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Autore: pippobook    20/04/2012    0 recensioni
Era da una vita che non tornavo in questo posto.
Ormai non ricordavo più niente: le vie, le piazze, le case, tutto era cambiato e niente mi faceva tornare ai tempi di quando avevo sei anni.
Quell'isola dal aereo sembrava così piccola ma poi, quando entri in aeroporto tutto cambia.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Mi risveglio in camera mia ed è sera.
Alzandomi di scatto, sento la testa rimbombare e ricado senza forze sul letto con lo sguardo rivolto verso il soffitto. Camera mia al momento è molto semplice da descrivere: un letto, un comodino, un armadio ed una ventola. Sì, perché qui l’inverno è come se non esistesse, ci sono sempre temperature elevate; e pensare che sono stato in posti nei quali l’unica cosa che vedevi era la neve e la nebbia ad un palmo dal naso. Una cosa comica, al solo pensarci mi viene da ridere. Dopo essermi ripreso, scendo in cucina a prendere qualche cosa da mangiare e devo dire che la casa non è proprio cambiata per niente. Arrivato ai fornelli, mi accorgo che mia madre mi ha lasciato in una pentola un po’ di carne da riscaldare.
Quella donna mi protegge come meglio può, conosce tutte le mie cose più segrete e ormai sa che quando svengo per questi forti mal di testa (che ogni volta si manifestano di punto in bianco) l'unica soluzione è farli passare senza dar loro troppa importanza. Il pasto mi rimette in forze e, notando l’ora, mi accorgo che ho dormito per due giorni di fila. Mi sa che il mal di testa mi ha proprio preso tutte le forze!
Decido di fare un giro per vedere cosa ci offre di nuovo quest' isola. Mentre passeggio mi viene in mente che fra una settimana rinizia la scuola dopo le vacanze nazionali e prima di quel giorno voglio passare da un posto in particolare.
Ormai i flashback legati a questi luoghi sorgono spontanei: ricordo come sempre mio padre che mi parlava di una congregazione molto importante, all'interno della quale sarei dovuto entrare anch'io, un giorno. Una specie di fratellanza in cui si combatteva per uno scopo per il quale anche mio padre, prima di me, aveva combattuto fino alla morte. Quando mia madre me ne accennò per la prima volta avevo solo otto anni, ricordo bene.
Era già stato tutto deciso fra lei e mio padre:  in quel periodo ci trovavamo in Italia, più precisamente a Firenze.  Lei, con i suoi occhi preoccupati e ansiosi, mi aveva presentato ad una persona che prendeva il nome di "Mentore".
Quest'uomo rivestiva la carica di Mentore della città, e ricorderò sempre le sue parole mentre mia madre si allontanava da noi:
“Tu, ragazzo, hai un passato che spinge verso conoscenze che non hai mai immaginato. Saranno proprio queste conoscenze che ti permetteranno di trovare risposte alle domande che ti stai ponendo”.
Ascoltando quelle parole ero rimasto allibito da quell’uomo che ancora non conoscevo: vestito con una tunica celebrativa bianca, candida come la neve, e con lo sguardo dolce, ma allo stesso tempo duro.
 Sapevo che quella che avrei deciso sarebbe stata la scelta che mi avrebbe cambiato totalmente la vita.
Quella tunica bianca, per un istante, mi aveva fatto venire in mente il nero degli occhi di lui, colui che volevo rivedere ancora per potergli far sentire, dire, far capire l’odio che provavo nei suoi confronti. Il pensiero inizialmente aveva preso piede nella mia testa, ma la voce del Mentore aveva sfumato piano piano quelle immagini.
Mi ero sentito indifeso, perso, senza la possibilità di scappare, ma in quella mia debolezza avevo percepito la tranquillità, la pace, quello che più mi serviva per trovare un equilibrio.
“Sei speciale, hai un dono che nessuno ha, ragazzo: sei colui che ha dentro di sé la luce più pura, ma anche l’oscurità più buia. Spetterà a te decidere da che parte stare”  Il vecchio Mentore aveva ragione, ma d'improvviso un forte capogiro mi aveva fatto perdere i sensi trascinandomi in un sonno profondo.

Ripresomi, mi ero ritrovato in un posto strano, diverso da quello di prima: ero circondato dal bianco e nero, impaurito e confuso. Non capivo dov'ero.
Quella non era casa mia, e stavo iniziando a vedere più buio che luce. Tutto diveniva tenebra, e  in quell'istante una voce mi aveva chiamato: “Vuoi vedermi? Vuoi vendicarti? Vuoi avere GIUSTIZIA? Allora vieni da me ed avrai quello che desideri”.

“No, ragazzo” aveva aggiunto un' altra voce “La giustizia non si trova nella morte e nelle tenebre, si trova nella luce”. Mi ero ritrovato catapultato in una stanza divisa perfettamente a metà tra bianco e nero e davanti a me si stagliavano due figure: dalla parte oscura vedevo un uomo deperito, gli occhi sgranati, vestiti pieni di buchi ed una spada a doppia mano lunga e grossa. Pensavo che potesse essere un' arma di dolore e distruzione e lo devo ammettere, avevo ammirato quell’arma con la voglia di brandirla e poterla usare a mia volta.
Nella parte piena di luce, invece, avevo visto un Angelo con le ali bianche spianate, un elmo d’oro luccicante ed un bastone; quella lucentezza mi aveva ricordato la pace e la tranquillità, cose mai conosciute prima d'ora.

Le due figure avevano parlato nello stesso momento: “Scegli da che parte stare, ricorda che la tua decisione sarà definitiva."
Mi ero avvicinato con il cuore in gola, che cosa dovevo fare? Uno di loro prometteva la vendetta tanto agognata, l’altro non aveva detto niente, ma il suo silenzio faceva più rumore del caos stesso.
Improvvisamente però qualcosa aveva preso il sopravvento: una terza figura era presente adesso, un uomo che parlava una lingua strana che non comprendevo. Piano piano questa figura si era avvicinata e dentro di me avevo provato una profonda attrazione. Qualcosa di strano, insolito, nessuno aveva sortito quell'effetto su di me prima di allora. L'avevo visto in faccia e il suo volto mi aveva riportato alla mente un libro. Stavo cercando di rammentare di che libro si trattava, quando l'uomo aveva iniziato a parlare nella mia lingua:
“Ebbene, finalmente ci conosciamo ragazzo!”.

“E tu chi diamine sei, come fai ad essere dentro me?”

“Troppe domande, però se vuoi…”.

Stava per continuare, quando l’attacco delle due precedenti figure l'aveva costretto a difendersi brandendo due spade. Ma non riusciva a contrattaccare.

“Combatti Alex, dammi una mano!”

“Perché dovrei combattere? Dammi una semplice mot…”

“Io e te siamo la stessa persona, scegli me ed insieme potremmo fare quel che vogliamo!”

Lo stavano per uccidere, quando il ricordo di mio padre era arrivato come un colpo di fucile nella mente. "No, nessun’altro deve morire"
Avevo preso la mia scelta.

Successe tutto molto rapidamente: mi ritrovai di nuovo nella stanza con il mio Mentore, addosso solo un camice grigio. Venni convocato ed accolto con queste parole: "Alex Denestis, discendente della casata dei Cavalieri Bianchi: da oggi verai chiamato "Alex, il grigio mezzosangue". La tua forza sarà luce e l’oscurità, un insieme che porterà pace!”.


 

  
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