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Autore: Alyx    20/04/2012    4 recensioni
Al mio raggio di sole, Trich, perchè grazie a lei ho scoperto il meraviglioso mondo di Percy Jackson.
Quando ero più piccola mi ero iscritta a un corso di danza ma ero stata espulsa dopo che, mentre ero da sola nello spogliatoio, uno scomparto di armadietti aveva preso fuoco.
Poi a dodici anni mia mamma mi aveva rivelato la mia vera natura.
Avevo scoperto di essere una Semidea.
(...)
Ero ancora piccola e non presi troppo male il fatto di essere figlia di un Dio Greco.
Ok.
Diciamo che ero passata dalla fase '
Mamma, non credo più alle favole.' a quella 'Ok. Tutto questo è impossibile!', per poi passare a quella di 'Che figata! Sono figlia di un Dio leggendario!'.
  ***
-Oh, scusa. Disturbavo?
Sorrisi ironica mentre dentro di me la mandavo a fare una cosa non anatomicamente possibile.
-No figurati.- risposi, dolce come l'aceto.
Lei mi diede le spalle e tornò a parlare con Louis, mentre sbuffavo sonoramente e incrociavo le braccia al petto.
Alzai gli occhi al cielo, disgustata dalla lunghezza, se così si può ancora definire, della sua minigonna.
Forse Louis se ne accorse perché ridacchiò sotto i baffi.
Non mi sforzai di ascoltare fino a che non sentii qualcosa come -Dolcezza, a presto- e allora mi strozzai con la saliva.
Cominciai a tossire e Louis la scostò per iniziare a darmi delle pacche sulla schiena, mentre la piccola Afrodite mi fulminava con lo sguardo.
-Louis non potremmo andare a parlare da un'altra parte?- chiese acida mentre davo gli ultimi colpi di tosse.
Come se volesse davvero parlare con Louis.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gli Dèi, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Essere unMezzosangue è una faticaccia

                                                         Capitolo 7

                                       Prima fermata: Casa Bonnet



 
 
-Dove andiamo?
Fu la prima domanda di Percy. Seria.
Esitai un momento.
-Andiamo a casa mia.- disse Louis al mio posto.
Lo fissai un attimo sconcertata.
Diciamo che era un viaggetto piuttosto lungo arrivare a Los Angeles.
Un giorno di viaggio. 
Più o meno.
Più più che meno...
-Ho delle cose che potrebbero... Ecco. Esserci utili.
Annabeth inarcò le sopracciglia.
-Che genere di cose, esattamente?- chiese la bionda.
Lui alzò gli occhi al cielo.
-Diciamo che ho... Abbiamo una teoria.
-Quale? - chiese indagatrice la bionda fissando me e il suo fratellastro.
Louis portò il viso vicino a quello di lei.
-Mistero.- le soffiò sul naso facendole scuotere la testa.
-Ti odio quando fai così.- disse Annabeth afferrando un libro.
Qualcosa di super noioso, tipo Architettura senza impianti - Aspetti Bioclimatici dell'Architettura Preindustriale, rigorosamente in greco antico.
Solo il nome mi faceva venire sonno.
Percy come prevedibile, infatti, sbadigliò.
-Faccio così come?- le chiese Louis, divertito dal suo comportamento.
Lei non lo guardò neanche, aprendo il libro.
-Quando penso di saperne più di te?- insistette Louis.
Annabeth sbuffò sonoramente ma lasciò cadere il discorso.
Cinque minuti dopo Percy stava già ronfando, Annabeth era totalmente immersa nella lettura e io fissavo fuori dal finestrino cercando di ignorare Louis, che giocava con il suo pugnale.
Fremevo tutte le volte che con la coda dell'occhio mi sembrava che stesse per farlo cadere e impiantarselo nella coscia.
Dopo dieci minuti non resistetti.
Afferrai improvvisamente il polso di Louis.
Il coltello era a mezz'aria, a pochi centimetri dal mio petto.
Il suo proprietario mi fissava scettico.
-Smettila.- sibilai.- Finirai con fare del male a qualcuno.
Lui alzò gli occhi al cielo.
-Sono adulto e vaccinato. So quel che faccio.
Gli lasciai andare il polso afferrando però il pugnale.
-Su questo avrei dei dubbi.
Infilai l'arma nello stivale e accavallai le gambe.
-Cosa faccio adesso io?
Alzai le spalle. -E che ne so. Trova un diversivo.
Poggiai la testa al sedile e chiudi gli occhi, a indicare che la discussione era finita. E che avevo vinto io.
Tuttavia dopo poco lo sentii sbuffare.
Non feci in tempo ad allarmarmi che aveva poggiato la sua testa bionda alla mia spalla e aveva abbassato le palpebre.
Sospirai.
Lui mi afferrò la mano.
Per un attimo rimasi sorpresa.
Ma niente, niente, in confronto a ciò che fece dopo.
Se la posò sulla bocca e la baciò.
Mi irrigidii, ma lui finse di non accorgersene.
Due minuti dopo, stava già dormendo.

