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Autore: rossellina    19/04/2012    9 recensioni
Salve a tutte! Questa è la mia prima ff e ci provo ... speriamo! Bella e Edward si incontrano in un'aula di tribunale. Lui è sotto accusa, lei l'avvocato dell'accusa. Dal secondo capitolo:
-Obbiezione!- saltò dalla sua sedia Jasper -Non ho ancora capito dove vuole arrivare l'avvocato dell'accusa. E poi il signor Culler non era in sé in quel momento-
-Ed è proprio qui che voglio arrivare!- rispose Isabella rivolgendosi al giudice – Se mi permette di continuare su questa linea avrà fra poco chiaro del perchè-
Il giudice guardò prima Jasper e poi Isabella. -Respinta- sentenziò. -Prosegua avvocato ma arrivi al dunque velocemente-
-Grazie.- e poi rivolgendosi ad Edward – Signor Cullen, si ricorda di quando era al liceo?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Ciao a tutte! Da quello che mi avete scritto nelle vostre recensioni, direi che nello scorso capitolo sono riuscita a stupirvi. Chissà se ci riuscirò anche in questo?

Vi lascio alla lettura. Alla prossima!

 

CAPITOLO 13

 

Erano al ristorante cinese. Edward era arrivato con l'auto di Isabella, mentre Jasper aveva portato Jacob con la sua. Adesso erano seduti ad una tavolo da quattro. Edward e Isabella erano uno di fianco all'altro. Davanti ad Isabella sedeva Jacob, di fianco a lui e quindi di fronte ad Edward c'era Jasper.

Avevano lasciato l'onore di ordinare ad Edward. E così lui ordinò ciò che più gli piaceva e sperava gradissero anche gli altri. Partì con una selezione di antipasti caldi, con prevalenza dei ravioli alla piastra con tutti i ripieni che erano nel menù. Riso alla cantonese e spaghetti con verdure. Pollo alle mandorle e gamberetti in agrodolce.

Assaggiò un po' di tutto. O meglio spazzolò tutto perchè per lui erano tutti sapori nuovi. Ormai era assuefatto alla cucina del carcere.

Notò che gli altri commensali non parlarono molto durante il pasto. Aveva capito che quel pomeriggio erano più o meno liberi dai loro impegni. Quindi rimanere a tavola a conversare non sarebbe stato un problema.

E così fu che il momento del dolce, divenne anche il momento dei chiarimenti.

 

-Dunque Jacob.- iniziò Jasper. -Hai già pensato alle mansioni per Edward?-

-Pensavo di affiancarlo al nostro manutentore, Embry Call.- rispose Jake e poi si rivolse ad Edward. -Comunque Edward se sai fare qualcosa di particolare, posso vedere di inserirti in qualche altro contesto.-

-Tipo?- gli chiese Edward.

-Avremmo bisogno di un altro personal trainer. Oppure hai una qualche laurea che possa tornarci utile tipo in psicologia o in dietologia?- Jake si stava divertendo un mondo a prenderlo in giro. Anche se non lo sapeva con certezza, sperava che Edward fosse rimasto il nulla facente figlio di papà che non aveva concluso niente nella vita.

-No. Non sono laureato. E non so niente di palestre e attività connesse.- gli confermò Edward con mestizia. Sapeva che l'intenzione di Jacob era quella di metterlo in difficoltà e non solo in quel momento. Di sicuro avrebbe trovato l'occasione di farlo anche alla clinica. Non si meritava di essere umiliato in pubblico, ma non voleva farci nulla in quel momento. Forse un giorno si sarebbe preso la rivincita nei confronti di Black.

-Cosa intendi per manutenzione?- chiese Jasper per aiutare Edward in quel momento di imbarazzo.

-Embry si occupa principalmente della gestione delle aree comuni. Da aggiustare un interruttore, al giardino della clinica. Credo che non serva una laurea per cambiare una lampadina. Sarà un lavoro faticoso che lo porterà a stare principalmente all'aria aperta.- e poi guardò Edward con un sorriso sardonico. -Te la senti Edward?-

-Si.- fu la risposta secca di quest'ultimo.

-Bene.- e Jasper alzò il braccio per richiamare l'attenzione del cameriere. -Direi che una questione è sistemata.-

 

-Allora Edward.- disse Jake dopo aver finito di bere il suo caffè -Prima al telefono parlavo con tua madre. Ti sta già preparando la stanza alla clinica.-

-Davvero?- chiese Edward non sapendo cosa altro poteva chiedere, tipo perchè sua madre avesse parlato con Jacob e non con suo figlio.

-Sì.- gli rispose Jasper. -In effetti è all'opera da giovedì scorso.-

-Jasper si è lasciato scappare dove avevamo chiesto che fossi trasferito.- disse Isabella con una sorrisetto.

