Fanfic su artisti musicali > SHINee
Segui la storia  |       
Autore: SkyScraper88    24/04/2012    4 recensioni
Le prime gocce scivolarono silenziose sul viso, infastidendolo. Sbuffò, mentre cercava rapidamente rifugio oltre l’uscio di quel vecchio stabile ubicato alla periferia di Seoul. Gli piaceva la pioggia, ma non quando i capelli gli si schiacciavano sulla fronte e sulle guance, donandogli un aspetto insicuro e trasandato. Aveva lasciato l’ombrello a casa prima di partire, ricordò con un pizzico di irritazione sul bel volto. Attraverso il fitto incedere del temporale osservò la sua nuova città. L’ultima pioggia. L’estate stava arrivando.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altro personaggio, Jonghyun, Key, Quasi tutti, Sorpresa
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

Prologo

 
Le prime gocce scivolarono silenziose sul viso, infastidendolo. Sbuffò, mentre cercava rapidamente rifugio oltre l’uscio di quel vecchio stabile ubicato alla periferia di Seoul. Gli piaceva la pioggia, ma non quando i capelli gli si schiacciavano sulla fronte e sulle guance, donandogli un aspetto insicuro e trasandato. Aveva lasciato l’ombrello a casa prima di partire, ricordò con un pizzico di irritazione sul bel volto. Attraverso il fitto incedere del temporale osservò la sua nuova città. L’ultima pioggia. L’estate stava arrivando.
Una donna trasse a sé la propria bambina, allontanandola da una pozzanghera, e KiBum sorrise alla loro vista. La piccola avrà avuto poco più di cinque anni, e con le sue treccine scure e gli scarponcini gialli saltellava euforica, puntando al cielo il proprio sguardo radioso. Sua madre la strattonava dolcemente  e la esortava ad affrettarsi, ma lei fissava quell’immensa coltre di nubi senza provare per essa il minimo timore. Sorrideva al temporale come avrebbe fatto con un vecchio compagno di giochi e KiBum sorrise insieme a lei.
-Come stai, omma?- mormorò fra sé, sospirando piano.
-KiBum-ah? 
KiBum sollevò le palpebre, separandosi rapidamente dalla parete contro la quale si era lasciato andare. Gli occhi sorridenti di un ragazzo incrociarono i suoi e questi gli andò rapidamente incontro, salutandolo dolcemente con l’espressione gioviale che da sempre aveva caratterizzato la sua personalità. KiBum rispose al suo saluto e arrossì leggermente, mentre la mano gentile di JinKi si abbassava fiduciosa sul suo capo e carezzava brevemente i suoi capelli biondi.
-Andiamo?- gli propose, e KiBum annuì con un sorriso.
Lee JinKi e Kim KiBum si erano conosciuti mesi prima, alla facoltà presso la quale il primo dei due lavorava come assistente di uno dei docenti in cattedra. Tra loro l’alchimia era esplosa immediata, facendo scoprire ad entrambi un’affinità poco comune che aveva gettato rapidamente le basi per un’amicizia sincera e duratura.
-Non è molto grande- esordì JinKi, cedendogli il passo -Però è parecchio luminosa e i riscaldamenti funzionano perfettamente- aggiunse con un mezzo sorriso, mentre KiBum faceva un passo avanti e annuiva soddisfatto. Le pareti possedevano le tonalità rassicuranti del cielo di giugno e nonostante l’arredo essenziale, dovette ammettere di trovare l’appartamento piuttosto piacevole. Due grandi finestre si affacciavano sul cortile sottostante, permettendo ai deboli raggi di quel primo pomeriggio di filtrare timidamente all’interno della modesta abitazione, illuminando la cucina. Alla sua destra si trovava un piccolo divano per due, posizionato dinanzi ad un televisore al plasma di discrete dimensioni, e proprio al centro della stanza un tavolo circolare e due sedie dall’aspetto robusto ad esso accostate. Un appendiabiti accanto alla porta, il lavabo e il piano cottura lavati di recente e un enorme tappeto a pelo corto dai toni vivaci.
-Sai già chi sarà il mio coinquilino?
