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Autore: Lua93    19/04/2012    10 recensioni
«Ti dispiace?» Si lamentò Bella abbassando lo sguardo sul suo corpo avvolto solo da un asciugamano troppo piccolo. Era la prima volta che Isabella incontrava uno dei tanti ragazzi di Jessica in giro per la casa, solitamente non uscivano mai dalla camera da letto, salvo per andarsene.
Il ragazzo sembrò risvegliarsi, e arrossendo visibilmente si voltò dall’altra parte.
«Non credevo ci fosse qualcuno». Disse con voce bassa. Bella sussultò, e si accorse di stare tremando, non poi così certa di farlo a causa del freddo.
«Tu chi sei?» Gli domandò indietreggiando fino a raggiungere la porta della sua camera, e nascondendosi dietro di essa, rimase a fissare il ragazzo che ancora le dava le spalle.
«Emmh… mi chiamo Edward e sono un compagno di corso di Jessica». Rispose quest’ultimo leggermente imbarazzato, passandosi una mano tra la folta chioma ramata.
Isabella inarcò un sopracciglio, indispettita. Si era ritrovata improvvisamente innervosita, quasi gelosa del fatto che Jessica fosse riuscita a conquistare un ragazzo talmente bello da sembrare irreale. Un sentimento, la gelosia, a lei totalmente estraneo.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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4 Capitolo
                                               