-In effetti quando le ho telefonato per dirle che avevi firmato i documenti, ho anche capito da dove Alice avesse imparato tutta quell'astuzia nel farmi fare ciò che vuole. Esme e i suoi parenti cominciano a farmi paura.- disse Jasper.

Edward sorrise a quella confidenza.

-Comunque.- continuò Jake. -Esme mi ha chiamato per chiedermi dove pensavo di sistemarti nel caso fosse andato tutto secondo i piani. Quando ho cominciato a spiegarle quale sarebbe potuto essere il tuo alloggio, mi ha stoppato e mi ha dato appuntamento per il giorno dopo. E puntuale il giovedì mattina era lì con tanto di metro, blocco per appunti, penna e un capo cantiere.-

Jake scosse un momento la testa al ricordo di Esme e del suo entusiasmo. Era vero quello che le aveva detto una volta Isabella; non potevi dire di no a quella donna.

-Appena entrati in quella che doveva essere la tua stanza, si è girata verso di me e ha detto: “ma qui non ci sta nulla! Ho un appartamento intero da spostare!”.-

-Come un appartamento intero?- chiese Edward curioso.

-Hai presente che ti stava preparando una casa quando dovevi ritornare da Chicago?- gli chiese Jasper ed Edward annuì. -Ecco, i tuoi avevano preso un appartamento in affitto e tua madre l'aveva già arredato. Mancava solo la tua roba.-

-E' vero, ci sarei dovuto andare a vivere la settimana dopo il mio arresto.- si ricordò Edward.

-Esatto.- proseguì Jasper. -I tuoi avevano pensato che mantenere una casa in affitto senza nessuno che ci vivesse non sarebbe stato economico, ma non sapevano dove sistemare i mobili nuovi. Così quando mi è sfuggito che avevamo proposto la clinica come tua destinazione, ha ben pensato di portare lì tutte le tue cose.-

-Ma...- e fu il turno di Isabella. -Jake aveva pensato a una tua sistemazione con altri dipendenti in una delle case più grandi. Ed Esme avrebbe sfruttato solo una parte del mobilio nuovo. Così mi ha chiesto se poteva sostituire i mobili che avevo nel mio alloggio con i nuovi. E non le ho potuto di no. Quindi da giovedì ci sono gli operai che smontano, tinteggiano e rimontano.-

-E adesso ci sono gli operai che stanno spostando la tua stanza da una casa all'altra.- continuò Jake. -Mi ha comunque detto di riferirti che le tue cose te le lascia imballate in camera tua. Quelle te le sistemi da solo.-

-Ho voglia di vedere mamma.- disse Edward con nostalgia.

-Quando sarete pronti, vi rivedrete.- gli disse Jasper mettendo la sua mano sulla sua per confortarlo. -Hanno bisogno di tempo, ma ti assicuro che sapere che non sei più in carcere per loro è motivo di sollievo.-

Edward assentì a quell'affermazione.

-Bene.- disse Jake alzandosi dal tavolo. -Io devo andare. Voglio arrivare per cena in clinica.-

-Si, è il caso di muoversi.- disse Isabella alzandosi anch'ella. E fu seguita dagli altri.

Una volta pagato il conto, si ritrovarono fuori dal ristorante.

-Isabella.- Jasper. -Posso parlare un momento in privato con Edward?-

-Certo.- e sia lei che Jake si spostarono più in là.

 

Jasper si avvicinò alla sua auto e ne aprì il baule.

-Esme ha pensato di farti avere un po' di cose per i primi giorni.- e così dicendo estrasse un valigia di medie dimensioni.

-Come stanno?- fu la risposta di Edward mentre prendeva la valigia e la metteva a terra.

-Non voglio risparmiarti nulla.- sospirò Jasper. -Per loro è stato un duro colpo. All'inizio hanno cercato di andare avanti come se non fossi mai esistito. Ma quando ci trovavamo tutti a Forks, si sentiva che non erano felici.-

-Ho paura.-

-Non sta a me dirti come ti devi sentire. E non posso neanche darti dei consigli. Come ti dicevo prima, quando sarete pronti farete un passo verso l'altro. Ma fino a quel momento cerca di non fare cazzate.-

Mise una mano sulla spalla di Edward.

-Mi hai capito? Basta cazzate.- e gli diede uno scrollone. -Ancora non mi sono fatto un'idea del perchè il giudice abbia accettato il trasferimento dopo quello che è venuto fuori oggi in aula. Di sicuro non si tratta di fiducia. Se fossi stato io il giudice, a quest'ora saresti tornato dentro.-

-Quindi non hai neanche una teoria bislacca in cui possa crogiolarmi?-

-No Edward.- e così dicendo si mise entrambe le mani in tasca e si appoggiò alla sua auto. -So solo che ci sono tante questioni che riguardano il passato tuo, della tua famiglia e di Isabella che si stanno reintrecciando. Forse il giudice ha visto questo e ha pensato che fosse un'opportunità. Non lo so.-

Edward lo guardava come se parlasse in un'altra lingua.

