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Autore: The Black Dahlia    23/04/2012    5 recensioni
The Black Dahlia, ex MrsKilljoy.
Severus Piton è un uomo solo, tormentato dalla perdita del suo unico e grande amore, Lily Evans, sulla cui tomba ha giurato che ne proteggerà il figlio, il giovane Harry Potter, a rischio della sua stessa vita. Per questo motivo accetta la folle proposta di Albus Silente: tornerà tra i Mangiamorte, nel controverso ruolo di spia doppiogiochista.
Daisy Ackerley è una strega Nata Babbana, orfana di entrambi i genitori, che vive nel piccolo villaggio magico di Godric’s Hollow dove è proprietaria di una bottega nella quale prepara pozioni diluite che rivende poi ai Babbani. Ha un rapporto tormentato con la Magia e solo in questo modo riesce a conciliare la sua natura di strega con la sensazione di essere allo stesso tempo una Babbana.
Una buia notte del giugno 1992 le loro strade si rincontrano per caso, davanti alle rovine di casa Potter.
Da quella sera entrambe le persone scoprono l’esistenza di un sentimento a loro estraneo fino a quel momento, l’amicizia.
Ma per entrambi questo si rivelerà fatale: Severus è all’apparenza un Mangiamorte e il suo rapporto con Daisy rischierà diverse volte di mettere in pericolo la sua copertura, mentre la giovane ragazza si troverà costretta a scappare per salvaguardare la sua stessa vita.
Potrà questa amicizia stravolgere il destino di Severus Piton, al punto di salvargli la vita?
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Evans, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Severus Piton, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Capitolo 14 – Il Ballo del Ceppo


Severus osservava annoiato le coppie di studenti delle scuole di Magia di Hogwarts, Durmstrang e Beauxbatons  che affollavano la Sala Grande vestiti di tutto punto, mentre volteggiavano sorridenti accompagnati dalle note delle Sorelle Stravagarie: era strano vedere il castello affollato da giovani con vesti e abiti colorati, così diversi dal nero lugubre delle divise che erano costretti a portare per tutto il resto dell’anno scolastico, ma tutto sommato piacevole. Non riusciva tuttavia a trovare un attimo di pace e con piglio nervoso incrociò lo sguardo di Igor Karkaroff: il preside di Durmstrang era sempre più preoccupato a causa del Marchio Nero sul suo braccio sinistro, che diventava via via più evidente con il passare dei mesi. Nelle ultime sere Karkaroff era divenuta l’ombra di Piton, e nonostante il loro passato da Mangiamorte li accumunasse Severus si trovava nella scomoda situazione di non sapere come comportarsi. Come lui, Karkaroff aveva rinnegato il suo passato per sfuggire alla condanna ad Azkaban ma la sua presenza all’interno del castello rischiava di mettere in pericolo la copertura come spia per conto di Silente. Avrebbe dovuto fingere di non accorgersi dei segnali del ritorno del Signore Oscuro, ma allo stesso tempo doveva continuare la sua missione senza sollevare sospetti nei confronti del polacco* e dei suoi colleghi Mangiamorte. In poche parole era una situazione spinosa e difficoltosa, che avrebbe richiesto ancora più discrezione e attenzione da parte dell’insegnante di Pozioni. Proprio a causa di questi pensieri e di questa sua volontà di sfuggire al preside di Durmstrang Severus non prestò particolare attenzione alla festa e ai suoi partecipanti, e se non fosse stato per un lieve brusio che destò i suoi sensi avrebbe passato l’intera serata in compagnia a rimuginare sulle sue questioni. Una frase particolare catturò la sua attenzione, pronunciata da uno studente Tassorosso del quale non ricordava il nome: “Scommetto venti galeoni che è la ragazza che lavora al Ghirigoro, insomma… lo sanno tutti che Wilbur Keynes le faceva il filo!”.
Il  fastidio colpì Severus come un’onda anomala in seguito ad un maremoto: Daisy era alla festa?