                                                                         Mogwai - Take Me Somewhere Nice
                                                                                                                           
                                                                                                        4

Isabella aveva socchiuso leggermente le labbra, visibilmente sorpresa davanti a quell’ultima affermazione. Edward al contrario, osservava lo stupore negli occhi scuri di lei, e rimase affascinato di fronte a quell’atteggiamento del tutto inusuale. Non sapeva bene cosa aspettarsi da quella sconosciuta, che poi non si poteva neppure definire tale, dato che lui l’occasione per conoscerla l’aveva avuta leggendo i suoi racconti. Non era la stessa cosa, però, ascoltare ciò che aveva da dire dalle sue labbra. Quelle stesse labbra che, aveva dischiuso  lasciando intravedere una striscia di denti bianchi.
Continuarono a fissarsi silenziosamente, studiandosi a vicenda, ponendosi domande diverse ma con uguali risposte.
«Un appuntamento?» domandò con voce flebile Isabella, scostandosi una ciocca ribelle davanti agli occhi, «in cambio della mia moleskine tu vuoi un appuntamento?»
Edward annuì, «mi sembra un buon compromesso».
«No, questo è un ricatto bello e buono. Cosa devo aspettarmi dopo l’appuntamento, un invito a entrare nel tuo letto?» Aveva chiesto irritata di fronte a quell’atteggiamento del tutto infantile intrapreso dal ragazzo. Non credeva che sarebbe stato così complicato riprendersi qualcosa di sua proprietà.
Edward scoppiò in una fragorosa risata, portandosi una mano sul cuore, «perché no?»
L’occhiataccia che Isabella gli riserbò, lo fece tornare immediatamente serio, «guarda che non sono quel genere di ragazzo, non ti sto invitando per un secondo fine. Voglio solo conoscerti meglio. Le tue storie mi hanno incuriosito, tutto qui».
«Non puoi semplicemente ridarmi il mio diario? Non credo che sia una buona idea quella di uscire insieme» Disse lapidaria.
«Perché?» Le domandò incuriosito.
Bella sbuffò, sollevando gli occhi al cielo, «perché siamo troppo diversi, finiremmo con l’annoiarci. E poi non voglio essere una delle tante». Terminò quel tortuoso pensiero stringendosi le braccia al petto, cercando di proteggere se stessa da un possibile dispiacere.
Edward sgranò gli occhi, passandosi una mano tra i capelli, «accidenti, questa non l’ho capita».
«Non fare il finto tonto, le ho sentite le voci che circolano sul tuo conto», gli disse pungente, distogliendo lo sguardo dal suo viso.
«Quali voci?» Domandò sorpreso.
«Quelle che ti vedono come Dongiovanni, ecco quali. Già solo parlarne mi innervosisce, non ho alcuna voglia di perdere tempo con te», gli rispose Isabella, indietreggiando di qualche passo, «chi ti ha dato il permesso di entrare nella mia vita? Chi te l’ha chiesto?» continuò adirata, «ridammi ciò che mi appartiene».
Edward rimase campo di fronte a quelle parole, di fronte a quell’accuse infondate che lo vedevano come un possibile Casanova. La verità e che a lui le donne piacevano, e non si tirava mai indietro quando queste manifestavano un certe interesse nei suoi confronti, ma mai ne aveva avute così tante da poter essere definito un seduttore. Era uscito solo con tre ragazze del campus, non era un numero poi così elevato. Per questo non si scompose quando sentì quelle parole, sapeva che non erano la verità, che non erano quelle che quella ragazza avrebbe usato per descriverlo, se non fosse stata arrabbiata. E lui, l’opportunità di farsi conoscere, a Isabella voleva concedergliela, e voleva che anche lei la desse a lui.
«Non dovresti giudicare una persona senza conoscerla, lo sai?» sorrise dolcemente, comprensivo. La trovava sempre più bella ogni minuto che passava in sua compagnia.
Bella fece spallucce, «non è mia abitudine, ma per te provo un'antipatia spontanea».
«A causa della moleskine?» chiese Edward.
Lei annuì, «mi sembra un motivo abbastanza valido».
Edward sembrò rifletterci attentamente, rimanendo in silenzio per diversi secondi. Il cielo sopra di loro aveva assunto sfumature antracite e una coltre di nuvole plumbee si stava avvicinando da Est. Il vento pungente di Dicembre, pizzicava sulla pelle, arrossando le goti e le labbra di Isabella. Stringendosi la sciarpa intorno al collo, sprofondò dentro il calore della morbida lana. Infilò le mani nelle tasche, cercando di ripararle dal freddo.
«Hai ragione», proruppe alla fine Edward, attirando l’attenzione di Isabella, «non posso tenermi qualcosa che non mi appartiene, quindi ti prometto che te la restituirò, però in cambio tu mi devi permettere di farti cambiare idea», le disse lentamente, inumidendosi le labbra secche e screpolate.
Isabella parve confusa, «cambiare idea?»
«Si, cambiare idea su di me. Non posso lasciar scorrere le tue parole. Il mio orgoglio non mi permetterebbe di andare avanti, per questo motivo ti chiedo il permesso di invitarti a cena, sabato sera, per avere l’opportunità di farti cambiare idea sul mio conto», le rispose con un sorriso, vedendola esitare sulla risposta aggiunse che quella sera le avrebbe riportato la sua agenda.
«E’ una promessa?» Domandò arrendevole Isabella, puntando i suoi grandi occhi su quelli di Edward. Dentro quelli di Edward.
«Si».
«Okay, se non mi lasci altra scelta, allora accetto il tuo invito».
Il ragazzo esultò mentalmente, «ti passo a prendere per le otto, va bene?»
Bella estrasse dalla sua borsa un quadernino e strappando un foglio, scrisse velocemente il suo indirizzo sulla carta. La mano le tremava a causa del freddo, così la sua bella calligrafia sembrava irriconoscibile, ma non ci perse molto tempo dietro quel pensiero. Porse velocemente il bigliettino a Edward, risistemando il quaderno e la penna nella borsa.
Edward si rigirò un paio di volte il pezzo di carta tra le mani, per poi infilarselo nella tasca dei pantaloni.
«Hai bisogno di un passaggio?» le domandò, prima di lasciarla andare.
Isabella scosse la testa, «no, ho lezione tra venti minuti», rispose, ringraziandolo però per il pensiero.
«Allora ci vediamo sabato», disse allontanandosi, raggiungendo la sua macchina.
«Non dimenticarti la moleskine», gli urlò dietro Isabella, vedendolo voltarsi un ultima volta verso di lei.
«E tu non dimenticarti che comunque sia, quello di sabato è un appuntamento». Le rispose Edward salutandola con la mano.
Bella non poté non sorridere, in fin dei conti qualcosa in lui l’attirava e non era poi più tanto sicura che si trattasse solo della sua moleskine.
 