JinKi si grattò distrattamente la testa, scrollando le spalle. La struttura in cui si trovavano, poco lontano dall’università nella quale lavorava, era di proprietà della sua famiglia. Quando KiBum aveva espresso l’intenzione di iscriversi alla sua facoltà, quello stesso autunno, JinKi gli aveva proposto immediatamente di prendere in affitto uno dei loro appartamenti.
-Come ti ho già detto, questo è il primo anno che attiviamo una convenzione con la facoltà. Tu sei fra i pochi a cui ho fatto vedere la struttura. Al momento, ammettendo che tu decida di restare, sarete solo in tre- rispose con una piccola smorfia, precedendolo verso le camere da letto.
KiBum  lo seguì pazientemente, nonostante non avvertisse la reale necessità di verificare lo stato dell’alloggio. L’ambiente era discreto e il prezzo ragionevole. I suoi genitori avrebbero potuto mantenerlo senza difficoltà, ma la sola idea di dipendere economicamente dalle finanze del suo vecchio lo metteva di mal’umore. Avrebbe trovato un lavoretto part-time e con il ricavato avrebbe pagato l’affitto e le bollette, in attesa che l’università stanziasse i fondi per le borse di studio e che un’altra persona provvedesse a dividere con lui le spese per l’appartamento.
-La prendo- affermò convinto, mentre il sorriso smagliante di JinKi si rivelava tremendamente contagioso -Quando posso trasferirmi?- aggiunse, indicando la valigia che si era faticosamente trascinato dietro per tutto il giorno.
-Benvenuto a casa!- esclamò JinKi, allargando le braccia e scoppiando in una fragorosa risata. KiBum scosse la testa, tentando con difficoltà di mantenere l’equilibrio, giacché il maggiore aveva preso a lasciare poderose pacche di incoraggiamento sulle sue spalle strette e ossute. Poi, cercando di apparire il meno pretenzioso possibile, si arrischiò a porgli la domanda che continuava ad assillarlo.
-Potrei chiederti un favore?- esordì titubante, ricevendo un cenno d’assenso in risposta -Per il mio coinquilino, sai. Potrei esserci quando gli farai vedere il posto? Non vorrei ritrovarmi tra queste quattro mura con un folle omicida- gracchiò le ultime parole, rabbrividendo sinceramente.
-Fai tutto tu- concesse candidamente JinKi, sorridendogli -Il prezzo lo conosci, e sarà tutto molto più semplice se ti occuperai personalmente dell’intera faccenda- precisò con diplomazia -Quando avrai scelto, bussa all’appartamento 21/C e farò firmare il contratto al nuovo arrivato.
 
*****

Gli scatoloni che stava cercando di trascinare erano dannatamente pesanti. Si maledisse mentalmente, rimproverandosi per non aver cercato aiuto al suo compagno di alloggio. Arricciò le labbra e la sua espressione infantile divenne estremamente buffa, mentre il cattivo odore proveniente dalla sua felpa nuova lo lasciava costernato e con la fronte aggrottata. Sudore! Dio, come odiava sudare, sentirsi sporco e umidiccio. TaeMin imprecò tra i denti e tentò con difficoltà di arrampicarsi sugli ultimi scalini, quando un ragazzo dai capelli biondi e la felpa celeste fece la sua comparsa in cima alle scale. Teneva il cellulare all’orecchio e sembrava impegnato in una conversazione poco felice; i suoi occhi erano affilati e vivaci, mentre si muoveva con espressione spazientita in direzione di TaeMin.
-No omma, certo che no. Ti avrei chiamato questa sera, ti pare?- sollevò stancamente lo sguardo al soffitto e una piccola imprecazione sfuggì via dalle sue armoniose labbra a forma di cuore -Ma certo che mangio, omma!- esclamò irritato, ormai ad un passo da TaeMin. Questi tirò velocemente al muro lo scatolone e gli permise di passare. Inaspettatamente, i passi di KiBum si bloccarono, e i suoi occhi incuriositi si puntarono sul volto affaticato del ragazzino. Un sorriso nacque spontaneo sulle sue labbra, distendendo i suoi lineamenti affilati.
