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Autore: Lemma    24/04/2012    0 recensioni
La mia prima vera fanfiction formata da parti di sogni e idee venutemi fra i banchi di scuola.
Michelle è una ragazza rimasta praticamente sola e appena arrivata a LA non ha nemmeno un amico, non può neanche immaginare però come la fredda pioggia di novembre le cambierà totalmente la vita.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ormai ero rimasta sola, la mia famiglia era caduta a pezzi e mia nonna, l’unica persona su cui potevo veramente contare ci aveva lasciati da poco.
Erano già tre giorni che vivevo a Los Angeles, in quella casa che lei aveva comprato per le vacanze, ma che adesso era una delle poche cose in mio possesso; i soldi c’erano, ma molti erano andati nel cercare di curarla, evidentemente qualcuno lassù non voleva che le cose si sistemassero.
Ero cresciuta in Svizzera francese, dove la mia vita si divideva fra musica e pattinaggio, ma non durò a lungo, con i litigi, le morti ecc… tutto cadde a pezzi e ora l’unica persona che mi era vicina non c’era più.
Quel giorno mi ero assopita sul divano della villetta quando qualcuno bussò alla porta, era una ragazza non molto più grande di me, ci misi un attimo, ma quando vidi suo marito, la riconobbi, lui era mio fratello.
Avevamo smesso di parlarci dopo il suo fidanzamento e ora lui era li, lei non era fatta per lui, l’avrei ripetuto mille volte, e ora era lì a farmi storie perché voleva quella casa, sosteneva che appartenesse a mio fratello e che dovevo levarmi di torno.
Lui ebbe il buon senso di non parlare, anzi mi guardò come per scusarsi, ma non riuscii ad aprir bocca se non per mandarla a quel paese; chiusi la porta, presi il mio giubbotto e uscii dal retro per fuggire, fuggire da cosa però? Semplice, dalla realtà della mia vita.
Cercai di svagarmi sul ghiaccio, ma niente; presi la mia borsa con i pattini e inizia a vagare, senza meta nella fredda aria di novembre, mi sentivo vuota, senza senso e non trovavo un motivo per andare avanti.
La pioggia cominciò a scendere fredda, mi guardai intorno, ero in un quartiere di quelli al quale ci si raccomanda di stare alla larga, normalmente avrei cambiato strada, ma non in quel momento. Tutto sembrava deserto, forse per la pioggia, ma alla fine trovai un ragazzo seduto su dei gradini e intento a rollarsi una canna.
La vocina dentro di me che mi diceva di starne alla larga ormai non aveva più senso, mi sedetti vicino a lui. Lo inquadrai subito, rocker, probabilmente musicista, capelli scuri e occhi che rispecchiavano un qualcosa di buono in lui; lui alzò gli occhi, mi guardò quasi stralunato, in effetti non ero il genere di ragazza che gira in quei posti, ma poi parlò “ne vuoi una?” disse indicando la canna, rimasi in silenzio e lui continuò “prima volta?”, questa volta gli risposi “Ehm si, cioè io non mi faccio, ma ecco, be, grazie lo stesso”, mi fissò negli occhi tirando la prima boccata “secondo me un tiro ti farebbe bene” me la porse ed io lo imitai ancora incredula di quello che stavo facendo, lui mi porse la mano mentre fumavo e disse “comunque io sono Izzy, brutta giornata eh?”, Izzy, ecco il nome dello sconosciuto, “Già, io sono Michelle, ma chiamami Michy”.
Parlammo incuranti della pioggia per diverso tempo finchè non mi propose di andare a far serata in un locale li vicino per dimenticare lo schifo che ero finita per raccontargli; “Sai Izzy, in genere direi di no, ma ci vediamo lì alle nove, ok?”, mi sorrise, poi mi alzai e tornai a casa pensando che quello strano chitarrista che conoscevo da due ore si e no, era l’unico con cui mi fossi confidata dalla morte di mia nonna.
Arrivata dovetti cedere e ospitare mio fratello e sua moglie, ma mi limitai a dirgli un semplice “ok”, non volevo troppe storie, così mi cambiai e andai al locale dove avevo appuntamento.
Izzy era simpatico, e mi aveva raccontato tutto sulla band in cui suonava, avevano un nome tipo “Guns N’ Roses”. Il tempo volò e forse bevvi un po’ troppo, fatto sta che alla fine dormii sul divano di quello strano, ma cordiale ragazzo.
Mi scoppiava la testa e non capivo bene dove ero, so solo che quando mi svegliai uno strano ragazzo biondo, sicuramente punk, mi fissava seduto su una poltrona; mi stropicciai gli occhi e non era più davanti a me, ma comparve Izzy con una bella tazza di caffè, me la porse e lo ringraziai di cuore; mi misi seduta anche se ero un poì indolenzita “Allora, dormito bene?”, neanche mi ricordavo come ero arrivata lì, figuriamoci se non dormivo, “come un sasso e sicuramente meglio che in quella casa, grazie!”, sorrise così cercai di chiedergli del biondo “Ah si, lui era uno della band, doveva venire a prendere ehm delle cose”, droga, sicuro pensai, ma non gli diedi troppa importanza mentre ne diedi alle parole che seguirono “Senti, stasera noi suoniamo, che ne dici di venire nel backstage con me? Così ti presento anche il biondo” fece l’occhiolino, non vedevo perché no, lo ringrazia ancora prendendo il pass, gli chiesi se potevo offrirgli qualcosa a pranzo per sdebitarmi, ma mi disse che aveva le prove, così mi diede appuntamento a quella sera.
 

 

   
 
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