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Autore: postergirl84    20/04/2012    6 recensioni
Storia terza classificata al contest "Bella e Jacob per sempre" indetto da jakefan sul forum di EFP.
Bella ha deciso: sposerà Edward, e lo seguirà nella sua vita eterna. Perché il loro amore è più forte di tutto e per stare con lui tutte le rinunce che dovrà fare appaiono come piccole sfaccettature d’ombra in un avvenire perfetto.
Ma se non fosse davvero così? Se un avvenimento tragico facesse capire a Bella che la vita umana ha un valore troppo grande per essere semplicemente messa da parte? E se Jacob fosse proprio quel qualcosa che rende la vita degna di essere vissuta?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Jacob
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 3

Esistenza da soli

 

La lapide di marmo, la terra smossa. Mia madre giaceva là sotto, fredda e immobile. La mia mente rifiutò quello che invece i sensi percepirono chiaramente. Era finita. Era finito tutto.
La gente a poco a poco andò via e restai da sola. Adagiai ai piedi della lapide i fiori che stringevo fra le mani. Mi avvicinai ancora di più, inginocchiandomi ed andando a sfiorare con le dita il nome di mia madre inciso nel bianco.
“Erano i suoi preferiti, gardenie.”
Jake era a pochi passi di distanza da me. Aveva compreso il mio bisogno di salutarla un’ultima volta. Solo io. Ma sapevo che non si sarebbe allontanato.
“L’ultima volta che abbiamo parlato al telefono.” continuai “Non ha fatto altro che ripetermi che sarebbero stati i fiori perfetti per il giorno delle nozze. Non sentirò mai più la sua voce ed ho sprecato gli ultimi istanti discutendo sul mio stupido bouquet da sposa.”
Le lacrime tornarono a rigare il mio viso e i singhiozzi a squassare il mio petto. Mi cinsi il corpo con le braccia cercando di contenere in qualche modo il dolore. Sentivo il cuore privo di pulsazioni, gelido e anche tanto, troppo freddo addosso.
Jake mi fu subito accanto, si inginocchiò di fronte a me prendendo il mio viso fra le mani. Incatenò i nostri occhi, scavò dentro la mia anima quasi volesse bruciare ogni piccolo frammento di scaglie ghiacciate che vi erano intrecciate. Non parlò. Nessuna frase mi avrebbe trasmesso di più in quel momento che le sue iridi nere. Avvicinai di più il mio corpo al suo, volevo il suo calore, né volevo ancora di più.
Fu allora che successe. La mia anima, persa nella sua, prese il sopravvento sulla ragione. Vedevo solo i suoi occhi, sentivo solo il suo cuore, percepivo solo quel calore che tanto agognavo. Le mie labbra annullarono la breve distanza che le separava da quelle di Jake e si modellarono perfettamente sulle sue. Il mio bisogno di lui era troppo grande per cercare di fermarmi. Il suo sapore contro la mia bocca, il suo respiro fuso con il mio. Durò dei secondi eterni ma quando dischiusi le labbra per approfondire quel contatto, Jake si tirò indietro. Mi aiutò ad alzarmi lasciando che le nostre dita s’intrecciassero. Restò in silenzio alcuni instanti, perso in chissà quali pensieri e poi iniziò a parlare:
“Quelli di mia madre erano i girasoli. Ogni mattina, appena sveglio, trovavo un girasole sul mio comodino e un enorme vaso sul tavolo in cucina accanto alla colazione.”  La sua voce roca non riuscì a nascondere una nota di malinconica tristezza. "Dopo che morì, continuai a portarli in tavola al mattino prima che tutti gli altri si svegliassero. Ancora oggi mio padre non ha idea che fossi io a farlo; ha sempre creduto fosse Rachel.”
Presi a sfiorare il dorso della sua mano unita alla mia.
“Non me l’hai mai raccontato, Jake. Non parli mai di tua madre.”
Lo vidi stringersi nelle spalle, scacciando una piccola lacrima che si era adagiata all’angolo del suo occhio.
“All’inizio dovevo essere forte, per mio padre per le mie sorelle. Mamma diceva sempre che io ero il sole che illuminava le sue giornate, anche quelle più tristi, non volevo deluderla. La gente mi guardava, mi vedeva sempre sorridente e smise di chiedermi come stavo, a me andava bene così. Poi un giorno ha iniziato ad essere vero. Il dolore era sempre presente, ma si era trasformato: riuscivo a ricordarmi di lei sorridendo. Mia madre è sempre dentro di me, Bells, ogni giorno, ma ora mi ricordo di lei felice, mi ricordo della sua dolcezza e di tutte le cose belle e divertenti che faceva con me ed è diventato sopportabile. Succederà anche a te, credimi.”
“Non sono forte come te, Jake…”
“E’ vero, lo sei di più.”
Non disse nient’altro. Tornò a stringermi a sé ed io rimasi lì, in silenzio, con lui, finché non mi sentii pronta a tornare a casa.

 

 

 

 

Forks era umida e piovosa, anche quella mattina quando uscimmo dall’aeroporto. Mi voltai a guardare Bella: i suoi occhi erano ancora gonfi e rossi per le lacrime. Mi maledissi per non riuscire a fare di più per lei. Avrei voluto che smettesse di soffrire, avrei voluto non vederla mai più piangere.
Edward avanzò verso di noi, lo vidi stringerla fra le sue braccia gelide, lo vidi baciare le sue labbra di fragola. E vidi lei rispondere al suo abbraccio, al suo bacio, prima di tornare da me e sfiorare la mia guancia con una carezza mentre sussurrava al mio orecchio:
“Ti chiamo più tardi. Grazie.”
Sparì dentro la macchina di lui e io rimasi lì, l’eterno secondo, il suo migliore amico, a ripensare a quel bacio appena accennato del giorno prima. Poteva la disperazione averla spinta così tanto verso di me? Perché lo aveva fatto? Perché mi aveva baciato? Potevo permettermi la speranza o sarebbe stata l’ennesima illusione?
In quel cimitero si era presa un'altra parte della mia anima, ma io le avrei donato anche ogni respiro, ogni goccia del mio sangue , il corpo. Il mio cuore le apparteneva già da un tempo immemore. Le avrei concesso di prendersi tutto il mio essere pur di rivedere il suo sorriso. Anche se alla fine, di me, non sarebbe rimasto più nulla.

 

 

 

Da dentro la macchina di Edward che si allontanava, guardai la figura di Jake farsi sempre più piccola. Sapevo che il risultato di quei giorni sarebbe stato altro dolore per lui. Ancora una volta ero stata egoista. Una piccola egoista bastarda. Se ci fosse una vera giustizia a questo mondo sarei dovuta morire io al posto di mia madre. E invece lei non c’era più ed io non avevo imparato niente. Non ero cresciuta, ero sempre la solita Bella che feriva ancora, ancora e ancora le persone che l’amavano. Sarei dovuta restare da sola e avevo paura: paura che prima o poi Edward si stancasse di me e delle mie stupidaggini, avevo paura lo facesse Jake, avevo paura di affrontare la vita. Avevo paura, ancora una volta, di finire schiava del mio cuore umano, invischiata in quel triangolo perverso di sofferenze al quale, ora capivo, la decisione di sposare Edward  non aveva mai realmente posto fine.

 

 Note autrice.

 

Poche e veloci parole. Grazie a chi legge a chi ha messo la storia fra le seguite , ricordate e preferite, mi avete reso felice. Grazie a aniasolary e Maria_Black.
 Prossimo aggiornamento mercoledì due maggio.

 

   
 
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