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Autore: RoseGONEwild    25/04/2012    1 recensioni
Eileen Michaels è cresciuta troppo in fretta nel corso degli anni Settanta ed Ottanta, annegando in mezzo alla lussuria e all'eccesso di Los Angeles e portando sulle spalle una condizione famigliare disastrosa. La sua non-vita sarà stravolta dall'incontro con una rockband nuova dell'ambiente marcio di cui lei è veterana: assieme a loro e ai suoi pochi amici affronterà nuove esperienze, nuovi problemi, nuove soluzioni.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si stava preparando per uscire quando Calvin tornò a casa. – Dove sei stata stanotte? – le chiese non appena ebbe richiuso la porta d’ingresso.
Eileen sentì una stretta allo stomaco e cercò di scacciare la fastidiosa voce della coscienza che le consigliava di dire la verità. – Fuori -.
Prese il rossetto che era sul tavolo e lo lasciò scivolare sulle labbra che si tinsero di un viola scuro simile all’ombretto pesante che contornava i suoi occhi.
Prima o poi si sarebbe decisa anche a spiegargli in cosa consistessero di preciso le ore di straordinari allo Stiletto, ma per il momento no, non era ancora pronta per parlargliene. Non era pronta a deludere il fratello, per quanto già l’avesse fatto in passato.
L’unica persona a cui voleva raccontare tutto di quella nottata d’inferno era la sua amica Allison, con la quale sarebbe uscita di lì a poco.
 – Tu? – chiese, per evitare che Calvin proseguisse con le domande. – Sei uscito con Tina? -
- Sì, abbiamo fatto una passeggiata sulla spiaggia. Hai pranzato? -
Il fratello appoggiò la giacca all’attaccapanni e le chiavi della macchina accanto al portafoto che conteneva un’immagine del padre;  era passato ormai quasi un anno dal giorno in cui i due figli avevano deciso di non voler essere più un peso per lui, le cui condizioni erano aggravate dalla malattia, ed avevano scelto di trasferirsi in un piccolo bilocale a qualche isolato di distanza.
Se Eileen non ricordava male, era proprio in quel periodo che aveva chiesto a Big Bob, il suo sudicio datore di lavoro, di poter fare qualcosa in più per un aumento di paga. Era passato quasi un anno dal giorno in cui aveva iniziato a perdere la sua dignità.
- Non ho fame – rispose, osservando attentamente l’immagine del fratello riflessa nello specchio che aveva portato in cucina dalla propria camera da letto, per truccarsi alla luce naturale che entrava dalla finestra e non dover accendere il lampadario. Nel momento in cui vide Calvin avvicinarsi al tavolino del salotto in penombra, ricordò di aver lasciato la siringa e il cucchiaio in bella vista e si sentì il cuore in gola.
- Cosa sono questi? – esclamò. Non che lui fosse uno pulito, ma per quanto ne sapeva Eileen, non aveva mai usato gli aghi.
- Ho provato solo un paio di volte, te lo giuro! – si giustificò, comprendendo che negare l’evidenza sarebbe stato inutile.
Il fratello le si avvicinò e la prese per una spalla, costringendola a guardarlo in faccia. - Cosa cazzo hai in testa? -
Eileen fece fatica a sostenere il duro incontro di sguardi, ma continuò a fissarlo senza dire una parola. Sapeva benissimo quali potevano essere le conseguenze dei suoi eccessi, non aveva bisogno che Calvin le facesse la ramanzina. Certo, c’erano droghe e droghe, e senza dubbio l’eroina non era tra quelle meno pericolose, ma era grande abbastanza per fare le sue decisioni. – Vaffanculo! – esclamò infine, svincolandosi dalla stretta del fratello. Prese la borsa ed uscì velocemente di casa, lasciandolo incredulo, seppure sapesse benissimo che la cosa non sarebbe finita lì e che avrebbero discusso a lungo non appena se ne fosse ripresentata l’occasione. Mentre camminava si rese conto di quanto il fratello la conoscesse poco. Non sapeva nulla del suo doppio lavoro, conosceva i suoi vizi solo per metà e sicuramente non aveva la minima idea di quanto male si potesse sentire, quando lui andava via con Tina per giorni, lasciandola sola a casa. Gli aveva sempre voluto un bene dell’anima, ma era certa che in parte la sua trasgressione fosse stata guidata dal non essere mai stata capita fino in fondo da Calvin.
