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Autore: MangakA_BakA    21/04/2012    2 recensioni
è una storia abbastanza classica, di bulli, ragazzini bullizzati e tanto tanto ammore omoslashoso che però non si sa bene come faccia a sbocciare, nè quando, nè perchè. Non vi annoierò ulteriormente, ma vi lascio un pezzettino del primo capitolo che secondo me rende abbastanza l'idea.. :)
« Ma non posso lasciarti qui così… »
Nonostante il dolore all’occhio, allo zigomo, alla bocca e a tutto il corpo in generale, riuscii ugualmente a dedicargli un ghigno cattivo.
« E perché no? È il tuo dovere civico che te lo impone? O un qualche fottuto istinto da crocerossina? » Lui mi guardò ancora con quegli occhioni dorati aperti all’inverosimile. Era proprio quella sua aria da gattino maltrattato che faceva venire a tutti la voglia di essere cattivi con lui. « ..O magari ti sei preso una cotta per me, eh, frocetto? »
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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P.o.v. Adam

 

 

Erano passati tre giorni, e Shane non si era fatto vedere, grazie a Dio. Neanche i suoi amici erano venuti a disturbarmi, ed io iniziavo a sentirmi fin troppo rilassato, anche se avevo un brutto presentimento che mi assillava. Ero piuttosto certo che stessero tramando qualcosa. Cristo, si era comportato in modo troppo strano, ultimamente.

Stavo pensando proprio a questo, quella sera, come una previsione, o una qualche oscura premonizione. I miei erano via per lavoro, e non sarebbero tornati prima di un paio di giorni, ed io non aspettavo proprio nessuno, quindi quando suonò il campanello saltai in aria per lo spavento. Mi avviai verso la porta alquanto preoccupato: chi poteva essere alle -lanciai uno sguardo all’orologio- 11 di una piovosissima sera di novembre?? Cat mi avrebbe certamente telefonato, prima di piombarmi in casa, e quanto agli altri miei amici… beh, onestamente non è che ne avessi molti, e comunque non tanto stretti da venire a casa mia senza essere invitati. Aprii la porta, senza prima chiedere chi fosse, e rimasi paralizzato.

Shane Webber.

Shane Webber fradicio di pioggia e pesto come non mai era accasciato contro uno stipite e mi guardava, tenendosi lo stomaco con una mano. Era sporca di sangue.

« Mi fai entrare? » mi chiese, dopo qualche secondo, senza grandi giri di parole.

Mi scostai dall’entrata per lasciarlo passare, senza dire nulla. Lui barcollò nell’ingresso, e solo quando mi accorsi che stava per stramazzare sul mio parquet, mi decisi finalmente a chiudere la porta da cui entrava un vento gelido e carico di pioggia, e ad andare ad aiutarlo. Lo portai fino in cucina -dove il pavimento era piastrellato, e molto più semplice da pulire dal sangue- e lo feci sedere al tavolo.

« Che.. Che cosa diavolo ti è successo? E perché sei qui? Come sai.. Come fai a sapere dove abito?? » esclamai alla fine, quando finalmente riuscii a parlare.

Lui mi guardò per un secondo, fissandomi con quegli strani e penetranti occhi neri, poi abbassò lo sguardo.

« Posso rimanere a dormire qui? » mi chiese, invece di rispondere alle mie domande.

« Si, i miei non ci sono, ma.. » mi bloccai, rendendomi conto di ciò che avevo detto. Ero forse impazzito? Avevo appena detto a Shane Webber che poteva rimanere a dormire a casa mia? « Ma prima vorresti rispondere alle mie domande? » aggiunsi alla fine, titubante.

Lui mi guardò con un piccolo sorriso sghembo.

« I tizi dell‘altra volta.. » incominciò. « Il problema è che questa volta avevano un coltello.. »

Spalancai gli occhi.

« Ma l‘ho schivato! » si affrettò ad aggiungere. Abbassò lo sguardo sulla sua mano insanguinata. « O quasi, almeno. »

Scossi la testa, allontanando tutte quelle inutili domande che continuavano ad affollarmisi in testa e, cercando di recuperare un po’ di lucidità, mi avvicinai a lui.