-Edward, tu ti ricordi di Isabella e di quando andavate al liceo?-

-Poco. Ricordo che ogni tanto studiava con Alice.-

Adesso fu il turno di Jasper guardarlo come se venisse da un altro pianeta.

-Che c'è?- chiese Edward.

Jasper non volle dare voce ai suoi pensieri.

-Edward fammi un favore. Visto che dovrai essere seguito anche da uno psicologo, cerca di parlare anche del periodo che eri un liceale. Non sono un strizzacervelli, ma forse parlare di quel periodo, potrebbe aiutarti. Ok?-

-Va bene Jasper. Lo farò.-

E così dicendo si abbracciarono come due fratelli che non si vedevano da tempo.

-Ciao Jasper.- ed Edward prese la maniglia della sua valigia e si incamminò verso Isabella.

-Ciao Edward.- e restò a guardarlo. -E' l'inizio della tua nuova vita. Non buttarla nel cesso.- fu l'augurio che Jasper disse fra sé e sé.

 

Durante la conversazione tra Jasper ed Edward, anche Isabella e Jake parlarono degli accadimenti di quella mattina.

-Allora.- iniziò Jake. -Che ne pensi?-

-Non lo so. Se la sincerità paga, avrei preferito mentire in aula.- rispose Isabella guardando verso l'asfalto.

-Vuoi sapere cosa ne penso io?-

-No.-

-Penso che il giudice ti abbia fatto un favore.-

-Se ti dicevo si te ne stavi zitto?-

-Assolutamente no.- le rispose Jake appoggiandosi all'auto di lei e guardando in direzione degli altri che stavano parlando.

-Aveva chiesto a Jasper di vedermi.-

Jake la guardò soltanto.

-Quando sono andata in carcere ha detto che voleva chiedermi scusa. Di cosa non lo so, non l'ho voluto sapere.-

-Di sicuro non ti voleva chiedere scusa di essere stato stronzo con te. Secondo me non si ricorda neanche di te.-

-Lo penso anch'io. Infatti credo volesse chiedermi più scusa per le sue azioni di quella sera nei confronti di Angela e di essere finito in carcere per quello.-

Isabella osservò Jasper passare una valigia ad Edward.

-Ho chiesto io al giudice di farlo venire in clinica.- disse Jake.

-Cosa?- chiese stupita Isabella.

 

Il giorno precedente

 

-Buongiorno. Cerca qualcuno?- disse Jake all'uomo in completo blu scuro che si trovava davanti alla porta di ingresso della clinica. Gli ricordò un po' Mr. Big, l'amore di Carrie Bradshaw in “Sex and the City”, il telefilm che guardava sempre con sua sorella e con Isabella.

-Buongiorno. Sto cercando Jacob Black.- rispose questi.

-Sono io.-

-Salve, sono il giudice Noth.- e gli porse la mano.

-Salve.- e Jake gliela strinse. -Prego, la faccio accomodare nel mio ufficio.-

-Preferirei parlare restando all'aperto se non le dispiace.-

-Certo. Mi faccia solo avvisare che sarò fuori.-

-La aspetto.-

E così Jake sparì all'interno della clinica per uscirne dopo un paio di minuti.

-Prego.- disse Jake. -Da questa parte.-

-Perfetto.-

-Non mi aspettavo una sua visita.- disse Jake dopo che si trovarono all'esterno della struttura principale. Si stavano dirigendo verso la zona fitness.

-La sua lettera mi ha incuriosito. Subito avevo pensato di convocarla nel mio ufficio ma poi ho preferito fare un salto per vedere questo posto.-

-Che ne pensa?-

-La sua è una domanda ambigua.- rispose il giudice dopo un paio di minuti mentre imboccavano una stradina ghiaiata.

-A cosa pensava mi riferissi?-

-Se vuole sapere cosa penso di questo posto, ritengo che sia ben tenuto. Ho preso informazioni sulla vostra attività. Le cose vi vanno bene e siete fra i migliori nel vostro campo. Avete del personale di alta qualità e i giudizi in merito al vostro operato sono tutti favorevoli.-

-Fin qui non mi ha detto nulla che già non sapevo.- rispose Jake fermandosi.

-Invece la sua lettera mi ha aperto a nuove riflessioni.- ribattè Noth fermandosi accanto a lui.

-Questo è l'alloggio di Isabella quando viene qui. In genere è qui il venerdì e riparte la domenica sera o il lunedì mattina a seconda degli impegni che ha a Seattle.-

-Perchè mi ha condotto qui?- il tono di Noth era quello di chi vuole sapere le cose come stanno e subito.

