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Autore: ccharlotts    19/04/2012    2 recensioni
-- momentaneamente sospesa, riprenderà a breve :)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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“Ale…”
“Ale…”
“Ale…”
Leonardo si voltò sentendo quella sottile e dolce vocina alle sue spalle. Una bambina decisamente troppo piccola per essere da sola stava andando in contro al ragazzo. Non si reggeva perfettamente in piedi e dondolava un po’, proprio come tutti i bambini piccoli. Il ragazzo intuì che doveva essersi persa.
Aveva i capelli biondo cenere, piuttosto lunghi nonostante fosse davvero piccola, ricci, boccolosi.  Il viso era candido come la neve, quasi angelico. Due grandi occhi azzurri e lucidi guardavano Leonardo dal basso. La piccola teneva stretto il ciuccio tra le dita.
“Piccola! Devi esserti persa. Chi cerchi?” Leonardo si chiese se la bambina capisse cosa gli stava dicendo. Poteva essere straniera, poteva essere italiana, o poteva essere troppo piccola per capire. Si ritrovò a domandarsi a quanti anni i bambini iniziassero a camminare, così avrebbe potuto circa darle un’età.
“Ale…”
“Mi dispiace piccola, non conosco nessun Ale qua.”
Il ragazzo si guardò intorno, nessuno nella sala sembrava stare cercando una bambina. Così appoggio il bicchiere con lo champagne che stava bevendo sul vassoio di un cameriere che stava passando proprio in quel momento, poi si abbasso raggiungendo così la piccola.
“Come ti chiami?”
“Charlotte…” rispose la bambina con un leggero sussurro. Probabilmente doveva avere riconosciuto nel ragazzo qualcuno di cui fidarsi, perché i suoi occhi non erano più lucidi e un sorriso si stava aprendo sulla sua piccola bocca.
“Charlotte? Che bel nome!” Leonardo prese la bambina in braccio pensando che magari così chi l’avesse persa potesse vederla meglio.
La sala in cui si trovavano era piena, stessa cosa per quelle adiacenti.
“Dov’è la tua mamma?” domandò poi tenendo delicatamente la bambina tra le braccia.
Notò che aveva un vestitino davvero carino e delle scarpe abbinate, chiunque fosse la madre doveva avere davvero gusto nel vestire. In fin dei conti era risaputo che anche lui era un po’ vanitoso e quando si parlava di abbigliamento non si tirava certo indietro, doveva sempre dire la sua.
Ma il pensiero di Leonardo non si era focalizzato sui vestiti. Piuttosto si era scoperto a pensare che non teneva una bambina in braccio da tantissimo, forse dalla nascita di qualche cuginetto anni prima. Perché ne era così stupito?
Ogni tanto quella sua natura che non mostrava mai usciva fuori, questa era la verità. Lui era quello forte, determinato, grintoso. Lui non era quello romantico, quello che un po’ nell’amore ci sperava, quello che in realtà nascosti nell’armadio aveva libri che parlavano di fidanzamenti, litigi amorosi, matrimoni. Non lo era affatto, o meglio, non lo era in pubblico.
Immerso nei suoi pensieri notò la madre della bambina solo quando gli fu davanti agli occhi.
“Charlotte! Che spavento!”
Era alta, snella. Leonardo non riusciva a capire se i suoi capelli fossero castano molto, ma molto chiaro o biondo scuro. Fatto sta che gli ricadevano sulle spalle sinuosi e morbidi. Si concentrò poi sul viso che sembrava essere fatto di porcellana. Un leggero trucco incorniciava due splendidi occhi castani. Appena sotto un nasino senza imperfezioni e due labbra sottili ricoperte da uno strato di lucido.
Portava un vestito bianco, lungo fino alle scarpe che il ragazzo riuscì a intravedere perché lei teneva il velluto sollevato con una mano, forse per non sporcarlo. Ai piedi un paio di stivali bassi, senza tacco, era già alta di suo. Le braccia erano scoperte, anche queste magre, e terminavano in due perfette mani. In una l’iPhone, l’altra, con una semplice fedina all’anulare, teneva il vestito.
