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Autore: Bethan Flynn    20/04/2012    1 recensioni
Non era possibile. Non poteva essere lui.
Non adesso che finalmente, dopo dieci anni, era riuscita se non a scrollarsi di dosso il peso di quella colpa che l’aveva sempre schiacciata, perlomeno a conviverci.
Howard Link. Il cognome c’era, i due nei pure, gli occhi grigi anche.
Non li aveva mai dimenticati, e non li avrebbe dimenticati mai.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Link, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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-Generali Cross e Tsubaki. Quanto tempo- la voce secca del sovrintendente Lvellie risuonò nella sala, occupata quasi interamente da un enorme tavolo rotondo, dov’erano seduti tutti i Generali.
-La nostra missione ha richiesto tempo, Sovrintendente- replicò atona Rie, guardandolo come se non lo vedesse –dovrebbe esservi arrivato il mio rapporto a scadenze regolari, in ogni caso- continuò meccanicamente.
-E’ l’unico motivo per cui il Generale Cross si trova seduto a questa tavola e non al banco di un tribunale ecclesiastico- sentenziò l’uomo con sarcasmo, guardando fisso Cross.
Il discorso andò avanti lungo tutta una serie di rivelazioni sconvolgenti cui Rie non prestò particolare attenzione: sapeva già tutto.
Sapeva che Allen Walker era il portatore dell’eredità del Quattordicesimo Noah, sapeva che il suo maestro avrebbe avuto dei guai a non fare rapporto. Lei l’aveva avvertito, ma non era servito a niente.
Ogni tanto i suoi occhi si catapultavano sul viso di Marian, quando Lvellie faceva un’affermazione troppo forte, ma il Generale continuava a rimanere impassibile, calmo come al solito.
“Ma come fa? Se Lvellie mi parlasse a quel modo, lo ucciderei. Maledetto pallone gonfiato e ipocrita” si sfogò mentalmente la ragazza, immaginando di prenderlo a calci. Dovette sforzarsi per non lasciare sul suo viso spazio né alla rabbia, né al ghigno che si proponeva di affacciarsi sulle sue labbra nel pensare a un pestaggio organizzato.
-Bene, a questo punto vi presento chi dovrà tenere Allen Walker sotto stretta sorveglianza. Ispettore, può entrare- quelle parole fecero scattare in lei un moto d’interesse. Si girò verso la porta che si era appena aperta, e rimase di sasso nel vedere chi era appena entrato.
“No. Assolutamente, categoricamente, no. Non può essere” pensò, stringendo i pugni così forte da conficcarsi le unghie nei palmi delle mani. Vide Cross girarsi a guardarla.
I suoi occhi incrociarono quelli grigi e altrettanto impassibili del ragazzo che era appena entrato. Riuscì a non mutare espressione, ma sentiva il cuore batterle così forte che temeva che sarebbe esploso.
Lui.
Cosa ci faceva lì, e perché era al seguito di Lvellie?