« Dovresti andare in ospedale. »

Scosse la testa. « Ospedali no, lo sai. »

« Okay, ma almeno lascia che te la disinfetti e che la bendi.. » probabilmente avevo davvero la sindrome della crocerossina. Oppure ero semplicemente impazzito. Comunque ero troppo buono, per negare il mio aiuto ad una persona in quelle condizioni. Anche se la persona in questione era Shane Webber.

« Togliti la maglietta. »

Lui mi guardò con un sopracciglio inarcato.

« Come faccio a medicarti una ferita all‘addome con la maglietta addosso? Toglila. »

Lui annuì, con un sospiro, e la tolse, scoprendo il torace. Allontanando immediatamente dalla mia testa ogni qualsivoglia pensiero romantico o erotico quella vista potesse suscitare, mi concentrai sulla ferita. In effetti era molto più superficiale di quello che avevo temuto, e non perdeva neanche più tanto sangue. Dopo tutti quegli anni passati a subire i maltrattamenti di Shane & co. ormai ero praticamente diventato un infermiere professionista. Quando mi picchiavano mi medicavo sempre da solo, non potevo certo andare a piangere dalla mamma o, ancora peggio, andare in ospedale.

Esaminai le varie ferite per qualche minuto, poi finalmente mi alzai e tornai a guardare Shane.

« Non c‘è niente di particolarmente grave. Ora vai a farti una doccia calda, che sei bagnato fradicio e in pessime condizioni, poi ti medicherò quella.. » dissi, accennando alla ferita.

Lui mi guardò per un secondo, poi annuì. Era silenzioso ai limiti dell’inquietante quella sera.

Lo accompagnai al bagno degli ospiti, gli lasciai degli asciugamani puliti ed un paio di pantaloni della tuta da indossare, poi tornai in cucina, a ripulire il pavimento che aveva infangato completamente.

A quel punto, finalmente solo, mi lasciai andare all’isteria. Lanciai un muto urlo di frustrazione, abbrancando con forza lo straccio, e mi buttai a terra con fare nervoso.

Cosa diavolo stava succedendo quella sera? Shane Webber era nel mio bagno degli ospiti a farsi la doccia! Perché diavolo Shane Webber era nel mio bagno degli ospiti a farsi la doccia??

E perché la cosa mi eccitava da morire? Perché ero un dannato pervertito, ecco!

Strofinai con foga il pavimento, scaricando lo stress e la frustrazione, e quando non ebbi proprio più niente da fare, rimisi tutto a posto e mi abbandonai mollemente su una sedia. Perché la mia tranquilla vita di adolescente si stava incasinando a quei livelli? Che avevo fatto di male per meritare ciò?

« Ehy Thomas.. Io ho finito.. »

Alzai lo sguardo: sulla porta c’era Shane, con indosso solo i pantaloni dell’adidas che gli avevo dato e i capelli ancora fradici, che mi guardava in attesa.

Era di una bellezza mozzafiato. Rimasi a fissarlo inebetito qualche secondo, poi mi riscossi e mi alzai, scuotendo la testa nel tentativo di riprendermi. Forza Adam, ce la puoi fare.

Lo portai in camera mia e lo feci sedere sul letto, poi mi allontanai per andare a prendere disinfettante e garze varie. Quando entrai nel bagno, lontano dal suo sguardo indagatore, tirai un enorme sospiro, come se fossi rimasto in apnea fino a quel momento. Presi la cassetta del pronto soccorso con gesti meccanici. Non dovevo fare altro che andare di là, mettergli due bende, spedirlo nella camera degli ospiti e poi andarmene a dormire. Niente di più facile, dannazione.

Tirai un altro lungo sospiro, poi tornai in camera. Lui mi aspettava proprio dove l’avevo lasciato. Bello come l’avevo lasciato. Pericoloso come l’avevo lasciato.