La cercò con lo sguardo tra i partecipanti al Ballo del Ceppo spostandosi furtivo lungo il perimetro della Sala Grande nella speranza di vederla, per accertarsi che la ragazza di cui parlava il ragazzo appartenente a Tassorosso fosse realmente Daisy, ma individuare qualcuno in quel mare di studenti risultava difficile: non c’era nessuna traccia della giovane, tantomeno di Wilbur Keynes, e dovette ricorrere al suo proverbiale autocontrollo per  non schiantare  chiunque intralciasse la sua vista. Poi improvvisamente la vide.
Daisy beveva del liquido ambrato al fianco del giovane Keynes, rideva alle battute di uno dei due gemelli Weasley che sembrava si stesse impegnando particolarmente nel tentativo di divertirla, e una mascherina argentata le copriva parzialmente il viso. Severus la osservò per qualche secondo come se fosse incantato: non l’aveva mai vista ridere di gusto, con quella luce particolare nello sguardo che le illuminava il volto, e per una frazione di secondo sentì l’esigenza di cruciare gli artefici di cotanta allegria. Dentro di sé sentì nascere una furia che credeva assopita da tempo: l’ultima volta che aveva provato qualcosa di simile era stato molti anni addietro, quando aveva visto Lily Evans stretta al braccio di James Potter durante il suo ultimo anno ad Hogwarts. Non riusciva a staccare gli occhi da quel patetico palcoscenico, come catturato da uno spettacolo senza dubbio interessante ma che nonostante il dolore che gli provocava non poteva smettere di guardare. Sperava che lei sollevasse gli occhi e incrociasse il suo sguardo, ma non accadde. Dovette inevitabilmente spostarsi, smettere di studiare incantato la scena e scelse un angolo buio della sala dove poter continuare a osservare la giovane senza esser notato. Tuttavia era uno spettacolo senza dubbio interessante: non aveva mai visto Daisy relazionarsi con altre persone ed ebbe modo di studiare i suoi comportamenti. Al di fuori delle sue previsioni, non era il tipo di ragazza che si rendeva protagonista degli eventi. Rideva cortese, ma rimaneva defilata, azzardando di tanto in tanto qualche frase senza monopolizzare l’attenzione dei presenti. Sembrava studiasse chi la circondava  incerta se dargli fiducia o meno. La memoria gli riportò alla mente la sera del loro primo incontro, quando lei senza esitazione alcuna lo aveva avvolto nel suo mantello e ospitato nella sua casa sopra la bottega di Godric’s Hollow, e si sentì rincuorato: quella Daisy non era la sua Daisy, o meglio, non prestava agli altri le stesse attenzioni e cure che gli aveva riservato quella lontana sera di due anni prima. Si sentì rincuorato a quel pensiero, ma non appena giunse a questa considerazione provò nuovamente la sensazione di fastidio provata qualche notte prima al risveglio dal suo assurdo sogno. Doveva smettere di pensare a quelle fesserie adatte solo a uomini deboli e con grande fatica si costrinse a chiudere gli occhi e girare le spalle a Daisy e alle persone che la circondavano. Ma non poté scappare a lungo: Igor Karkaroff si trovava esattamente dietro le sue spalle e lo osservava con sguardo ansioso.
- “Severus, devo parlarti!” – gli disse affannato.
- “Igor non credo sia il momento tantomeno il luogo adatto per sfoderare le tue ansie su di me. Oltretutto sono un pessimo ascoltatore” - . Il professore sfoderò il classico tono disinteressato e pungente che riservava ai suoi allievi.
- “ Ti prego. Dedicami cinque minuti del tuo tempo”. –
Severus sbuffò. Per giorni aveva cercato di sfuggire al preside di Durmstrang e maledì se stesso per quell’attimo di disattenzione che fece si che trovasse il momento propizio per metterlo alle strette. Si voltò un’ultima volta in direzione di Daisy, speranzoso di trovare una scusa per divincolarsi da Karkaroff e con delusione constatò che di lei non v’era più traccia. Deluso, si arrese al suo destino.