Quando uscì dal campus, nel tardo pomeriggio, Isabella aveva indossato  un cappellino di lana per difendersi dal freddo e dalla pioggia che insistentemente  cadeva dal cielo, senza dare alcuna tregua.
A causa della fretta, quella mattina si era dimenticata l’ombrello dietro la porta, così era costretta a muoversi velocemente, camminando sotto le tende avvolgibili dei negozio e i balconi delle case. La metropolitana pullulava  di pendolari e studenti, tutti felici di poter fare ritorno nelle proprie abitazioni.
Isabella solitamente, preferiva percorrere a piedi il breve tragitto tra l’università e il suo appartamento, solo che sotto quel cielo nero, non si sentiva al sicuro. Così aveva deciso di prendere la metro.
Era una sera come tutte le altre, un normale giorno di pioggia nella fredda Chicago. Chi aspettava l’arrivo del treno non sembrava essersi reso conto dell’espressione che Isabella aveva sul volto. Qualcuno l’aveva osservata incuriosito, perché era sempre piacevole osservare un viso così grazioso in mezzo a facce ombrose e tristi. A Isabella non interessavano però, gli occhi maliziosi dei ragazzi, solitamente non ci faceva neppure caso. Non cercava mai di attirare l’attenzione, non era quel tipo di ragazza. Preferiva rimanere nell’anonimato e se, mai qualcuno l’avesse trovata interessante anche lì, allora lei non si sarebbe tirata indietro e gli avrebbe permesso di entrare anche se superficialmente nella sua vita. Ma era successo così poche volte, nessuno scavava mai in profondità. Nessun ragazzo si soffermava mai sui suoi capelli sempre spettinati, sul leggero rigonfiamento del labbro inferiore rispetto al superiore, sullo strato di lentiggini che le coloravano il viso durante le giornate di sole.  Sulle sue mani che non riuscivano mai a stare ferme, quando era nervosa, sul piede che tamburellava quando era stanca di aspettare. Nessuno mai notava quei piccoli particolari. Così rimase piacevolmente sorpresa quando, quel giorno due paia di occhi verdi l’avevano studiata attentamente, e anche se, non gli aveva accennato nulla su quei particolari, Bella era convinta che Edward li avesse notati. E se anche non lo sopportava, per il semplice fatto di averle portato via il suo diario, non poteva far scivolare via quel pensiero, insistente e speranzoso, di qualcuno che finalmente, l’avesse trovata infondo alla stradina solitaria che era abituata a percorrere. Le aveva fatto piacere, anche se questo, non l’avrebbe mai ammesso.
Quando aprì la porta del suo appartamento, sentì un mormorio basso provenire dalla televisione  e rumori di stoviglie dalla cucina. Si chiuse la porta alle spalle, sfilandosi il cappotto e appendendolo all’attaccapanni, poi raggiunse la cucina, dove trovò Jessica intenta a preparare qualcosa per cena.
«Ce l’hai fatta ad arrivare, pensavo fossi stata rapita dagli alieni», disse divertita, posando sul tavolo un piatto con delle mozzarelline e del prosciutto. Si sedette comodamente su una delle due sedie e con calma iniziò a mangiare.
Isabella sospirò, sarebbe stato impossibile sperare che avesse preparato qualcosa anche per lei.
«Allora, com’è andata? Sei riuscita a riprenderti il diario?» le domandò, sollevando la testa. Fissò la sua coinquilina incuriosita, aspettandosi una risposta.
Bella scosse la testa, posando la borsa sulla sedia libera, poi si avvicinò al frigorifero e aprendolo cercò qualcosa che stimolasse il suo stomaco.
«No?» continuò Jessica, riprendendo a mangiare con tranquillità.
«No, non me l’ha restituito», borbottò Bella, chiudendo il frigorifero. Dopo quella fredda giornata il suo corpo chiedeva qualcosa di caldo, così mise dell’acqua nel bollitore.
«Accidenti, quindi è stato lui a prenderlo, ora come farai?» Chiese nuovamente la bionda.
Bella si massaggiò le tempie, «fai troppe domande Jessica», le disse zittendola, «vuoi sapere come riprenderò la mia moleskine?» chiese voltandosi verso la coinquilina, quest’ultima annuì.
«Ho accettato di passare il sabato sera con lui». Le spiegò seccata.
Jessica per poco non sputò il boccone che si era appena infilato in bocca. «Che cosa? Un appuntamento? Con lui? Tu e lui soli?»
«No Jessica, noi due insieme a Brad Pitt e Angelina Jolie», rispose sarcastica, lasciando il tè in infusione.
La bionda ignorò la sua battuta, «davvero ti ha chiesto di uscire?»
«Si perché cosa c’è di così assurdo?»
«Sono solo un po’ sorpresa, non pensavo avesse questi gusti».
Bella la fissò truce, «ancora con questa storia? Mi spieghi qual è il tuo problema?»
«Io non ho nessun problema, sei tu quella tutta matta. Per riavere il tuo diario segreto sei stata costretta ad accettare l’invito di quel bell’imbusto, davvero una tragedia questa». Le rispose usando lo stesso tono di voce sarcastico e divertito di Isabella pochi minuti prima.
«Mi scoccia solamente passare del tempo con un ladro, tutto qui». Le spiegò Isabella, prendendo una tazza dalla mensola e versandoci dentro il tuo tè caldo.
Jessica seguì i suoi movimenti, fin quando non si sedette di fronte a lei.
«Forse conosciamo due Edward Cullen diversi, quello che ho visto io, è fuori dal normale, qualsiasi ragazza sana di mente venderebbe il suo guardaroba per passare una sola ora con lui», le disse allontanando il piatto ormai vuoto.
Bella ridacchiò, «e scommetto che tu sei una di queste».
«Ovviamente. Con questo non voglio dire che lo farei sul serio, intendiamoci, però quel ragazzo è davvero magnifico, e tu hai avuto una fortuna incredibile».
«O sfortuna, dipende dai punti di vista». La corresse Isabella.
Jessica le lanciò un occhiataccia, «immagina per un solo momento di essere una ragazza normale, con gli ormoni che ti funzionano. Se un ragazzo carino e simpatico come Edward ti chiedesse di uscire, tu cosa faresti?»
Isabella fece una smorfia, annoiata, «gli chiederei il perché».
La bionda scosse la testa, «perché lui in realtà è un vampiro e pensa che il tuo sangue sia il più succulente e buono del mondo», sbottò portandosi entrambe le mani sul viso.
Isabella scoppiò a ridere, «sarebbe interessante come risposta».
«Era una battuta», bofonchiò Jessica, guardandola di sottecchi.
«A parte gli scherzi, io lo so, che lui è corteggiato da molte ragazze, non sei la sola ad avermelo detto. Anche per questo non volevo accettare l’invito, non voglio essere una delle tante, capisci?» le chiese Bella con una domanda retorica, «io volevo semplicemente riavere la mia moleskine, non era poi così impossibile esaudire questa richiesta, o sbaglio?»
Jessica annuì, cercando di capire il suo punto di vista, «a dire la verità, io non l'ho mai visto in compagnia di tutte queste ragazze. Mi sembra un tipo abbastanza serio, comunque, ti ha spiegato almeno, perché se l’è portata via ieri sera?»
Bella scosse la testa, «non ha mai risposto a questa domanda».
«E tu non sei curiosa di conoscere la risposta?» le domandò inarcando un sopracciglio.
La mora fece spallucce, e senza rispondere si sollevò dalla sedia, prese la tazza di tè tra le mani e con passo lento si avvicinò al corridoio.
«Io vado a letto. Buonanotte», disse chiudendosi la porta della sua stanza dietro le spalle.
Poche ore dopo, mentre stava cercando di prendere sonno, rigirandosi più volte tra le coperte, Isabella sentì la porta di casa chiudersi con diversi giri di chiave, questo le fece capire che quella sera Jessica non sarebbe rimasta a dormire nel suo letto e che lei stava vivendo la sua vita, mentre Bella, semplicemente stava sopravvivendo alla sua.