 
 
Prendemmo una buca.
Mi svegliai con un gemito.
La mia schiena.
Louis era ancora appogiato a me.
Fuori era buio.
Cercai di alzarmi leggermente.
Percy bofonchiò qualcosa nel sonno -qualcosa sulla salsa di un panino- mentre Annabeth dormiva davanti.
Argo guidava impassibile.
Sentii il figlio di Atena sospirare disturbato dal mio cambio di posizione.
Avevo la gamba destra completamente infirmicolata e la schiena dolorante, come se avessi avuto degli spilli impiantati della colonna vertebrale.
Gemetti piano.
Odiavo la macchina.
-Mhm, Camille... Tutto bene? - mi domandò Louis, la voce impiastrata dal sonno.
Sbadigliai.
-Sì. Ero solo scomoda. Non ti preoccupare.
Nel buio mi sembrò che avesse annuito.
-Senti Cami. Perché Harry Bake è venuto da te, prima, alla partenza?
Deglutii troppo forte per i miei gusti.
-Ecco, lui è... una... specie di amico di Emily.
Lui trattenne una risata assonnata.
-Cos'è esattamente una 'specie di amico'?
Sbuffai.
-Diciamo che non sono abbastanza intimi da essere definiti amici, ma che si conoscono.
Enorme bugia. 
Emily e Harry si erano parlati circa tre volte in tutto il loro soggiorno al Campo.
Era successo più di una volta che lui mi chiedesse di lei, sopratutto dopo l'incidente di sua madre, ma quando c'era Emily nei paraggi, il ragazzo scompariva in un attimo.
Ci sarà stato un perché, visto che era figlio di Ermes. 
Dio dei ladri.
Non è quello che fanno sempre i ladri? Spariscono.
-Ed è venuto per...?
-Perché dovrebbe interessarti?
-Emily è come se fosse mia sorella. E tu sei mia amica. Non è abbastanza?
Consapevole del fatto che se non gli avessi dato una spiegazione avrebbe tormentato la mia anima per il resto dei miei giorni , dissi velocemente: -Semplicemente augurarmi buona fortuna.
Cosa non del tutto vero, ma abbastanza simile. Credo.
-Se lo dici tu. Non è di molte parole, vero?
Alzai le spalle. 
Avrei dovuto smettere di stupirmi per le domande stupide che sparava fuori ogni tanto.
Louis stette un attimo in silenzio.
-Harry.- disse poi senza un particolare motivo. - È un nome stupido.
Mi sentii offesa al posto di Emily. Cosa inaccettabile, oggettivamente.
-È un nome, Louis. Un semplice nome. 
-Bah. A me sembra anche un poco di buono. Mi devo ricordare a Emily di dirle di stare attenta.
Alzai gli occhi al cielo. Tipico comportamento da fratello maggiore iperprotettivo.
Emily avrebbe discusso con lui fino all'alba.
Io invece lasciai perdere. Forse perché ero ancora troppo addormentata.
Passò un bel pò di tempo.
Credo addirittura che ad un certo punto mi appisolai. Poi lui riprese.
-Camille, come salveremo Emily?
Evitai il suo sguardo, fissando il sedile di fronte a me.
-Quando troveremo Pitone, avremmo trovato Emily.
-Come fai a saperlo? E se dovesse farle qualcosa, prima? O, peggio, se non ce la vorrà dare?
-Non ho bisogno della sua autorizzazione per riavere la mia amica...
Cadde il silenzio per un po'.
-Louis, cosa speri di trovare a casa tua?
Riappoggiò la testa alla mia spalla.
-Un modo per conoscere la nuova dimora di Pitone. Apollo lo sconfisse in Italia, a Pozzuoli, ma se tutti gli Dèi si sono spostati con la civiltà, immagino che l'abbia fatto anche lui.
In effetti non ci avevo pensato molto a come trovare il mostro.
Mi vennero in mente le parole del sogno di Louis.
Rivoglio quel che mi spetta.
Che mi fu sottratto con la forza.
-Cosa gli ha preso con la forza, Apollo, di tanto importante?- chiesi.
-L'oracolo.- rispose Louis. E per un attimo pensai che sarebbe stato un'ottima guida turistica. -Si scontrarono e il Dio del Sole, vinse. Prese l'oracolo e, si pensa, il soprannome di Pitio. Poi fondò un gruppo di sacerdotesse, le, appunto, Pitie. Come la Sibilla Cumana. E Pitone non sembrò più essersi ripreso. Almeno fino a questo momento. Ci ha messo un po' di anni per rinascere...
Annuii.
-Ed è lo stesso oracolo che ...
-Interpelliamo prima delle imprese? Sì. 
Lo guardai scettica.
-Quindi è per questo che Rachel non è al campo?
-Non saprei. - disse con uno sbadiglio.
Sembrava sincero.
Chiusi gli occhi e le nostre teste si scontrarono.
Feci appena in tempo a bisbigliare -Buona Notte, Louis.- che Morfeo mi accolse tra le sue braccia.