-Ci sentiamo più tardi omma, ho da fare- decretò semplicemente, ponendo fine alla conversazione -Vuoi una mano?- aggiunse subito dopo, afferrando il suo bagaglio senza attendere risposta. Gli occhioni scuri di TaeMin si levarono perplessi sulla sua figura sottile, mentre KiBum barcollava appena ma continuava ad avanzare con fierezza. TaeMin inarcò entrambe le sopracciglia e gli si mosse incontro, con le guance paffute tinte di rosso e un sorriso grato ad illuminargli il volto. Raggiunse rapidamente KiBum e afferrò con convinzione l’estremità opposta dello scatolone.
-In due facciamo prima, Hyung!- spiegò un po’ timido, abbassando le lunghe ciglia sullo sguardo imbarazzato. KiBum non gli rispose, ma sorrise di rimando. Insieme raggiunsero l’appartamento 24/D, lì dove il dito sottile di TaeMin si era puntato una volta giunti al terzo piano. Il bagaglio scivolò a terra ed entrambi lasciarono andare un pesante sospiro. TaeMin si voltò con l’intenzione di ringraziarlo, ma le dita fredde di KiBum si avventarono improvvise sulle sue guance arrossate dalla fatica, imprigionandole con dolcezza.
-Ma quanto sei carino!- trillò questi eccitato, scompigliandogli i capelli e tirandoselo addosso per poterlo abbracciare -Io sto al 22/B!- aggiunse con un sorriso smagliante, senza dare troppo peso allo sguardo allibito dell’altro. TaeMin, sul punto di parlare, sussultò sorpreso quando KiBum si piantò bruscamente una mano in fronte e strillò come una ragazzina.
-Mi uccido se non arrivo in tempo!- squittì in preda al panico, dimenticando di presentarsi -Ci vediamo presto!- urlò in direzione del ragazzino dai capelli castani, e corse via.
Il suo schiamazzare ridestò l’attenzione di una terza persona, che borbottò qualche parola poco gentile e abbandonò il libro che stava leggendo sulla propria scrivania. MinHo infilò con indolenza le ciabatte e distese verso l’alto le lunghe braccia, nascondendo uno sbadiglio dietro il pugno chiuso, mentre la porta del 24/D si apriva, lasciando passare la figuretta smilza di TaeMin.
-Ti serve una mano?- gli chiese MinHo premuroso, notando il volto stanco e l’espressione accigliata, impossessandosi gentilmente del suo carico. TaeMin gli sorrise con riconoscenza, inchinandosi un po’ impacciato. MinHo, che era alto dieci centimetri più di lui e pesava almeno il doppio, si incamminò fiducioso verso la stanza del suo coinquilino, dimostrando una disinvoltura tale da fargli credere che il suo scatolone fosse stato magicamente svuotato di tutte le sue cianfrusaglia e riempito di coriandoli e polistirolo. Con quel corpo, avrebbe potuto caricarsi in spalla persino lo stesso TaeMin!
-Grazie, MinHo-ssi.
-Ti prego, non farlo- mormorò il suo coinquilino -Mi fai sentire incredibilmente vecchio così- spiegò divertito, sorridendo dinanzi all’imbarazzo che aveva nuovamente colorato il viso di TaeMin -Come hai detto che ti chiami?- indagò ancora, grattandosi nervosamente la nuca.
-TaeMin. Lee TaeMin- soffiò fuori il ragazzino, infilando le mani nervose dentro la tasca dei pantaloni. MinHo osservò in silenzio i suoi capelli disordinati e i calzini a righe, mentre TaeMin lasciava andare lo sguardo a terra e ciondolava timidamente sui talloni.
-Bene, Min- esordì MinHo, abbandonando le formalità -Da oggi in poi chiamami Hyung!