-------

-Ehi, Rie, tutto bene?-
La voce le arrivò come da chilometri di distanza, mentre la ragazza guardava con occhi sbarrati ora l’enorme dolce che Allen si stava sbafando, e che sembrava davvero delizioso, ora chi l’aveva portato.
-Rie? Ci sei?- una mano le sventolò davanti agli occhi.
Strizzò le palpebre, ricomponendosi.
-Si, si, Lavi. Ci sono- disse. Il rosso la scrutò incuriosito –che ti è preso? Hai fame, forse?- chiese –guardavi quel dolce come se tu volessi saltargli addosso!-
La ragazza dovette sforzarsi per non sussultare e scosse la testa –sono solo stanca, Lavi. E’ comprensibile, dopotutto, no?- sospirò. Il ragazzo tacque.
-Sono Howard Link, incaricato di tenere sotto controllo giornaliero Allen Walker. Cerchiamo di andare d’accordo- le parole del ragazzo biondo che si era seduto di fronte a loro arrivarono gelide, controllate, meccaniche.
Non dava alcun segno di averla riconosciuta, pensò Rie, e nemmeno lei riusciva a capacitarsi che fosse davvero lì.
Doveva essere una coincidenza. Ci sono altri che hanno quei nei, pensò, non è detto che sia per forza lui.
“Si, certo, come no. Non fare l’idiota, Rie” si disse subito dopo.
Si alzò di scatto, tirando bruscamente indietro la sedia.
-Rie?- Lavi la fissò, sbalordito da quell’improvviso cambiamento nel gelido contegno della ragazza –non sto molto bene, Lavi. E’ tutto a posto. Credo che andrò a riposarmi- disse, poi praticamente scappò dalla stanza senza aggiungere altro, finchè non sentì una voce rincorrerla.
-Rie! Dove vai? E’ l’ora dell’allenamento!- la ragazza si girò verso Allen, faticando per nascondere il suo sconcerto.
Erano appena stati a una delle riunioni più tese, tristi e pesanti della loro carriera, quel ragazzo aveva appena scoperto di aver impiantata dentro la memory del Quattordicesimo Noah e doveva essere guardato a vista, ucciso nel caso avesse perso il controllo… e si preoccupava dell’allenamento.
Non ebbe il cuore di negarglielo, gliel’aveva promesso poco prima di uscire dall’arca, anche se era consapevole di cosa avrebbe significato allenarsi da sola con lui.
“Fingi ancora un po’, Rie. L’hai fatto per una vita, coraggio” pensò, sforzandosi di sorridergli.
Sapeva che era fatto così, ma non credeva che la volontà di Allen di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno potesse arrivare a tanto.
-Beh, se sei sicuro…- disse esitante. Il ragazzo annuì con forza, precedendola.

-Walker! Dove stai andando?-

La voce risuonò secca nel corridoio, e Allen si immobilizzò di schianto, girandosi verso il ragazzo biondo che era appena uscito dalla stanza.
-Ad allenarmi, perché?- rispose con noncuranza.
-Perché devi dirmi qualsiasi cosa tu faccia. Devo stare assieme a te giorno e notte- rispose quello, duro.
Rie non sapeva cosa le fosse preso, ma dovette uccidersi mentalmente molte volte prima di smettere di fissarlo e prendere in mano le redini della situazione.
“Coraggio, Rie” si disse.
-Beh, allora seguiteci, Ispettore. Non è certo un allenamento che nasconde un complotto- disse con noncuranza, superandoli. Gettò un’occhiata ad Allen e sorrise –allora, vogliamo andare?- l’albino annuì, caracollandole dietro.
L’ispettore li seguì senza una parola.

-------

La ragazza sgusciava fra i colpi di Allen senza farsi neppure sfiorare, rapida e leggera.
Il ragazzo attaccava continuamente, veloce, ma non quanto lei.
Nei loro combattimenti non c’era spazio per le scommesse. Anche un bambino avrebbe capito chi dei due avrebbe avuto la meglio.
Ad un tratto Allen sembrò inciampare in qualcosa e finì a terra di schianto, prendendo una sonora dentata. La risata di Rie risuonò per tutta la sala.
-Ci sei cascato!- ridacchiò, porgendogli una mano.
-Ma… ma! L’innocence non vale!- sbuffò quello, aggrappandosi al suo braccio.
-Gli akuma non manterranno mai i patti, quando combatterai contro di loro, e tanto meno i Noah- disse, ma non fece in tempo a finire la frase che Allen l’aveva scaraventata parecchi metri più in là, approfittando del suo braccio teso.
Rie atterrò in piedi, sollevando una notevole quantità di polvere.
-E’ proprio questo che intendevo…- mormorò. La sabbia iniziò a formare mulinelli sempre più ampi e giganteschi che sommersero tutta la sala, finchè non si iniziarono a sentire i colpi di tosse dell’albino provenienti da un punto preciso dell’arena. Rie fermò l’invocazione e scattò verso quel punto, sferrando ad Allen un calcio micidiale che lo fece volare a terra.
-Basta, hai vinto- ansimò lui, ancora tossendo. La polvere si posò lentamente.
-Niente male, Allen Walker- disse lei, sedendosi lì vicino. Non era stanca, Allen non era un nemico contro il quale una come lei potesse sudare sette camice.