 
Scesi dal furgone di Argo con un sospiro di sollievo.
Eravamo arrivati in anticipo.
Non volli sapere che cosa avesse combinato il mostro per farci viaggiare più veloci.
In effetti l'unica cosa che pensai appena scesa non fu -Sole! Mare! Aria Fresca! Siamo in California!-.
No.
Niente di tutto ciò.
Perché feci appena in tempo a scostarmi un attimo che vomitai tutto il mio misero pranzo - un pezzo di pane ai cereali-.
Da dietro il furgone sentii Percy fare una smorfia disgustata.
Annabeth invece mi affiancò e mi porse un fazzoletto.
La ringraziai con un cenno del capo.
Mi rimisi in una posizione dignitosa -o almeno ci provai- e afferrai con mani tremanti dallo zaino, l'acqua.
Ne bevvi solo un sorso, che il mio stomaco protestò animatamente.
Storsi la bocca.
-Camille, sei uno straccio.- commentò Percy.
Abbozzai un sorriso sarcastico.
Ho già detto che odio la macchina, no?
Louis, che fino a qual momento aveva rovistato nel suo zaino, si avvicinò e mi porse una pillola.
La afferrai.
-È per il tuo stomaco.- disse solo lui.
Annuii per ringraziarlo e la buttai giù.
-Sembra che hai ripreso un po' di color carne anziché quell'orribile verdastro.- commentò Percy, ma io non mi sentivo meglio di qualche secondo prima.
-Bene,- gracchiai. -Possiamo andare.
Percy guardò Louis.
-Dov'è casa tua?
-A meno di un chilometro da qui.
-E perché Argo non ci poteva portare direttamente la'?- protestò il figlio di Poseidone.
Louis scosse la testa, sconsolato. 
-Per il semplice fatto che dobbiamo attraversare la spiaggia. E non possiamo farlo in macchina.
-Sei sempre stato così pigro, Testa d'Alghe?-  interferì Annabeth, e mi parve che stesse trattenendo un sorriso.
I due cominciarono a discutere mentre ci avviavamo verso la spiaggia.


