Fanfic su attori > Robert Pattinson
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Autore: Rosee    23/04/2012    0 recensioni
'Una ragazza era in piedi e mi dava le spalle. Era alta, aveva la carnagione candida, e i capelli castano chiaro, che, dipendentemente dalle luci, davano a volte sul rossiccio a volte sul biondo, erano raccolti lasciando scoperta la schiena dritta, di quelle carine, quelle con la fossetta al centro, nascosta a metà busto da un tubino blu che le avvolgeva il corpo, e in vita aveva un cinturino sottile nero di pelle. Le lunghe gambe erano scoperte e i piedi erano vestiti da decoltè nere, alte. E rideva, rideva spensierata, rideva una di quelle risate che sollevano tutte le pene dal tuo cuore.'
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Mi svegliai per via del rumore dell’acqua della doccia appena chiusa. Mi girai verso destra e notai la porta del bagno socchiusa. Poi notai che non era la mia stanza, ma i particolari che mi fecero sobbalzare furono tre : io con indosso una camicia, il ragazzo che riuscivo a vedere dalla porta socchiusa del bagno con indosso solo l’asciugamano farsi la barba davanti allo specchio, e l’odore di colonia nei miei capelli. Speravo intensamente di non avere fatto nulla di quello che pensavo, la notte prima. Ma non ricordavo nulla, solo il taxi che mi aveva portata all’hotel. Mi misi a sedere sul letto, raccogliendo le gambe al petto, e aspettai che il ragazzo con l’asciugamano uscisse dal bagno e mi spiegasse la situazione abbastanza equivoca. Lui era alto, aveva dei capelli biondo scuro, occhi verdi, e un viso dai lineamenti duri e attraenti. Il suo petto era scolpito qua e là da qualche muscolo, e così le sue braccia, ma non eccessivamente. Era… come dire… bello, ecco, non c’era un modo per descriverlo esattamente. Sospirai persa nei miei pensieri, e qualcuno s’intromise nella mia silenziosa conversazione con me stessa. ’’Ah ti ho svegliata? Scusa non volevo, pensavo volessi dormire un altro po’ ’’, alzai la testa sorpresa dalla parlata inglese, e improvvisamente mi sentii avvampare, persino le orecchie. La domanda che vagava nella mia testa e penso che fosse chiaramente visibile sul mio viso era ’perché sono nella camera di un ragazzo, il quale è un attore, Robert Pattinson?’. E infatti lui parve leggermi in faccia quella domanda, e notò anche il mio rossore di sicuro, così prese dei boxer e un pantalone e entrò in bagno. Ne uscì dopo qualche secondo, e dopo svariati rumori di cose che cadevano, si sedette al mio fianco sul letto, e io mi spostai qualche centimetro indietro, in silenzio, per non stargli troppo vicino. Lui sorrise e disse ’’Ieri eri un po’.. ubriaca.. E mi hai detto che alloggiavi qui, e allora io ti ho accompagnata, ma non avevi le chiavi, e io non potevo lasciarti fuori, così ho pensato di farti dormire qui.. Ed è per questo che hai la mia camicia’’ annuii ’’oh per piacere non fare come fan tutte’’ risi ’’ e come fan tutte? ’’ mi sorrise e disse a voce bassa ’’Urlano, piangono, mi implorano persino. Ma tu ieri non hai fatto così, forse perché eri ubriaca’’   risi delle sue riflessioni e gli dissi ‘’Non l’avrei fatto comunque.’’ mi sorrise ‘’Non so perché ma ero sicuro di questa tua risposta’’ gli sorrisi e alzai il sopracciglio. Si alzò per prendere qualcosa nel mini frigo, era abbassato e con le gambe aperte mentre cercava qualcosa. Nella spazio che separava le gambe riuscii a notare una lattina di coca-cola sul ripiano basso del mini-frigo. Senza pensarci corsi e mi inginocchia sulla moquette tra le sue gambe a prendere la mia bibita. Lui si spaventò e io gli sorrisi senza badare alla sua faccia sbalordita <Perché mi hai rubato la coca?