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Autore: Rosie Bongiovi    20/04/2012    3 recensioni
"Teneteli" disse, lasciando nelle loro mani un ciondolo. Un simbolo della loro amicizia, solida come una costruzione di acciaio, delicata come un castello di sabbia.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Credi che sarà d'accordo con noi?”.

“Io credo di sì. Lo sarei se fossi nei suoi panni..”.

“Sai che dovremo aspettarci di tutto, vero? E' pur sempre giovane..”.

“Ehi sta arrivando”. Un'adolescente dai lunghi capelli lisci e biondi si avvicinò a due figure vestite di nero da testa a piedi. Li squadrò con i suoi enormi occhi azzurri, presi dalla madre.

“Si può sapere per quale motivo sembrate due guardie del corpo?” chiese arcuando le sopracciglia. Jon e Chelsea risero.

“Lunga storia. Sali in macchina con noi? Ti va di fare un giro?” chiese il cantante. Richie quel giorno avrebbe dovuto occuparsi di qualche faccenda. Non aveva specificato bene di cosa e ciò aveva fatto venire innumerevoli dubbi all'intera band e a Chelsea. Comunque, a causa dei suoi impegni, aveva chiesto ai suoi due migliori amici di occuparsi di Ava per qualche ora. Avrebbero sfruttato questa situazione a loro favore.

“Papà ha problemi?” domandò la ragazza, allarmata.

“No no, è tutto okay” rispose subito Chelsea, scompigliandole i capelli e invitandola a salire sull'automobile di Jon, una Chevrolet Camaro acquistata giusto l'anno precedente. La ragazza prese posto sul sedile posteriore, per niente convinta di tutta quella messinscena.

“Che mi nascondete?”.

“Non appena saremo a casa mia ti spiegherò tutto per bene” rispose Jon, imboccando la tangenziale per arrivare nell'appartamento che aveva acquistato piuttosto vicino a Richie. Non era particolarmente spazioso, però gli andava benissimo per passarci un paio di settimane, prima di tornare nel New Jersey da moglie e figli.

Ava sospirò e appoggiò la testa al sedile, mettendosi nelle orecchie entrambe le cuffie dell'Ipod e cominciando ad ascoltare musica.

“E se stessimo per fare una sciocchezza?” chiese Chelsea, a bassa voce. Jon rispose facendo spallucce.

“Tentar non nuoce.. Ora scopriremo che ne pensa” concluse, iniziando a rallentare; l'automobile era di fronte al palazzo in cui c'era il suo quadrilocale. Parcheggiata la macchina, i tre salirono fino all'ultimo piano, il sesto. Ava mostrava in continuazione segni di incertezza, le unghie della mano sinistra erano tutte mangiucchiate. Sapeva che quel qualcosa riguardava suo padre, non avrebbero avuto altri motivi per volerle parlare così.

L'entrata dell'appartamento era semplice, c'erano uno specchio, un tavolino di vetro con su un portacenere, un appendiabiti di ferro ed una piccola scarpiera. Il soggiorno invece era illuminato da un'immensa finestra affacciata su un balcone di due metri per tre. C'era una televisione con tanto di lettore dvd ed una pila di cd al suo fianco.

Ava si lasciò cadere sul sofficissimo divano giallo oro, perfetto con quelle tende di un giallo scuro e il tappeto davanti alla libreria pressoché vuota.

"Hai sentito che cosa.. Sta combinando tuo padre..".
"Con quella strega di Denise?" replicò Ava, sbuffando. Se parlava così c'erano 2 opzioni: o era nervosa per problemi personali o non sopportava Denise. Jon e Chelsea decisero di credere alla seconda opzione.

"Ava, abbiamo bisogno di te per fare una cosa che ci toglierà dai piedi quella bionda ossigenata". Forse Chelsea si stava facendo prendere la mano..

"E cioè?" domandò subito Ava, della quale avevano completamente conquistato la fiducia e l'attenzione. Chissà, forse in fondo sperava che il padre e la madre tornassero insieme..

"Oggi usciranno insieme. Dobbiamo fare in modo che sia un appuntamento a dir poco catastrofico" spiegò Jon, forse con eccessivo entusiasmo.

"Ma ce ne saranno altri..". mormorò la ragazza, con un velo di sconforto.