 
La casa di Louis era una graziosa casetta vicino al mare.
Sembrava in bilico sugli scogli e l'unico modo di raggiungerla dalla spiaggia, era un sentiero tra la fitta vegetazione che la circondava.
L'aria sapeva di salsedine.
Inspirai profondamente.
In effetti avevo sempre pensato che Louis vivesse in un appartamento in centro a Los Angeles.
Invece suo padre aveva affittato quella casetta modesta in una parte sperduta di Santa Monica.
O almeno così pensavo da lontano.
Infatti quando ci avvicinammo di più vidi che non era proprio una modesta casetta.
Era un piccola villa color celeste.
Aveva la piscina, un giardino ben curato - Percy disse che un nanetto da giardino era inquietante- e un gazebo bianco ancora apparecchiato.
Alla vista del cibo il mio stomaco si ritirò in un angolino della mia gabbia toracica.
Evidentemente avevo preso ancora il colorino verdastro in faccia perché Louis mi guardò leggermente preoccupato.
Come se dovessi svenirgli in giardino da un momento all'altro.
E no.
Non avevo intenzione di svenire nel suo giardino.
Ebbi un capogiro ma non lo detti a vedere.
O almeno ci provai.
Annabeth, infatti, mi si avvicinò. Forse per precauzione.
Il sole era accecante li sulla West Coast.
Mi parai gli occhi con la mano e vidi venirci incontro, da dietro la casa, un uomo.
Era abbastanza giovane. 
Alto e ben piazzato.
Moro ma con gli occhi azzurri come l'acqua della piscina lì accanto.
Nonostante i colori completamente diversi somigliava terribilmente a Louis.
E il sorriso.
Il sorriso era identico.
Abbracciò con slancio il mio amico e poi ci strinse la mano.
Ci invitò al gazebo.
Percy annuì e sottolineò molto il fatto che stava letteralmente morendo di fame.
Annabeth accettò guardando male il compagno.
-Ehm...- cercai una scusa per declinare l'invito. Non avevo proprio voglia di vedere qualcosa da mangiare. E soprattutto non volevo vedere Percy, mangiare.
-Dovrei andare in bagno. Dove... Dov'è?
Il padre di Louis mi sorrise raggiante.
Per un attimo sospettai che avesse inventato un nuovo marchingegno per il bagno e che pensava che io fossi la persona perfetta per sperimentarlo.
-Sali le scale sulla destra. Di sopra, la terza porta sulla sinistra.
Aveva parlato con un accento francese, che mi fece sorridere.
-Grazie signor Bonnet.
-Figurati, Camille. E chiamami Julien, davvero. Chiamami Julien.
Annuii con un cenno di capo e mi avvicinai alla casa, seguita dallo sguardo di Louis.
Quando entrai nel corridoio mi bloccai di colpo.
Quella casa era enorme.
E pensare che mi sembrava piccola...
L'azzurro e il blu dominavano.
Poi c'erano conchiglie, pesci, stelle marine, ricci, cappelli da marinaio, da tutte le parti.
Mi tenni sulla destra e salii le scale.
Il piano di sopra non era da meno.
In lungo corridoio azzurro aveva un decina di porte bianche.
Cinque a destra. 
E cinque a sinistra.
Con un enorme sforzo mi imposi di non aprirle tutte per sapere cosa c'era dietro.
Corsi in bagno e mi chiusi a chiave.
Mi sciacquai e mi sistemai alla meglio.
Ero arrivata al secondo gradino delle scale, e stavo per scendere ma udii un rumore.
Dietro una delle porte sentivo un ronzio.
Poi si interrompeva.
E dopo una manciata di secondi riprendeva.
Era strano.
Mi sembrava un suono familiare.
Picchiettai contro la porta da dietro la quale mi sembrava provenisse il rumore.
Quello si interruppe bruscamente.
Accostai l'orecchio all'uscio quando questo si aprì.
All'inizio pensai a una corrente d'aria ma poi mi resi conto che di fronte a me -più o meno. Mi arrivava all'altezza del ventre- c'era un bambino biondiccio, ma non come Louis.
Gli occhi erano azzurri come quelli del signor Bonnet.
Indossava un grembiulino blu e tra le mani teneva una macchinina giocattolo.
Diciamo che era piuttosto complessa per essere un giocattolo ma comunque piccola.
E con le ruote.
Il bambino chinò la testa di lato, come un cucciolo che vede per la prima volta qualcuno.
Feci per aprire la bocca e dirgli che mi spiaceva averlo disturbato, ma lui mi prese per mano.