Rie Tsubaki, il più giovane Generale dell’Ordine Oscuro.
Link l’aveva osservata di sottecchi per tutto il combattimento.
Oltre al Generale Cross, al momento sotto custodia, Rie era l’unica esorcista ad essere compatibile di più di un frammento di innocence.
L’ “Esorcista Elementale”, la chiamavano.
Acqua, aria, terra, fuoco. Questi erano gli elementi che riusciva a controllare tramite l’innocence. Era capace di scatenare una potenza disumana, e lui lo sapeva bene, pensò con sarcasmo.
L’unica volta che l’aveva vista perdere il controllo gli era bastata per una vita intera.
Le era sembrata imbattibile, tutt’altra cosa dalla ragazzina mingherlina e allegra che faceva il solletico ad un Allen Walker insabbiato.
Appariva così serena, così spensierata, così soddisfatta della propria vita e di ciò che faceva che iniziò a chiedersi se non avesse fatto un errore di valutazione.
Forse quello che Cross gli aveva detto anni addietro era vero, forse lei non aveva bisogno che si rincontrassero.
Ma appena era entrato in quella sala aveva capito che Rie l’aveva riconosciuto, aveva visto i suoi occhi abbassarsi e le sue spalle contrarsi di colpo. Gesti minuscoli, che nessun altro aveva notato, ma che per lui erano chiari come il sole.
Avrebbe solo voluto chiederle perché era scappata, ma aveva dovuto continuare la farsa che metteva in atto da dieci anni.
“Non fare le cose di fretta. E’ spaventata, e lo sei anche tu. Aspetta” si disse, sospirando.
Tossicchiò sonoramente, riprendendo il suo solito contegno.
I due si girarono ancora ridendo.
Link chiuse il libro con uno schiocco –spero che la signorina Tsubaki avrà una soluzione per ripulire i miei libri dal polverone, o mi sarà alquanto difficile fare rapporto- disse con voce altezzosa.
Si odiò per quel tono, ma non poteva farci niente. Doveva continuare, continuare a fingere.
La ragazza si alzò senza fare una piega, afferrò il libro che l’ispettore teneva in mano e vi soffiò attraverso.
Le pagine volarono una dietro l’altra, e il testo tornò perfettamente pulito.
Le labbra di Rie si piegarono in un sorriso spavaldo e fintamente innocente e l’Ispettore si ritrovò a fissare quegli occhi chiari come il cielo al mattino che ben conosceva, e che sviavano sistematicamente dai suoi –ecco a lei, Ispettore. Mi scusi per il disturbo- cantilenò come se niente fosse. Poi salutò con un cenno lui e Allen e imboccò la porta dell’arena, chiudendosela alle spalle.

