deciso di passare qualche giorno a casa dei suoi zii.

Era pomeriggio e le tre bambine, insieme ad altri ragazzini del vicinato, si erano riuniti tutti insieme nel cortile di fronte casa per salire sulle nuove altalene che il comune aveva deciso di istallare qualche giorno prima. Quel giorno c'era un sole che spaccava le pietre!

Rossana era sull'altalena che si muoveva su e giù, facendo volare i suoi capelli neri e liscissimi per aria -Irene glieli aveva sempre invidiati quei suoi bellissimi capelli-

Lei era in fila con Michela, la cugina, e dal nulla, la bambina l'aveva spintonata facendola finire con il sedere per terra e sbucciare il palmo della mano destra.

 

-La vuoi smettere?- Le aveva detto rabbiosa, sulle labbra il veleno intriso nelle sue parole rivolte soltanto ad una bambina.

-Di fare cosa?-

-Di vestirti come mia cugina! Tanto io lo so! Tua madre ti cuce i vestiti identici ai suoi perché siete poveri e non ti possono comprare niente!-

-No..n-non è vero..-

-Invece si! Siete dei poveracci!-

 

Irene era corsa a casa senza versare un lacrima e con il palmo della mano sanguinante, così come il suo orgoglio. Dopo l'accusa di quella bambina, aveva iniziato a pensare a tutti i suoi vestiti cuciti dalla madre, a notarne solo in quel momento le somiglianze, i tessuti simili.

Era entrata in casa sbattendo violentemente la porta e si era chiusa nella sua cameretta, accucciandosi in fondo al letto. Sua madre era entrata poco dopo in camera sua, lo sguardo preoccupato vedendo la figlia piangere disperata e con il vestitino sporco di terra.

 

-Irene, che è successo?-

-Vai via! Vai via! È tutta colpa tua! Tua!-

-Irene?!-

-Siamo poveri! Siamo poveri ed i miei vestiti fanno schifo! Io voglio dei bei vestiti, dei vestiti tutti miei!-

 

Sua madre si era chiusa silenziosamente la porta alle spalle.

La sera, Irene la spiò dalla porta dello stanzino mentre piangeva alla scrivania dove c'era la macchina da cucire.

Le mani sul viso umido e le spalle fragili tremanti.

Aveva fatto piangere sua madre.

Si era sentita talmente tanto in colpa quella sera, che per una settimana intera non era più riuscita a guardarla negli occhi.

Dal quel giorno, non era più riuscita a guardarla come prima.

 

 

 

Quando Irene se ne era andata di casa, aveva solo vent'anni e poco spiccioli nelle tasche.

Era voluta andare a convivere con un certo Maurizio che faceva il militare e a cui piaceva scommettere sui cavalli. A quanto pare, era davvero innamorato di lei.

Lui aveva un piccolo bilocale poco lontano da casa, con un giardino condominiale di cui Irene si era subito innamorata. Già ci si vedeva a leggere su quella panchina di legno ruvido oppure a dipingere il muro dove venivano lasciate le biciclette, di un rosso accesso.

Quando aveva deciso di trasferirsi, aveva regalato a sua madre la scatola verde a quadri contentente tutti i bottoni che aveva collezionato nella sua vita e le aveva sussurrato in un orecchio, prima di uscire dal portone di legno: 'Mamma, me lo cuci te il mio vestito da sposa?'

Sua madre si era messa a piangere ed aveva annuito commossa.

Peccato che Irene non lo avrebbe mai indossato, un abito bianco di seta.

 


 

 

 

 Mother do you think she's good enough -- to me?

 Mother do you think she's dangerous -- to me?

 Mother will she tear your little boy apart?

 Mother will she break my heart?

 

-Mother, Pink Floyd-

 



 

 

La piccola Os, come vedete, nel giro di due giorni è diventata una raccolta dei momenti più significativi nella vita di Irene.

Spero che l'idea vi possa piacere.

Un grazie in anticipo,

Giulia :)


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