  
*****
 
Dopo aver accuratamente messo da parte il nuovo contratto, JinKi si stiracchiò svogliatamente sulla sedia che stava occupando. Tra poco più di un’ora avrebbe dovuto fare un colloquio di lavoro a nome di sua madre, ma la cosa non lo rendeva particolarmente entusiasta. Attraversò la piccola camera e scostò pigramente le tende, osservando le strade e il cielo grigio di Seoul. L’umidità che risiedeva sui vetri appannati gli solleticò i polpastrelli e le unghie smangiucchiate, mentre JinKi spingeva verso l’esterno le imposte scure e l’aria fredda gli invadeva i polmoni. Il letto rappresentava in quel momento un’alternativa più che allettante al suo imminente impegno. Sospirò, rassegnato, e il suo cellulare prese a suonare.
-Yoboseyo?- rispose con tono professionale, considerando l’ipotesi che potesse essere l’università -Si, mi dica?- aggiunse subito dopo, rilassando visibilmente la propria postura.
-Potremmo rimandare l’incontro di un’ora? Ho avuto qualche problema con l’auto e credo che ritarderò- gli spiegò una voce affaticata dall’altra parte. JinKi sollevò un sopracciglio e prestò maggiore attenzione al suo interlocutore, il cui respiro diveniva via via più spossato man mano che i secondi trascorrevano. Riparava una gomma o stava correndo la maratona?
-Si, certamente, non ci sono problemi- concesse senza indugi, quando i suoi pensieri tornarono a concentrarsi sulla lieta possibilità di gettarsi di peso tra le coperte e riposare allegramente per le successive due ore.
-Bene, la ringrazio molto.
Proprio mentre si accingeva a lasciarsi andare tra i cuscini il campanello trillò inaspettato per l’intero appartamento, facendogli arricciare le labbra. JinKi sbuffò irritato e si mosse verso l’ingresso. Sua madre lo fissò indignata, squadrando con espressione severa il suo abbigliamento trasandato e la smorfia che gli segnava il volto.
-Jinki, ma cosa fai ancora in pantofole?!- lo richiamò severa -Quel ragazzo arriverà presto in negozio! Sapevo di non potermi affidare a te, sei sempre stato un ritardatario! Menomale che sono passata altrimenti tu…
Non prestò attenzione al resto del discorso, semplicemente lasciò libera sua madre di crogiolarsi nelle sue inutili paranoie  e accese il primo fornello, quello più piccolo, adagiandoci sopra il bollitore per il tè. Osservò serenamente il paesaggio fuori dalla finestra, attendendo con pazienza il termine di quell’ennesimo monologo, e considerò tra sé l’idea di invitare KiBum per cena. Il ragazzo sicuramente non conosceva nessuno in città e presentargli MinHo e TaeMin sarebbe potuta essere una buona occasione per fargli acquistare familiarità con il nuovo ambiente. Dal secondo ripiano della credenza raccolse due tazze scure dalle delicate note orientali, sistemandole accanto al bollitore quando questi iniziò a sibilare con insistenza. Il tè venne versato con attenzione e il chiacchiericcio di sua madre si convinse finalmente a cessare.
-Hai finito?- le chiese gentilmente, ricevendo in cambio uno sguardo in tralice -Adesso, se permetti, parlerei io- continuò con un sorriso, prendendo posto di fronte a lei -Il ragazzo che viene a fare il colloquio ritarderà di un’ora. Problemi con l’auto a quanto sembra- spiegò semplicemente, traendo un sadico divertimento dall’espressione sgomenta di sua madre.
-Perché non me l’hai detto subito?!
JinKi sospirò, rigirandosi tra le mani la bevanda fumante che aveva piacevolmente preso a riscaldargli le dita. Poi i suoi occhi nocciola si posarono nuovamente su quelli della donna, spalancati e così simili ai suoi. Sua madre era una donnetta sottile e dalle labbra grandi, pochi segni sulla pelle a testimoniare la sua età ormai avanzata, insieme alla peculiare abitudine di indossare golfini colorati e un’orribile braccialetto di perline colorate che suo padre le aveva regalato quando era ancora una ragazzina.