- “Non qui, seguimi!” – disse duramente al polacco.
Costeggiando la pista da ballo, uscirono dal castello dal portone principale. L’oscurità della notte era lievemente illuminata dalla presenza di minuscole fatine che scintillavano nel giardino delle rose, e i due uomini si diressero verso un angolo apparentemente deserto lungo dei viottoli tortuosi. Quando Severus fu certo che nessun ragazzo o ragazza appartenente ad una delle tre scuole di magia fosse nei paraggi senza smettere di camminare chiese a Karkaroff: - “Di cosa vuoi parlarmi?” –
- “Di questo!” – rispose agitato il preside straniero arrotolando la manica sinistra della sua tunica per mostrare il Marchio Nero al professore di Pozioni. – “Ce l’hai anche tu, non puoi non  essertene accorto. Lui sta tornando!” – esclamò spaventato.
- “Non vedo cosa c’è da agitarsi tanto, Igor” -.
- “Severus, non puoi fingere che non stia succedendo niente. E’ diventato sempre più evidente negli ultimi mesi, sono davvero preoccupato, non posso negarlo…” -.
- “Allora scappa” – rispose bruscamente – “Vattene, farò io le tue scuse. Io, comunque, rimango a Hogwarts” -.
Un rumore sorprese i due uomini, al che Severus sfoderò la sua bacchetta e iniziò a far saltare via i cespugli di rose, da molti dei quali spuntarono sagome scure seguite da acuti strilli. Severus riconobbe alcuni dei suoi studenti.
- “Dieci punti in meno per Tassorosso, Fawcett. E dieci punti in meno anche per Corvonero, Stebbins” – poi notò altre due sagome, appartenenti a due degli studenti che meno desiderava vedere in quel momento: Harry Potter e Ron Weasley. - “E voi due cosa state facendo?” – domandò.
- “Stiamo camminando” – rispose Ron asciutto – “Non è contro la legge, vero?” –
- “Continuate a camminare, allora!” – sibilò, e tornò all’interno del castello seguito a ruota da Karkaroff.
- “Mi auguro che quei due non abbiano sentito nulla” -  bisbigliò preoccupato il preside di Durmstrang.
- “Conoscendo Potter non ne sarei così sicuro. Adesso, se vuoi scusarmi, credo che abbiamo attirato l’attenzione su di noi abbastanza per questa notte. Buona serata, Igor” – e lo lasciò solo in preda alle sue paure sul portone di ingresso della Sala Grande.
Sentiva l’esigenza di bere qualcosa di forte, del Whiskey Incendiario, alla ricerca di un lieve stordimento capace di placare il nervosismo procuratogli dalla breve conversazione con Karkaroff, e si recò verso una grande tavola sopra la quale vi erano diverse bottiglie per berne un goccio. Sentì il liquido scorrergli lungo la gola, e il bruciore fu quasi terapeutico. Si voltò in direzione della pista da ballo, dove ebbe la sfortuna di intravedere Daisy sempre con la mascherina sul volto che veniva trascinata per mano dal giovane Wilbur Keynes che evidentemente le chiedeva un ballo. La vide scuotere la testa in cenno di diniego mentre il ragazzo insisteva cortesemente, e fu sul punto di esplodere. Senza pensarci due volte si avvicinò alla coppia, facendo in modo di trovarsi per caso sulla traiettoria del giovane Grifondoro che non potè far altro che andare a sbattere contro il suo insegnante.
- “Non ti hanno mai insegnto le buone maniere Keynes? Quando una giovane si nega è cortesia non insistere, ma dubito che tu sappia granché di come ci si comporti. E attento a dove metti i piedi, non mi stupirei se le pestassi i piedi per tutta la sera” -.
