Chiedo
perdono per questo abominevole ritardo, e, cosa che mi
spezza il cuore, devo deludervi ancora pubblicando un pezzetto minuscolo di
capitolo... D’altra parte non potevo tenervi ancora sulle spine quindi ho dovuto
farvi leggere almeno la vendetta di Tonks.
Quindi
godetevela, recensite, e io vi prometto che tornerò presto con l’ultima parte,
quella più piccante.
Baci, la vostra Nonna Minerva.
3. La Regina di Cuori.
Remus si era quasi
addormentato quanto sentì un leggero colpetto alla
porta.
Senza aspettare una risposta,
chiunque fosse dietro la porta la aprì e lui sbatté gli occhi un paio di volte mentre la luce del corridoio filtrava nella sua stanza
e poi sparire quando la porta fu richiusa. Sentì dei passi leggeri avanzare
verso di lui e, in qualche modo, ancora prima di vedere la sua faccia, seppe
che era lei. Cercò la bacchetta ed accese la lampada sul comodino, la luce che
creava ombre ondeggianti nella stanza. Si tirò su, facendo peso sui gomiti,
notando il suo pigiama decisamente più grande di lei,
nel quale appariva, naturalmente, adorabile.
“Tonks?” disse. “Che cosa ci fai qui? Credevo fossi tornata a casa ore fa.”
“E’ così.” Confermò. “Non
riuscivo a dormire così sono tornata.”
“In pigiama?” chiese,
inarcando un sopracciglio. Lei abbassò lo sguardo.
“Oh,”
mormorò, sorridendo come se non si fosse accorta prima di quello che indossava.
“Sì.”
Trascorsero alcuni minuti e
lui deglutì, cercando di scacciare quello strano presentimento. Guardò le ombre
danzare sul volto di lei, non sapendo esattamente come
interpretare la sua improvvisa apparizione nella sua stanza, a quell’ora della
notte. La maggior parte dei suoi pensieri era incentrata attorno alle parole
‘Tonks’, ‘camera da letto’ e
‘la mia’, che era ridicolo se pensava che vi aveva
dormito solo la notte precedente, anche se lui era, ovviamente, in un’altra
stanza.
Non che lei
ne fosse a conoscenza. Deglutì.
“Remus?” disse Tonks.
“Sì?” rispose, inarcando
debolmente un sopracciglio.
“Stavo pensando,” esordì.
“Bene.”
Lei lo guardò un po’
esasperata.
“Non vuoi sapere cosa?”
“Continua allora,” concesse.
Tonks si avvicinò, facendo il
giro del letto fino a dove era disteso lui.
“Stavo pensando che forse dovresti rinfrescarmi la memoria.”
“Sai, gli incantesimi per il
recupero della memoria sono molto complic...”
“Non mi riferivo ad un
incantesimo,” specificò, avvicinandosi ancora di più,
abbassando la voce. Lei incontrò il suo sguardo, probabilmente terrorizzato,
mentre con gli occhi che scintillavano maliziosi, scostò le coperte e vi si infilò sotto, a fianco di lui.
Remus deglutì, violentemente,
nel sentire la gamba di lei sfiorare la sua.
Pensò che probabilmente
avrebbe dovuto scostarsi, mettere un po’ di distanza fra loro due, ma pensò che
sarebbe stato un po’ scortese, per non parlare di poco convincente se la notte
prima erano stati più che vicini, in preda ad una
incontrollata frenesia.
D’altra parte, averla così
vicina era, beh, un po’ sconcertante, e pensò che l’ultima cosa di cui aveva
bisogno, se voleva avere qualche speranza di continuare questa cosa, era
apparire imbarazzato.
Mentre era preso dall’indecisione, lei si era ulteriormente
avvicinata, ormai si era comodamente sistemata addosso al suo fianco. Le fece
un sorriso forzato e lei lo guardò per un istante prima
di prendere il suo viso fra le mani ed iniziare a baciargli dolcemente la
mascella.
Sentiva la pelle prendere
fuoco al tocco dei suoi baci, facendosi lentamente
strada lungo il collo, tracciando lo stesso sentiero dall’altra parte con la
punta delle dita. Chiuse gli occhi assaporando la sensazione delle sue labbra e
del suo respiro sul collo e istintivamente si spostò
un po’ più vicino. I capelli di lei gli solleticavano
il viso e sussultò appena.
Riusciva a pensare soltanto a
due possibili soluzioni – uno, dirle la verità, o due,
lasciarla fare qualsiasi cosa avesse in mente. La sua coscienza gli diceva che probabilmente avrebbe dovuto scegliere la prima;
il suo corpo sembrava pensare che la seconda non fosse poi una cattiva idea,
specialmente se continuava a fargli quelle cose sul collo con la lingua.