-Perché ti conosco, omma. Se non mi sgridassi almeno una volta al giorno la tua salute ne risentirebbe sicuramente!- esclamò convinto, mentre la donna lo colpiva debolmente al braccio sinistro e mostrava in fondo allo sguardo lo stesso divertimento che il volto di JinKi stava esprimendo. Il ragazzo rise piano, alzandosi e andandole vicino, ma lei si finse risentita e volse la sua attenzione ad un punto non ben definito oltre le spalle di suo figlio. JinKi l’adorava, e lei lo sapeva bene. Quelle schermaglie continue tra loro facevano ormai parte di una routine quotidiana a cui nessuno dei due avrebbe mai voluto rinunciare.
-Non preoccuparti, omma- mormorò JinKi, chinandosi su di lei per poterle sfiorare la tempia sinistra con un dolcissimo bacio -Io ti voglio bene comunque.
 
*****
 
Corse come il vento, pregando con tutto se stesso di non trovare gli uffici didattici chiusi. Con il fiato corto e le guance arrossate dal freddo, si presentò alla segretaria grassoccia che se ne stava appollaiata dietro la propria scrivania, e con uno sfavillante sorriso le porse la propria domanda d’iscrizione. Questa gli fece un rapido cenno d’assenso e lo congedò poco dopo. Solo qualche altro minuto per ammirare il magnifico campus che avrebbe frequentato di lì a qualche mese e KiBum si incamminò nuovamente per le grandi vie di Seoul. Fissò il cielo, che era rapidamente tornato ad incupirsi, e affrettò il passo con una smorfia. All’incrociò tra il terzo e il quarto distretto, però, qualcosa attirò la sua attenzione.
Dalla vetrina di un piccolo bar dalle imposte tinteggiate di verde, intravide una ragazza bionda con in mano un enorme croissant al cioccolato, mentre il suo stomaco prendeva a grugnire con insistenza ricordandogli che aveva saltato il pranzo. Sospirò, infilando una mano dentro la borsa che portava a tracolla, e verificò di avere ancora con sé il proprio portafoglio. Si abbassò il berretto scuro sulla fronte e spinse debolmente la porta del locale, che si aprì verso l’interno con un simpatico tintinnio. Sorrise, rinvigorito dal piacevole calore che lo avvolse una volta entrato, poi si guardò brevemente intorno e si incamminò a passo deciso verso un tavolino dalla forma squadrata accanto ad una delle finestre che davano sulla strada.
I posti a sedere erano comodi e gli sgabelli che costeggiavano il bancone rivestiti di scura pelle imbottita. In fondo al locale riuscì a distinguere l’ingresso ai laboratori di pasticceria, da dove un invitante profumo di arancia e vaniglia si irradiava in assidue e costanti ondate, mentre i camerieri attraversavano le porte a spinte e scomparivano alla vista dei clienti. Un ragazzo, poco più che ventenne, venne lui incontro e gli sorrise cordiale, dandogli il benvenuto. KiBum sorrise di rimando e gli comunicò la propria ordinazione senza neanche consultare il menu. Accanto a lui un gruppo di ragazzine sfogliava una rivista e ridacchiava a bassa voce, puntando il volto di un attore o forse di un cantante tra le pagine patinate che tutte quante si ostinavano a fissare con brama evidente. KiBum regalò loro una piccola smorfia e prese a tamburellare con le dita sul ripiano laccato del tavolino, in attesa della sua cioccolata calda e del suo dolce.
Qualche secondo dopo giocherellava svogliatamente con un fazzolettino di carta, stendendolo e poi ripiegandolo, fin quando questo non assunse la forma di un bellissimo cigno dalle candide ali. Da piccolo, quando aveva appena quattro anni e frequentava ancora la scuola materna, aveva imparato a fare gli origami. Di figure gliene avevano insegnate molte solo che adesso, a distanza di tanto tempo, l’unica che riusciva a ricordare era quello stupido cigno così banale. A KiBum, infatti, le cose banali non erano mai piaciute. Così aveva finito per appassionarsi a materie come la chimica, o la fisica, dove non si finiva mai di imparare, esplorare, fare indagini e poi formulare ipotesi e leggi. Tutto ciò che molte persone reputavano straordinario lui era stato in grado di ricrearlo in laboratorio, affascinato e pieno di orgoglio, tra provette, vetrini ed attenti esami dai risultati sorprendenti. Si sentiva speciale, fiero. Se Kim KiBum fosse diventato lo scienziato che voleva essere allora forse, finalmente, avrebbe detto addio per sempre alla propria banalità.
