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Autore: LandOfMagic    19/04/2012    2 recensioni
Le sventure sembrano non finire per chi porta il cognome Potter. Come a dire, la storia si ripete... E se anche la piccola Lily Potter subisse lo stesso destino del padre? Come si svolgerà il primo anno ad Hogwarts tra nuovi professori, nuovi amici e vecchie conoscenze?
DAL CAP. 10:
“Non avevo dubbi che sarebbe stata smistata a Corvonero. È una secchiona, forse peggio della madre!” sussurrò Ron all’indirizzo di Harry.
“Ronald Weasley, ti ho sentito sai? Almeno io non ho dovuto Confondere l’esaminatore di guida per ottenere la patente babbana!” lo rimbeccò la moglie.
Genere: Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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10.
La Partenza: Alla Stazione di King’s Cross



“Quell’anno l’autunno arrivò presto.
La mattina del 1° settembre era dorata e croccante come una mela…”
(Tratto da “Harry Potter e i doni della morte”)




Il villaggio di Godric’s Hollow aveva dato i natali al leggendario fondatore della Casa di Grifondoro e a lui doveva il proprio nome altisonante. Era una ristretta comunità di maghi e streghe nella parte occidentale dell’Inghilterra ed ospitava anche qualche tranquilla famiglia Babbana.  
Harry era tornato a vivere lì dopo la morte di Ginny. Rimanere nella loro casa a Burford non aveva senso senza di lei e senza Lily, gli causava troppo dolore. Per questo aveva rimesso a nuovo la vecchia casa dei Potter, che era andata parzialmente distrutta dopo il duello dei suoi genitori con Lord Voldemort, e vi si era stabilito in pianta permanente.
A Lily non pareva vero di aver trovato il suo vero padre e sfruttò ogni minuto delle due settimane che le restavano prima di partire per Hogwarts per tentare di recuperare tutto quel tempo perduto.
Harry le aveva fatto visitare il piccolo centro cittadino che constava di una chiesa gotica dietro la quale si apriva il cimitero dove erano stati sepolti anche i suoi genitori, un ufficietto postale che sbrigava i servizi più comuni, un pub poco frequentato e un paio di negozi che vendevano beni di prima necessità.
La piazza, di pianta quadrata, sulla quale si affacciavano i suddetti edifici si restringeva poi in una viuzza lastricata ai lati della quale erano perfettamente allineati una serie di cottage pittoreschi, tipicamente inglesi.
Era proprio in una di queste casette con il portone colorato di blu, la recinzione di legno bianco ed un modesto appezzamento di giardino che Lily trascorse le sue giornate in compagnia del padre. Quest’ultimo la istruiva ai primi rudimenti di magia, perché non si trovasse del tutto impreparata com’era invece successo a lui, ed interrompeva le lezioni solo per rispondere alle domande curiose della figlia che lo interrogava su com’era la vita quando la mamma era ancora al mondo.
Harry, dal canto suo, non aveva bisogno di domandarle come aveva passato quei dieci anni insieme ai Signori Goradiel. Lo sapeva bene, dal momento che non aveva mai smesso di tenerla d’occhio … seppur da debita distanza.



***


La mattina del primo settembre Harry Potter si svegliò alle cinque, agitato come se fosse tornato indietro nel tempo a quando aveva undici anni e toccasse a lui andare ad Hogwarts. Ma era Lily a dover partire e, proprio come Ginny anni addietro, anche lei non vedeva l’ora di salire sull’Espresso e quella notte non era riuscita a chiudere occhio tant’era l’emozione. Era rimasta sveglia quasi tutto il tempo perdendosi nella lettura di “Storia di Hogwarts”, un volume di orientamento propedeutico per un’utile conoscenza della Scuola di Magia più famosa.
Arrivarono alla Stazione di King’s Cross alle dieci in punto, a bordo della vecchia motocicletta di Sirius.
Lily si guardava attorno incuriosita mentre suo padre spingeva il pesante carrello pieno zeppo di bauli, pacchetti e libri di magia. Non stava più nella pelle all’idea di iniziare quella nuova avventura e nemmeno si accorse quando Harry la sospinse verso la colonna di mattoni che separava i binari nove e dieci. Se ne rese conto solo a pochi centimetri dall’impatto, quando ormai pensava di dover andare inevitabilmente a sbattere contro quella barriera solida. Ma, con sua grande sorpresa, non ci fu alcuno scontro. Anzi, si ritrovarono in un battibaleno in una zona della stazione preclusa ai Babbani, al di là della colonna che avevano attraversato e che ora aveva lasciato il posto ad un arco in ferro battuto sopra il quale campeggiava la scritta: Binario Nove e Tre Quarti.
“Forte! Possiamo rifarlo?”
“Magari la prossima volta, eh! Adesso ti voglio presentare delle persone!”