Era la madre più giovane e probabilmente più carina che Leonardo avesse mai visto. Anche se qualcosa non lo convinceva, probabilmente quel suo corpo troppo perfetto per avere ospitato un’intera gravidanza.
La ragazza tirò un sospiro di sollievo, ma poi i suoi occhi cambiarono completamente espressione alla vista del ragazzo. Per un attimo sembrò quasi schifata alla sua vista.
In verità lei stava semplicemente sperando che lui non la riconoscesse, per questo allungò le braccia verso Charlotte sperando che lui gliela desse senza proferire parole. Ma probabilmente era troppo tardi, non sembrava intenzionato a volergli restituire la sorella. Anzi, pareva proprio stare pensando tutto ciò che la ragazza sperava non pensasse.
Leonardo l’aveva già vista, ma doveva essere cresciuta. Rimase immobile, con la bambina tra le braccia che sembrava quasi avere intuito e sorrideva di quei due che si guardavano senza dirsi nulla, ma quella era solo un’impressione che Charlotte dava senza nemmeno rendersene conto.
Il ragazzo era quasi giunto ad una soluzione. Eppure se la ricordava così diversa.
Lei ricordava perfettamente, non aveva mai dimenticato. Lo disprezzava tanto quanto era successo in tutti quegli anni in cui si erano ritrovati lì, insieme, senza neanche volerlo. Quando aveva saputo che ci sarebbe stato anche lui quella sera, che sarebbe stato lì da protagonista, non aveva nascosto un certo sgomento.
In verità non lo odiava come non odiava nessuno di loro. Se li ricordava però, ricordava i loro commenti e le loro battute. Comunque erano passati alcuni anni e lei non ci pensava più, si era sempre ritenuta superiore.
“E’ possibile che io ti abbia già vista?”
Leonardo fu il primo a prendere il coraggio di parlare e rendendosi conto della posizione delle braccia della ragazza le restituì la figlia ancora incredulo del fatto che lei potesse essere una mamma.
“Io… Io non credo.” rispose la ragazza portando tra le sue braccia Charlotte.
Solo a quel punto si rese conto che lui era cresciuto. Era diventato più alto. Portava quei suoi capelli neri leggermente più lunghi, non di molto, ma almeno non era tosato. In genere non le piacevano i ragazzi tosati.
Era più muscoloso, ma quel suo viso da bambino dolce non era sparito. Questo suo tratto le aveva sempre dato fastidio, se lo ricordava bene. Si chiedeva come potesse celarsi un carattere del genere dietro a quelle sembianze così angeliche.
Magari esagerava a pensare ciò di lui qualche anno prima, in fin dei conti erano ragazzi, anzi, ragazzetti, e si sa che il quoziente intellettivo a quell’età è piuttosto sotto la media.
Fatto sta che la ragazza decise di porre fine a quella conversazione che non sarebbe potuta andare avanti, non per sua volontà. Così si voltò e camminò a passi svelti verso la sala in cui si trovava prima di perdere la sorella.
 
Ricordava ancora perfettamente tutte le battute che facevano sul suo conto al mare. Per quali motivi poi? Davvero futili. Ognuno aveva il diritto di inseguire il proprio sogno e lei, studiando, lo inseguiva. Il fatto che lo inseguisse anche d’estate però le aveva causato non poche prese in giro da parte dei ragazzi del villaggio.
Sofia si chiese perché ci stava pensando mentre tornava nella sala dove ad attenderla c’erano Alessandro e suo padre. Era una storia vecchia, chiusa, passata.
Lasciò la sorella al padre e andò a sedersi su uno dei divanetti che si trovavano in fondo alla sala. Un cameriere la fissò mentre si sedeva, Sofia se ne accorse e come risposta decise che poteva temporeggiare prima di allontanarsi con la mente da quel luogo. Così si rialzò e andò verso quest’ultimo per prendere una coppetta di tiramisù.
“Sofia…”
Non era la voce di Alessandro, e nemmeno di suo padre. Non le venne il minimo dubbio che potesse essere Charlotte, era un uomo e sapeva anche chi fosse.