-------

Entrò nella sua stanza sbattendo la porta, poi si buttò sul letto.
“Calmati. Calmati. Calmati” pensò.
Non era possibile. Non poteva essere lui.
Non adesso che finalmente, dopo dieci anni, era riuscita se non a scrollarsi di dosso il peso di quella colpa che l’aveva sempre schiacciata, perlomeno a conviverci.
Howard Link. Il cognome c’era, i due nei pure, gli occhi grigi anche.
Non li aveva mai dimenticati, e non li avrebbe dimenticati mai.
Il fratello di James Link non poteva essere che lui.
Sospirò: dunque era questo che Dio o chi per lui voleva farle capire?
Che non sarebbe mai potuta scappare da ciò che aveva fatto?
Che avrebbe dovuto sentire il peso della sua colpa per tutta la vita?
Che c’era qualcos’altro, sotto la sua fuga?
Un sordo bussare alla porta la distrasse.
-Avanti- disse.
-Ehilà!- la voce rude e fintamente allegra del generale Cross le fece emettere un verso di stizza. Cosa diamine voleva da lei, a quell’ora?
-Ma non ti avevano rinchiuso, guardato a vista?- domandò acida, ma l’uomo non fece una piega e si sedette sul letto di fronte a lei.
-Ci hanno incastrati per bene, eh?- chiese. Domanda retorica, ovviamente. Lui conosceva tutta la storia, era uno dei pochi a saperla per intero e ad averla udita da lei. Per il resto, erano tutte voci.
Rie annuì senza dire niente, mentre Cross riempiva due bicchieri di un liquore dall’odore dolciastro. Storse il naso –dovresti smetterla di bere quella roba, e pure di farla bere a me. Sono appena maggiorenne, ebete d’un maniaco- sbottò, ma sfilò comunque il calice dalle mani di Cross e lo tracannò tutto d’un fiato, sentendo il liquido bruciarle la gola e lo stomaco. Sapeva che poco dopo sarebbe arrivato alle ginocchia e infine alla testa.
Chissà, magari in quel modo sarebbe riuscita a dormire.
Le dita dell’uomo afferrarono una ciocca dei suoi capelli biondi, chiarissimi, segno della sua discendenza dai popoli dell’Europa del Nord, nonostante il suo nome.
-Sei cresciuta troppo in fretta- mormorò con una nota di tristezza nella voce –mi chiedo se non sia stata anche colpa mia, se non abbia fatto degli errori giganteschi sia con te, sia con Allen…- la ragazza scosse la testa, liberando i capelli dalla presa di Cross. La disorientava quando partiva con quei discorsi, come se da lui fosse dipesa la direzione che Rie avrebbe potuto prendere.
-Sono cresciuta quando la mia vita me l’ha imposto, Marian. Ti prego di non fare sentimentalismi; non sei il tipo, e poi basto io- sbuffò appoggiando la testa al muro. L’uomo rimase in silenzio.
-Dici che mi ha riconosciuta?- sussurrò poi, fissando lo specchio appeso alla parete opposta. Il generale sospirò –penso di si. Prima, quando tu ed Allen vi allenavate, non ti ha tolto un momento gli occhi di dosso- rispose con un’occhiata eloquente.
Rie rabbrividì senza volerlo, serrando le palpebre.
-Rie- la chiamò lui. Spalancò gli occhi di schianto, girandosi a guardarlo. Cross la stava fissando seriamente –non combattere da sola. Lui ti ha cercata, lo sai, e non credo sia per vendetta- disse.
La ragazza non rispose, limitandosi ad annuire in modo meccanico, come faceva sempre quando il discorso verteva su quegli argomenti.
L’uomo finì di fumare la sua sigaretta, poi la lasciò sola.
Rie sentì la testa girarle, ma non sapeva se ciò fosse dovuto all’effetto del liquore o allo shock della sua vita che le imponeva di non dimenticarsi di lei.
“Maledetto alcool” pensò, abbandonandosi sul letto.





Note dell'Autrice:

Bene, ecco a voi il secondo capitolo! Dal prossimo inizierò a dipanare un po' la matassa sul passato comune di Link e Rie, ma come sempre accade nelle mie fanfiction, NIENTE è così semplice come sembra! mwahahahahahaha!
Ok, dopo questo sfogo -per fortuna breve- di pazzia, rispondo alle recensioni e vado FINALMENTE a letto come le galline, visto che sto per collassare sulla tasbsodbsjb
Nuirene: ma ciao! :D sono contenta che l'incipit ti sia piaciuto! Link sarà molto presente in questa storia, avrai di che essere soddisfatta :3 a presto!

Sherly: come farei senza la mia fedele commentatrice?? Ti voglio bene *__* che altro aggiungere??

Oìche Mhaith!!

Bethan
   
 
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