Vide il giovane diventare paonazzo e lasciare la mano di Daisy, e senza dargli tempo di replicare se ne andò in direzione opposta, nascondendosi all’ombra di una colonna. Gli parve di udire un sommesso “Mi scusi professore”, e provò rigetto per la tanta gentilezza e cortesia di Keynes. Riprese ad osservare l’improbabile coppia e si stupì nel constare che Daisy si era allontanata dal ragazzo fino ad arrivare al margine estremo della stanza mentre si guardava attorno come se fosse alla ricerca di qualcosa… o qualcuno. Per un momento sperò che stesse cercando lui e fu sul punto di farle cenno, ma solo in quell’istante ebbe modo di vederla interamente e ammirarla nella sua semplice ma allo stesso tempo straordinaria eleganza: i capelli corti  e scuriti dal suo incantesimo erano raccolti dietro le orecchie e il suo corpo era fasciato da un vestito lungo e senza spalline di color argento,lo stesso colore della mascherina che portava sul volto, che metteva in risalto la sua carnagione diafana. Si accorse di quanto fosse bella solo in quell’istante, e stupidamente si chiese se lo fosse sempre stata o se la sua era solo una considerazione dettata dall’assurdo fastidio che provava nel saperla accompagnata da un ragazzo più giovane, decisamente più aitante e affascinante di lui. La vide avanzare nella sua direzione, sebbene fosse impossibile che l’avesse visto dato l’anfratto in cui si era nascosto, fermandosi talmente tanto vicino all’uomo che a Severus sarebbe bastato allungare un braccio per sfiorarla mentre continuava a girare la testa a destra e sinistra senza interrompere la sua ricerca. Poi fu un attimo: vide Wilbur Keynes avanzare in direzione di Daisy e senza pensarci due volte l’afferrò per un braccio trascinandola con sé  all’ombra della colonna. Non ebbe modo di dire nulla al di fuori di un asettico “Mi segua” e ignorando lo sguardo stupito della giovane si dileguò a grandi passi verso l’uscita della Sala Grande, stando ben attento a non scatenare l’attenzione di nessuno. Si infilò all’interno di un aula in disuso poco distante e illuminata dalla fioca luce di alcune candele seguito dal lieve rumore dei passi di Daisy, che entrò nella stanza dopo pochi secondi.
- “Severus!” – esclamò la giovane quando fu davanti all’uomo, sollevando dagli occhi la mascherina che ne celava il volto.
Piton si era sbagliato: il vestito che Daisy indossava non aveva solo il potere di risaltare la sua carnagione chiara, ma anche il grigio dei suoi occhi appena velati da un elegante accenno di trucco sembrava brillare di luce nuova. Rimase sbigottito davanti alla sua fresca bellezza e sentì l’esigenza di dirglielo, ma quando aprì la bocca per parlare le parole che pronunciò furono ben altre.
- “Cosa ci fa qui, Daisy? Ha intenzione di mettere a repentaglio la sua copertura?” –
La ragazza rimase palesemente delusa dalle parole di Severus, e una smorfia contrariata si dipinse sul suo volto.
- “Credo di esser stata sufficientemente prudente!” – rispose stizzita.
- “No!” – disse il professore all’assurda ricerca di un pretesto per continuare il litigio, l’ennesimo tra di loro, che non avrebbe neanche voluto iniziare - “Non si rende conto che nella sua copertura risulta che lei ha studiato a Beauxbatons? E se qualcuno dovesse dire qualcosa in merito? Solleverebbe l’attenzione di troppe persone. E’ stata una sciocca!” –
- “Certo! A parte il fatto che nessuno è a conoscenza di questo piccolo dettaglio il suo discorso fila. Ha altro da rimproverarmi?” –
- “Non faccia l’offesa. Avrebbe dovuto pensarci! Oltretutto… qualche studente di Hogwarts potrebbe riconoscerla… sono passati solo quattro anni da quando ha conseguito i M.A.G.O.!” –
- “Allora mi permetta di dirle che non ha scelto il posto adatto per nascondermi”. –
- “Non discuta le mie scelte! Non si rende minimamente conto dei pericoli che ho corso per salvarle la vita” - .