Non girarsi avrebbe voluto dire sembrare scortese e maleducata e lei non voleva. E poi perché farlo?
Ancora una volta si convinse del fatto che erano passati anni e che le persone cambiano, e a volte lo fanno in meglio.
“Leonardo!”
Lo stupì. Lo aveva davvero stupito. Sofia si era voltata e aveva esclamato il suo nome come se fosse la cosa più naturale del mondo. Poi sorrise abbassando per un attimo lo sguardo.
“Ma allora…”
“Sì, sono io. Stavo solo fingendo di non conoscerti.” ammise la ragazza in tutta sincerità.
Era sempre stata una di quelle persone che amano dire le cose in faccia, sia belle che brutte. Questo tratto del suo carattere l’aveva portata ad essere apprezzata dalla maggior parte delle persone che avevano attraversato la sua vita. Sofia era così, se doveva fare un commento lo faceva, se voleva sorridere di una battuta lo faceva, se voleva tacere e non rispondere ad una domanda lo faceva. Lei faceva tutto quello che sentiva di dovere fare e aveva ben pochi rimorsi.
“Posso chiederti perché?” Leonardo, invece, c’era piuttosto rimasto male, ma in fin dei conti se l’aspettava.
Non era però colpa sua se aveva passato la sua infanzia e giovinezza al mare divertendosi a prendere in giro Sofia. Lei se l’era cercata. Stava tutto il giorno su quei libri che lui, da bravo calciatore quale era, non aveva mai apprezzato. Non usciva quasi mai. Loro la invitavano sempre, probabilmente perché nonostante tutto lei era la più bella nel villaggio, ma niente.
Ricordava come fosse ieri tutti quei giorni in cui si ritrovavano sotto il terrazzo della ragazza. Suo fratello, Alessandro se ricordava bene il nome, scendeva subito. Lei no. Lei alzava la testa da quei suoi maledetti libri e con aria severa, forse a causa degli occhiali da vista che la rendevano simile alla professoressa più sexy che lui avesse mai visto, rifiutava l’invito senza neanche aspettare che loro potessero ribadire.
E così, per anni, poterono ammirare le sue splendide forme solamente al mattino, al mare, durante le poche ore in cui Sofia scendeva sulla spiaggia per un bagno e un po’ di sole. Per Leonardo e compagnia era una visione angelica vederla comparire sulla passerella che dalle docce portava agli ombrelloni. Poi però finiva là, lei non si avvicinava. Se ne stava sotto al suo ombrellone a leggere o sulla riva a prendere il sole.
Fortunato suo fratello, l’unico a cui lei rivolgesse la parola. Leonardo, ai tempi, si era convinto del fatto che Sofia se la tirasse.
“Vecchi ricordi. Può bastarti come risposta?”
“Oh, avanti. Non dirmi che sei ancora arrabbiata!”
“Come potrei mai? Tu e i tuoi amichetti vi siete solamente divertiti a rovinarmi ogni singola estate passata in quel villaggio!”
“Noi? Casomai i libri che ti portavi dietro ogni anno, non noi!”
Sofia non riuscì a trattenere un sorrisino a quelle parole. Per un attimo le sembrò di avere accanto suo fratello quando le parlava dell’importanza del calcio.
“Da quando è un crimine studiare?”
“Da quando noi ci rimanevamo male ogni volta che rifiutavi i nostri inviti. E’ normale che dopo un po’ abbiamo iniziato a prenderti in giro, l’avresti fatto anche tu nella nostra situazione!”
Non era cambiato di una virgola quel ragazzo. Sofia, in un certo senso, l’aveva sempre salvato. Della compagnia del villaggio lui e Mattia erano gli unici che gli erano indifferenti.
Mattia era l’unico amico maschio che aveva al mare. Faceva il duro, il ganzo come si diceva a quei tempi, ma ogni sera passava a salutarla, ogni sera aspettava che lei gli raccontasse della sua vita, dei suoi problemi.