Edward rientrò nel suo appartamento quando le luci dei lampioni illuminavano la città e i lavoratori si affrettavano a ritornare nelle loro abitazioni, dalle proprie mogli. Si chiuse la porta di casa alle spalle, lanciando il giubbotto sul divano, sopra altri indumenti. Il suo coinquilino, un ragazzo della sua stessa età, con due grandi occhi azzurri e un neo sul collo, stava comodamente seduto sul divano, con una Foster’s in mano e il telecomando nell’altra.
«Jasper questa casa è un porcile», sbottò Edward andando in cucina per prendersi anche lui una birra, ritornò in salotto dopo pochi minuti, gettandosi di peso sulla poltrona di pelle.
«Metterò in ordine dopo mammina», lo canzonò il biondo, continuando a cambiare canale in cerca di un telegiornale sportivo.
Edward l’ignorò beatamente, «che ne dici se chiedessimo a qualcuno di aiutarci?»
«Non sono così ricco Edward, ti ricordo che abbiamo ancora due affitti arretrati da pagare». Gli rispose Jasper, voltandosi verso di lui. I due ragazzi rimasero in silenzio, consci della loro reale situazione.
«Ha chiamato tua madre», disse dopo diversi minuti il biondo, fissando un punto indefinito sulla parete di fronte al divano.
«Cosa voleva?»
«Parlarti», Jasper rispose come se fosse ovvio, facendo un mezzo sorriso.
Edward biascicò qualcosa prima di sollevarsi dal divano e raggiungere nuovamente la cucina.
«Perché non le dai una possibilità? Almeno lasciale il beneficio del dubbio», gli urlò l’amico dal salotto, finendo la sua birra.
Edward posò la bottiglia sul tavolo prendendo il suo cellulare tra le mani, poi si avvicinò alla finestra, osservando dall’alto una lunga fila di macchine lungo la strada. Rimase così diversi minuti, facendo scorrere i nomi sulla rubrica del cellulare fino a trovare il numero di sua madre per poi ritornare alla schermata iniziale.
«Allora?»
Edward sobbalzò, sorpreso di trovarsi l’amico alle spalle.
«Non è con lei che sono arrabbiato, solo non mi va giù il fatto che lei appoggi mio padre e non me». Gli spiegò rimettendosi poi il cellulare nella tasca dei pantaloni.
Jasper alzò le mani in segno di resa, sapeva che l’amico era un osso duro e difficilmente si lasciava convincere. «Come non detto».
Sul davanzale della cucina c’era un pacchetto vuoto di Marlboro rosse, dentro il lavello i piatti sporchi dei giorni precedenti e sul mobiletto accanto al portachiavi c’era la moleskine di Isabella. Edward si avvicinò per prenderla.
«Hai trovato la proprietaria?» domandò Jasper, seguendo i movimenti dell’amico.
Edward si voltò verso di lui con un sorrisetto malizioso disegnato sul volto, «è stata lei a trovare me».
«Ancora mi devi spiegare perché l’hai portata via da quell’appartamento, neppure ti piace la Stanley», il biondo era perplesso, non aveva ancora capito perché Edward l’avesse fatto.
«In quell’appartamento non ci abita solo Jessica, la proprietaria del diario è un’altra ragazza», gli spiegò Edward, prendendo la bottiglia di birra dal tavolo e portandosela sulla bocca, si gustò il suo amaro sapore.
Jasper corrugò la fronte, «carina?»
«E’ bellissima. Prima ancora di scoprire a chi appartenevano quei racconti, ero rimasto affascinato da chi li avesse scritti. Isabella. Avevo solo un nome, adesso che l’ho conosciuta, ora che l’ho trovata, difficilmente la lascerò scappare». Gli rispose, osservando la copertina cerulea della moleskine.
L’amico scosse la testa, «sei davvero incredibile. Ma almeno spiegami cosa ti ha spinto a prendere quell’agenda».
Edward fece spallucce, «non lo so amico, so solo che in testa avevo quella ragazza incontrata lungo il corridoio e quando ho visto il diario, qualcosa nel mio cervello è scattato. Mi attirava. Solo oggi ho scoperto che si tratta della stessa persona, coincidenze?» gli chiese sorridendo.
«Questo non riuscirebbe a spiegarlo neppure Jung», rispose Jasper, ed entrambi scoppiarono a ridere.