Mi fece entrare nella sua camera.
Era piena zeppa di giocattoli.
Alcuni erano troppo complessi perché gli avesse fatti lui.
-Hai... Hai costruito tu, tutti questi giochi? - chiesi come una stupida.
Era un bambino forse di 6 anni. E io anziché il suo nome gli chiedevo se aveva costruito quei giocattoli?
-No. Li ha fatto Louis. Quando era piccolo. E viveva ancora con papà.- aveva una voce vellutata, piccola, tenera, dolce.
Per un attimo mi incantai.
I giocattoli, la camera blu, la sua voce...
Mi riscossi.
-Scusami. Come... Come ti chiami?
Il bimbo sorrise.
-Io sono Jean. Louis è mio fratello. Be', da parte di papà.
Alla fine collegai.
Jean era figlio del signor Bonnet e di un'altra donna, forse sposata con lui.
Era colpa della macchina.
Di solito non ero così lenta e capire le cose.
-Oh. Ciao. Ciao Jean.
-Ti sei persa?
-Ehm?- si forse era meglio dire che mi ero persa.- Sì.
-Sei vuoi ti accompagno in giardino...
Era molto sveglio per essere così piccolo.
Mi limitai ad annuire.
Con ancora la macchinina stretta in mano uscì.
Lo seguii fino al gazebo.
-Oh, Camille! Vedo che hai conosciuto Jean!- esclamò il signor Bonnet mettendo le mani tra i capelli del figlio minore.
-Ciao Louis!- salutò il bambino correndo tra le braccia del fratello maggiore.
I due parlottarono un momento in francese mentre Annabeth cercava di far smettere Percy di mangiare.
-Papà. Dobbiamo andare in biblioteca. Ci occorrerà solo un momento.
Julien si era girato verso il cancello d'entrata dove si era appena fermato un camioncino -non chiedetemi come aveva fatto ad arrivare fin lì. Rimane un mistero tuttora per me.
-Deve essere arrivato il pezzo che aspettavo. Prenditi tutto il tempo che vuoi, Louis. Per il momento non dovrei andarci.
Notai in quel momento che il signor Bonnet pronunciava il nome del figlio alla francese e non all'inglese come tutti quelli del Campo facevano.
Non ci pensai per molto perché il ragazzo si alzò dalla sedia e si avviò verso la casa azzurra.
Con un cenno ci fece segno di seguirlo.
Vedevo l'impazienza nella sua camminata.
Era rapida ma cercava di moderarla, con scarso successo.
La mandibola era tesa e le mani strette a pugno.
Lo seguimmo ed appena entrati scendemmo una rampa di scale a chiocciola sulla sinistra.
Arrivammo in una stanza enorme, piena zeppa di libri, moderni e non.
Il biondo si avviò con passo deciso verso il fondo.
Forse sapeva già dove guardare.
Afferrò una decina di libri, passandone alcuni anche a me e ad Annabeth.
Percy si guardava intorno come se non avesse mai visto un libro.
Ci sedemmo su un tavolo al centro della stanza.
Le pareti non si vedevano molto ma avrei scommesso che fossero azzurre.
Louis sfogliò febbrilmente libro dopo libro, mentre Annabeth cercava di farsi dire cosa stesse cercando.
Ma lui rimaneva zitto.
Mi alzai e mi avvicinai ad uno scaffale.
Fissai senza neanche vederli i libri di fronte a me.
Vagai per la stanza fino a che Louis non si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.
Mi girai di scatto verso di lui.
I nostri sguardi si scontrarono.
La mia impazienza era ormai alle stelle.
Mi sorrise.
-L'ho trovato, Camille. So dove si nasconde. 
Corsi verso il tavolo.
-Dove, Louis? Dove?!
-Siamo fortunati. È vicino. A Badwater.



Angolo dell'Autrice:
Sono tornata!
Sono viva!
E sono in ritardo!
Scusatemi come sempre ma credo che i professori stiano organizzando una congiura contro di me.
Farò la fine di Caligola...
Comunque, questo è il capitolo.
Ho assolutamente inventato la residenza del signor Pitone. 
Sono andata un pò in giro su internet e mi ispirava questo.
E' il bacino di Badwater. 
Per qualsiasi cosa potete chiedere a me o a Wikipedia. :D
Spero sia tutto ok.
Come sempre ringrazio chi recensisce, Trich, Soni Sapientona e The Little Lightning ma anche chi legge soltanto.
Grazie mille davvero a tutti!
Spero in quanche recensione!
Se non muoio prima, a presto!
Alice


 
   
 
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