2. Un
Dean molto confuso e una scatola dei
ricordi
Dean Winchester stava sdraiato sul
suo letto, con le mani
incrociate dietro la nuca, intento a fissare il soffitto della sua
stanza.
Castiel e Mary erano usciti già da un po’,in giro
turistico per Lawrence,
mentre Sammy era in camera sua, probabilmente a leggere Supernatural o
a fare
ciò la sua
indole Nerd gli suggeriva: studiare.
Sarebbe uscito anche lui se non
fosse che avere continuamente quegli occhi su di sé gli
metteva
una strana sensazione
addosso, quindi aveva detto di sentirsi poco bene, fingendo di non
notare lo
sguardo triste e deluso che gli aveva rivolto Cas a quelle parole.
Senza avere realmente qualcosa da fare, era rimasto
sdraiato lì a
riflettere sulle sue emozioni, cosa che non capitava molto spesso. Non
era il
tipo che dimostrava ciò che sentiva, lui,
quindi questa improvvisa incursione nel suo cuore gli risultava
alquanto strana
e difficile, ma sapeva di dover chiarire con sé stesso, per
capire perché Castiel e
i suoi fottutissimi
occhi blu gli avessero mandato in pappa il cervello. Non sapeva cosa
gli stesse
prendendo; lui era etero e lo dimostrava praticamente ogni minuto,
facendo
commenti sui seni o guardando il culo a ogni ragazza che passava.
Passava ogni
notte con una diversa, e ora si ritrovava gli ormoni in subbuglio per
un
ragazzo?
Sentì la porta di casa sbattere e
saltò a sedere; Non si era reso
conto fosse già ora di pranzo. Aveva veramente trascorso le
ultime ore con gli
occhi di Cas che sgusciavano tra i suoi pensieri ogni momento?
Scese lentamente le scale, fermandosi prima degli
ultimi gradini,
con la paura di ritrovare quell’espressione da cucciolo
smarrito sul suo nuovo
amico, invece l’unica cosa che sentì fu una
stupenda risata, calda, che poteva
appartenere solo a Castiel e un'altra, diversa, che gli faceva eco.
Nessuno
poteva far ridere così il suo Cas! Quell’emozione fu così
intensa da non
farlo neanche riflettere, i suoi pensieri erano oscurati da un
sentimento che
non si curò di identificare.
Entrò come una furia in cucina, e vide
un ragazzo poco più grande
di loro, biondo, con due occhi color ghiaccio e una faccia da schiaffi,
che
teneva una mano appoggiata al lavandino per evitare di cadere, mentre
rideva
seguito a ruota da Castiel.
*°*°*°*
<< Questo è Balthazar, il
nostro nuovo vicino >> disse
Mary, gentile come al solito, mentre preparava il pranzo a cui era
stato
invitato anche il tizio con il nome assurdo.
Dean era seduto a tavola, costretto a guardare
Castiel che rideva
ad ogni stupidissima battuta del biondino, mentre ingaggiava
un’accesa
discussione con il suo cervello, che aveva deciso proprio in quel
momento di
prendere un po’ di steroidi per fargli notare ogni singolo
dettaglio della
scena davanti a lui.
Guarda
come tiene il braccio attorno alla spalliera di Cas, sembrano proprio
amici,
Dean…
Ma se non si conoscono nemmeno!
Beh a me
sembrano molto intimi…
Quasi a sottolineare quest’affermazione,
un’altra risata risuonò
nella cucina, seguita da quella compiaciuta del suo cervello traditore.
Nel frattempo, nessuno si stava accorgendo della
battaglia
interiore di Dean, combattuto tra lo stare seduto per non destare
sospetti e
l’alzarsi per andare a staccare la testa a
quell’idiota che si azzardava a
guardare il suo Cas.
Non sarai
geloso? Si fece
sentire di nuovo la vocina irritante nella sua mente,
mentre giocherellava con il cibo che aveva nel piatto, guadagnandosi le
occhiatacce di sua madre.