> disse ridendo <Per lo stesso motivo per cui indosso la tua camicia, nessuno!> e gli feci una linguaccia. Mi alzai e mi avviai verso la porta <Dove vai conciata così?> disse lui divertito, mi voltai <A lavarmi e cambiarmi, e a mettere gli occhiali, non sono sicura che ci veda perfettamente senza> e mi rigirai aprendo la porta. Mi bloccò <Aspetta ti accompagno, prendi questa> disse lanciandomi dei pantaloni di una tuta, li presi al volo < Veramente non penso di averne bisogno, io..> mi bloccò prima che riuscissi a finire la frase <Certo che ne hai bisogno sei completamente nuda, non vorrai che gli altri ti vedano così> annuii lentamente. Mah.. Poco strano questo Robert pensai …  Si chiuse la porta alle spalle, e prendendomi per un braccio disse <Penso che la tua amica sia da Jerry.. Ieri erano insieme, insomma sembravano presi> alzai lo sguardo accigliato e risposi <Francesca non è quel tipo di ragazza, non penso proprio che fosse tanto presa. Credo che non si siano sfiorati nemmeno, guarda.> < Questo è perché non conosci Jerry> <Ok, allora bussa , vedremo chi ha ragione!> e così fece allungò la mano e bussò alla porta vicina.  Aprì un uomo alto quasi quanto Robert, aveva solo i pantaloni del pigiama e la faccia di chi si era appena svegliato. <Ah-ah!> disse <lo sapevo! Avete seguito il mio consiglio!> spalancai gli occhi con aria incredula <Ah..voi non..ho capito…> < Dio Jerry, sei sempre così fuori luogo! Evita! Comunque sai mica dov’è l’amica di Rose?> <Chi Francesca? In camera sua penso, io li l’ho accompagnata.. Beh in realtà lei ha accompagnato me, penso.. Ma io l’ho lasciata lì..>. L’uomo che parlava difronte a me era bruno, aveva i capelli leggermente rasati ai lati, lineamenti un po’ più dolci di Robert, ma muscoli perfetti gli disegnavano la pelle, gli occhi erano neri, e le guance erano picchiettate da un po‘ di barba. Sarebbe stato un bell’uomo se non avesse avuto un umorismo così sottile riguardo al sesso. All’affermazione di Jerry annuii compiaciuta guardando Robert che mi stava affianco <Beh sembra proprio che ora debba pagare pegno giusto? > <Non dire sciocchezze, non abbiamo stabilito nessun pegno> <Come no? Mi pareva d’aver sentito qualcosa riguardo ad un bacio, nella tua testolina> e detto questo avvicinò il suo viso al mio con aria compiaciuta davanti al mio rossore, in tutta risposta gli coprii la faccia con la mano e dissi <Continua a sognare>. Andammo al piano di sotto, ero imbarazzata perché non sapevo se quello che precedentemente aveva fatto era uno scherzo, o magari avevo una possibilità. Impossibile, io ero così… diversa da quelle che lo circondavano, portavo occhiali grandi e camicie larghe, jeans consumati e stretti e converse rotte e scritte. Due mondi diversi. Non potevo proprio iniziare a farmi film in mente… Che buffo, farsi i film in testa con un attore! E poi io ero italiana, lui americano, io non avevo voglia di innamorarmi per poi rimanere da sola a curare le mie ferite. Ed era per questo che non riuscivo a non pensare. Un silenzio imbarazzante echeggiava nelle nostre menti, e, per quanto mi costasse ammetterlo, nella mia testolina riconoscevo di aver sentito le famose farfalle nello stomaco quando lui si era avvicinato. Bussai alla camera e Francesca mi aprì assonnata <Allora Jerry aveva ragione?> la guardai sbalordita o non l’abbiamo fatto> dissi poi in tono scocciato e mi feci strada dentro. <Potevi essere meno diretta> disse Robert mentre mi seguiva dentro.  