 
 



Ma guardate un pò chi abbiamo conosciuto in questo capitolo, il biondino, amico e coinquilino di Edward, altro non è che Jasper ù.ù
L'ultima frase, che conclude il capitolo, nomina un personaggio assai noto, il caro e vecchio Jung. Jasper parla di lui non per casualità, ma perché questo carissimo dottore, amico e  collaboratore di Freud, fece uno studio approfondito sulle coincidenze, sotto il nome di Sincronicità. E' una teoria molto interessante, se avete tempo e voglia vi consiglio di darle un'occhiata, anche Wikipedia va più che bene xD
Detto ciò,  credo che non ci sia poi molto da dire, il capitolo parla da se. L'appuntamento ci sarà e prima di quanto crediate, lo potrete leggere infatti già nel prossimo capitolo, che purtroppo arriverà  Domenica 29 invece di Giovedì. Sono in partenza per Milano, e starò via una settimana, e purtroppo mi sarà impossibile postare per il giorno stabilito.
Chiedendovi nuovamente scusa per questa posticipazione, vi lascio con i ringraziamenti, infatti senza di voi questa storia non sarebbe nulla. Come sempre ringrazio chi recensisce(angeli *_*), chi segue la storia, chi l'ha messa nelle preferite, e tutti i lettori silenziosi (a questi dico, lasciare un commentino? non sarebbe carino, no a parte gli scherzi, non costringo nessuno io ;P)
Come sempre mi sto dimenticando qualcosa, ma ora come ora non mi viene in mente perciò, come mio solito sono costretta ad andare avanti e sperare nell'illuminazione nel prossimo capitolo. Che avviso, sarà davvero molto interessante, io non lo perderei ù.ù
Ora vado via sul serio, che sono anche in ritardo con la pubblicazione. Buon fine settimane a tutti voi ^^
Lua93.


 
 
   
 
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