Daisy incrociò le braccia al petto. – “Certo che me ne rendo conto! Lei è sempre pronto a rinfacciare ogni cosa alla prima occasione, non è un particolare che ignoro” - .
- “Discute i miei metodi signorina Ackerley?” – chiese furioso. Quello scambio di battute lo stava portando all’esasperazione, ma più dentro di sé cercava di calmarsi più sentiva l’esigenza di dare libero sfogo alla sua frustrazione.
- “Non discuto nulla, ma mi sembra assurdo questo suo comportamento. Ogni volta ha qualcosa da dire, un qualcosa di cui rimproverarmi e mi tratta come se fossi una ragazzina incosciente che ha la cattiva abitudine di cacciarsi nei guai. Beh caro Severus, io sono stanca di sentirmi perennemente sono esame. Mio padre è morto diversi anni fa’, credo di averglielo detto tempo addietro. Non ho bisogno di una balia!” –
- “Se lei si comportasse come una persona coscienziosa forse non dovrei perdere tempo a farle da balia, non crede?” –
- “Ah, quindi io sarei una perdita di tempo?” –
Severus di ritrovò senza parole e sapeva di essersi inoltrato in un territorio minato. – “Non ho detto questo” -  si affrettò a precisare.
- “A me non sembra” – rispose duramente Daisy – “Sono stanca, e sa perché? Perché non fa altro che comparire e scomparire all’improvviso. Alterna momenti in cui è sempre presente ad altri in cui sparisce per mesi, al punto che mi ritrovo costretta a spulciare ogni colonna della Gazzetta del Profeta con la paura che le sia successo qualcosa, alla ricerca di una qualsiasi notizia sul suo conto. Poi ogni volta che compare non fa altro che portare sconvolgimenti nella mia vita, ai quali mi sembra io mi sia adattata senza fare troppe storie, salvo poi dopo qualche mese attaccarmi duramente e accusarmi di essere una sciocca ragazzina senza cervello. Quindi, se le procuro tanti fastidi, se sono solo una perdita di tempo, perché continua a preoccuparsi per me?” – gli domandò trattenendo a stento le lacrime.
- “Perché sono fortemente convinto che lei non si renda conto dei pericoli che la circondano!” –
- “Questa è bella. Ascoltami una volta per tutte, Severus Piton: non accetto morali da una persona come te! Sei il primo che non si rende conto degli immensi pericoli in cui si trova: ti ho sentito mentre parlavi con quell’uomo poco fa’, con quel… come si chiama? Con il preside di Durmstrang! Parlavate di Tu-Sai-Chi, e gli hai mentito, fingendo di non accorgerti dei segnali del ritorno di Lord Voldemort per sostenere questa assurda missione per conto di Silente. Per piacere, pensa ai tuoi di problemi che ai miei ci penso io!!” –
Severus rimase a bocca aperta per tutta la durata della scenata di Daisy: era passata improvvisamente dall’ essere infastidita ad una furia, passando ad un tono confidenziale che non le aveva mai sentito utilizzare nei suoi confronti in anni di frequentazione.
- “Devo ricordarle le buone maniere?” –le domandò duro.
- “Buone maniere un corno! Adesso se vuoi scusarmi, me ne torno a casa” -.