***

Sul binario Nove e Tre Quarti giganteggiava una maestosa locomotiva a vapore scarlatta. Era avvolta da nuvole di fumo biancastro che celavano nella loro nebulosa foschia un groviglio di persone affaccendate a spingere carrelli e a cercare posto nelle carrozze del treno. La pavimentazione lucida del binario era resa scivolosa dalla moltitudine di goccioline di vapore acqueo che vi si depositavano e si spandevano a bagnarne l’impiantito. Un ragazzino dai corti capelli biondi e dallo sguardo stralunato scivolò su una mattonella sconnessa e capitombolò per terra, facendo ruzzolare la montagna di libri che aveva in mano.
“Lorcan, ma che ci fai lì a gambe per aria?” un adulto gli si fece incontro per aiutarlo ad alzarsi. Lily lo riconobbe. Era Rolf Scamandro, il proprietario del Serraglio Stregato.
“Papà, è tutta colpa di una Formitrina!” farfugliò il ragazzo, rimettendosi in piedi e pulendosi le mani umidicce sulla stoffa dei pantaloni.
Rolf si chinò a raccogliere la pila di testi scolastici sparpagliati al suolo.
“Di chi sarebbe la colpa?”
“Uffa! Di una FORMITRINA!” ripetè Lorcan a mò di nenia. “E’ una specie di formica invisibile che ti striscia sulle gambe e ti fa traballare fino a farti cadere!”
“E perché a tuo fratello Lysander non capitano mai incidenti così bizzarri?”
“Perché la mamma dice che io da piccolo sono stato punto da una Dispettina, a Lysander invece non è successo!”
Il padre scrollò le spalle ed alzò gli occhi al cielo in segno di rassegnazione.
“Tale e quale alla madre!” bisbigliò sottovoce.
I vapori si diradarono attorno all’ultima carrozza ed Harry distinse chiaramente una testa di capelli biondi, che andavano sempre più stempiandosi sottolineando un mento affilato. Draco Malfoy ascoltava, senza parvenza di interesse, le lagne della moglie Asteria. Quest’ultima era sconcertata dal fatto che il suo beneamato Scorpius dovesse mescolarsi ad una marmaglia di Mezzosangue, per di più a bordo di un mezzo di trasporto così squallidamente babbano, qual era il treno.
“Anni e anni di evoluzione, eppure guarda a cosa siamo ancora costretti. Non capisco perché il Ministro della Magia si ostini ancora a far viaggiare noi Purosangue con questi luridi mezzi babbani! E’ alquanto degradante, non lo trovi anche tu, Draco?”
Figura longilinea e snella, capelli lunghi sempre sciolti ordinatamente sulle spalle e carnagione chiarissima, Asteria Greengrass era una vera maniaca dello shopping e dell’agiatezza. Ex magi-modella, passava le sue giornate a scialacquare il patrimonio di famiglia tra vestiti firmati e beni di lusso di ultimo grido. Tra la maggior parte delle famiglie di maghi benestanti era considerata una diva, non solo per il suo stile di vita assai dispendioso ma anche per la facilità con cui era riuscita a mettere a guinzaglio l’indomabile Draco Malfoy.
“Il mio piccolo Scorpy… piccino!” diede un buffetto sulla guancia al figlio e lo avvolse in una stretta da mamma-chioccia. Il giovane Scorpius, imbarazzato per quella dimostrazione d’affetto in pubblico, si divincolò da quell’abbraccio come un tarantolato. Non fosse mai che la sua reputazione venisse rovinata già prima di salire sul quel treno di pezzenti.
“Quel ragazzino l’ho già visto a Diagon Alley, papà. E’ cattivo!” commentò Lily indicandolo, senza farsi notare dal diretto interessato.
“Oh, parole sagge e sacrosante, cara Lily!”
Padre e figlia si voltarono contemporaneamente.
Un viso rubicondo e puntellato di lentiggini li fissava sorridendo compiaciuto e masticando di buon gusto un panino al bacon. Accanto a lui una donna in tailleur dall’espressione profondamente intellettuale teneva per mano un bambino dell’età di Lily e, dall’altra parte, una ragazzina poco più grande.
“Ron! Hermione! Vi stavo giusto cercando” esclamò Harry abbracciandoli. “Lily, questi sono i tuoi zii!”
“Piacere!” la ragazzina si sciolse in un gran sorriso. “Ciao a tutti!” aggiunse rivolgendosi ai due figli della coppia.
“Loro sono Hugo e Rose. Anche loro frequentano Hogwarts ed Hugo è al suo primo anno, proprio come te” le spiegò Hermione.
“Io invece sono al terzo. Casa di Corvonero” si intromise Rose. “Non esitare a chiedere il mio aiuto se ti trovi in difficoltà”.
“Non avevo dubbi che sarebbe stata smistata a Corvonero. È una secchiona, forse peggio della madre!” sussurrò Ron all’indirizzo di Harry.
“Ronald Weasley, ti ho sentito sai? Almeno io non ho dovuto Confondere l’esaminatore di guida per ottenere la patente babbana!” lo rimbeccò la moglie.
“Per le mutande di Merlino, donna! Era solo una battuta!” Ron le sorrise divertito.
“Hai un pezzo di bacon tra i denti, comunque!” ribattè Hermione in tono infastidito.
Lily non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere fragorosamente, imitata istantaneamente dal padre e dai due ragazzi.
“Si punzecchiano sempre, però si vogliono bene!” concluse Rose, dimostrando una maturità esemplare, cosa che gli adulti sembravano aver lasciato a casa.
Da un altoparlante una voce gracchiante annunciò l’imminente partenza del treno. Le parole finali vennero sovrastate dal cicaleccio dei genitori che salutavano i propri figli e si persero nel trambusto degli ultimi bagagli che venivano issati sul treno.
Un ragazzo dai lineamenti indiani, con corti capelli neri, non voleva saperne di partire.
“Io non ci vado, zia Padma. Non ho voglia! Non mi piace!”
“Amal Patil Jordan! Sali subito su quel treno… e senza fare storie!” si impuntò la zia.
La prima carrozza era riservata ai prefetti e i due vagoni seguenti erano già completamente affollati di studenti.
Lily, dopo aver abbracciato e salutato calorosamente il padre con la promessa di tornare per le vacanze, si affrettò insieme ai cugini a salire a bordo in cerca di uno scompartimento libero.

   
 
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