Oh, sta zitto, io non sono..ugh!, geloso..
E tu come chiami l’incenerire un povero
ragazzo con lo sguardo
senza motivo?
io la
chiamo pazzia, sto parlando con il mio cervello! Sta zitto!
La botta e risposta con la sua mente non lo aveva
aiutato di certo
a sbollire quella rabbia immotivata verso quel, uh!, tipo, anzi, lo
aveva fatto
passare semplicemente per uno psicopatico, considerando che
l’ultima frase
l’aveva urlata.
Con il viso in fiamme si alzò e
uscì di casa. Aveva bisogno
d’aria.
Che cosa mi prende? Oddio, sto impazzendo! Si
ripetè forse per la
centesima volta in quel giorno, mentre imboccava la via per il lago,
dove
andava sempre quando aveva bisogno di riflettere; in quel momento
voleva solo
passare qualche ora in compagnia delle sue elucubrazioni confuse, con
il
cervello talmente ostruito dalle troppe emozioni che non gli arrivava
l’ossigeno necessario per elaborare un pensiero razionale.
Si sdraiò sul molo nella stessa
posizione di quando era in camera
sua – quella che usava quando era pensieroso, come gli diceva
sempre Sam –
guardando il vuoto mentre rivedeva come un film la scena di poco prima,
con lui
in primo piano che urlava “Stai zitto!” ad un
qualcuno non ben identificato,
prima di scappare dalla stanza. Sospirò.
Tutta quella situazione era troppo strana, lui che
si lasciava
andare alle emozioni, per un ragazzo, poi! Non era per niente nella sua
natura,
considerò. Lui non era come Sammy, Mr. Parliamo dei Nostri
Sentimenti,
preferiva tenersi tutto dentro, le cose buone e quelle cattive, e lo
sapeva.
Non si apriva mai, non abbassava la guardia con nessuno a parte la sua
famiglia, conscio di poter essere ferito mentre era più
vulnerabile o di venire
lasciato solo, se si affezionava troppo. Era molto più
facile mantenere quella
maschera da duro che mostrare il caos di sentimenti che si celavano
dietro la
sua corazza abilmente costruita.
Ma ora quella prassi che aveva mantenuto per tutta
la vita era
crollata riversando fuori tutto quello che provava, facendolo sentire
nudo, a
causa di uno sguardo di cielo.
Quello che lo sconvolgeva di più era la
potenza di quelle
emozioni, che non erano mai state così forti,
perché nessuno era mai riuscito a
valicare del tutto la sua barriera prima di allora.
Con Castiel era semplice,
come se quel ragazzo avesse la chiave per aprire tutte le porte del suo
io - persino quelle di cui ignorava
l’esistenza - e sapesse anche come usarla nel modo
più efficace, senza esitazioni,
con la sicurezza di chi ha a che fare con qualcosa di estremamente
familiare.
Era
piuttosto strano tutto ciò, dato che quella chiave
non l’aveva neanche Sammy, che lo conosceva da sempre. Forse
sua madre ne aveva
una per la maggior parte delle sue “stanze”, ma
quella universale sembrava la
possedesse solo Cas.
Uno
sconosciuto che gli poteva leggere l’anima, fantastico! Si ritrovò
a pensare, sbuffando, sempre più sorpreso da quella
situazione così bizzarra.
L’unica cosa che poteva fare, si disse,
era evitare il più
possibile il nuovo arrivato, e tutto si sarebbe risolto.
Si alzò, dopo essersi ripromesso di non
abbassare più la guardia a
quel modo in presenza di Castiel, e si diresse di nuovo a casa,
sperando con
tutto il cuore di non trovare Balthazar, altrimenti sarebbe stato
complicato
attuare il suo piano di indifferenza.
*°*°*°*
Dean era di nuovo in camera sua, con lo stereo
acceso che mandava
Enter Sandman a tutto volume. Nonostante la musica fosse talmente alta
da
spaccare i timpani e da impedire a qualsiasi essere umano di formulare
il più
semplice pensiero, il ragazzo non riusciva a togliersi dalla testa il
loro
nuovo vicino che baciava il suo Cas, appoggiato al cancello.