"Ava, guardami bene negli occhi". Chelsea si sedette sul divano, accanto alla ragazzina bionda. "Renderemo loro le cose così difficili, che non solo saranno costretti a rimandare l'uscita, ma anche a non vedersi mai più. Allora, ci stai?" chiese infine, porgendole la mano. Ava la scrutò, per poi stringerla vigorosamente.

"Eccome se ci sto" concluse, con la determinazione di un Sambora.

 

"Come volevasi dimostrare.." mormorò Jon, osservando Richie mentre parcheggiava l'auto fuori dalla casa di Denise. Il biondo aveva tra le mani un binocolo, recuperato gentilmente da Ava, perplessa ma anche a disagio.

"Come pensiamo di agire?" mormorò la ragazza, attenta a non muoversi; erano tutti e tre dietro ad un cespuglio, le probabilità che Richie potesse vederli sarebbero state alte se non avessero fatto attenzione. Il chitarrista scese dalla sua Ferrari grigia, pronto a citofonare. La strada era in discesa, parecchio lunga.

"Oh, ma abbiamo già agito tesoro.." rispose Chelsea, con un pizzico di cattiveria. La ragazza inarcò un sopracciglio; cosa avevano architettato in così breve tempo? 

Non fece nemmeno in tempo a pensarlo, che l'auto di Richie cominciò ad andare in discesa alla velocità della luce.

"Ops, qualcuno ha manomesso il freno a mano.." commentò il cantante, con una finta aria innocente, trattenendosi a mala pena dall'emettere un ghigno malefico. 

Richie, non appena se ne accorse, cominciò a rincorrere la sua adorata Ferrari, urlando inutilmente parole come 'Ti prego, fermatiiiii'.

"Siete perfidi!" disse Ava, ridacchiando.

"E non hai ancora visto niente!” replicò Chelsea, estraendo dalla tasca un telecomando nero e premendo un pulsante. "Allora, se lo conosco bene, il signor Sambora ora farà finta che non sia successo nulla e quindi tornerà davanti alla casa di Denise per citofonarle e spiegarle del suo ritardo. Farebbe di tutto pur di non fare brutta figura. Dopo averle chiesto di scendere chiamerò il carro attrezzi. Ma...".

"Ma?" domandò Ava, curiosa come non mai. Chelsea le fece segno di osservare il padre.

Richie continuava invano a citofonare, ma non c'era nulla da fare; Chelsea aveva messo KO il citofono con quel telecomando.

"Non avete pensato a tutto però, ha comunque il cellulare per avvisarla.." osservò Ava.

"E se la scheda fosse stata come dire.. Smagnetizzata?".

"Siete dei geni!" esclamò, contenta come non mai.

Intanto Rich imprecava inutilmente contro la tecnologia a lui avversa.

“Tra la sua auto abbandonata e mezza sfasciata, e Denise, cosa sceglierà il nostro eroe?”. La domanda posta da Jon era evidentemente retorica: Richie aveva una grossissima passione per le automobili, in quel momento la priorità era la sua Ferrari. Denise non sarebbe scappata, insomma, si sarebbe fatto perdonare in qualche maniera.

L'uomo, come avevano già predetto Jon e Chelsea, aveva recuperato il cellulare dalla tasca dei suoi jeans. Compose il numero tre volte prima di sbuffare, nervoso come non mai, e di dirigersi a grandi passi verso il parco; a cento metri circa c'era un negozio di auto addetto anche al recupero dei mezzi dopo gli incidenti.

“Ora andiamo, non c'è bisogno di assistere a tutta la scenetta” sussurrò Chelsea, alzandosi lentamente dopo essersi accertata che Richie non li avrebbe visti.

“Dobbiamo assolutamente rifarlo!” esclamò Ava. Era felice e piena di adrenalina, si sentiva potente perché era convinta al cento per cento, di stare aiutando suo padre. Ed era così, quella relazione non avrebbe mai fatto del bene. D'altronde è risaputo: le minestre riscaldate non sono mai un granché.

“Tu però devi prometterci che non dirai niente a tua madre e che se ti chiede dove vai in giro, rispondi con le tue amiche oppure in biblioteca.. Altrimenti addio zia Chelsea e zio Jon” disse la donna, togliendosi dai capelli una foglia.

“Sì certo, non c'è nessun problema! Lo prometto. Ma voi dovete promettere a me che non mi lascerete mai fuori da questa storia. Io.. Io non voglio che mio padre stia di nuovo male..”. I pensieri più nascosti di quella ragazza cominciavano a tornarle in mente molto frequentemente da quando era venuta al corrente di quella 'minestra riscaldata'.

