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Autore: Lady Bracknell    15/11/2006    10 recensioni
Finale alternativo del quinto capitolo di Under the Table.

“Non lo faresti.”
“Non lo farei?” chiese.
“Stavi scherzando,” mormorò, e lui annuì.
Genere: Romantico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3. the queen of hearts

 

Chiedo perdono per questo abominevole ritardo, e, cosa che mi spezza il cuore, devo deludervi ancora pubblicando un pezzetto minuscolo di capitolo... D’altra parte non potevo tenervi ancora sulle spine quindi ho dovuto farvi leggere almeno la vendetta di Tonks.

 

Quindi godetevela, recensite, e io vi prometto che tornerò presto con l’ultima parte, quella più piccante.

 

Baci, la vostra Nonna Minerva.

 

3. La Regina di Cuori.

 

Remus si era quasi addormentato quanto sentì un leggero colpetto alla porta.

Senza aspettare una risposta, chiunque fosse dietro la porta la aprì e lui sbatté gli occhi un paio di volte mentre la luce del corridoio filtrava nella sua stanza e poi sparire quando la porta fu richiusa. Sentì dei passi leggeri avanzare verso di lui e, in qualche modo, ancora prima di vedere la sua faccia, seppe che era lei. Cercò la bacchetta ed accese la lampada sul comodino, la luce che creava ombre ondeggianti nella stanza. Si tirò su, facendo peso sui gomiti, notando il suo pigiama decisamente più grande di lei, nel quale appariva, naturalmente, adorabile.

 

“Tonks?” disse. “Che cosa ci fai qui? Credevo fossi tornata a casa ore fa.”

 

“E’ così.” Confermò. “Non riuscivo a dormire così sono tornata.

 

“In pigiama?” chiese, inarcando un sopracciglio. Lei abbassò lo sguardo.

 

“Oh,” mormorò, sorridendo come se non si fosse accorta prima di quello che indossava. “Sì.”

 

Trascorsero alcuni minuti e lui deglutì, cercando di scacciare quello strano presentimento. Guardò le ombre danzare sul volto di lei, non sapendo esattamente come interpretare la sua improvvisa apparizione nella sua stanza, a quell’ora della notte. La maggior parte dei suoi pensieri era incentrata attorno alle parole ‘Tonks’,camera da letto’ e ‘la mia’, che era ridicolo se pensava che vi aveva dormito solo la notte precedente, anche se lui era, ovviamente, in un’altra stanza.

 

Non che lei ne fosse a conoscenza. Deglutì.

 

“Remus?” disse Tonks.

 

“Sì?” rispose, inarcando debolmente un sopracciglio.

 

“Stavo pensando,” esordì.

 

“Bene.”

 

Lei lo guardò un po’ esasperata.

“Non vuoi sapere cosa?”

 

“Continua allora,” concesse.

 

Tonks si avvicinò, facendo il giro del letto fino a dove era disteso lui.

“Stavo pensando che forse dovresti rinfrescarmi la memoria.”

 

“Sai, gli incantesimi per il recupero della memoria sono molto complic...

 

“Non mi riferivo ad un incantesimo,” specificò, avvicinandosi ancora di più, abbassando la voce. Lei incontrò il suo sguardo, probabilmente terrorizzato, mentre con gli occhi che scintillavano maliziosi, scostò le coperte e vi si infilò sotto, a fianco di lui.

 

Remus deglutì, violentemente, nel sentire la gamba di lei sfiorare la sua.

 

Pensò che probabilmente avrebbe dovuto scostarsi, mettere un po’ di distanza fra loro due, ma pensò che sarebbe stato un po’ scortese, per non parlare di poco convincente se la notte prima erano stati più che vicini, in preda ad una incontrollata frenesia.

 

D’altra parte, averla così vicina era, beh, un po’ sconcertante, e pensò che l’ultima cosa di cui aveva bisogno, se voleva avere qualche speranza di continuare questa cosa, era apparire imbarazzato.

 

Mentre era preso dall’indecisione, lei si era ulteriormente avvicinata, ormai si era comodamente sistemata addosso al suo fianco. Le fece un sorriso forzato e lei lo guardò per un istante prima di prendere il suo viso fra le mani ed iniziare a baciargli dolcemente la mascella.

 

Sentiva la pelle prendere fuoco al tocco dei suoi baci, facendosi lentamente strada lungo il collo, tracciando lo stesso sentiero dall’altra parte con la punta delle dita. Chiuse gli occhi assaporando la sensazione delle sue labbra e del suo respiro sul collo e istintivamente si spostò un po’ più vicino. I capelli di lei gli solleticavano il viso e sussultò appena.