Il croissant gli venne servito con un breve inchino, distogliendolo dai propri pensieri, e gli ricordò la morse pressante della fame che continuava a stringergli lo stomaco. Addentò il proprio dolce con soddisfazione, mandando giù un sorso di cioccolata calda, sorridendo istintivamente senza curarsi più di nulla. Un po’ di crema scivolò fuori dalla sfoglia spezzata, sporcandogli il dorso della mano, e come se fosse la cosa più naturale del mondo chinò semplicemente il capo, leccandola via. Dimenticò quello stupido origami che, ormai abbandonato su un angolo del tavolino, gli aveva ricordato per un attimo l’invisibile gabbia di mediocrità che continuava a circondarlo, e assaporò con entusiasmo quella piccola pausa al profumo di cioccolato che si era voluto concedere.
Il conto, una volta alla cassa, gli parve fin troppo economico. Uscì dal bar, sfilando dalla borsa la sua inseparabile agenda, e vi appuntò sopra il nome di quel locale. Ci sarebbe tornato sicuramente. Magari in compagnia di quel tenero ragazzino dalle guance paffute e i lineamenti fanciulleschi. Sulla strada verso casa scoprì un piccolo market che non aveva notato all’andata, probabilmente troppo impegnato a scongiurare il fato di non fargli trovare i cancelli della facoltà accostati. Doveva comprare qualcosa per il giorno dopo, rifornire la credenza e magari invitare JinKi a bere qualcosa nel suo nuovo appartamento. Voleva approfittare della possibilità di abitargli vicino per farsi dare qualche dritta sui prossimi corsi che avrebbe frequentato, magari utilizzare il tempo insieme anche per conoscere meglio il suo padrone di casa e cercare di ripagarlo di tutte le sue gentilezze.
Tra le fila di ramen e udon precotti si mosse rapidamente, infilando nel piccolo cesto di plastica che portava sotto braccio una scatola di biscotti con uvetta e cereali, qualche cartone di latte, verdura di stagione, una mezzo dozzina di mele, due confezioni di riso e una di spaghetti. In procinto della cassa selezionò rapidamente degli aromi e lasciò sul ripiano scorrevole due bottiglie di soju e tre lattine di birra. L’anziana proprietaria gli propose di acquistare anche dei dango, un dolce giapponese a cui KiBum era particolarmente affezionato, che la moglie di suo figlio produceva personalmente.
Lungo il viale alberato a pochi isolati da casa il suo portafoglio gli parve straordinariamente leggero, d’altra parte però a diventare ingordo e pesante ci avrebbe pensato lui stesso se solo, già dal mattino seguente, non fosse tornato alle sue vecchie abitudini alimentari mettendo da parte tutte quelle leccornie che si era concesso con ben poco giudizio.
-Che importa! Solo per oggi- si disse, abbandonando ogni preoccupazione.
La strada svoltava a destra, attraversando un piccolo parco dalle aiuole curate. Sospirò, sedendo su una panchina, e si portò alle labbra una nuova pallina dolce. Chiuse gli occhi, assaporando sulla lingua quella morbida consistenza burrosa, e quasi non si accorse del grosso cane che gli si era appena avvicinato. Con un balzò stratosferico finì rapidamente in piedi, direttamente sul sedile, stringendosi il petto con una mano tremante. Gettò un’altra occhiata al pelo scuro della tenera bestiola che lo fissava dal basso, agitando freneticamente la coda con gli occhi puntati direttamente nei suoi. Sorrise appena, scivolando lentamente a sedere, ancora un po’ dubbioso ma più incline ad un nuovo approccio.
-Ne vuoi uno?- chiese dolcemente, lasciando cadere vicino alla lingua penzolante del grosso cane un paio di palline zuccherate. Le fauci dell’animale si spalancarono in un istante, divorandole, e questi abbaiò allegramente la propria gratitudine. KiBum sorrise ancora, più sereno, mentre i muscoli del suo intero corpo si rilassavano e lui si concedeva una breve carezza alla testolona morbida della cagnetta.