Li aveva trovati lì quando era
rientrato, il moro con le braccia
lungo i fianchi e le mani dell’altro sul suo viso, mentre le
labbra si
toccavano in quello che era solo un bacio leggero, timido.
Era rimasto un attimo lì, scioccato,
mentre la mano del moro
andava a sfiorare il viso di Balthazar, prima di riscuotersi e passare
velocemente in mezzo a loro, quasi a passo di carica, borbottando un
“mi
dispiace” quasi inudibile.
I due si erano separati, mentre Cas lo guardava
imbarazzato, con
uno sguardo di scuse negli occhi.
Per cosa, Dean non lo aveva capito. Era ovvio che se lui non li
avesse interrotti avrebbero continuato molto volentieri, quindi di cosa
si
preoccupava Castiel? Di ferire i suoi sentimenti?
Non c’è nessun sentimento
da ferire, grazie tante, pensò rabbioso
scagliando un cuscino contro la porta, proprio mentre questa si apriva
rivelando un Sam prima infastidito dal volume troppo alto e poi
sorpreso, mentre
qualcosa di morbido e colorato lo colpiva in faccia.
<< Dean, non è che
potresti abbassare lo stereo? >> urlò
per sovrastare la musica, rilanciandogli il cuscino con la stampa dei
Metallica.
Quando il fratello lo ignorò, continuando a scrutare il
soffitto, si
avvicinò all’apparecchio sulla scrivania e
premette il tasto STOP, con sommo sollievo
delle sue orecchie.
Era tentato di tornare in camera sua e lasciare il
maggiore solo,
ma quando vide la sua espressione a metà tra il deluso e il
ferito accantonò il
suo primo proposito, andandosi a sedere sul bordo del letto su cui Dean
era
sprofondato.
<< Cosa è successo?
>> chiese Sam, con il tono che usava
sempre quando il maggiore faceva qualche stronzata e poi se ne pentiva.
Cioè sempre.
Il biondo non appena sentì quella frase
capì che, tra qualche
istante, il mascolino ragazzo seduto sul suo letto avrebbe lasciato il
posto a
una femminuccia aspirante psicologa pronta ad attuare la tecnica del
“Parlare
dei nostri problemi ci aiuterà a risolverli”, che
rispondeva al nome di
Samantha.
Di solito avrebbe anche dato a Sammy la
soddisfazione di aiutarlo,
ma in questo caso non gli passava neanche per l’anticamera
del cervello di dire
a voce alta quello che stava accadendo nella sua mente – non
lo capiva neanche
lui, dannazione! – quindi la sua sorellina poteva anche
tornare a rifarsi il
trucco, per quello che lo riguardava.
<< Forza Dean, qualsiasi cosa tu
abbia fatto c’è sempre un
rimedio >> lo incitò la sua psicologa cercando
di farlo aprire.
Fantastico, ora pensava anche avesse fatto a botte
con qualcuno o
chissà cos’altro! Bella considerazione che aveva
di lui, il suo fratellino!
<< Dean.. >> disse Sam
con un tono che voleva dire
“Anche se non me lo dici lo scoprirò lo stesso, e
con modi che non ti
piaceranno”.
<< Saam.. >>
ribattè il maggiore, ridendo sotto i baffi,
suo malgrado.
<< Qualsiasi cosa sia successa lo
verrò a sapere, lo sai
vero? >> provò a minacciarlo
l’altro, dato che con il metodo di “Pazienza
e Buona Volontà” non aveva ottenuto nulla.
<< Sammy, Sammy >> fece
Dean tirandosi su a sedere
<< non ho un Diario Segreto a cui confido i miei
problemi, io >>
disse divertito
<< quindi non troverai quaderni chiusi con lucchetti e
adornati da
stelline e cuoricini nascosti nel mio comodino. Oh, aspetta
>> fece finta
di ricordare qualcosa << in realtà ho un
libricino chiuso da un lucchetto
sotto il letto >>.