Mi inginocchiai davanti a lui, appoggiando la cassetta al mio fianco, poi ne tirai fuori un batuffolo di cotone ed il disinfettante e mi misi all’opera. Feci tutto piuttosto alla svelta, cercando, senza troppo successo, di non fissare il suo petto muscoloso e tatuato, o i suoi addominali, mentre lavoravo.

« Okay, sei a posto! » esclamai alla fine, con un sospiro leggero.

Lui mi guardò, fissando i suoi occhi scuri nei miei. Li sentivo addosso, i suoi occhi, mi facevano venire i brividi. Sorrise leggermente.

« Puoi toccare, se vuoi. »

Spalancai gli occhi. « C-come..? »

Il sorriso si allargò ancora, diventando parecchio sinistro. Mi prese una mano, senza lasciarmi opporre alcuna resistenza -non che avessi intenzione di farlo, comunque- e se la portò al petto.

Arrossii leggermente.

« È da quando ho tolto la maglietta che mi fissi… » sussurrò, guidando le mie dita lungo i bordi neri dei suoi tatuaggi.

Ne seguivo il percorso affascinato, senza riuscire a distogliere lo sguardo. Percepivo il calore che la sua mano trasmetteva alla mia. Un calore solido e piacevole.

Vidi la mia mano scendere lungo l’addome, sfiorando leggera le bende appena messe, e poi scendere ancora, tastando la sua pelle liscia e calda con i polpastrelli. Non sapevo neanche più chi dei due fosse a muoverla, se io, o lui, che ancora la teneva stretta. Sentii i primi peli sotto l’ombelico farsi lentamente più folti, fino a quando le mie dita raggiunsero l’elastico dei pantaloni. Mi fermai per un secondo, ed alzai lo sguardo sul viso di Shane, che mi stava fissando. Non sorrideva più. Sentii la sua mano stringere leggermente la mia e trascinarla più in basso, oltre l’elastico.

A quel punto, una qualche scintilla scoccò nella mia testa, rimise in moto gli ingranaggi, ed io mi risvegliai da quello stato di catalessi, ritirando bruscamente la mano e saltando in piedi.

« Che cavolo.. » mormorai, arrossendo a dismisura.

Cosa diavolo stava facendo quell’idiota? era forse impazzito??

Feci per allontanarmi, ma lui mi fermò, afferrandomi per un polso, con un sorrisetto malizioso dipinto in volto. Mi attirò nuovamente verso di sé.

« Ehy, così non vale.. » sussurrò, squadrandomi ancora con quegli occhi tremendamente profondi. « Io ti ho lasciato toccare, ma ora è il mio turno… Do ut des, no? »

Lo guardai con gli occhi spalancati. Non mi piaceva quella nuova versione di Shane, e neanche la sua personalissima interpretazione di Do ut des. O meglio, mi piaceva da un certo punto di vista, ma mi preoccupava anche un sacco, da tutti gli altri punti di vista.

Mi passò lentamente una mano su un fianco, sollevando leggermente la maglietta, premette le dita nella carne e mi avvicinò a sé ancora di più.

« Dimmi una cosa, Thomas… sei ancora vergine? »

Sgranai gli occhi ancora di più. Era impazzito. Era chiaramente diventato pazzo. Non c’era altra ragione, per cui si dovesse comportare così, oltre alla follia.

« Sarebbe un vero peccato.. »

Mi staccai da lui di scatto. È vero che mi piaceva, ma non avevo alcuna intenzione di fare nulla con lui. Mi morsi un labbro. Ero assolutamente in grado di dominare i miei istinti. E i miei impulsi. E quelle cose lì.. Tipo gli impulsi.

« OKAY! » esclamai, con voce leggermente isterica e stridula. « Okay.. » ripetei, normalizzando la respirazione e il tono. « Facciamo che tu.. Ora dormi. Dormi. E io- vado di là. Nella camera degli ospiti. » E mi ci chiudo dentro. A chiave.

Non aggiunsi altro, e fuggii dalla stanza, sbattendo la porta alle mie spalle.

 

 

Non ho tempo di scrivere, ma grazie a tutte per le recensioni!! Vi amo tanto! Mi rendete tanto felice! :D

   
 
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