Alla fine rimasero semplicemente così, vicini e complici, KiBum appollaiato contro il sedile e il cane acciambellato ai suoi piedi, deciso a tenergli compagnia il più a lungo possibile. Il tempo corse in fretta, mentre il pomeriggio lasciava infine spazio alle ombre della sera e la luce dei lampioni illuminava l’intero parco, attraverso i nuovi rumori che avevano preso lentamente a riempirgli le orecchie. Seoul era una città grande e dalla movimentata vita notturna, ma KiBum la conosceva troppo poco per arrischiarsi a rimanere ancora in giro ad un’ora così tarda. Decise quindi che era il momento di rientrare e, seppur a malincuore, sorrise in direzione di quell’enorme ammasso di pelo e le fece un piccolo cenno di saluto.
-Va via, adesso. Non posso portarti con me- le ripeteva, sempre più combattuto, mentre l’animale si ostinava dolcemente ad andargli dietro, senza capire le sue intenzioni di allontanarlo. Interpretava i suoi gesti concitati come un gioco di cui non conosceva ancora le regole, e gli saltellava allegra intorno in cerca di nuove carezze. Alla fine KiBum si arrese, tornando a chinarsi su di lei.  Ci avrebbe provato. Avrebbe invitato JinKi a bere qualcosa, come si era ripromesso, e gli avrebbe presentato fiducioso la sua nuova amica, sperando nella sua clemenza e nel suo buon cuore.
 
*****
 
La donna dai riccioli corvini sollevò lo sguardo sorpreso sulla porta che si era appena aperta. Un ragazzone, dai capelli castani e i grandi occhi scuri, fece il suo ingresso con passo incerto. Appariva titubante, come se qualcuno gli avesse disegnato un grande punto interrogativo proprio sul viso. Attraverso il giubbino chiaro spuntava la maglia ampia e un po’ scolorita di una vecchia band di cui non ricordava il nome, insieme ad una lunga catenina d’acciaio e alle tonalità ambrate del suo giovane corpo.
-Posso aiutarla?- chiese la segretaria, riservandogli un sorriso incoraggiante.
-S-si- balbettò questi in risposta -C’è ancora tempo per le iscrizioni?- si informò timoroso.
-Certo, tesoro. Prego, prendi uno di questi e riconsegnalo quando lo avrai compilato- confermò la donna, ricevendo in cambio due occhi luminosi e un sorriso radioso -Hai avuto qualche problema?- gli chiese, confusa dai suoi modi.
-Giornata pesante- rispose sincero il ragazzo, scrollando le spalle -Problemi con l’auto, ritardo ad un colloquio di lavoro- spiegò con una piccola smorfia, raccogliendo il modulo che la donna gli stava porgendo. Lo sguardo corse velocemente sulle poche pagine che lo componevano, esaminandone il contenuto. Tra i denti chiuse il labbro inferiore e inspirò con forza, sperando che la propria scelta avventata non gli causasse più dolori che onori.
-A volte capita- commentò la segretaria -Lo compili qui?- chiese poi, mentre il ragazzo infilava una mano nella tasca interna del suo giubbino e ne tirava fuori una stilografica dal cilindro scuro.
-E’ un problema?
La donna non ebbe il cuore di negargli quella possibilità e si affrettò a scuotere la testa, indicandogli una sedia. Il giovane chinò il capo e si concentrò sul documento, mentre le dita si serravano per un attimo con eccessiva forza sul colpo sottile della penna, evidenziando le nocche bianche della mano e i tendini in tensione.
L’inchiostro nero incontrò il colore immacolato del foglio su cui era stato depositato, formando a chiare lettere il nome di un ragazzo dal passato travagliato, che racchiudeva in sé tante paure ma soprattutto grandi speranze. La donna sorrise della sua espressione assorta e diede una rapida sbirciata al modulo che aveva dinanzi. Proprio lì, in cima al primo foglio del plico sottile, un nome:

 
Kim JongHyun
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > SHINee / Vai alla pagina dell'autore: SkyScraper88