Nonostante fossero passati una decina di giorni dall’ultima giornata di sole a Los Angeles, gli alberi lungo i viali erano in fiore e muovevano i loro rami sottili sospinti dal vento che soffiava imperterrito. Giunta al parco, aspettò pazientemente che Allison la raggiungesse e fumò le ultime due sigarette del pacchetto.
Quando dall’altra parte del prato vide la chioma bionda dell’amica che camminava velocemente nella sua direzione si sentì sollevata, non vedeva l’ora di poterle parlare di ciò che era successo.
- Scusami per il ritardo, dovevo finire di studiare – disse l’amica, sedendosi accanto a lei sull’erba. 
La rossa le passò la sigaretta, per permetterle di avere le ultime boccate di fumo. – Non preoccuparti, non è da molto che sono qui -.
Era divenuta un’abitudine ormai, quella di passare le domeniche pomeriggio al parco a parlare, bere e ridere insieme. Per Eileen era uno sprazzo di felicità che concludeva il grigio delle sue settimane sempre uguali, era il momento in cui poteva finalmente tirare un sospiro di sollievo. A volte si vedevano anche durante la settimana, assieme a Derek e Steven, ma non era la stessa cosa. Soprattutto da quando Steven ed Allison stavano insieme, gli argomenti delle loro uscite a quattro avevano iniziato a scarseggiare; loro due rappresentavano al meglio una coppia felice e Derek ed Eileen, due terzi incomodi, finivano con il parlare sempre delle stesse cose: alcol, cocaina, soldi.
Passò ad Allison una delle bottiglie di birra. – Cos’è successo ieri sera? -
- Ieri sera, quando? Ti ho persa di vista dopo una certa ora… –
Eileen sospirò. – Dopo che il gruppo ha finito di suonare… non ricordo niente, so solo che mi sono ripresa mentre uno tizio stava cercando di farmi male o che cazzo ne so -.
- Cosa? – esclamò la bionda,  lasciando cadere sull’erba la bottiglia.
La rossa annuì, alzando di poco la maglietta che stava indossando per mostrarle le incisioni sulla pelle diafana, fatte probabilmente con un coltellino svizzero. – Puoi immaginare… -
Allison gridò e portò una mano alla bocca. – Com’è successo? Chi era? -
- Non ne ho la più pallida idea, Allis… Avevo la testa da un’altra parte, sono a malapena riuscita a scappare… Mi ha portata in una qualche casa scura dalle parti di Eagle Rock, ma l’ho realizzato solo stamattina -. Mentre raccontava, iniziò a tremare e a battere i denti. L’amica le si avvicinò le la strinse in un abbraccio non corrisposto:  per quanto potesse averne bisogno, Eileen odiava le smancerie.  – Mi sono addormentata a lato di una strada – continuò, con la voce leggermente rotta dai tremori. – Mi ha fatto del male… ho anche alcuni lividi sulle gambe, ma non credo mi abbia… insomma, hai capito -.
Allison ascoltava attentamente ogni incrinazione nella sua voce e si chiedeva come fosse possibile che riuscisse a parlare di una cosa del genere senza scoppiare in lacrime o gridare. – Sei pulita? – chiese.
- Sì – mentì Eileen.
Sapeva benissimo che se riusciva a parlare senza avere un altro attacco d’ansia era per via della dose che si era iniettata poche ore prima, ma se Allison fosse venuta a sapere che aveva preso eroina ne avrebbe fatto un caso nazionale. Avevano deciso insieme che non ne avrebbero mai fatto uso quando Derek aveva iniziato a presentare i primi sintomi della dipendenza. 
- Tu poi hai visto Steven ieri sera? –
Era già la seconda volta che le toccava sviare un discorso per salvaguardare i suoi rapporti affettivi.


  
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