Per Leonardo, invece, non c’era molto da dire. Semplicemente aveva un aspetto tenero e nonostante le battutine provenissero anche dalla sua bocca lei aveva sempre avuto un debole per le persone tenere, ma era sempre riuscito a mascherarlo.
“Ci tenevate così tanto alla mia compagnia?”
“Scherzi? Era uno dei nostri scopi riuscire a convincerti di uscire, di venire a prendere una boccata d’aria con noi!”
Leonardo era sincero, ci aveva sempre sperato. E in fin dei conti non credeva alle parole che uscivano dalla sua bocca quando la prendevano in giro, perché Mattia le aveva parlato di lei. Le aveva raccontato del suo carattere e di quanto lui le volesse bene.
Sofia era stata innamorata di Mattia, si vedeva, ma non era mai riuscita a dirglielo. Lui era impegnato e non perdeva occasione per ricordare a tutti quanto amasse la sua ragazza.
No, non era mai riuscito a capire Mattia e mai ci sarebbe riuscito. Come aveva potuto non mollare subito, immediatamente, la sua ragazza per potere avere Sofia? Come? Come? E poi era da sempre stato convinto che quei due sarebbero stati la famosa –coppia perfetta-. Il destino a volte gioca brutti scherzi, e ora eccola li, Sofia, con una figlia e probabilmente sposata.
“Quasi dimenticavo, complimenti, hai una bellissima bambina.”
Leonardo non si spiegò perché mai Sofia ridesse delle sue parole. Si chiedeva che cosa avesse potuto dire di sbagliato? Forse qualche verbo al tempo sbagliato? Eppure gli era sembrata una frase così semplice da dire.
“Charlotte non è mia figlia, è mia sorella!”
Sofia si disse che in fin dei conti lui non poteva saperlo, non tornava in quel villaggio da un bel po’ d’anni. Charlotte non ci era mai stata e probabilmente non avrebbe mai passeggiato tra le viuzze di quel paradiso.
Era un paradiso, sì. Il suo paradiso. Sofia amava quel luogo, poco le importava che fosse ritenuta la secchiona del villaggio, quella antipatica che passava le giornate sui libri. Quando era là stava bene, l’aria di mare le aveva messo allegria sin da bambina.
“Sì, beh, insomma. Avevo intuito che non potesse essere tua figlia, voglio dire, tu, beh, non sembri una mamma. Però, insomma, vi assomigliate quindi comunque si può intuire che fate parte della stessa famiglia …ho fatto una figuraccia, vero?”
“No, no. Figurati. Era più che lecito che tu lo pensassi, non sei certo il primo. Però dico? Mi ci vedi come mamma? Di già?”
Leonardo rimase per un attimo come paralizzato dal sorriso di Sofia. Solo in quel momento notò che portava un paio di orecchini pendenti che avevano la forma di uno scaccia sogni indiano. Gli piaceva lo stile di quella ragazza, a dir la verità quel suo lato aveva fatto colpo su di lui sin dai tempi in cui la prendevano in giro al mare.
“Dovrei conoscerti meglio per potere giudicare.”
Solo a quel punto si illuminò. Si chiese per quale assurdo motivo stesse ancora aspettando a chiederglielo. Non si vedevano da una vita, lui non la prendeva più in giro e lei non aveva addosso quegli occhiali che la rendevano una perfetta professoressa sexy.
E proprio mentre stava per chiederglielo l’occhio gli cadde su quella fedina che Sofia portava al dito. Il ragazzo, forse un po’ deluso, decise per sua intuizione che pur non essendo madre poteva benissimo essere sposata o fidanzata.
Eppure si ricordava perfettamente di avere sentito pochi giorni prima Mattia e lui non gli aveva detto nulla a riguardo. Pensò che non voleva fare un’altra delle sue figure, ma la semplice faccia da pesce lesso con cui l’ammirava era una epica figura di merda.
“Senti…” esclamarono Leonardo e Sofia insieme.
Sofia voleva dirgli che forse era meglio se fosse tornata da suo padre, perché a parer suo iniziava a farsi tardi e il giorno dopo doveva svegliarsi presto per studiare. Sì, per studiare. Glielo avrebbe detto anche un po’ a posta, per vedere quale sarebbe stata la reazione di Leonardo dopo tutti quegli anni.