“Te lo promettiamo” rispose immediatamente Jon, con una mano sul cuore. Chelsea fece altrettanto, scompigliando i capelli della ragazzina.

“Adesso la riaccompagni tu, Jon? La casa che hai qui è abbastanza vicina a quella di Heather..”.

“Sì, nessun problema. Ci sentiamo più tardi” rispose il biondo, scoccando un bacio sulla guancia di Chelsea. Ava fece altrettanto, accompagnando il bacio ad un sorriso carico di gioia.

I due si diressero verso la Camaro del cantante. Chelsea era tornata ad essere sola, con i suoi mille pensieri e le sue preoccupazioni. Poteva sembrare una sciocchezza, il suo migliore amico era grande, adulto e vaccinato, di certo non necessitava di una baby-sitter. -Oh, invece sì che ne ha bisogno! Guarda come si comporta! - pensò, dando un calcio ad un sassolino sul bordo del marciapiede, diretta verso casa. Era giusto a cinque minuti da lì, quella era la zona migliore di Los Angeles, la più tranquilla ma al contempo anche quella più abitata dai vip.

Con le mani in tasca, la giacca di pelle nera, i jeans neri ed un paio di scarpe decolleté con il tacco, sembrava una vera e propria rockettara. Le pareva di essere tornata indietro negli anni '80.

“Bei tempi” mormorò, continuando a camminare e a fissare il marciapiede grigio.

Giunse finalmente a casa sua. Aveva bisogno di un bagno, uno di quelli completamente rilassanti e capaci di far smettere di pensare alle eventuali preoccupazioni.

Era stata una giornatina niente male, la sua mente traboccava di idee che, automaticamente, mettevano a tacere la sua coscienza: era giusto o meno quello che stava facendo per Richie? E se l'avesse scoperto? Si sarebbe arrabbiato, ovviamente. Dato che si sarebbe arrabbiato, allora stava facendo una cosa sbagliata. O no?

“Chelsea sei diventata una noia con l'età” farfugliò, lasciando cadere a terra gli abiti che indossava. Sciolse i capelli, fino a qualche minuti prima raccolti in una coda di cavallo. Si mise davanti allo specchio; era cambiata. Aveva quarantacinque anni. E pensare che, a 30, credeva di aver raggiunto ogni traguardo. Invece.. Invece no, nel giro di breve tempo aveva distrutto ogni obbiettivo che si era prefissata di raggiungere. Si era sposata con un uomo apparentemente perfetto.

Apparentemente.

Si conoscevano da due anni, erano fidanzati da uno e mezzo. Chelsea era una di quelle persone fermamente convinte nell'esistenza di quella magica e strana cosa chiamata amore. Decise quindi di sposarsi, non le importava il fatto che conoscesse quel Ross da un tempo relativamente breve. Lei era convinta di saperne più di sua madre.

Con il passare delle settimane, però, le sue certezze erano svanite nel nulla più totale: Ross la tradiva. Aveva cominciato quando Chelsea si tratteneva al lavoro fino a tardi per ultimare tracce o per sistemare contratti. Si sentiva messo da parte, era una persona fondamentalmente molto insicura e sua moglie non lo aiutava per niente.

Non avevano avuto tempo di avere figli; dopo sette mesi di matrimonio, Chelsea si presentò da Ross con i documenti del divorzio, a pezzi. Ne uscì devastata, aveva smesso di credere in quella bella menzogna che inizia con la lettera “a”.

Mise un piede nella vasca da bagno, poi anche l'altro. Si adagiò lentamente nella calda acqua, piena di sali all'arancia, il suo aroma preferito.

Sarebbe rimasta lì a tempo indeterminato, non aveva nessuna intenzione di uscire da quel silenzio quasi paradisiaco.

“Richie.. Chissà che diamine stai combinando ora..”. 

 

 

Nota dell'autrice:

Buongiorno! O meglio, buonasera. Siamo giunti anche a questo capitolo, spero che vi sia piaciuto!

Grazie mille a tutti quelli che non si sono stufati di seguirla, alle persone che hanno recensito e, come sempre, alla mia migliore amica *faccina che manda baci a destra e a manca come quella qui sotto* 

 

 

Alla prossima! :D

 

Rosie

  
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