Infilò una mano nello spazio tra la rete
e il pavimento e cacciò
una scatola di scarpe coperta di polvere.
Dean fece il suo sguardo più malizioso
al fratello e aprì il
coperchio, rivelando una grande quantità di roba vecchia e,
nella maggior parte
dei casi, rotta.
Erano tutte cose di Sam, ovviamente: un’armonica a bocca
arrugginita, un vecchio yoyo rosso senza più il cordino, una
calamita di pacman
tutta scolorita e, in fondo a tutto, un piccolo diario blu, con un
lucchetto
argentato, di quelli che alla minima pressione si aprono.
Che
diavolo? Ma poi lo
riconobbe: aveva avuto poco più di sei anni, la maestra
aveva dato il compito di tenere un diario per un mese, raccontando
ciò che
avveniva in famiglia e lui, da bravo alunno, lo aveva comprato,
scrivendo di
ciò che cucinava la mamma a pranzo, della volta in cui il
papà gli aveva letto
il libro de “Il piccolo Principe” e di tutti gli
scherzi e danni che faceva un
Dean dodicenne.
In quel mese, il più grande aveva preso
la Colt di John e l’aveva
nascosta in camera sua. Sam ovviamente l’aveva scritto sul
diario e, quando il
ladro lo era venuto a sapere, glielo aveva preso. Non l’aveva
più rivisto da
allora, rammentò.
Dean, nel frattempo, lo aveva tolto dalla scatola,
sfiorando la
vecchia pistola senza proiettili sul fondo, con sguardo appena un
po’
malinconico. Il padre era morto qualche anno prima.
<< Ora >> fece con voce
solenne << scopriremo i
grandi segreti di Samuel Winchester, signore e signori! Troveremo
qualche
dettaglio scottante? Ne dubito fortemente! >> detto
questo fece saltare la
debole forma di sicurezza e aprì le pagine vergate dalla
calligrafia chiara e
precisa di un Sam bambino.
21 Novenbre
1990
Caro
Diario, oggi Dean è stato molto cativo. Ha rubbato la
pistola a papà e l’a
nascosta, ma non so dove.
che facio?
Ora lo ciedo alla mamma, cozi mi aiuta lei.
Sam
Dean sorrise rileggendo quelle ultime parole del
diario, prima che
lui lo prendesse, ricordando quanto era spaventato all’idea
che John venisse a
sapere cosa aveva fatto.
<< Sai fratello, pensavo sapessi che
il verbo avere vuole
l’acca >> ghignò.
<< Ehi, avevo sei anni!
>> ribattè Sam, strappandogli il
libro dalle mani.
<< Eri un Nerd anche a sei anni
>> rise il maggiore,
guardando il più piccolo che tirava fuori la lingua e
lasciava la camera con il
suo piccolo tesoro tra le mani,
sorridendo.
Aveva lasciato che prendesse uno dei suoi bottini
di guerra, ma
ehi!, sempre meglio di lasciarlo impersonare Freud che fa esperimenti
sul suo inconscio! Si disse.
Ma aveva come l’impressione che la
questione fosse solo rimandata
e i suoi dubbi vennero confermati quando i capelli scintillanti del
fratello
ricomparvero sulla porta << Mi aspetto che tu, entro la
fine della
giornata, mi dica cosa è successo >> lo
minacciò << e non te la
caverai ridandomi un vecchio diario impolverato >>
concluse chiudendosi la
porta alle spalle.
Dean sospirò e si lasciò ricadere sul letto. Sarebbe stato difficile tenere a bada l’indole investigativa del suo Sherlock; prima o poi avrebbe intuito qualcosa e per lui sarebbe stato inevitabile partecipare a una stupidissima puntata di “C’è Posta per Te” con la gentile partecipazione dell’angelo con gli occhi blu che non riusciva a togliersi dalla testa, si disse.
Era
spacciato.