-Quando si entra in terapia, qualsiasi problema uno abbia, la prima cosa che ti chiedono è di ammettere che hai un problema. Si dice che chi lo ammetta, è a metà del percorso di guarigione. Isabella ha un problema, che si chiama Edward Cullen. Ma non l'ha ancora ammesso a sé stessa e tanto meno agli altri. Anch'io ho un problema con la stessa persona e un paio di altre persone che lavorano qui hanno un problema sempre con quella persona.-

-Se il signor Cullen crea tutti questi problemi, allora dovrebbe stare dov'è.- rifletté il giudice.

-Anche Cullen ha un problema. E si chiama Edward Cullen.- ribattè Jake.

-Cullen è un problema per sé stesso?- adesso il giudice sembrava confuso.

-Probabilmente per lui la fame nel mondo è il nome di un nuovo cocktail da bersi la domenica a cena. L'inquinamento e l'effetto serra sono cose che neanche lo sfiorano. I problemi che un individuo può avere non sono niente in confronto ai suoi. E forse il suo problema più grande è se quella sera si scoperà una bionda o una mora.-

-E lei pensa che farlo venire qui, lo aiuterà?- chiese scettico Noth.

-Credo che se verrà qui, sarà costretto ad aprire gli occhi. Primo perché lavorerà, verbo a lui sconosciuto. E poi sarà a contatto con persone che lo toccheranno nel profondo con le loro problematiche.-

-Cosa le fa credere che questo cambiamento in meglio avvenga?- stavolta il giudice sembrava meno scettico.

-Non lo credo, lo spero.-

-Non ho capito se lo spera solo per Cullen o anche per la signorina Swan e per lei?-

-Lo spero per tutti.-

-Quindi se accettassi la richiesta di trasferimento, lei come pensa di agire?- chiese Noth girandosi per tornare verso l'ingresso principale.

-Per questo ho bisogno di un aiuto supplementare da parte sua.- gli rispose Jake affiancandolo.

-Sarebbe?- chiese Noth.

 

Il giorno dopo, in un parcheggio davanti ad un ristorante cinese di Seattle.

 

-Ho chiesto io al giudice di farlo venire in clinica.- disse Jake.

-Cosa?- chiese stupita Isabella.

-Sì. Gli ho detto che tra voi due c'erano dei conti in sospeso. Sistemarli avrebbe fatto bene ad entrambi e lui mi ha ascoltato e mi ha dato ragione.-

-Perchè?-

-Quel giorno, quando mi hai detto la verità, ho capito una cosa. Tu hai bisogno di tornare a vivere. Bella.- e Jake notò il suo sussulto. Non la chiamava Bella da tanto tempo. -Ho scritto una lettera al giudice e ieri si è presentato alla clinica. Abbiamo parlato di te e di lui. Gli ho chiesto io che tu ne avessi la custodia.-

-Perchè?- lo interruppe Isabella.

-Per le stesse motivazioni che ho detto al giudice. Lui ti ha fatto male e non lo sa neanche ora cosa ha combinato nel suo passato nei tuoi confronti. E' ora che tu gli restituisca il favore. Ne hai l'occasione. Certo, avrei preferito accompagnarlo su quella scogliera e buttarlo giù, ma questo al giudice non l'ho detto. Però tu puoi portarlo sulla scogliera della sua ignoranza e farlo cadere nel mare del dolore che ha provocato agli altri. Io di mio posso infierire tutti i giorni, ma tu devi spingerlo con un bel calcio.-

-Perchè?- richiese Isabella.

-Le tue cicatrici racchiudono un cuore che sembra morto. Fallo tornare a vivere, per tutti quelli che ti vogliono bene, ma soprattutto per te stessa. Non puoi andare avanti così. Stai morendo di dolore. E lo sai. Non so se sfogarti con lui sarà la soluzione definitiva, ma sarà un inizio.-

-Sono già morta.-

-No. Se lo fossi, avresti detto no ad Esme.-

-Non si può dire di no ad Esme.- gli rispose guardandolo.

-Tu l'avresti fatto.- le disse Jake guardandola dritta negli occhi. -Ma qualcosa, o qualcuno, ti ha fatto dire si. Adesso devi dire di si a te stessa. E ne hai l'occasione perchè hai quasi due anni per affrontare la tua morte personale.- e così dicendo indicò Edward.

-Anche l'idea di farci vivere sotto lo stesso tetto è stata una tua idea?-

-Potrei aver accennato qualcosa.- le rispose rimettendosi dritto. Edward si stava avvicinando a loro. -Direi che ci vediamo nei prossimi giorni.- e così dicendo si allontanò verso la sua auto.

Isabella aprì il bagagliaio della sua auto ed Edward vi sistemò la sua valigia. Poi entrambi salirono in auto e in silenzio si diressero verso l'appartamento di Isabella. 

  
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