In qualche modo, ritrovò la
voce.
“Tonks?” mormorò. “Cosa stai facendo?”
“Credevo, Remus,” gli sussurrò con
voce roca nell’orecchio, “Che fosse ovvio.” Sottolineò
le sue parole con i fatti, iniziando a mordicchiare il lobo del suo orecchio
prima di scendere di nuovo lungo il collo. Lui respirava pesantemente,
avvicinandosi ancora per godere dei suoi baci.
Tutt’ad un tratto tutto
sembrava avere senso. Lei aveva detto ‘risolvere la cosa fra noi, se non altro’, parlato di quello che avrebbero dovuto fare poi e capì di
avere drasticamente sbagliato a calcolare le conseguenze. Lei era già convinta
che avessero dormito insieme la notte precedente, dopo tutto,
e sembrava non volere che fosse una cosa da una notte soltanto. Rifletté
sull’idea che lei potesse veramente voler stare con
lui, ed il pensiero diventava ogni secondo tanto eccitante quanto la sensazione
delle labbra di lei sulla sua pelle.
Cercò di smettere di pensare,
di lasciare che la sua mente si concentrasse interamente sulle sensazioni che
lei provocava, ed era assolutamente facile dimenticare qualsiasi cosa che non fosse lei – sembrava sapere l’esatta pressione delle labbra
sulla pelle, e quando lei tornò al suo orecchio lui stava praticamente facendo
le fusa. Si fermò e riusciva a sentire il suo respiro sulla pelle.
“Credo che questo si
chiami...” sussurrò mantenendo lo stesso tono di voce.
“… render pan per focaccia!”
“Cosa?”
Aprì gli occhi, chiedendosi
se apparisse così disorientato come si sentiva.
Lei le
sorrise malefica per un attimo. Remus notò con una certa apprensione che
era ancora pericolosamente, dannatamente vicina e i suoi occhi brillavano
trionfanti, quindi tuffò la testa sul cuscino ridendo selvaggiamente.
“Ha funzionato, però, vero?”
Per un attimo rifletté sui
due modi in cui avrebbe potuto interpretare questa sua ultima affermazione, e
sul fatto che aveva perfettamente funzionato in entrambi i sensi.
Si accasciò sul cuscino a
fianco a lei, non senza notare che le loro braccia e spalle si sfioravano, e
desiderando di aver indossato qualcosa di più che una misera mogliettina ed un
paio di vecchi pantaloni del pigiama, attraverso i quali i
calore che emanava il corpo di lei si sentiva fin troppo bene.
Fissò ostinatamente il
soffitto.
“Ti sei ricordata cosa è
veramente successo?” domandò. La sua voce suonava stranamente roca e si schiarì
la gola.
“Quanto basta,” rispose, allegra.
Remus strinse a sé le lenzuola mentre il suo stomaco vibrava di delusione – non
perché aveva scoperto la sua messinscena, ma più perché era stata una
messinscena fin dall’inizio. Era decisamente
dispiaciuto che non stesse più facendo quelle cose sul suo collo.
“Non riesco a credere di
esserci cascata due volte!” disse, ridacchiando sommessamente, scuotendo la
testa. Punteggio pieno a tutta la storia della verginità però. Un vero colpo di
genio.”
“Grazie.”
Fissarono entrambi il
soffitto per un po’. Remus fremeva per l’ineluttabilità della situazione.
Sapeva che era niente meno quello che si meritava,
eppure...
Ancora più preoccupante,
sapeva che avrebbe dovuto trovare la cosa divertente. Il Malandrino che c’era
in lui avrebbe dovuto essere piegato in due dalle risate per il fatto di essere
stato così spettacolarmente smascherato, ma non lo trovava
affatto divertente. In effetti, lo trovava qualcosa di completamente
differente.
La sua mente correva a più
non posso, attraverso sensazioni sentimenti e pensieri che aveva
disperatamente bisogno di elaborare. Ignorò il suo cuore che batteva a mille, dal momento che non riusciva esattamente a capire di cosa
gli stesse parlando, decidendo di provare invece con qualcuno dei suoi
pensieri. Il più insistente sembrava essere il fatto che
era deluso. Questo voleva dire che, ad un certo punto,
aveva desiderato che qualcosa accadesse.
Questa però non era una
novità, giusto?
Si domandò come mai gli
apparisse come una sorpresa, e più che quello, una rivelazione.