Leonardo voleva invitarla ad uscire. Voleva sapere cosa ci facesse a Torino, cosa le fosse successo in quegli anni in cui non si erano visti, voleva sapere se suo fratello giocava ancora a calcio (anche se quello, sinceramente, era quello meno gli interessava, ma così magari non gli avrebbe dato subito l’impressione di volerci provare con lei). Si era riscoperto a pensarla al suo fianco in pochi secondi. L’aveva sempre vista come la promessa sposa di Mattia o al massimo come la secchiona bella del villaggio. E ora, dopo un bel po’ di anni, rivendendola lì di fronte a lui, in quel bellissimo vestito bianco, se ne pentiva.
“E’ meglio se parlo prima io o con la memoria che mi ritrovo rischio di dimenticarmene tra due secondi!”
Sofia annuì e attese le sue parole chiedendosi cosa dovesse dirgli di così importante.
“Senti, sei comparsa qui dal nulla e non ci vediamo da una vita praticamente. Mi chiedevo se ti andasse di prendere un caffè insieme un giorno di questi, così, per fare due chiacchiere e aggiornarci un po’.”
“Quando mai ci siamo aggiornati io e te?”
“Non è mai tardi per iniziare.”
“Il mio era un modo carino per dirti no.”
“Ah…”
Il ragazzo non riuscì a dire altro. Si disse che doveva aspettarselo, lui e gli altri sotto il terrazzo di quella ragazza avevano urlato i peggiori insulti che una ragazza potesse mai ricevere. E lei non se li era mai meritati.
“Ti arrendi così facilmente anche mentre giochi a calcio?”
Sofia sorrise dell’espressione di Leonardo. Era sempre stata brava a catalogare i caratteri delle persone che incontrava nella sua vita e lui era esattamente come se lo aspettava. Tenero.
“No, di solito no.”
“Non te la prendere, ma …devo studiare!”
Leonardo la riconobbe, era la frase che ripeteva ogni volta che lui e i suoi amici andavano a chiamarla. Si domandò a che gioco stesse giocando Sofia? Sperò che non fosse solo una sua impressione che lei lo stesse in un certo senso provocando.
Immerso nei suoi pensieri il ragazzo non si accorse che Sofia aveva girato i tacchi e se ne stava andando. Si convinse che quella frase non potesse essere stata un caso e impulsivamente si incamminò verso una delle ragazze che camminavano per la stanza con tacchi e tailleur per prendere appunti sui commenti degli ospiti.
“Te la rubo solo un attimo, è per una giusta causa.” disse mentre rubava la biro dalla mano di quella ragazza che in quel momento avrebbe voluto essere da qualsiasi parte meno che la. Glielo si leggeva in faccia, non si stava divertendo ad ascoltare i pareri della gente.
Ma questo non interessava a Leonardo. Sofia non era ancora troppo lontana. La individuò e si avvicinò alla ragazza a passi svolti.
“Nel caso volessi dirmi cosa ci trovi di tanto bello in tutti quei libri…”
Sofia aveva sentito il suo polso sollevarsi. Doveva aspettarselo, dopo tutto era stata lei a lasciarlo in mezzo alla sala con una frase ad effetto. E ora Leonardo le stava scrivendo il suo numero sul polso.
Lo guardò dapprima disapprovante, ma stava fingendo. Sofia sorrise nel giro di pochi istanti.
Questa volta fu il ragazzo a stupirla, doppiamente. Prima con il gesto del numero, poi perché fu lui a girarsi e ad andarsene senza dire altro, senza darle il tempo di rispondere.

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buonasera dolcezze :3 e dunque avete appena letto il secondo capitolo. commenti? impressioni? critiche?
se trovate qualche errore di grammatica è perchè lo aveva riletto e sistemato, ma poi non ho salvato e mi scocciava rifare tutto, ahahahahah. 
mi raccomando, ditemi tutta la verità, solo la verità, nient'altro che la verità!
un abbraccio, Elisa.
  
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