- “Dove crede di andare da sola a quest’ora?” –
- “Non ti preoccupare. So arrivare a Hogmeade senza rischiare di venire uccisa da qualche strana creatura o esser cruciata da qualche tuo compagno Mangiamorte. Addio Severus!” – e rimettendosi la mascherina argentata sul viso Daisy uscì dalla stanza lasciando Severus più nervoso e frustrato di prima. L’uomo rimase impassibile per qualche secondo, incapace di credere all’assurda conversazione che si era appena conclusa: non sapeva perché si fosse fatto prendere la mano in quel modo, non pensava realmente le cose che le aveva detto ma sentì che qualcosa dentro di sé era scattato, un meccanismo di autodifesa che gli impediva di mostrarsi per ciò che era realmente. Corse fuori dall’aula deciso, con l’intenzione di raggiungere Daisy e di chiederle scusa per il suo comportamento, ma nel corridoio non c’era nessuna traccia della ragazza, così come nella Sala Grande: la cercò con lo sguardo ma tra la moltitudine di studenti riuscì ad intravedere solo Wilbur Keynes che stringeva deluso tra le mani la mascherina della giovane e guardava in direzione dell’uscita. Intuì che la ragazza se ne fosse andata e senza pensarci ulteriormente si diresse verso l’uscita del castello. I suoi occhi impiegarono qualche secondo ad adattarsi all’oscurità, ma riuscì ugualmente a scorgere una sagoma argentata che a passo deciso si incamminava verso i cancelli di Hogwarts. Trattenne l’istinto di chiamarla per nome, e corse a perdifiato per raggiungerla. Quando fu a pochi passi da lei, con il fiato che gli mozzava le parole in gola, disse: - “Daisy… Daisy ti prego fermati!” -.
Daisy si bloccò. - “Fammi andare!” – sussurrò dandogli le spalle, e Severus capì che stava piangendo.
- “Perché piangi?” – le domandò incerto: non era sicuro di voler conoscerne il motivo.
- “Sono allergica ai fiori!” – rispose la giovane imbronciata.
- “Daisy, non ci sono fiori in questa stagione!” –
- “Che c’è?” – gli chiese voltandosi, ferendolo con i suoi occhi chiari tremanti e colmi di lacrime.
Severus le tese una mano e chiuse gli occhi: non riusciva a guardarla  in viso con la consapevolezza di essere l’artefice di quel dolore, e non voleva vederla mentre gli voltava le spalle una seconda volta lasciandolo solo davanti ai cancelli del castello con la mano tesa verso il nulla. – “Vieni con me” – disse solamente.
Attese un tempo che gli parve infinito, ma poi sentì la mano di Daisy sulla sua. Fu come sentirsi al sicuro tra le mura di casa, davanti al tepore del focolare mentre fuori infuria la tempesta. Aprì gli occhi e vide Daisy che lo osservava titubante, ma con l’immancabile scintilla di speranza e fiducia che la caratterizzava. L’attirò a sé, e stringendo la mano della ragazza nella sua Severus si diresse verso il portone di ingresso di Hogwarts senza dire una parola.

***

*Per me Karkaroff è polacco, non so perché ma credo che sia una nazionalità  che gli si addice. Non è di origine inglesi, dato il suo cognome, e la sua mancanza di accento (contrariamente a Krum!) fa pensare che abbia trascorso molti anni nel Regno Unito, ma siccome JKR non è stata molto chiara riguardo alle sue origini, ho sfoderato un po’ di fantasia dandogli dei natali stranieri. Se qualcuna di voi è a conoscenza di qualcosa di più riguardo a questo personaggio la prego di farmelo presente… se è un errore è solo a causa di mia manchevolezza, anche se in buona fede! :-)

Parti di questo capitolo sono tratte dal capitolo 23 di Harry Potter e il Calice di Fuoco, da me modificate per esigenze di trama.

Ragazze e ragazzi, eccomi qui con un nuovo capitolo! Spero che vi sia piaciuto come quello precedente, perché a me son venuti gli occhi a cuoricino anche solo nel programmarne la stesura!
Che dire? Come sempre voglio e devo ringraziarvi per le vostre belle parole e i complimenti e spero di essere all’altezza delle vostre aspettative. Mi dispiace non essere in grado di aggiornare quanto vorrei, ma fino al 6 maggio ho ospiti a casa (io li chiamo “affettuosamente” i Dissennatori) e non posso dedicare tutto il tempo che vorrei a questa storia. Dopodichè, chi lo sa, ma smetto di fare progetti perché come al solito non riesco mai a tenervi fede.
Mi scuso per eventuali errori di battitura, se avete qualcosa da segnalare fate pure! :-P
Come sempre vi ricordo la mia pagina Facebook QUI e vi abbraccio!
Alla prossima!
Dahlia
 
   
 
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