Risi. Mi abbassai a prendere le cose da indossare nella valigia e presi gli occhiali, poi andai in bagno. Dopo venti minuti uscii, indossavo una maglia larga a strisce bianche e blu, un jeans leggermente ripiegato sotto, e delle converse basse rosse. E naturalmente i miei grandi occhiali. Aprendo la porta del bagno notai che Francesca e Robert non avevano parlato molto, e nella stanza l’imbarazzo era quasi palpabile. Alzai lo sguardo verso Robert che mi disse ridendo <Poco grandi i tuoi occhiali eh?>. Ecco, dissi tra me e me, lo sapevo, ma che m’ero messa in testa? Io con uno come lui? Non riuscii a ridere, e improvvisamente arrabbiata mi catapultai fuori dalla stanza. Sentii passi pesanti dietro di me, ma non mi voltai e feci di tutto per non sentire quella voce insistente che mi chiamava. Uscii dall’albergo e proseguii lungo un viale con alberi in fiore. Tutt’intorno a me sembrava che la gente non fosse mai stata così innamorata. Ed era quell’atmosfera che mi dava fastidio. Continuai a camminare senza sapere dove stavo andando. Presto trovai un parco, e qui non c’era nessuno. Era ora di pranzo, quindi presi un panino e lo mangiai in silenzio. Mi ero isolata non per quello che lui aveva detto, ma perché l’aveva detto lui. E magari era anche una battuta, ma io ero così, ero la ragazza con gli occhiali grandi, insicura, che era stata ferita tante volte. Forse troppo matura, forse troppo sensibile. Tutto quello che vagava nella mia mente era ‘AMICIZIA’ ma con tutti, era sempre andata così. Ed ero così stanca di essere sempre l’amica. Immagino che per quello ero corsa via. Ma se solo come amica gli sarei potuta stare vicina, allora così sarebbe andata. Mi alzai, e scoprii presto alcuni paparazzi a fotografarmi, feci finta di nulla, e asciugai con la mano quella piccola lacrima che voleva scendere sul viso. Feci per tornare in hotel, e poi mi sorpresi a pensare che volevo rimanere sola, senza nessuno. E così feci. Mi avviai verso delle strade piene di negozi, poi musei, entrai in librerie, e mi fermai in parchi a leggere i miei acquisti, fino a che si fece buio. Era tardi, e da dov’ero potevo contare le stelle. D’un tratto sentii un rumore dietro di me. I paparazzi, di nuovo. Sapevo che ancora una volta le lacrime stavano per cadere sul mio viso, ma non le asciugai, le lasciai scorrere. E dei piccoli sussulti scuotevano le miei spalle. I passi dietro di me si erano fermati. Benché fosse buio, sapevo che ciò che era dietro di me non mi avrebbe fatto del male. Così mi girai lentamente. Era immobile, fermo sui suoi passi mi guardava interessato. E la luna lo faceva sembrare ancora più bello. Mi chiesi come aveva fatto a trovarmi, dal momento che neanche io sapevo dov’ero, o cosa stavo facendo. Senza domandare si mosse verso di me. E mi abbracciò, mi strinse forte al suo petto e mi sussurrò ‘Scusa’ tante volte da farmi perdere il conto. Improvvisamente mi sentii così stanca, l’unica cosa che volevo fare era dormire, abbracciata stretta a lui. E così mi lasciai andare, e caddi in un sonno leggero. Sentii le sue braccia prendermi in braccio. Poi si sedette sul prato, mi adagiò seduta sulle sue gambe, e lasciò la mia testa poggiarsi sulla sua spalla, vicino al collo. Di nuovo quel profumo di colonia m’invase. Quanto mi piaceva il suo profumo, sarei stata ore a sentirlo. Sentii, poi, un leggero schioccare di labbra sulla mia fronte ed un impercettibile tocco che durò pochi secondi. Così sicura che stessi già sognando, mi abbandonai completamente al sonno. E questo è tutto quello che ricordo di quella sera.

  
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