 

Riusciva a pensare soltanto a due possibili soluzioni – uno, dirle la verità, o due, lasciarla fare qualsiasi cosa avesse in mente. La sua coscienza gli diceva che probabilmente avrebbe dovuto scegliere la prima; il suo corpo sembrava pensare che la seconda non fosse poi una cattiva idea, specialmente se continuava a fargli quelle cose sul collo con la lingua.

 

In qualche modo, ritrovò la voce.

“Tonks?” mormorò. “Cosa stai facendo?”

 

“Credevo, Remus,” gli sussurrò  con voce roca nell’orecchio, “Che fosse ovvio.” Sottolineò le sue parole con i fatti, iniziando a mordicchiare il lobo del suo orecchio prima di scendere di nuovo lungo il collo. Lui respirava pesantemente, avvicinandosi ancora per godere dei suoi baci.

 

Tutt’ad un tratto tutto sembrava avere senso. Lei aveva detto ‘risolvere la cosa fra noi, se non altro’, parlato di quello che avrebbero dovuto fare poi e capì di avere drasticamente sbagliato a calcolare le conseguenze. Lei era già convinta che avessero dormito insieme la notte precedente, dopo tutto, e sembrava non volere che fosse una cosa da una notte soltanto. Rifletté sull’idea che lei potesse veramente voler stare con lui, ed il pensiero diventava ogni secondo tanto eccitante quanto la sensazione delle labbra di lei sulla sua pelle.

 

Cercò di smettere di pensare, di lasciare che la sua mente si concentrasse interamente sulle sensazioni che lei provocava, ed era assolutamente facile dimenticare qualsiasi cosa che non fosse lei – sembrava sapere l’esatta pressione delle labbra sulla pelle, e quando lei tornò al suo orecchio lui stava praticamente facendo le fusa. Si fermò e riusciva a sentire il suo respiro sulla pelle.

“Credo che questo si chiami...” sussurrò mantenendo lo stesso tono di voce. “… render pan per focaccia!”

 

Cosa?”

 

Aprì gli occhi, chiedendosi se apparisse così disorientato come si sentiva.

 

Lei le sorrise malefica per un attimo. Remus notò con una certa apprensione che era ancora pericolosamente, dannatamente vicina e i suoi occhi brillavano trionfanti, quindi tuffò la testa sul cuscino ridendo selvaggiamente.

“Ha funzionato, però, vero?”

 

Per un attimo rifletté sui due modi in cui avrebbe potuto interpretare questa sua ultima affermazione, e sul fatto che aveva perfettamente funzionato in entrambi i sensi.

 

Si accasciò sul cuscino a fianco a lei, non senza notare che le loro braccia e spalle si sfioravano, e desiderando di aver indossato qualcosa di più che una misera mogliettina ed un paio di vecchi pantaloni del pigiama, attraverso i quali i calore che emanava il corpo di lei si sentiva fin troppo bene.

 

Fissò ostinatamente il soffitto.

“Ti sei ricordata cosa è veramente successo?” domandò. La sua voce suonava stranamente roca e si schiarì la gola.

 

“Quanto basta,” rispose, allegra.

 

Remus strinse a sé le lenzuola mentre il suo stomaco vibrava di delusione – non perché aveva scoperto la sua messinscena, ma più perché era stata una messinscena fin dall’inizio. Era decisamente dispiaciuto che non stesse più facendo quelle cose sul suo collo.

 

“Non riesco a credere di esserci cascata due volte!” disse, ridacchiando sommessamente, scuotendo la testa. Punteggio pieno a tutta la storia della verginità però. Un vero colpo di genio.”

 

“Grazie.”

 

Fissarono entrambi il soffitto per un po’. Remus fremeva per l’ineluttabilità della situazione. Sapeva che era niente meno quello che si meritava, eppure...

 

Ancora più preoccupante, sapeva che avrebbe dovuto trovare la cosa divertente. Il Malandrino che c’era in lui avrebbe dovuto essere piegato in due dalle risate per il fatto di essere stato così spettacolarmente smascherato, ma non lo trovava affatto divertente. In effetti, lo trovava qualcosa di completamente differente.

 

La sua mente correva a più non posso, attraverso sensazioni sentimenti e pensieri che aveva disperatamente bisogno di elaborare. Ignorò il suo cuore che batteva a mille, dal momento che non riusciva esattamente a capire di cosa gli stesse parlando, decidendo di provare invece con qualcuno dei suoi pensieri. Il più insistente sembrava essere il fatto che era deluso. Questo voleva dire che, ad un certo punto, aveva desiderato che qualcosa accadesse.

 

Questa però non era una novità, giusto?

 

Si domandò come mai gli apparisse come una sorpresa, e più che quello, una rivelazione.

 

  
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